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lunedì 29 novembre 2010

Edilizia e tasse: questi i due punti principali oggetto dell'ultimo consiglio comunale di Sciacca

Queste le due parole chiave dell’ultimo consiglio comunale che ha registrato momenti di apertura e di chiusura nei confronti della minoranza, i numeri altalenanti della maggioranza e il solito show di Pippo Turco. Fuori dall’aula momenti di tensione tra Fazio e Simone Di Paola

Via libera del consiglio comunale a tre piani costruttivi di edilizia agevolata che saranno realizzati nelle contrade Ferraro e Perriera. Netta la contrapposizione tra maggioranza e opposizione soprattutto sul tema dei tributi e per quella che, dai banchi della maggioranza, è stata chiamata “la mozione condono”. Tutto questo ha animato l’ultima seduta del consiglio comunale di Sciacca.
La sala Falcone – Borsellino prima è stata “scaldata” da una lunga premessa di interrogazioni dove l’interlocuzione tra assessori preposti e consiglieri non sempre è stata opportuna. Da segnalare le richieste di interventi sulle perdite idriche presenti in città, la viabilità di via Agatocle e di viale della Vittoria, e gli schiamazzi notturni dovuti alle attività commerciali del centro storico che, di notte, disturbano la quiete dei residenti, soprattutto degli anziani. Piccate le diatribe tra Pippo Turco e l’assessore Vecchio e quelle tra Guardino e il vicesindaco Brunetto. Solito show di Pippo Turco che più volte ha gridato: “Dimettetevi. Siete degli incapaci. Vergogna”. Il tutto farcito da numerose battute in rigoroso dialetto saccense. Quasi non fanno più notizia questi accesi alterchi. Poi è stata la volta di mozioni e piani costruttivi.
Come dicevamo, saranno realizzati complessivamente 101 nuovi alloggi di edilizia agevolata nelle contrade Perriera e Ferraro. Dopo anni di attesa le cooperative Incisa, Glicine e Serena potranno realizzare il loro progetto, grazie alla localizzazione delle aree destinate all'edilizia popolare e agevolata, effettuata nel 2007. Unanime il riconoscimento dell’importanza dell’atto da parte del consiglio comunale che ha approvato, dunque, senza alcuna difficoltà i tre piani costruttivi.
Segnale importante, di partecipata e condivisa crescita “per il bene della città”. Nemmeno il tempo di pensarlo che è tornata subito la bagarre e il muro contro muro. Qualcuno, prima o poi, vi andrà a sbattere. Questione di tempo.
L’assessore all’urbanistica Fabio Leonte ha sottolineato che una nuova localizzazione di aree rallenterebbe l’approvazione del piano regolatore generale. E su questo argomento è risaputo che l’amministrazione non vuole perdere altro tempo. Posizione del resto condivisa dallo stesso ex assessore Bivona.
Il consigliere autonomo Pippo Turco ha accusato l’amministrazione di aver perso il finanziamento di due milioni di euro dello Iacp di Agrigento per la realizzazione di nuovi alloggi popolari a Sciacca anche se, sempre secondo l’assessore Leonte, il finanziamento non è stato mai confermato dall’istituto case popolari.
Tutto sommato l’approvazione dei tre piani costruttivi è avvenuta in un clima idilliaco, seppure non sia mancata da parte del consigliere Cognata la sottolineatura del contributo fondamentale dell’opposizione.
Ancora una volta, l’assessore Leonte ha ribadito il clima di apertura che intende avere nei confronti della minoranza, puntando sul dialogo, su contributi condivisi e sulla realizzazione di punti strategici a favore della città che possano anche provenire dai banchi dell’opposizione.
All’interno della maggioranza qualcosa comunque continua a non quadrare se è vero com’è vero che erano diverse le assenze di consiglieri fino a quel momento. Una crepa nella paventata compattezza al quale avrebbe dovuto portare l’avvenuto rimpasto politico e di deleghe assessoriali. Nelle stanze del comune inoltre è stata aspra la discussione tra il capogruppo del Pd Simone Di Paola e l’assessore in carica Vincenzo Fazio il quale, appena 10 giorni fa, era stata caldamente invitato a dimettersi dal consigliere di maggioranza Giuseppe Ambrogio. “Niente di politico” giura Fazio. Problemi personali allora? Peggio. In una maggioranza che vuole essere coesa meglio avere conflitti dialettici politici che personali.
Il clima idilliaco è svanito quando è stata illustrata dal consigliere Calogero Bono la mozione presentata da 9 consiglieri di opposizione e finalizzata ad impegnare l’amministrazione a predisporre un regolamento per consentire il pagamento agevolato delle tasse già iscritte a ruolo o in fase di contenzioso. Non se ne è fatto nulla. Mozione bocciata, porte chiuse e contrapposizione politica netta e chiara. La maggioranza con Di Paola e Mandracchia ha tirato in ballo anche le vicende nazionali, le leggi in materia fiscale disposte dal premier, l’eliminazione del falso in bilancio, lo scudo fiscale. “Proteggere chi ha sempre pagato le tasse e non premiare i furbetti in attesa del solito condono” questa la sintesi del pensiero della maggioranza.
Stavolta contrario alle aspettative della minoranza è stato anche l’assessore Leonte. “Niente sconti e riduzioni” ha detto.
La maggioranza ha fatto quadrato condividendo la posizione dell’assessore e potendo contare anche sui numeri a favore poiché alla fine sono giunti in aula alcuni consiglieri precedentemente assenti.
la discussione infatti e' degenerata in uno scontro ideologico sulle tasse, che e' andato oltre la mozione in discussione.
Gianluca Guardino, capogruppo del Pdl, ha annunciato la volontà del centro-destra di portare avanti la proposta nelle varie commissioni competenti anche se, ha detto Simone Di Paola, “il nostro atteggiamento in merito sulla materia non cambierà”.
In apertura dei lavori il consiglio comunale di Sciacca ha ricordato il senatore Mimmo Segreto, scomparso recentemente mentre il consigliere Silvio Caracappa ha ufficializzato la sua adesione al nuovo soggetto politico “Forza del Sud”. Il consiglio comunale è stato aggiornato a lunedì 29 novembre. Verranno trattati gli assestamenti di bilancio.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

sabato 27 novembre 2010

Elenco dei desideri impossibili (tratto da "Vieni via con me")

1. che la televisione si occupi di politica senza che la politica si occupi della televisione
2. che non si sia costretti a chiedere la ricevuta fiscale perché te l'hanno già data
3. che chi paga le tasse non sia considerato un fesso
4. che chi non le paga sia considerato un ladro
5. che i finanziamenti pubblici vadano alla scuola pubblica
6. che quando al ristorante chiedo la frutta non ti rispondano “abbiamo l'ananas”
7. che gli importatori di ananas non si offendano e adesso chiedano il diritto di replica
8. che una bottiglietta di acqua potabile non costi un euro e mezzo, perché è una mostruosità
9. che non si applauda ai funerali
10. che Balotelli possa giocare a pallone senza che cento nazisti gli rompano le palle
11. che si possa aprire un giornale senza sapere già cosa c'è scritto
12. che l'unità d'Italia sia una tale ovvietà che non se ne debba più discutere
13. che non si dica mai più “scendere in campo”, ma “servire il paese”
14. che salire nei sondaggi sia meno importante che dire una cosa giusta
15. che si dica una cosa giusta anche se non fa salire nei sondaggi
16. e che nessun giornale faccia mai più una raccolta di firme contro Roberto Saviano, che non è un partito politico, ma è molto di più, è una persona

venerdì 26 novembre 2010

Io vedo, io sento, io parlo. Il coraggio della denuncia. Il dovere di aiutare chi denuncia il pizzo

Ignazio Cutrò e Valeria Grasso: l’esempio di due imprenditori che hanno avuto il coraggio di denunciare e respingere il pizzo nonostante gli attentati intimidatori. Catanzaro: “Colpire i pochi che danneggiano i molti”. Occorre cambiare mentalità: no all’omertà, no alle tre scimmiotte, si alla denuncia

“Dopo tutti gli appelli lanciati a istituzioni e politici, visto l’aggravarsi della mia situazione economica ho deciso di vendere i miei organi, a partire dai miei reni”. Era scritta all’incirca così, nella sezione annunci di Ebay, la proposta di vendita avanzata dall'imprenditore bivonese Ignazio Cutrò per ripagare i debiti contratti in questi anni da quando fu tra i teste dell'operazione “Face Off”, condotta dai carabinieri della Compagnia di Cammarata.
La situazione, che non è per niente una provocazione, nel frattempo ha riscosso l’attenzione dei media nazionali e locali. Tv, giornali, radio, tutti a chiedersi pubblicamente come sia stato possibile. Come se, per accorgersi di una questione, si debba per forza suscitare clamore.
La richiesta, anzi l’offerta di organi, è stata rimossa da Ebay, ma la problematica dell’imprenditore edile non è cambiata molto. Ignazio Cutrò ha fondato l’associazione antiracket “Libere Terre” che fa opera di sensibilizzazione verso gli imprenditori affinché tutti denuncino il pizzo, da aiuto a quelle persone vittime di estorsioni e che intendono uscirne fuori ma ad oggi non ha ancora una sede ufficiale anche se tutti sanno che su Ignazio possono sempre contare nonostante le sue personali vicende. Delle sue richieste per la realizzazione di una assicurazione in sostegno degli imprenditori che denunciano il racket non è rimasto molto. Tanti quei politici che hanno mostrato iniziale interesse, forse di facciata, senza poi portare a nulla di concreto.
Adesso Ignazio Cutrò, che non gode più della sospensione prefettizia dal pagamento dei propri debiti, dovrà restituire alle banche 250 mila euro. Soldi che ad oggi l'imprenditore, che ha visto ridursi drammaticamente le proprie commissioni in questi anni, non possiede. Senza lavoro, con un’attività ormai ridotta sul lastrico, con una ventina di dipendenti anche loro in difficoltà è difficile parlare di legalità e coraggio. “Ho lanciato appelli di ogni tipo ad ogni livello, ha affermato Cutrò, anche solo per chiedere di poter riprendere a lavorare, ma nessuno mi ha mai risposto. Quasi come se attorno a me ci fosse un complotto per levarmi definitivamente di mezzo”.
Della sua storia si è occupato anche il giornalista Benny Calasanzio su “Il Fatto Quotidiano” attraverso un’intervista al pubblico ministero di Sciacca, Salvatore Vella, applicato dalla Dda di Palermo e titolare dell'inchiesta che portò al blitz “Face Off”.
“La storia di Ignazio Cutrò – ha detto Vella - la pagheremo per almeno ventanni. Quando, tra un paio di generazioni, qualche imprenditore vorrà denunciare la mafia gli ricorderanno la vicenda di quella che ormai è una sconfitta dello Stato, ovvero la triste storia di Ignazio Cutrò. La politica dovrebbe farsi carico di questo problema, si dovrebbero trovare tutti i modi possibili per fare lavorare Cutrò e la sua azienda. I cittadini di Bivona e del circondario – ha concluso Vella su “Il fatto” - dovrebbero mettersi una mano sulla coscienza: Ignazio costruiva case, tirava su muri, com’è possibile che nessun privato dal 2008 gli abbia commissionato lavori? In quel caso non si sarebbe arrivato a tanto”.
Parole forti, parole dure, parole che testimoniano quanto sia difficile per gli stessi uomini della magistratura aiutare chi decide di percorrere la strada più tortuosa: quella della denuncia. Eppure è proprio quella l’unica strada percorribile se vogliamo che qualcosa cambi anche per ognuno di noi.
Una questione purtroppo che non riguarda soltanto Cutrò ma anche altri imprenditori ed imprenditrici siciliane.
Valeria Grasso, un’imprenditrice palermitana che ha avuto il coraggio di far denunciare i suoi estorsori, ora sostiene di “essere stata abbandonata dalle istituzioni” e dal presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello. Grasso, titolare di due palestre a Palermo, ma non iscritta a Confindustria, lancia un duro atto d’accusa nei confronti del presidente degli industriali nell'isola. Lo Bello, ha detto “suggerisce agli imprenditori siciliani di denunciare e, qualora avessero paura, di rivolgersi a lui che si schiererà in prima fila contro la mafia al posto loro. Tutte parole che lasciano il tempo che trovano, perchè poi di fronte ai fatti la granitica presa di posizione di Lo Bello si riduce ad un’indifferenza che lascia esterrefatti”.
Io ho denunciato - dice ancora Valeria Grasso - e sono stata abbandonata da tutti. Quindi non accetto le parole di Lo Bello. Vorrei capire qual è l’aiuto che il presidente di Confidustria Sicilia offre ai siciliani, visto che io da lui sono stata del tutto ignorata”.
Come nel caso di Cutrò, numerosi sono gli atti intimidatori che la donna ha subito negli ultimi tempi ai danni delle sue due auto, della casa del padre e delle palestre che gestisce. Nei locali della palestra di Mondello per esempio ha trovato delle croci nere dipinte e le sono stati tagliati i cavi della luce. Per suoi numerosi appelli a Confindustria, a esponenti di Governo e al Presidente della Repubblica, a detta della donna, non ha mai ricevuto risposta. “Visto che sono stata del tutto ignorata, a quale categoria appartengo: ho paura o sono collusa?” Solidarietà all’imprenditrice è stata espressa dalla parlamentare europea di Idv, Sonia Alfano.
Persone che hanno avuto il coraggio di rinunciare alla sicula logica delle tre scimmiotte: nenti vitti, nenti n’tisi, nenti sacciu. Il contrario: io vedo, io sento, io parlo. Con dignità e onestà, con la consapevolezza di accedere alla via maggiormente complicata.
Si può lavorare onestamente in Sicilia e in provincia di Agrigento? Si può lavorare senza pagare il pizzo? Si può accedere agli appalti pubblici senza l’aiuto interno o esterno di “amici” fuori e dentro le mura di un Comune? Si possono costruire dei centri commerciali senza che ci siano ombre dietro? Se analizziamo le indagini con i risvolti che conosciamo partendo dal comune di Castrofilippo, la situazione non sembrerebbe delle migliori per avere risposte positive alle nostre domande. Castrofilippo, comune smontato dall’operazione “Family”, era una vera centrale politica della mafia. L’arresto del sindaco Salvatore Ippolito con l’accusa gravissima di associazione a delinquere di stampo mafioso, lo scioglimento per mafia dell’intero consiglio comunale, la presenza di “uffici” paralleli tra mafia e politica e il presunto coinvolgimento dell'onorevole Michele Cimino e di suo padre, i quali si dichiarano estranei ai fatti, sembrerebbero ancora una volta testimoniare la gravissima commistione tra criminalità e esercizio delle pubbliche funzioni.
Il presidente di Confindustria Agrigento, Giuseppe Catanzaro, a seguito di questa indagine pronunciò qualche settimana fa delle parole pesanti che forse sono passate fin troppo inosservate.
“Gli imprenditori normali che dovevano investire a Castrofilippo” - ha detto Catanzaro – “potevano competere in un contesto di mercato libero o erano chiamati a confrontarsi con uno spaccato guidato dalla mafia? Il contesto descritto dal questore Girolamo Di Fazio e dal dottor Teresi introduce interrogativi semplici che formuliamo per agevolare la comprensione degli effetti della devianza mafiosa che agevola pochi e danneggia tutti gli altri normali: un imprenditore per avere una concessione, un’autorizzazione, un pagamento poteva farlo nella normalità? Gli imprenditori mafiosi o vicini alla mafia erano agevolati nel perseguimento dei loro affari? I protocolli informatici che consentono di tracciare chi fa cosa dentro la pubblica amministrazione, se fossero stati applicati, avrebbero reso meno facile quello che si è verificato? Dobbiamo avere collettivamente una strategia per realmente cambiare pagina senza cercare come spesso avviene di delegare ad altri la cura di un contesto sociale nel quale tutti siamo chiamati a fare la nostra parte. La politica, che è fatta di tanta gente per bene, deve occuparsi del fenomeno dei pochi che danneggiano con il loro agire quanti si adoperano a servizio delle collettività a volte in contesti difficili. E’ proprio per valorizzare l’impegno di questi ultimi – ha concluso Catanzaro - che lanciamo l’invito ad agire con urgenza per impedire che le generazioni di oggi e quelle di domani debbano ancora confrontarsi con gli effetti nefasti delle mafie”.
I pochi che danneggiano i molti dunque. In un contesto però di sostanziale connivenza. Connivenza che non significa soltanto delinquere ma anche fare finta di nulla, voltarsi dall’altra parte, lasciare che mai nulla cambi. Alla società civile il compito di credere che un cambiamento possa essere possibile, alle forze dell’ordine e alla politica onesta il dovere, altrettanto difficile, di aiutare a metterlo in pratica.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

mercoledì 24 novembre 2010

La giornata mondiale del diabete anche a Sciacca

Anche a Sciacca “la giornata mondiale del diabete” grazie al lavoro in piazza Scandaliato del medico Michele Russo. Un modo per fare il punto su quella che viene definita come “la malattia delle società ricche”. Dati in aumento dovunque, a rischio anche i bambini

Domenica 14 novembre si è tenuta la giornata mondiale del diabete, quella che viene definita la malattia delle società ricche ed opulente. Anche Sciacca ha aderito a questa iniziativa grazie al contributo dell’amministrazione comunale e al lavoro dell’equipe medico sanitaria guidata dal diabetologo Michele Russo. Il presidio, con medici, infermieri e altri operatori dell’azienda sanitaria locale, è stato collocato in piazza Angelo Scandagliato dove si sono effettuati degli screening gratuiti con diffusione di diverso materiale informativo. Quest’anno, poi, la novità dell’illuminazione di un monumento in tutte quelle città che hanno aderito all’evento: a Sciacca è stata la volta della chiesa della Madonna del Carmelo, illuminata di blu per non spegnere i riflettori su una malattia troppo spesso sottovalutata dagli stessi malati.
L’iniziativa come ogni anno è proposta anche grazie al patrocinio delle massime cariche ed autorità dello Stato italiano. Il motto è stato “corriamo più veloci del diabete”. Ma come? Sicuramente informando, puntando sulla prevenzione e su una corretta alimentazione.
Il diabete rappresenta una vera e propria epidemia globale. Lo certificano senza ombra di dubbio anche le cifre. Nel 1985 trenta milioni di persone soffrivano di diabete. Dopo 18 anni, nel 2003, il numero era salito a 194 milioni. Oggi siamo a 300 milioni, nel 2030 probabilmente, secondo i medici, saranno 435 milioni. E in Italia ben il 4,8 per cento della popolazione ha il diabete. Dati assolutamente allarmanti.
Grazie a questa giornata dedicata al diabete e al volontariato di medici, operatori sanitari, infermieri e associazioni di pazienti, tutti i cittadini hanno potuto ricevere gratuitamente materiale informativo, consulenza medica qualificata, ma soprattutto hanno potuto effettuare gratuitamente l’esame della glicemia. La Giornata Mondiale del Diabete è promossa da Diabete Italia, un’Associazione che vede riuniti allo stesso tavolo le società scientifiche di diabetologia dell’adulto, quelle scientifiche di diabetologia pediatrica, i rappresentanti delle associazioni delle persone con diabete in età adulta e in età pediatrica, i rappresentanti delle associazioni professionali degli infermieri e dei podologi in una sorta di alleanza comune per la gestione delle problematiche cliniche e sociali delle persone con diabete.
Quando si pensa al diabete, si associa sempre alla persona avanti con gli anni, alle prese con le punture di insuline e con sbalzi più o meno pericolosi di valori glicemici. Purtroppo non è solo così. In forte aumento infatti è il diabete diagnostico a bambini. Le cause? Il poco movimento, quindi una vita sedentaria, l’alimentazione veloce e non corretta, che non cura tutti i fabbisogni nutrizionali del corpo e lo stress. Molti scoprono di avere il diabete già da adulti. Il primo segnale di solito è quello dei troppi chili accumulati in breve tempo, in periodi relativamente brevi. I medici consigliano ai pazienti una vita regolare sia dal punto di vista lavorativo che dal punto di vista degli sforzi fisici: i valori della glicemia non devono essere normali e tenuti sotto controllo soltanto quando si è prossimi alle analisi ma sempre, tutti i giorni e per tutto il giorno. I glucometri del resto sono molto semplici da usare e non fanno male.
Tra i tipi di diabete quello maggiormente in crescita nei paesi in via di sviluppo come l’Italia è il diabete mellito. Questo tipo di diabete si ha quando il corpo non riesce ad utilizzare lo zucchero che è presente nel sangue. Esistono due tipi di diabete mellito, uno colpisce bambini e ragazzi, l’altro le persone più adulte. Il diabete non si vede né si sente e provoca disturbi di solito soltanto quando la glicemia è molto alta. 1 italiano su 10 ha il diabete mellito oppure è a rischio di averlo e non sempre lo sa, è possibile avere il diabete per anni senza accorgersene mentre non curare il diabete mellito può avere traumatiche conseguenze come le amputazioni, infarti, ictus, cecità o dialisi anche se è bene precisare che, anche col diabete, si può condurre una vita pressoché normale. Notevole importanza ha lo sport per tenersi in forma e condurre una vita sana.
L'esercizio fisico, specie se aerobico, è parte integrante del piano di trattamento del Diabete Mellito.
La prima osservazione storica sull’argomento risale alla prima metà dell’800 ed è presente nel libro “Memoires d’un diabetique” in cui l’autore, medico e diabetico, riferiva che dopo un pasto abbondante era solito percorrere di corsa i boulevard esterni di Parigi e ne provava grande giovamento sul suo fisico.
La prima osservazione scientifica risale invece al 1926 (solo 5 anni dopo la scoperta dell'insulina), anno in cui Lawrence, medico inglese e diabetico, pubblicò sul British Medical Journal un articolo in cui dimostrava su se stesso che una iniezione di 10 unità di insulina pronta produceva un abbassamento glicemico molto maggiore e più rapido se era seguita da un esercizio fisico piuttosto che se si restava a riposo.
Negli anni ‘70 e ‘80 il miglioramento degli schemi terapeutici fece un pò dimenticare l’importanza terapeutica dell’esercizio. Nell'ultimo decennio, invece, l’attenzione del mondo diabetologico italiano si è focalizzata sulla qualità della vita e dunque anche su un aspetto non secondario di essa, quello dell'attività fisica e sportiva, ciò anche grazie all'impulso promozionale dato dall’Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici.
La pratica dell’esercizio fisico sicuro, infine, richiede oltre alla motivazione ed all'attitudine, che il paziente venga addestrato all'autocontrollo e all’autogestione e quindi rappresenta un forte volano di educazione terapeutica.
La Giornata del Diabete si svolge sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Salute, del ministero del Lavoro e Politiche Sociali, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Ministero delle Politiche Giovanile e Attività Sportive, del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e della Croce Rossa Italiana.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

lunedì 22 novembre 2010

"Frantoi in festa" in Sicilia grazie alla SOAT

Degustazioni, visite ai frantoi, percorsi alimentari, promozione: questi gli obbiettivi della manifestazione voluta dalla SOAT e che ha inteso festeggiare l’olio extravergine d’oliva, prodotto siciliano di qualità spesso, a torto, sottovalutato. Il futuro del comparto passa soprattutto dalla promozione delle nostre migliori risorse agroalimentari

Siamo in pieno periodo di raccolta di olive e mai come in questo momento c’è bisogno di promuovere un prodotto di qualità e d’eccellenza come l’olio extravergine d’oliva siciliano.
Lo ha fatto l’assessorato regionale delle risorse agricole ed alimentari attraverso la manifestazione “Frantoi in festa” lo scorso 12, 13 e 14 novembre. In giro tra gli extravergini siciliani sono andati tantissimi studenti siciliani che hanno avuto la possibilità non solo di degustare l’ottimo olio siciliano e agrigentino in particolare ma anche di osservare tutte le fase di produzione attraverso la visita a quei frantoi che hanno aderito all’iniziativa.
In simultanea, nelle città di Menfi, Montevago, Mazara del Vallo, Castelvetrano, Alcamo, San Cipirello, Chiusa Sclafani, San Cataldo, Sant’Agata Militello, Leonforte, S.Teresa di Riva, Adrano, Mascalcia, S.Maria di Licodia, Sortino, Cassaro, Canicattini Bagni, Palazzolo Acreide, Pietraperzia, Naro, Serradifalco e Bisacquino oleifici, cooperative e frantoi hanno aperto le porte ai ragazzi con lo scopo precipuo di diffondere la cultura dell’olio e in generale dei prodotti locali.
Molte volte i giovani non conoscono i preziosi sapori siciliani e, nei supermercati, nei bar, nelle serata con gli amici, preferiscono i cibi confezionati oppure puntano sui fast food tralasciando tutti i gusti e prodotti di cui la nostra terra è ricca. Con l’olio e con “frantoi in festa” è stata fatta appunto questa operazione: degustazioni, approcci all’olio, mostre, proiezioni di materiali audiovisivo ad hoc, insomma tutto quello che può servire a bambini e ragazzi per capire e conoscere l’importanza dell’olio. Del resto non più di due settimane fa si era tenuta a Lucca Sicula “la festa dell’olio 2010”, voluta anche dalla SOAT, che ha sempre gli stessi obbiettivi di promozione e diffusione del prodotto locale.
Il futuro dei prodotti agricoli e delle stesse aziende del territorio passa appunto dalla promozione. In tempi di globalizzazione e di crisi economica non solo per il comparto agricoltura ma per l’intera nazione, senza dubbio si deve puntare sulla qualità e sull’eccellenza, caratteristiche che non mancano ai prodotti siciliani basti pensare anche agli agrumi, ai formaggi o ai carciofi, tanto per fare qualche esempio.
Soddisfatti dell’ottima riuscita dell’iniziativa i dirigenti della SOAT.
Immagini, tradizioni e colture che vanno tutelate dalle aggressioni straniere e dalle importazioni proprio attraverso la trasmissione alle nuove generazioni dell’immenso patrimonio storico e culturale che lega l’uomo alla millenaria attività di agricoltore e alla propria alimentazione.
L’olio siciliano che è un vanto per l’intero comparto e che andrebbe promosso soprattutto all’estero affinché si incentivino le nostre esportazioni consapevoli di non deludere il consumatore, sia esso italiano o straniero. Quando si parla di olio inoltre occorrerebbe parlare di “oli” poiché in cucina e in determinati piatti sarebbe opportuno utilizzare diverse tipologie di olio, ognuna adatta ad un sapore, ad una pietanza. Inoltre è opportuno sempre controllare l’etichetta per accertarsi la provenienza del prodotto non facendosi ingannare possibilmente dal prezzo poiché risparmio non sempre fa rima con qualità e con eccellenza. La bottiglia di olio che costa poca il più delle volte non rappresenta il massimo della bontà.
Con “frantoi in festa” dunque si celebra l’olio extravergine di oliva, alimento protagonista dell’alimentazione mediterranea. Un evento che ha aperto le porte alle nuove generazioni e a quanti hanno voluto conoscere meglio questo splendido prodotto siciliano.
Per sostenere la crescita dell’impresa olivicola e olearia siciliana, l’amministrazione regionale dell’agricoltura ha puntato dunque su questa iniziativa nella consapevolezza del fatto che altre edizioni seguiranno sicuramente a questa. Eventi promozionali che naturalmente non coinvolgeranno soltanto l’olio ma anche gli altri prodotti di qualità della nostra terra agrigentina e siciliana. Aprire i frantoi alle famiglie, alle scuole e al consumatore, in generale, per proporre “I percorsi dell’olio, dall’oliva alla tavola” con degustazioni guidate comparative, illustrazione delle fasi di lavorazione, distribuzione di materiale informativo e gadget, proposte gastronomiche in cui l’extra vergine di oliva siciliano è stato intanto un’ottima intuizione e sicuramente ha avuto un benevole impatto su gran parte dei consumatori.
L’obiettivo di “Frantoi in Festa” è infatti anche quello di incrementare il consumo di olio extra vergine di oliva, accrescere il reddito delle imprese olivicole e olearie, stimolare il miglior uso dello spazio rurale, puntando sul ruolo multifunzionale dell’olivo e dell’olivicoltura, diffondere la conoscenza dell’olio extra vergine di oliva, promuovendone il valore nutrizionale, al fine di stimolare o soddisfare la domanda di salubrità e di sicurezza alimentare, orientare la gastronomia all’uso di olio extra vergine di oliva per promuovere la cucina tradizionale secondo i principi della dieta mediterranea, rivalutare le tradizioni legate all’olivo e ai suoi prodotti, scoprire il valore culturale dell’olivo e dell’olio nella civiltà mediterranea, educare le nuove generazioni al consumo di alimenti tradizionali dell’agricoltura siciliana, secondo metodi ecocompatibili e a basso consumo energetico. Le prime due giornate, 12 e 1 3novembre, sono state dedicate alle scuole. La terza giornata, invece, è stata dedicata all’attività di comunicazione e degustazione indirizzata ai cultori della buona alimentazione e della gastronomia siciliana con eventi di approfondimento sulle tecniche di riconoscimento dei prodotti di qualità, sull’etichettatura, sui marchi d’origine e sul prodotto biologico, sul patrimonio olivicolo regionale.
L’agricoltura insomma apre le porte al consumatore. Adesso spetta al consumatore aprire le porte ai prodotti agricoli autoctoni e di qualità.

Calogero Parlapiano

giovedì 18 novembre 2010

Mafia, le mani sugli appalti pubblici

Continuano le indagini sulla rete di fiancheggiatori vicini all’ex latitante Gerlandino Messina. Si analizzano i pizzini rinvenuti nel covo che sembrerebbero confermare le rivelazioni del pentito Maurizio Di Gati: “La mafia punta sugli appalti pubblici”. Stessi ribassi, ditte compiacenti e “amici” nei Comuni: così Cosa Nostra domina la provincia

Un presunto esattore di tangenti, vicino al boss di Agrigento Gerlandino Messina, è stato fermato per estorsione. Maurizio Romeo, già condannato nel 2001 a 4 anni per associazione mafiosa, avrebbe chiesto 40 mila euro a un imprenditore che sta realizzando un residence alla periferia di Porto Empedocle. Le minacce si sarebbero intensificate in seguito all'arresto di Gerlandino Messina. L'imprenditore ha deciso di denunciare tutto ai Carabinieri che hanno fermato Romeo.
Continua dunque il lavoro degli inquirenti i quali stanno cercando di assicurare alla giustizia la grande mole di fiancheggiatori, picciotti, bravi e estorsori sui quali poteva contare l’ex boss latitante, numero uno di Cosa Nostra in provincia di Agrigento dopo l’arresto di Giuseppe Falsone avvenuto lo scorso 25 giugno a Marsiglia, in terra francese.
Adesso i riflettori della cronaca e delle tv si concentrano su quello che è considerato l’ultimo padrino: Matteo Messina Denaro per il quale, secondo il ministro dell’interno Roberto Maroni, il cerchio si starebbe stringendo e i suoi giorni di libertà potrebbero essere contati dopo decenni di latitanza.
“Il numero due di Cosa Nostra, Gerlandino Messina, è stato catturato. Ora manca solo il numero uno, ma il cerchio si sta stringendo attorno a lui”, ha detto il titolare del Viminale ribadendo gli straordinari risultati ottenuti dal governo sul fronte della lotta alla mafia: “una media di 8 mafiosi catturati ogni giorno compresi Natale e Capodanno, per 18 miliardi euro di patrimonio sottratto alla criminalità”.
Maroni si è anche soffermato sui 13 arresti effettuati in Brianza nell'ambito dell'operazione “Infinito” contro la 'ndrangheta in Lombardia: “E' la conferma della gravità del rischio della presenza e della capacità di infiltrazione della criminalità organizzata nei circuiti economici sani”.
Infine Maroni ha ribadito la sua priorità numero uno: “possiamo pensare in poco tempo di sconfiggere completamente la mafia, di degradarla al livello di mafia rurale e di farla regredire dai circuiri produttivi”. Sarà possibile?
Un obiettivo ambizioso ma reso possibile dal nuovo clima che si è instaurato in questi anni: “non stiamo facendo cose straordinarie - ha puntualizzato ancora Maroni - ma è cambiato il clima, e le forze dell'ordine lo percepiscono, ora c’è collaborazione straordinaria”.
Numerosi intanto gli oggetti trovati dai carabinieri nel nascondiglio favarese dove è stato catturato il latitante agrigentino. Il materiale sarà analizzato dal Ris di Messina in queste settimane.
Un vero e proprio arsenale e un’infinità di oggetti con decine di immagini sacre, lettere scritte dal figlio, chiavi, pen drive e sim card. E’ vasto il campionario del materiale trovato nell’ultimo covo del boss Gerlandino Messina, arrestato due settimane fa a Favara dai carabinieri. In un calendario il capomafia agrigentino avrebbe segnato addirittura il suo promemoria a partire dal 16 settembre con note per i giorni successivi fino al 28 ottobre. Fra i tanti oggetti rinvenuti nel covo più o meno rilevanti ce n’è uno che i carabinieri stanno cercando di analizzare e decifrare con maggiore interesse. Un mazzo, con relativo ciondolo di una nota agenzia favarese, contenente undici chiavi. Gli inquirenti vogliono scoprire cosa aprivano. Stanze segrete? Altri covi d’emergenza? Casseforti con documenti scottanti ed armi? Difficilmente il boss svelerà questi misteri. La strada del “pentimento” sarebbe ancora lunga e di difficile percorrenza.
Già a partire dall’udienza di convalida del suo arresto infatti il boss empedoclino si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il capomafia ha negato di essere stato capo e vicecapo di Cosa Nostra ed è convinto che qualcuno l’abbia tradito. In siciliano stretto avrebbe confidato ai magistrati che lo interrogavano: “quaccunu si passau u piaceri”. Ma chi? E perché? A chi dava fastidio il boss rimasto solo alla guida del mandamento di Agrigento importante per il ruolo strategico che riveste nella geografia mafiosa?
E se Messina è stato davvero venduto, probabilmente è già pronto anche il nuovo capo?
A questa conclusione sarebbe giunto il Pm del tribunale di Palermo Antonio Ingroia: “la mafia agrigentina si sta riorganizzando attorno a nuove figure, a nuovi capi, mettendo ordine tra i diversi mandamenti e dunque non è stata ancora debellata seppur colpita duramente dallo Stato”. Questa in sintesi l’opinione del magistrato. Queste e altre domande, per il momento, sono destinate a rimanere senza risposta anche se i pizzini trovati nel covo di Favara potrebbero dare un grosso impulso alle indagini. I quattro i biglietti sono stati scritti con una macchina da scrivere, due erano destinati ai familiari, un altro invece conteneva l’indicazione di ditte teoricamente interessate a lavori da iniziare nell’agrigentino, anche se Messina ha negato che il destinatario fosse il capomafia trapanese Matteo Messina Denaro. Il quarto pizzo, quello trovato nella tasca dei jeans del boss, sarebbe il più compromettente perché indirizzato ad un imprenditore con tanto di nome e cognome e sarebbe quello che preoccupa maggiormente il padrino di Porto Empedocle.
Imprese da spremere col pizzo, altre da favorire con gli appalti pubblici: obbiettivo i megaprogetti da realizzare in provincia. Obbiettivo i piccioli insomma, come sempre.
Del resto le ultime dichiarazioni sulla spartizione degli appalti in provincia di Agrigento fatte dal pentito di mafia Maurizio Di Gati ai giudici sembrano inequivocabili: “Per la spartizione degli appalti” ha dichiarato l'ex killer di cosa nostra “si portavano molte buste con lo stesso ribasso per predeterminare i ribassi; c’era comunque sempre bisogno di un appoggio in Comune per l’eventualità che, nonostante il meccanismo di cui sopra, un’impresa non appartenente al giro nostro vincesse per caso la gara: in questa eventualità c’era sempre qualcuno in Comune che sospendeva la gara con una scusa oppure toglieva un documento dalla domanda di partecipazione all’appalto ed escludeva l’impresa dalla gara”. Ed ancora Di Gati parla di vicende che riguardano molti comuni, amministratori e funzionari in tutta la provincia. Le vicende narrate riguardano i comuni di Comitini, Grotte, Racalmuto, Palma di Montechiaro, Ioppolo Giancaxio, la Provincia regionale di Agrigento ed altri enti ancora. Adesso spetterà ai Pm della distrettuale antimafia fare luce su ogni aspetto narrato. Le indagini sono tuttora in corso.
E mentre le indagini proseguono a ritmo serrato, l’ex latitante è stato trasferito dal carcere Petrusa di Agrigento a quello di massima sicurezza di Tolmezzo, in provincia di Udine. Il capomafia, condannato all'ergastolo per l’omicidio del maresciallo dei Carabinieri Giuliano Guazzelli, nella casa circondariale friulana potrà scontare la pena, in regime di 41 bis. Massimo lo schieramento di uomini e mezzi della polizia penitenziaria di Agrigento che hanno eseguito il trasferimento: una lunga colonna di automezzi dei carabinieri e della Polizia penitenziaria in assetto operativo, ha attraversato la Strada statale 640, la Porto Empedocle-Caltanissetta in direzione delle autostrade che portano a Palermo e Catania. Dentro un mezzo blindato e guardato a vista, si trovava Gerlandino Messina, il quale terminate le incombenze giudiziarie agrigentine e sottoposto al 41 bis, è stato rinchiuso in un carcere più adeguato. Messina, porta con se un pesantissimo fardello di accuse, condanne e provvedimenti di cattura mai notificati. L’ultimo dei quali, in ordine di tempo, esaurite, gli è stato notificato in carcere personalmente dal maggiore dei carabinieri Salvo Leotta. Si tratta dell’inchiesta “Domino”. La casa circondariale di Tolmezzo, attualmente ospita 140 stranieri, e 40 detenuti in Alta Sicurezza, 18 col 41 bis.
Nella sua cella e in regime di carcere duro avrà tutto il tempo per riflettere su decenni di morti, pizzo e minacce in attesa, un giorno magari, di aprire il vaso di Pandora e aiutare gli inquirenti, non solo a risolvere numerosi casi ancora oggi avvolti nel mistero, ma a fare luce sulle contaminazioni tra politica e mafia, oggi più che mai vera chiave di volta di tutte le indagini antimafia.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

martedì 16 novembre 2010

Consiglio comunale di Sciacca: approvato il progetto di ampliamento della scuola "Rossi"

Approvato all’unanimità il progetto di ampliamento e sistemazione dell’istituto Mariano Rossi di Sciacca. Un consiglio comunale con meno polemiche ma con diverse assenze tra i banchi della maggioranza. Mal di pancia reali o politici? E la minoranza giustamente fa bella figura

L’ultima seduta del consiglio comunale di Sciacca verrà ricordata per l’approvazione all’unanimità del progetto di ampliamento dell’istituto comprensivo Mariano Rossi sito alla perriera. Ovviamente soddisfatto il preside della scuola Luigi Abbene. Erano anni che si attendeva questo risultato per un iter che nel tempo aveva coinvolto le ultime tre amministrazioni comunali. Soddisfatti anche l’assessore Fabio Leonte e il sindaco Vito Bono.
In realtà probabilmente quest’ultimo avrebbe ben poco da essere contento poiché l’importante atto è stato approvato grazie al senso di responsabilità della minoranza che era presente in modo massiccio alla votazione finale al contrario della maggioranza che invece registrava assordanti e pericolose assenze. Solo una coincidenza o i mal di pancia non sono ancora finiti nonostante l’avvenuto rimpasto?
Su tutti, le assenze più pesanti sono state quelle dei Leali per Sciacca e quella del segretario del Pd Giuseppe Coco, difeso comunque dai consiglieri Gulotta e Fiorino.
Mal di pancia reali o politici? La risposta si avrà nelle prossime settimane quando la tenuta della maggioranza sarà testata durante i consigli comunali venturi.
Plauso dunque all’opposizione che ha tenuto conto del nostro “consiglio” comunale della scorsa settimana: più fatti e meno parole. I consiglieri del Pdl, Sciacca al centro e Udc hanno reso possibile l’approvazione di un atto che rischiava di cadere nel vuoto. Nel dettaglio si tratta di una variante regolamentare che dovrà adesso passare all’esame dell’assessorato regionale al territorio e all’ambiente, per poi ritornare in commissione edilizia e in consiglio comunale. Alla fine la realizzazione di nuovi padiglioni. In un momento di grave crisi per l’edilizia scolastica cittadina si tratta sicuramente di una bella notizia. L’architetto Giuseppe Bivona è riuscito a far comprendere appieno l’importanza e la funzionalità del progetto nonostante qualcuno abbia palesato pubblicamente i propri dubbi tecnici come il consigliere Cognata.
Obbiettivo mettere in sicurezza il plesso e garantire più spazi per alunni e insegnanti.
Sull’edilizia scolastica, settore fondamentale per il futuro di una città e di diverse generazioni di ragazzi, nessuno se l’è sentita di trincerarsi dietro il muro contro muro della bagarre politica. Con senso di responsabilità tutti i consiglieri presenti hanno dibattuto ma accettato le proposte in merito arrivando ad una votazione unanime: tutti i 22 presenti hanno dato il proprio benestare all’atto. Un passaggio importante.
Approvare un atto già cominciato da amministrazioni precedenti da un duplice significato: continuità amministrativa e il segno che, quando si vuole, si può davvero lavorare in sinergia e “per il bene della città”. Il bene della città, lo sanno bene i cittadini, non ha colore politico ma il colore di chi lavora concretamente, di chi si impegna tutti i giorni, di chi non si chiude all’interno delle mura della propria appartenenza o ideologia.
Appendice dedicata alla presa d’atto della delibera su piccoli lavori edili, già dibattuta e approvata nelle settimane scorse, ma che è tornata in consiglio per un disguido tecnico, e all’approvazione di alcuni emendamenti al regolamento sui lavori consiliari.
La maggioranza sarà da riverificare. L’arrivo di Leonte e Ferrara non sembra aver appianato le divergenze. I Leali per Sciacca sembrano stare alla finestra in attesa di nuove notizie, l’assessore Sabella, prossimo all’approdo a Futuro e Libertà per l’Italia, non vorrebbe sentirsi componente a termine, pezzi del Pd che non hanno gradito le ultime scelte politiche o amministrative. Insomma ce n’è abbastanza per non dormire sonni tranquilli. Sciacca ha perso già troppo tempo per le beghe di palazzo: si continui a lavorare alacremente in sinergia, con i fatti, “per il bene della città”.
In caso contrario sicuramente gli elettori sanno e sapranno giudicare a tempo debito.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

sabato 13 novembre 2010

La Provincia "babba". Viaggio nella provincia "più mafiosa, povera e disoccupata", quella di Agrigento

La provincia di Agrigento è la più mafiosa d’Italia secondo la Dia ed è la più povera e quella più piena di disoccupati secondo il Censis. In questo contesto continuano le indagini degli inquirenti che aggrediscono i patrimoni dei mafiosi mentre, invece, altri imprenditori decidono di stare dalla parte dello Stato e denunciare il racket delle estorsioni

La Direzione Investigativa Antimafia, qualche giorno fa, ha lanciato un allarme fondato sulla situazione politico-mafiosa della provincia di Agrigento, considerandola "la capitale italiana della mafia. Una provincia con la mafia dentro". Nello studio si evince che "il tessuto sociale agrigentino è caratterizzato da collusioni mafiose che rappresentano il fattore di forza delle dell'organizzazione di cosa nostra che riesce a mantenere una significativa influenza sul territorio". Inoltre la Dia ha accertato che in base ai riscontri investigativi e agli studi del Censis, in provincia vi è un elevato tasso mafioso registrato in 37 comuni su 43 totali. Dati che fanno il paio con quelli offerti dal Censis secondo i quali la provincia “babba” è quella con più disoccupati ed è quella più povera. Mafia, disoccupazione e povertà: esiste una correlazione tra questi elementi? E se si quale? Come avere ancora fiducia nelle istituzioni? Certo sarebbe interessante capire quali di questi 37 comuni sono impregnati dal fetido odore di mafia e malaffare. Rapporti intrinseci insomma tra criminalità e pubblica amministrazione. Si punti dritti agli appalti. Così c’è chi si ribella e punta sulla legalità e c’è chi si arricchisce. La differenza è sottile ma evidente. In settimana due casi opposti ma esemplificativi di quanto predetto. Sequestro di beni per alcuni e disastro economico per altri con conseguente abbandono da parte di tutti, familiari compresi.
I beni sono stati sequestrati all'imprenditore Nicolò Cino, 69 anni, ex sorvegliato speciale di Racalmuto (Agrigento) e al figlio 33enne, Eduardo Cino. Nicolò Cino è attualmente in carcere. Secondo gli inquirenti l'imprenditore racalmutese è considerato un "esponente di spicco della famiglia mafiosa di Racalmuto".
Beni per oltre un milione e mezzo di euro sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia di Palermo a un imprenditore agrigentino. I sigilli sono stati messi a beni immobili, conti correnti bancari e postali, terreni e una impresa edile.
Gli inquirenti hanno notato soprattutto la notevole differenza tra i beni posseduti, i redditi dichiarati e l'attività svolta.
Il sequestro è stato disposto dal Tribunale di Agrigento su proposta del Dipartimento di Criminalità economica della Procura di Palermo.
Le indagini della Dia hanno accertato il legame con Cosa nostra dell'imprenditore agrigentino, condannato all'ergastolo, condannato per associazione mafiosa e omicidio. Il Tribunale, che ha accolto la richiesta della Dda, ha motivato il sequestro rilevando la mafiosità di Cino, "accertata in molteplici atti processuali" e la sperequazione del valore dei beni posseduti, e l'attigita' svolta, oltre ai redditi dichiarati. Cino, prima del suo arresto, era ritenuto inserito nella famiglia mafiosa di Racalmuto contrapposta al clan Sole appartenente alla stidda nella gurra di mafia dell'agrigentino degli anni '90. Da venditore ambulante di alimenti Nicolò Cino, negli anni, è diventato imprenditore edile. Il fratello Luigi, appartenente alla famiglia mafiosa di Racalmuto, fu ucciso il 23 luglio del '91. Il 5 dicembre 2006 l'imprenditore venne fermato con altre persone per associazione a delinquere di stampo mafioso. Il 30 luglio 2007, mentre si trovava detenuto nel carcere di Secondigliano la squadra mobile gli ha notificato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 27 luglio 2007 dal gip di Palermo. Cino avrebbe messo a disposizione del gruppo mafioso armi utilizzate "in più occasioni in azioni omicidiarie contro esponenti della stidda".
Ad accusare Cino sono anche alcuni collaboratori di giustizia che sostengono che l'imprenditore abbia partecipato alle riunioni della famiglia mafiosa svolte subito dopo la prima strage di Racalmuto del 23 luglio '91.
Il 16 gennaio 2009 l'imprenditore è stato condannato dalla Corte d'Assise di Agrigento all'ergastolo per omicidio, associazione a delinquere di stampo mafioso.
La pena è stata confermata dalla Corte d'Assise d'Appello nell'aprile scorso. Il figlio Eduardo è stato arrestato e condannato in primo grado a 6 anni e 8 mesi di carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso. Ma nel luglio 2009 la Corte d'Assise d'Appello lo ha assolto, "per non avere commesso il fatto".
L’altra faccia della medaglia si chiama Ignazio Cutrò che, oppostosi alla mafia e al racket, vive ore di solitudine, senza lavoro, senza amici e soprattutto abbandonato proprio da tutte quelle istituzioni che invitano sempre a denunciare pizzo, criminali e vessazioni varie. Del caso di Cutrò e di Valeria Grasso si è occupata l’europarlamentare siciliana Sonia Alfano, responsabile nazionale del dipartimento antimafia dell’Italia dei Valori, con una lettera inviata al presidente nazionale di Confindustria Emma Marcegaglia e al presidente regionale di Confindustria Ivanohe Lo Bello. “Gentile Presidente Marcegaglia, gentile Presidente Lo Bello, con la presente sono a chiedervi alcuni urgenti chiarimenti rispetto a due casi, su tutti, di imprenditori siciliani che hanno denunciato i loro estorsori e che si sono schierati dalla parte dello Stato e, aggiungo io, dalla parte di Confindustria e delle sue battaglie per la legalità nell’impresa economica. Mi riferisco a Valeria Grasso ed Ignazio Cutrò, l’una imprenditrice palermitana nel settore delle palestre, l’altro nel settore edile con una sua azienda a Bivona.
Entrambi, con grande coraggio, hanno saltato il fosso dell’omertà e del silenzio e hanno denunciato un sistema mafioso che tiene per la gola gli imprenditori siciliani. Ma, come spesso accade, dopo le denunce, i processi, gli articoli sui giornali, su di loro è calato, anzi, precipitato il silenzio. Entrambi sono accomunati dal disastro economico che li ha travolti, perchè, immagino lo sappiate bene, quando un imprenditore denuncia, i primi a scappare sono i clienti, anche i più fedeli. E’ per queste ragioni che in casi come questi a salvare e a ridare energia morale ed economica alle aziende e alle imprese sono organi quali la Prefettura e confederazioni come Confindustria che sono in grado di dare lavoro e dunque ossigeno a quelli che dovrebbero essere esempi per gli altri imprenditori. Mi chiedo come si comporti Confindustria in questi casi, se l’essere o non essere associati escluda dalle tutele e dall’aiuto della confederazione, se il Vostro impegno antimafia si limiti al cacciare quegli imprenditori che pagano il pizzo o se si estenda anche ad aiutare, con tutte le notevoli forze di cui disponete, anche gli imprenditori che denunciano e che senza tutele sono destinati al fallimento immediato nel migliore dei casi, alla morte in quelli più drammatici. Mi chiedo se sia stato fatto tutto il possibile per salvare l’azienda, e a questo punto la vita, di Ignazio Cutrò. Mi chiedo il perchè Confidi, il consorzio di garanzia collettiva dei fidi della Confindustria, che svolge attività di prestazione di garanzie per agevolare le imprese nell’accesso ai finanziamenti, abbia negato la propria garanzia presso il Banco di Sicilia al signor Cutrò, ridotto sul lastrico proprio a causa delle sue denunce antiracket. Citando quel diniego, il Banco di Sicilia ha negato l’accesso al credito al signor Cutrò, condannandolo al fallimento e addirittura al rischio di perdere anche la sua abitazione. Questo si può chiamare “favorire” gli imprenditori che denunciano? Mi chiedo perchè Lei, Presidente Ivan Lo Bello, si è impegnato a dare risposte nel giro di una settimana a Valeria Grasso; da quell’incontro formale è passato oltre un mese, la situazione di Valeria è precipitata e da Lei non è arrivato alcun tipo di notizie, nemmeno una telefonata per dire “non possiamo far nulla”. Alla luce di questi fatti Vi chiedo di impegnarvi ufficialmente a dare un aiuto concreto in tempi rapidi a questi due imprenditori, accomunati dal coraggio e dalla voglia di non cedere a cosa nostra in virtù della loro appartenenza all’unico Stato che riconoscono. Li ho guardati negli occhi e ho visto la disperazione. Non lasciateli da soli.”
Parole forti e che al tempo stesso non lasciano spazio a dubbi. Cutrò e la Grasso, tra mille difficoltà tuttora esistenti, hanno scelto la via più tortuosa e complicata: quella della legalità, della giustizia, dello Stato. Facciamo in modo che siano da esempio per tutti gli altri e che non abbiano a pentirsene. In tutto questo fanno da monito le parole del vescovo di Agrigento Monsignor Francesco Montenegro che, nel presentare il nuovo anno pastorale 2010-2011 alla congrega dei parroci della provincia, ha denunciato con durezza e fermezza quanto poco si faccia per debellare la mafia e i suoi tentacoli. “La parola mafia noi nemmeno la pronunciamo. Abbiamo il dovere di intervenire e di fare di più”. Tutti hanno l’obbligo di fare di più.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

giovedì 11 novembre 2010

Compost per l'agricoltura: dai rifiuti, fertilizzante per i terreni

Sogeir, assessorato regionale dell’agricoltura, unità operativa di Sciacca e facoltà di Agraria dell’università di Palermo insieme per sperimentare l’utilizzo del compost prodotto dall’impianto della società d’ambito come fertilizzante in alcuni terreni. Un progetto che potrebbe avere ottimi risvolti scientifici, l’abbattimento dei rifiuti e dei costi per gli agricoltori


La Sogeir Ato Ag1 ha posto in essere un nuovo progetto di sensibilizzazione e promozione per raggiungere il dichiarato obbiettivo di “rifiuti zero”.
E’ stata sottoscritta infatti una convenzione con l’assessorato regionale delle risorse agricole e alimentari e la facoltà di agraria dell’università di Palermo per la conduzione di prove sperimentali al fine di testare il compost in agricoltura.
Il progetto è ambizioso e potrebbe risultare molto importante. I protagonisti di questo accordo tripartisan sono stati naturalmente il presidente di Sogeir Vincenzo Marinello, il presidente degli impianti di smaltimento della Sogeir Giovanni Indelicato, il direttore dell’unità operativa di Sciacca Giuseppe Pasciuta, il direttore del dipartimento di agronomia e ambiente presso l’università degli studi di Palermo nella facoltà di Agraria Lucio Pristina e il consulente chimico Filippo Giglio.
La sperimentazione sarà effettuata in tre terreni: una coltivazione di arance a Ribera, una di olive a Sciacca e un vigneto a Menfi. Si cercherà di verificare non solo come risponde il terreno a questi trattamenti ma anche come risponde la stessa pianta. Dunque verrà data agli agricoltori la possibilità di utilizzare il compost prodotto dalla lavorazione dell’umido (ossia il rifiuto organico urbano). Si tratta di un fertilizzante naturale che, se tutto andrà a buon fine, potrebbe rivelarsi un’arma vincente per il futuro dell’ambiente e dell’agricoltura: ci sarebbe la possibilità di riutilizzare quei rifiuti e di avere del fertilizzante a basso costo e probabilmente migliore rispetto a quello usato fino ad ora.
Gli agricoltori saranno invitati a fornire alcuni residui di potature (i residui di potatura infatti non possono essere bruciati) e al contempo verranno aiutati al fine di abbattere i costi di produzione ed avere maggiori ricavi. In tempi di crisi potrebbe essere una nuova risorsa.
I terreni sono messi a disposizione dall’unità operativa, per ora si tratti di uliveti, vigneti e agrumeti ma ci potrebbe essere la possibilità di allargare la sperimentazione anche su altri tipi di coltivazioni. Lo scopo è anche quello di testare questo prodotto dal punto di vista scientifico: chi lo sta già utilizzando ne è entusiasta e dice che sta ottenendo buoni risultati. Per questo sono stati mobilitati inoltre i laboratori di analisi chimica – agraria dell’assessorato regionale delle risorse agricole e alimentari.
Questo progetto è partito pure dalla considerazione del fatto che i terreni del circondario e non solo sono poveri di sostanza organica e i costi di produzione quasi sempre sono più alti rispetto ai ricavi.
La stipula di questa convenzione è stata utile anche per spiegare a tutti il funzionamento dell’impianto e come si riesca a produrre questo compost.
La frazione umida rappresenta oltre il 40% dei rifiuti complessivi, si tratta di circa 14mila tonnellate l’anno. E’ proprio grazie all’impianto per il compostaggio della frazione organica della Sogeir sito nell’aria industriale di contrada Santa Maria che si riduce l’impatto determinato da questa tipologia di rifiuti evitando di portarli in discarica e prolungando quindi la vita della stessa.
Presso questo centro, uno dei fiori all’occhiello della società d’ambito, vengono conferiti i rifiuti organici provenienti dalla raccolta porta a porta effettuata nei 17 comuni che fanno parte della società Ato AG1. Nel dettaglio lì confluiscono: i rifiuti organici di provenienza alimentare (il cosiddetto FORSU), i fanghi civili ed agroindustriali, gli scarti verdi, i materiali legnosi e le biomasse organiche residue da trasformazioni agroalimentari come possono essere le sanse vergini ed esauste, i sottoprodotti animali comportabili, oppure gli scarti di lavorazione.
La soluzione impiantistica individuata, per la piena conformità tecnico – processistica ai requisiti sopraelencati, prevede, dunque, tre distinte sezioni di trattamento: la fase di biossidazione accelerata in biocella con ricircolo e trattamento dell’aria esausta attraverso uno scambiatore di aria –aria e aria – acqua, riutilizzo del percolato per l’umidificazione della biomassa, insufflazione settoriale, ambiente di processo controllato e regolato. Poi si passa alla fase di post-compostaggio in cumulo statico aerato, semiconfinato con teli semi traspiranti a carboni attivi. La fase di maturazione invece prevede appunto la maturazione in cumulo rivoltato, coperto con temi semi traspiranti.
Le fasi di lavorazione dunque consistono nella ricezione del forsu (la frazione organica dei rifiuti solidi urbani), nella ricezione strutturante – ammendante (il vegetale), nella miscelazione del forsu col vegetale, nella biossidazione accelerata in biocella della durata minima di 7 giorni, nel postcompostaggio in cumulo aerato con la durata minima di 28 giorni, nella maturazione in cumulo rivoltato della durata minima di 56 giorni e infine dell’affinamento con doppio stadio di vagliatura.
Sogeir, assessorato regionale dell’agricoltura, unità operativa di Sciacca e facoltà di Agraria dell’università di Palermo insieme per sperimentare l’utilizzo del compost prodotto dall’impianto della società d’ambito come fertilizzante in alcuni terreni.
Un progetto che potrebbe avere ottimi risvolti scientifici, l’abbattimento dei rifiuti, l’abbattimento dei costi per gli agricoltori e il riutilizzo del compost. Anche da queste idee potrebbe passare il miglioramento e la conservazione del nostro patrimonio naturale ed ambientale.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

mercoledì 10 novembre 2010

Un "consiglio" comunale: Più fatti, meno parole

Dibattito. Ma i fatti a quando?


Finalmente è entrato nell’aula del consiglio comunale il tanto atteso dibattito politico. Dopo l’ennesimo rimpasto della giunta da parte del sindaco Vito Bono, un po’ tutti i consiglieri attendevano di poter dire la loro non solo sulle dinamiche interne alla maggioranza ma anche sul rispetto o meno del programma elettorale che ha condotto alla vittoria l’attuale amministrazione.
Non è uscito granchè a dire il vero da questo dibattito. Polemiche, urla, qualcuno che è andato sopra le righe, discussioni, bla bla bla ma di proposte concrete per il rilancio della città non se ne è vista traccia.
I nodi al pettine sembrano essere ancora diversi. La prima è quella del gruppo dei Leali per Sciacca che, per loro stessa ammissione, saranno “leali” a questa maggioranza entro e non oltre il febbraio 2011, termine per il quale pretendono un posto in giunta. Un assessore insomma che dovrebbe essere il già investito Ignazio Perrone in luogo del già a termine Alberto Sabella. Il capogruppo del Pd Simone Di Paola è stato chiaro: “se qualcuno vuole mettere in difficoltà la maggioranza sappia che siamo pronti a governare anche senza i numeri”. Naturalmente è una soluzione che Vito Bono farà in tutti i modi per scongiurare. Dall’opposizione si è fatto l’elenco dei rimpasti. In fase di campagna elettorale erano stati designati Ezio Di Prima (il quale ultimamente ha abbandonato il Pd) e il deputato regionale Vincenzo Marinello. Entrambi non hanno mai varcato la porta di sala Falcone – Borsellino. Subito trombati e sostituiti dai due tecnici Turturici e Piazza che insieme a Montalbano hanno rappresentato l’asse tecnica della giunta fino a poche settimane fa. Tutti, a destra e manca, hanno fatto i complimenti all’ex assessore Ignazio Piazza descritto dai consiglieri come persona preparata sul settore pesca e non solo ma anche educata e competente. La sua sostituzione sarà una di quelle questione che, in ogni dibattito politico, sarà tirata fuori anche perché, dopo il suo defenestramento, il settore pesca non ha avuto più un assessore per 7 mesi. Si è perso del tempo prezioso, alcuni bandi europei mentre il mercato ittico è stato chiuso definitivamente. Niente male per una città marinara. Il settore ringrazia. Adesso è il turno dei “nuovi” assessori Michele Ferrara e Fabio Leonte, gente sicuramente esperta, veri politici che potranno forse dare un maggiore impulso alla macchina amministrativa seppur in un momento di difficoltà economica evidente e di difficile risoluzione.
Vito Bono è stato accusato per l’ennesima volta di non essere indipendente dalla politica.
Da segnalare anche gli interventi di alcuni componenti della stessa maggioranza. Il consigliere Fiorino del Pd ha messo i puntini sulle i sulla questione del piano regolatore generale, sul mercato ittico, sull’annosa vicenda dei parcheggi da realizzare, sul piano regolatore del porto, attaccando in maniera più o meno velata il sindaco e le sue scelte sottolineando anche il fatto che: “la giunta non ha esponenti femminili come previsto dallo statuto comunale e come voluto in recenti casi anche dal Tar”. Stessa richiesta è stata espressa dal consigliere del Pdl Calogero. Del resto anche lo stesso consiglio comunale non sembra che sia popolato da tante donne.
I 3 Leali per Sciacca hanno fatto degli interventi che sono sembrati essere uno in contrapposizione all’altro mentre da Pippo Turco si sono sentite accuse precise al sindaco. Gioacchino Settecasi ha ammesso di “essere ancora in attesa di essere accettato tra i banchi della maggioranza come più volte promesso” e continuerà a dichiararsi indipendente e a scegliere punto per punto. Un giovane senza peli sulla lingua.
Per la maggioranza e l’opposizione l’invito è quello di far ascoltare in futuro discussioni più concrete e soprattutto idee poiché non basta né sottoscrivere un documento e né criticarlo ma occorre indicare la strada, il modo per il quale quegli obbiettivi indicati posso essere raggiunti. Possibilmente a medio termine.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

sabato 6 novembre 2010

Gerlandino Messina: "a tutto c'è una fine". A tutto

La cattura del boss Gerlandino Messina segna un colpo durissimo per la lotta alla mafia in provincia di Agrigento ma non quello definitivo. Storia di un arresto. Pizzo, soldi, appalti, cemento, grossi lavori: dai pizzini emerge un controllo capillare su tutto. E mentre la folla a Favara inneggia al boss, Alfano ha già firmato il 41 bis che lo condanna al carcere duro. Matteo Messina Denaro adesso ha il comando assoluto

I carabinieri hanno arrestato a Favara Gerlandino Messina, capo della mafia di Agrigento, nella lista dei 30 latitanti piu' pericolosi. Il boss e' stato catturato dagli uomini del Gis (gruppo di intervento speciale) dei carabinieri in una palazzina a due piani, in una zona di campagna a Favara.
Gerlandino Messina aveva due pistole, con lui c'era un'altra persona. Il blitz dei carabinieri e' stato fulmineo, il capomafia non ha avuto il tempo di reagire.
Si nascondeva in un edificio di via Stati Uniti 79, alla periferia nord del paese.
Gerlandino Messina aveva preso il comando della Cosa nostra provinciale dopo la cattura, il 25 giugno a Marsiglia, di Giuseppe Falsone. Era ricercato dal 1999, sulle sue spalle diverse condanne per associazione mafiosa e omicidio. È accusato di essere il killer del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli, assassinato a colpi di arma da fuoco il 4 aprile del 1992 mentre viaggiava su una Ritmo, lungo la statale di Agrigento. Il padre di Gerlandino Messina, Giuseppe, venne assassinato nella strage di Porto Empedocle del luglio del 1986.
Al blitz che ha permesso la cattura di Messina hanno partecipato almeno una ventina di carabinieri, tra militari del gis di Livorno, del Ros e del reparto operativo di Agrigento. Alcuni uomini delle teste di cuoio hanno sfondato la porta d'ingresso e contemporaneamente altri militari sono entrati da una finestra. Sono state utilizzate bombe accecanti. Il boss non ha avuto nemmeno il tempo di reagire e quando gli è stato chiesto se era effettivamente Gerlando Messina, non ha proferito parola. Ha confermato la propria identità soltanto alcune ore dopo, una volta portato in caserma.
Rispetto alle foto segnaletiche è molto ingrassato e non ha più capelli. Indossava un paio di pantaloni marroni e una blusa beige. Il boss aveva con sé due pistole.
Al momento dell’irruzione dei carabinieri, gli abitanti della zona di via Stati Uniti hanno sentito sparare un paio di colpi di pistola. Ma il particolare non è stato confermato ufficialmente. Un carabiniere con indosso il Mefisto gli ha urlato: “Finalmente ti abbiamo preso, tu hai ucciso il maresciallo Guazzelli.”
La sua scalata al vertice della mafia agrigentina inizia nel 1986, dopo l'uccisione del padre. La carriera all'interno dei ranghi di Cosa nostra, culminata nel 2003 con il comando su tutta la provincia di Agrigento, fu favorita anche dal beneplacito espresso verso la sua posizione di Bernardo Provenzano. Dal 2 febbraio 2001 erano state diramate le ricerche in capo internazionale. L'ascesa di Gerlandino Messina corrispose alla parallela caduta di Luigi Putrone, altro capomafia operativo in quella zona fino a quel momento, e costretto a lasciare Porto Empedocle nel 1998. Tra i maggiori latitanti adesso rimangono Matteo Messina Denaro, nato a Castelvetrano nel 1962, e considerato l’attuale vertice operativo dell’organizzazione. Ricercato dal 1993, è accusato di associazione mafiosa, omicidio, strage e devastazione. La sua influenza si estende fino ai paesi alle porte di Palermo. Dopo quello di Messina Denaro spicca il nome di Giovanni Motisi. Cinquantenne ricercato dal 1998, dopo la caduta dei Lo Piccolo, Motisi è ritenuto tra i maggiori esponenti di Cosa nostra nel capoluogo siciliano. Dal 1995 è presente nell’elenco anche Vito Badalamenti. Nato a Cinisi nel 1954, Vito è figlio di Tano Badalamenti col quale migrò negli Stati uniti nel corso della seconda guerra di mafia. Attualmente si ritiene possa gestire gli interessi della famiglia dall’estero, probabilmente dal Brasile o dall’Australia. Ricercato dal 93, infine, è Giovanni Arena latitante vicino alla cosca mafiosa Sciuto-Tigna.
Messina non si sarebbe dunque mai allontanato dalla zona di Favara. Proprio a Favara infatti la polizia, a fine novembre dell'anno scorso, aveva scoperto uno dei covi del superlatitante. In una palazzina, in via Juogoslavia nel centro della piccola cittadina, all'interno di un garage, i poliziotti avevano trovato una stanza nascosta, una specie di bunker attrezzato con tutti i confort; appesa al muro c'era una cartolina di Porto Empedocle e delle dediche. Per favoreggiamento aggravato era stato iscritto nel registro degli indagati, Antonio Russello di 25 anni, proprietario del garage. In quel covo Messina, nel 2009, avrebbe anche festeggiato il suo 37/o compleanno.
Naturalmente per la cattura del superboss è stata espressa soddisfazione e compiacimento bipartisan, da parte di tutti i politici e partiti regionali e nazionali. Da Berlusconi a Maroni, da Alfano a Lombardo: è qualcuno parla addirittura di “cancro” quasi definitivamente estirpato.
Gli investigatori considerano Gerlandino Messina, uno spietato killer: secondo alcuni pentiti va sempre in giro armato di tutto punto, mitra compreso, e guardato a vista da una scorta armata. Nel covo del superlatitante Gerlandino Messina, catturato nel pomeriggio poco dopo le 17, i carabinieri hanno trovato anche un libro sulla vita di Toto' Riina e, dai rilievi successivi, è saltata fuori anche un consolle x-box con all’interno il videogioco de “Il Padrino”.
I Ris di Messina nei giorni seguenti all’arresto si sono recati nella casa-covo alla ricerca di indizi, dettagli, prove, tutto quanto possa essere utile alle indagini. Secondo alcuni la casa potrebbe avere una sorta di stanza nascosta, segreta, dove il boss sarebbe dovuto andare a rifugiarsi in caso di accerchiamento oppure un luogo dove teneva lontano da occhi indiscreti documenti scottanti e armi. Staremo a vedere. Gustosi retroscena insomma. "La casa - ha spiegato il colonnello Mario Di Iulio, comandante provinciale dei carabinieri di Agrigento - sembrava abbandonata, giusto una camera da letto e una cucina. Abbiamo trovato pochi effetti personali". “I carabinieri, ha spiegato il colonnello Di Iulio, tenevano la palazzina sotto controllo da alcuni giorni. La presenza dei militari dell’Arma non ha insospettito i residenti in quanto in questi giorni a Favara è in corso una fiera. Solo nelle ultime 24 ore, però, i carabinieri hanno avuto la certezza che dentro quella palazzina si trovasse Gerlandino Messina, latitante da 11 anni, e ritenuto il killer del maresciallo Giuliano Guazzelli, ucciso nel ’92. È stato subito allertato il Gis, che aveva inviato i propri uomini che ora hanno catturato il capomafia.”
E’ chiaro che l’ex latitante è stato coperto e protetto da una fitta rete di fiancheggiatori che lo hanno aiutato non solo nell’ultima parte della sua latitanza ma in generale negli ultimi 11 anni nei quali si è dato alla macchia. Secondo il pentito Di Gati, Messina addirittura sarebbe stato curato anche recentemente da un’oculista e da un dentista di Favara. I nomi naturalmente sono “omissis”.
Per non parlare della reazione di familiari e parenti più o meno stretti i quali hanno inveito contro le forze dell’ordine e contro le troupe televisive presenti chiedendo le condizioni di salute del congiunto. E’ molto probabile che più di qualcuno sapeva dove si trovasse. E anche in rete, soprattutto su facebook, qualcuno ha continuato ad inneggiare al boss, una nipote in particolare lo ha definito su per giù “una persona adorabile, buona e che amo” mentre altri hanno definito i carabinieri “sbirri di merda”. Uno scenario ben diverso rispetto alle esultanze di giovani sotto le finestre della Questura dopo gli arresti di Raccuglia, Nicchi e Falsone.Gerlandino Messina è stato catturato seguendo i suoi vivandieri, due imprenditori già noti alle forze dell’ordine e vicini alla mafia la cui loro posizione al momento è al vaglio degli investigatori. Sono gli uomini che hanno fatto arrestare Messina, quelli che gli portavano da mangiare in una casa al secondo piano di via Stati Uniti disadorna ma ricca di vivande. Una vita da cani ma migliore di quella che narrano i pentiti quando la sua latitanza veniva trascorsa nelle campagne tra Realmonte, Siculiana e Porto Empedocle. Favara si dimostra capitale della latitanza. Prima Brusca, poi Di Gati, adesso Messina. Con Falsone che proprio a Favara ha trascorso un periodo di latitanza. Due stanze grandi 3 metri per 4; un computer, numerosi pennini per i collegamenti ad internet, una miriade di schede telefoniche. Anche Gerlandino Messina aveva il pallino dell’informatica e si collegava ad internet. Il computer è stato posto sotto sequestro così come i cellulari e adesso sono al vaglio dei periti informatici che avranno il compito di tirar fuori tutti i dati necessari ed utili per proseguire le indagini.
Ma non solo. Trovati anche diversi pizzini, alcuni importantissimi, uno indirizzato al capomafia trapanese latitante Matteo Messina Denaro. Nella lettera, in cui c'è esplicitamente il nome del padrino ricercato, Messina cerca accordi per la spartizione territoriale delle «messe a posto», suggerendo una sorta di suddivisione per aree della gestione del pizzo alle imprese. Il biglietto, ritrovato dagli investigatori, oltre a documentare i recenti rapporti tra i due capimafia, dimostra che Gerlandino Messina, contrariamente alla linea dettata dal suo predecessore alla guida delle cosche agrigentine, Giuseppe Falsone, grande nemico di Messina Denaro, cercava accordi con il padrino di Castelvetrano. Inoltre, addosso al boss agrigentino erano stati trovati anche quattro pizzini, scritti a macchina, con un elenco di imprese che si erano aggiudicate grossi appalti pubblici e alle quali, secondo gli inquirenti, Messina aveva intenzione di chiedere il pizzo.
Dato da non trascurare, l’importanza del lavoro svolto dai Servizi Segreti Italiani che hanno inviato al comando di Agrigento tutte le notizie in loro possesso circa Messina favorendone l’arresto così come era già successo con Falsone in Francia. Un arresto importantissimo nell’economia della lotta a Cosa Nostra: Falsone preso a giugno, Messina a ottobre. La mafia agrigentina, seppur potente e infiltrata dovunque, non ha avuto il tempo di riorganizzarsi. Un colpo durissimo ma non la fine di tutto. Tutt’altro. I tentacoli ci sono, esistono e si diramano anche verso le istituzioni, basti pensare all’operazione “Family” che ha portato all’arresto del sindaco di Castrofilippo e allo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose.
Il ministro della giustizia Alfano ha già firmato il decreto di applicazione del carcere duro per Gerlandino Messina. Una decisione rapida ed importante. Un segnale preciso.
Secondo Beppe Lumia, deputato del Pd all’ARS e vittima di diverse minacce di stampo mafioso,''la magistratura e le forze dell'ordine come sempre hanno fatto la loro parte mentre il governo la smetta di fare propaganda e dia seguito con i fatti alle sue quotidiane dichiarazioni sulla lotta alla mafia, con provvedimenti concreti: garantisca l'applicazione severa del 41 bis, aumenti le pene per i reati di stampo mafioso, riapra le carceri di massima sicurezza di Pianosa e l'Asinara e dia piu' risorse e mezzi a chi si trova in prima linea nel contrasto alla criminalita' organizzata''.
Riconoscimento alle forze dell’ordine dunque i veri protagonisti di questa battaglia continua e serrata.
Nomi di ditte che si occupano di appalti pubblici ma anche altre indicazioni cifrate. C'era tutto questo nei quattro pizzini trovati in tasca a Gerlandino Messina. I magistrati della Dda stanno analizzando i bigliettini sui quali c'erano alcuni nomi di ditte che si stanno occupando o si occuperanno di grossi lavori pubblici come il raddoppio della statale 640, la Agrigento-Caltanissetta, e la realizzazione del rigassificatore di Porto Empedocle. Alcune imprese erano da spremere col pizzo, altre erano state spartite tra le famigghie della zona tramite l’accordo tra Messina e Messina Denaro, che dunque potrebbe trovarsi in Sicilia, nelle vicinanze, altre ancora invece probabilmente erano da “aiutare” nella corsa agli appalti, segnale che attesterebbe la “normalità” della cosa, una “normalità” che potrebbe sopravvivere a qualsiasi arresto se non si tiene alta la corda dei controlli a tutti i livelli.
Il procuratore di Palermo e capo della Direzione Distrettuale Antimafia Francesco Messineo ha dichiarato: “l’arresto del boss Gerlandino Messina non significa che i commercianti dell’agrigentino saranno tutelati dal pagamento del pizzo. Gli esattori del racket sono ancora liberi.Gli aguzzini continueranno a pressare gli esercenti – ha continuato il procuratore – ma è il momento giusto per ribellarsi e denunciarli per rendere finalmente Agrigento libera dal ricatto”.
Dopo l'ammissione dell'identità, il numero uno di cosa nostra agrigentina è stato trasferito in carcere. Messina avrebbe dichiarato, mentre si trovava presso la caserma di Villaseta: "a tutto c'è una fine" riferendosi alla propria latitanza. L'ex primula rossa avrebbe mantenuto un atteggiamento molto composto. Al momento dell'uscita i parenti si sono avvicinati alla gazzella sulla quale era trasportato Messina, battendo le mani sui vetri e lanciando baci e urla all'indirizzo del proprio congiunto.
A tutto c’è una fine. Anche a questi atteggiamenti. A tutto c’è una fine. Lo ha detto anche il boss. A tutto c’è una fine. Lo aveva detto anche Giovanni Falcone riferendosi alla mafia.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

mercoledì 3 novembre 2010

Politica: lavori in corso a Sciacca

Fatto il rimpasto, firmato il documento e chiuso il congresso del Pd, si apre la fase dei lavori per la giunta Bono: la realizzazione del programma, la sistemazione delle strade, gli spettacoli natalizi, il carnevale 2011. Quali scelte verranno prese? Quando la programmazione diventerà la vera protagonista della città di Sciacca?

Tutto come previsto. Il Partito democratico saccense ha confermato come segretario cittadino Giuseppe Coco. Il congresso non ha sancito dunque particolari sorprese o prese di posizione. Il deputato del Pd all’Ars Vincenzo Marinello ha confermato che sarebbe stato opportuno procedere al rimpasto della giunta Bono dopo il congresso e non prima precisando di non avere nulla da ridire circa gli uomini che sono stati scelti.
La situazione politica al momento sembra delinearsi e qualche nodo si scioglie.
Il sindaco Vito Bono, dopo mesi di contrasti più o meno taciti, sembra esserne uscito rafforzato da queste scelte: rischiava la crisi politica, rischiava di perdere pezzi di maggioranza, nel peggiore dei casi rischiava anche di non avere più la maggioranza e invece ha ottenuto la conferma dell’intera squadra in consiglio comunale. 18 i consiglieri comunali della maggioranza, anzi, per la precisione 17 + 1. L’uno è l’indipendente Gioacchino Settecasi che, in consiglio, voterà e deciderà punto per punto. Si tratta comunque di una maggioranza solida. Il tempo ci farà capire se si tratterà anche di una maggioranza coesa.
Il documento programmatico firmato qualche giorno fa ha riconosciuto pari dignità politica anche al gruppo consiliare dei Leali per Sciacca formato dai consiglieri Sandullo, Patti e Gulotta.
Si vocifera che, a febbraio, al più tardi a marzo, anche questo gruppo avrà nominato un assessore. Ad oggi il nome più gettonato è quello di Ignazio Perrone che dunque prenderebbe il posto di Alberto Sabella. Ma è presto per parlarne.
Intanto il congresso cittadino del Pd consegna alla città anche un partito più solido. In che senso? Le diverse anime del partito si sono messe d’accordo o quantomeno hanno deciso di sotterrare l’ascia di guerra. Questo dovrebbe garantire in consiglio comunale un appoggio concreto ed unitario da parte di tutti i consiglieri provenienti dal Pd. Tutto bene allora? Non proprio.
Si attende il dibattito politico durante la prossima seduta del consiglio comunale. Non sono previsti sorprese ma è certo che, quella sede, rappresenterà il primo banco di prova per la nuova giunta Bono.
Intanto, è stata confermata la nostra indiscrezione già pubblicata più di un mese prima dall’avvenuto rimpasto: Gianfranco Vecchio, Vincenzo Fazio, Fabio Leonte, Carmelo Brunetto, Michele Ferrara e Alberto Sabella, questi i nomi degli assessori scelti o confermati dal sindaco Vito Bono. L’unica sorpresa è pervenuta dalla distribuzione delle deleghe: quella più attesa, ossia la delega alla pesca finora trattenuta dal sindaco dopo l’avvicendamento di Ignazio Piazza con Fazio, è passata al vicesindaco Carmelo Brunetto quando tutti pensavano che sarebbe andata a Fazio.
Ma del resto il ragionamento sarebbe stato anche logico oltre che politico: se in questi giorni la delega alla pesca sarebbe passata a Fazio tutti si sarebbero chiesti perché non gli fosse stata assegnata subito, al momento del suo ingresso. Ma tant’è.
La realizzazione del programma elettorale adesso passa attraverso diversi punti: i parcheggi, migliorare la viabilità stradale, l’occupazione e aprire nuovi cantieri. Da diversi mesi infatti si annunciano finanziamenti di diverso tipo e per diverse zone di Sciacca. Si tratta sicuramente di belle notizie ma al contempo, ad oggi, non si è visto aprire nemmeno un cantiere. Dato per scontato che ci vogliono dei tempi tecnici e burocratici per preparare il dovuto carteggio, se non cominciano concretamente i lavori non si rischia di perdere e veder decaduti i tanto strombazzati finanziamenti?
E’ possibile che, a tutti i livelli, locale, provinciale, regionale, nazionale, la politica sappia annunciare ma non sappia dire nulla sui tempi? Domande semplici, quasi scontate: quando cominceranno i lavori a seguito del tale finanziamento e quando finiranno. Anche la risposta è sempre scontata: non si sa, vedremo, c’è un iter ecc ecc.
Tutto in comode rate.
Nel frattempo ci avviamo quasi al periodo delle feste natalizie. Nel terzo polo turistico, perennemente in crisi di soldi, non si è ancora deciso cosa offrire alla città: spettacoli, pupazzi, trenini per i bambini, novene, banda musicale, complessini. Eppure siamo già a novembre. Probabilmente è ancora troppo presto per programmare. In fondo, da tempo ormai, vanno di moda i last minute, le offerte dell’ultimo secondo da prendere al volo.
A proposito di programmazione e dei tempi pachidermici della politica, tra 5 mesi sarà nuovamente carnevale. L’edizione 2011. Dal 3 all’8 marzo. A breve le maestranze che intendono partecipare dovrebbero cominciare a mettersi all’opera per fornire un prodotto di qualità e degno di questo nome: a che punto siamo? Sono stati individuati già dei capannoni dove poter lavorare? Si è scelto il percorso migliore, se in centro storico o alla perriera? Si è sicuri nel confermare la festa a marzo come da calendario oppure si intende riproporla a maggio per avere maggiori garanzie atmosferiche e turistiche? E gli eventuali testimonial? E la promozione pubblicitaria nazionale onde evitare che sia la solita sagra paesana e dell’hinterland? E poi la domanda principale: ma il carnevale si fa o no, risparmiando magari notevoli fondi per la riparazione delle arterie stradali comunali?
Lo scopriremo solo vivendo. A dicembre e gennaio scopriremo se a palazzo di città verranno recapitati i regali di Babbo Natale oppure il carbone della Befana.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

martedì 2 novembre 2010

luciana littizzetto, bunga bunga, buttiglione gay, capezzone, prostitute genova, 31/10/2010

luciana littizzetto, bunga bunga, buttiglione gay, capezzone, prostitute genova, 31/10/2010

che risate, fantastica!!! buon ascolto