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venerdì 27 febbraio 2009

Le novità sui canoni di depurazione

Brutte notizie giungono per i cittadini dal Parlamento sul tema dei rimborsi relativi ai canoni di depurazione non più dovuti per effetto della sentenza 335/2008 della Corte Costituzionale.
Il 12 Febbraio 2009, infatti, è stato licenziato al Senato il testo del disegno di legge n.1306 “Conversione in legge, con modificazioni, del DL 30 dicembre 2008, n. 208, recante misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente” che, adesso andrà alla Camera dei Deputati per un ulteriore esame.
Il relatore D’Alì (PdL) ha trovato il modo di venire incontro alle esigenze dei gestori limitando al massimo i “danni economici” (circa 350 mln annui di mancati incassi tramite la quota della depurazione) derivanti dalla sentenza della Corte Costituzionale 335/08. A tal fine è stato riformulato “il concetto di servizio di depurazione che ricomprende anche i costi dell’apprestamento delle infrastrutture necessarie a rendere il servizio, quindi la progettualità e gli investimenti relativi agli impianti di depurazione“. Ed entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministero dell’Ambiente preciserà “con decreto quali sono le voci che incidono su questo punto“.
In altri termini, sono riusciti a sovvertire in un batter d’occhio quanto stabilito dalla sentenza della Corte Costituzionale, cosa ancor più grave con il tacito consenso dell’opposizione che, come dichiarato da vari rappresentanti, si è astenuta ma condividendo i principi di fondo di tale provvedimento ovvero “la salvaguardia delle rendite” dei gestori. Ancora una volta, a pagarne le spese sono i cittadini e una sentenza che agiva in favore dei contribuenti è stata aggirata senza patema alcuno, segnale che, in nome degli interessi economici, la totalità dei nostri rappresentanti politici trova sempre un accordo.
L'articolo approvato dal senato, l'8 bis "Disposizioni in materia di servizio idrico integrato" esplica che quanto pagato in fattura in questi anni, indicato come tariffa di depurazione, non si riferiva al solo servizio di depurazione ma era da intendere come la somma delle voci relative alla progettazione, realizzazione e completamento degli impianti di depurazione oltre al servizio, vero e proprio, di depurazione delle acque. Quest’ultimo era ovviamente non dovuto dai saccensi poiché Sciacca non dispone ancora del suo depuratore.
Il testo dell’articolo afferma più nel dettaglio che “gli oneri relativi alle attività di progettazione e di realizzazione o completamento degli impianti di depurazione, nonché quelli relativi ai connessi investimenti, come espressamente individuati e programmati dai piani d’ambito, costituiscono una componente vincolata della tariffa del servizio idrico integrato che concorre alla determinazione del corrispettivo dovuto dall’utente. Detta componente è pertanto dovuta al gestore dall’utenza, nei casi in cui manchino gli impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi, a decorrere dall’avvio dell’inizio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione o di completamento delle opere necessarie alla attivazione del servizio di depurazione purché alle stesse si proceda nel rispetto dei tempi programmati. In attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 335 del 2008, i gestori del servizio idrico integrato provvedono anche in forma rateizzata, entro il termine massimo di cinque anni, a decorrere dal 1º ottobre 2009, alla restituzione della quota di tariffa non dovuta riferita all’esercizio del servizio di depurazione. Nei casi di cui al secondo periodo del comma 1, dall’importo da restituire vanno dedotti gli oneri derivati dalle attività di progettazione, di realizzazione o di completamento avviate. L’importo da restituire è individuato, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, dalle rispettive Autorità d’ambito.”
Le Autorità d’Ambito quindi avranno 120 giorni dall’entrata in vigore di questa legge, per farci sapere quanto, delle somme versate negli ultimi dieci anni come tariffa del servizio di depurazione, era da attribuire alla progettazione dell’impianto, quanto abbiamo pagato per la sua realizzazione e il suo completamento e quanto, ingiustamente, abbiamo versato per il servizio di depurazione. La quota di tariffa non dovuta riferita all’esercizio del servizio di depurazione, ci dovrebbe essere restituita, anche in forma rateizzata, entro il termine massimo di cinque anni, a decorrere dal 1º ottobre 2009. Si dovrebbe procedere ad una congrua quantificazione di quanto non dovuto ma, ancora una volta, i cittadini sono rimasti, nuovamente, vittime di un sistema che privilegia palesemente gli interessi di poche importanti major a discapito della collettività. Di questo probabilmente saranno soddisfatti tutti coloro che, fin da subito, hanno cercato di tutelare e favorire questi interessi, richiamando l’attenzione del Governo affinchè agisse in tal senso.
Da adesso in poi basterà farsi fare un qualsiasi progetto di depuratore per renderlo finanziariamente a carico della collettività, quindi dei cittadini, e poco importa se da ben 14 anni non siano stati, non solo, in grado di realizzarlo, ma neanche di farsi restituire i soldi trattenuti dai gestori della rete idrica, com’è successo nel caso di Sciacca.
E’ come se qualcuno ci facesse vedere il solo progetto di un appartamento e poi ci chiedesse di pagarglielo per intero con rischi e oneri tutti rigorosamente a carico del cittadino.
Il diritto a chiedere il rimborso dei canoni di depurazione pagati in assenza del servizio era ed è sacrosanto ma aver votato in Senato una norma che di fatto lo impedisce non è a degno di un paese che suole definirsi civile.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

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