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martedì 30 settembre 2008

L'Estate Saccense: breve ma intensa

Insieme alle prime piogge autunnali sopraggiunge in noi cittadini la consapevolezza che l’estate è ormai prossima alla fine e con essa tutte le manifestazioni legate alla nostra estate saccense. Quest’anno la programmazione è stata particolarmente ricca e variegata: abbiamo avuto tre concerti di musica leggera, Umberto Tozzi, Finley e Francesco De Gregori, le rappresentazioni teatrali portate in scena presso l’atrio inferiore del Comune, la rassegna jazz, lo “Sciacca Film Fest” ed il Gran Galà delle Operette “Belle Epoque”. Nel momento in cui, però, si voglia trarre un qualsivoglia bilancio delle manifestazioni non si possono tenere in considerazione alcuni fattori indicativi ed importanti.
La programmazione per tempo.
E’ possibile che una città a vocazione turistica come Sciacca presenti il calendario delle iniziative legate all’estate solamente gli ultimi giorni di luglio?
Sicuramente non è facile mettere in essere un calendario all’altezza, si deve tenere conto delle diverse esigenze, prima fra tutte quella del reperimento dei fondi necessari. Ma, anche questo che vuole essere un motivo addotto a discolpa, rischia invece di rimanere sterile e retorico in quanto basterebbe attivarsi per tempo al concreto ritrovamento dei finanziamenti per evitare inutili e clamorosi ritardi, sfruttando magari i tanto decantati virtuosi collegamenti i quali consistono nell’avere la stessa parte politica alla guida della città, della provincia, della regione e del governo nazionale. Mentre l’estate metereologicamente subentra il 21 di giugno, a Sciacca, se tutto procede bene, comincia il 5 di agosto, giorno del concerto di Umberto Tozzi e si conclude due settimane più tardi ma ben prima dell’inizio reale della stagione autunnale previsto per il 22 settembre.
Le scelte.
Il 15 di agosto un grande artista come Francesco De Gregori è giunto ad allietare il nostro Ferragosto. Non si discute sulla carriera, la fama, la bravura, l’intensità di questo eccezionale cantante ma da più parti è sopraggiunta l’impressione che non si trattasse di un tipo di spettacolo adatto ad una festa popolare come quella che coinvolge i saccensi. I suoi ritmi lenti, il contatto non stabilito col pubblico, la profondità dei testi hanno fatto pensare che sarebbe stato meglio fornire questo spettacolo in un’altra data o in un’altra location lasciando spazio possibilmente ad un’artista più diretto, più frizzante, insomma più consono ad essere ascoltato tra il frastuono della città che brulicava di gente a passeggio. Il concerto di Irene Grandi proposto per il ferragosto nostrano del 2007 è stato sicuramente maggiormente azzeccato.
L’improvvisazione.
Intorno al 25 agosto due notizie tanto inattese quanto sorprendenti hanno poi rivoluzionato lo scenario dell’estate saccense 2008. La prima, l’arrivo del tour nazionale “Summer Games” di Radio Italia e, la seconda, l’annullamento del concerto di Giuliano Palma inizialmente previsto per il 28 agosto. Lo spettacolo portato in tutte le piazze della penisola da Radio Italia non ha avuto a Sciacca lo stesso successo ottenuto nelle altre località turistiche sia perché non era stato inserito nel cartellone ufficiale degli eventi estivi nostrani sia perché non si sapeva neppure del suo arrivo ed il tutto è stato pubblicizzato il giorno stesso in cui l’evento doveva aver luogo, ossia il 25 agosto. Sull’annullamento del concerto di Giuliano Palma, atteso dai più giovani e dai tanti amanti del genere Ska, il Comune non ha colpe dirette in quanto il manager del cantante ha fatto sapere che, a causa di improcrastinabili impegni familiari, la star non sarebbe potuta giungere nella terra del sole.
Per la realizzazione di questo concerto erano stati stanziati venticinquemila euro che dovevano essere riutilizzati entro la metà del mese di settembre, o per cercare di recuperare l’evento musicale o per organizzarne uno ex novo. Che fine hanno fatto questi soldi? Dove sono andati a finire? Quando e come saranno reinvestiti?
Sicuramente molti cittadini vorranno saperlo e per tempo.
I numerosi turisti che sono arrivati nella nostra amata Sciacca prima dell’inizio delle manifestazioni legate all’estate saccense hanno potuto quindi godere di una città spenta, vuota, con qualche solitaria orchestrina pagata da privati ad allietare i clienti del bar di turno, con i negozi già chiusi da ore, a differenza di tutte le maggiori città turistiche nelle quali essi aprono dalle 19 in poi. I più fortunati sono stati coloro che sono giunti in città a cavallo delle due settimane di Ferragosto poiché hanno beccato in pieno la vera estate, quella saccense, breve ma intensa.
Alla luce di quanto osservato in questi mesi di caldo afoso, trovano maggior risalto le iniziative portate avanti da ragazzi che, con il loro impegno, la loro voglia di fare e budget spesso prossimi allo zero, hanno dato un po’ di colore alle nostre serate. Stiamo parlando dello “Sciacca Film Fest”, della mostra fotografica “Sciacca vista da noi”, del Trofeo di scherma “Città di Sciacca”, delle rappresentazioni dei nostri Gruppi Teatrali: tutti eventi degni di questo nome ed esperienze certamente da riproporre il prossimo anno.
Sempre a proposito di programmazione, tra qualche mese sarà di nuovo Carnevale. Nella stanza dei bottoni tutto è già chiaro, pronto e previsto. Si è consapevoli di quando i lavori al palazzo Tagliavia saranno realmente completati, sono stati stabiliti i passaggi di promozione pubblicitaria dell’evento, si conoscono i nomi dei testimonial e dei presentatori della manifestazione, si è previsto come evitare che il peso dei carri distrugga ulteriormente la piazza “Scandaliato” recentemente riqualificata, si sa se il Carnevale sarà al centro o alla perriera.
E’ che non ce lo vogliono dire.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

lunedì 29 settembre 2008

Saccensi illustri: Tommaso Fazello


Tra i saccensi che si sono distinti tanto in Sicilia quanto nel resto d’Italia un posto di primo piano occupa sicuramente Tommaso Fazello.
Tommaso Fazello nasce a Sciacca nel 1498 e fin da tenera età lo affascinano gli studi storici sia di ricerca attraverso le fonti librarie del tempo sia sul campo andando a visionare di persona i luoghi che maggiormente trasudavano esperienze storiche.
Si reca a Padova per approfondire gli studi teologici e diviene Frate nell’ordine dei Domenicani, ciò gli permette anche, dal 1555 in poi, di diventare insegnante a Palermo presso il locale Convento dei Domenicani.
Gli studi hanno occupato gran parte della sua vita tanto che, dopo ventennali ricerche, pubblica nel 1558 il “De Rebus Siculi Decades Duae” presso la tipografia Maida di Palermo.
La grande opera rappresenta il primo libro stampato sulla storia della Sicilia.
L’aspetto principale che rende tale ricerca molto importante risiede nel fatto che il monaco si reca in prima persona nei luoghi protagonisti della propria ricerca storica. Non è un caso quindi il fatto che Tommaso Fazello riesca ad individuare alcuni tra i siti storici oggi più rinomati e visitati quali Selinunte, il Tempio di Zeus Olimpio ad Agrigento ed Eraclea Minoa.
In particolare la scoperta dell’antica Selinunte avviene nel 1551 quando il Fazello, a dorso del proprio mulo, andava alla ricerca dei resti delle città antiche da illustrare poi nei suoi scritti.
L’aspetto itinerante della ricerca ne fanno un esempio ed una guida per tutti i viaggiatori, anche stranieri, che nei decenni, anzi nei secoli successivi, si porteranno in Sicilia, consapevoli di arrivare in una delle maggiori culle della cultura e della civiltà antica.
L’opera del Fazello, l’unica sua produzione letteraria, consta di due decadi, la prima è maggiormente di carattere descrittivo e geografico mentre nella seconda si addentra completamente nella ricerca storica.
La sua fama deriva anche dal fatto che l’autore riesce a dare una forma estetica ed editoriale al suo capolavoro e, per questo, di sicuro si serve delle sue conoscenze sia palermitane che nordiche e di un ambiente culturale locale favorevole e pronto alle sue innovazioni.
Riconosciuto già in vita come uno dei maggiori teologi e storici italiani, si spegne a Palermo nel 1570.

Centro di Accoglienza, centro di dialogo interculturale


In occasione della “Giornata Europea del Dialogo Interculturale” prevista per venerdì 26 settembre abbiamo voluto recarci di persona nel luogo in cui questo tipo di dialogo è sincera essenza quotidiana, ossia al Centro di Accoglienza per gli immigrati sito in Contrada Isabella.
A distanza di pochi mesi dalla sua inaugurazione e dalla sua apertura e dopo le iniziali polemiche, questo Centro di Accoglienza opera a pieno regime ed è la dimostrazione concreta di come si possa convivere serenamente e pacificamente tra etnie, religioni e provenienze diverse. Evidentemente una volta che sono andati via via smorzandosi i toni allarmistici e gli scenari inquietanti paventati dalle istituzioni politiche locali e dagli stessi residenti, le attività del centro si sono potute imporre in tutta la loro efficacia.
Abbiamo incontrato Carmelo Greco, il responsabile delle Comunicazioni della Cooperativa Arcobaleno, che ci ha illustrato l’attuale quadro della situazione.
Il Centro ospita circa cento immigrati provenienti da diverse zone dell’Africa e dell’Asia ma in particolar modo originari della Somalia, dell’Eritrea, del Sudan e del Pakistan. Tutti gli ospiti della struttura sono in attesa di ricevere lo status di rifugiati politici, cosa che permetterebbe loro di poter liberamente circolare per tutta l’Europa. In attesa che per molti di loro questo sogno diventi realtà, sono stati attivati un numero importante di laboratori i quali permettono a questi ragazzi una più rapida integrazione tanto tra di loro quanto tra i nostri volontari. Ci sono i laboratori musicali, di pittura, di taglio e cucito per le donne, di falegnameria e carpenteria per gli uomini, c’è il laboratorio di lavorazione del ferro, ci sono le attività sportive con dei piccoli campetti di pallavolo e di calcetto pronti per essere ultimati ed utilizzati e la concreta possibilità di organizzare con la collaborazione della cittadinanza una maratona, data la risaputa abilità nella corsa degli atleti africani e di molti tra gli ospiti della struttura e molti altri laboratori che sono in attesa di cominciare a breve come quello di agricoltura e quello di ceramica.
Tra le altre attività sono da segnalare sicuramente il laboratorio di apprendimento della lingua italiana che dà l’occasione di imparare a conoscere il mezzo linguistico per poter meglio approcciarsi col paese ospitante e il Rainbow Film Festival, ossia la proiezione due volte alla settimana di film in inglese con sottotitoli in italiano che spesso trattano di tematiche importanti e che vedono una nutrita partecipazione. Il dialogo interculturale all’interno del centro è costante, continuo, quotidiano e di certo non può ridursi alla singola giornata in cui questo aspetto della vita viene ricordato e menzionato, basti pensare ai due gruppi religiosi principali, ossia il cristiano ed il musulmano, che convivono senza alcun problema o allo stesso rapporto di amicizia che si instaura tra gli ospiti e i volontari. Come in una qualsiasi grande famiglia, fondamentale è il rispetto, il conquistare per gradi la loro fiducia superando l’iniziale diffidenza. Infatti questo è uno dei compiti più importanti per un volontario del centro: favorire ed agevolare una perfetta integrazione al fine di una tranquilla convivenza. Abbiamo incontrato Simone Estero, il Direttore della Struttura, il quale ci ha assicurato che ad oggi i rapporti tra gli ospiti del centro e i residenti di contrada isabella sono molto più sereni, anzi che molti anonimi cittadini vi si recano per donare vestiti, scarpe o giacche. Anche la situazione politica è andata acquietandosi e questo rinnovato clima non può far che bene a coloro che operano per i quotidiani fabbisogni di questi ragazzi e ragazze. Una grossa mano d’aiuto la stanno dando, oltre alle forze dell’ordine che si accertano costantemente che tutto vada per il verso giusto, anche la Caritas locale per i ripetuti doni di vestiario che assicura al centro e Tonino Bonifacio il quale ha regalato ben tre tavoli per poter giocare a ping pong.
Il centro di accoglienza ha il permesso di poter continuare ad operare sul territorio locale fino al 31 dicembre a meno che gravi emergenze non ne dispongano la prosecuzione delle attività già intraprese anche se il direttore della struttura si chiede: “Perché chiudere un centro quando in altre zone se ne stanno per aprire di nuovi?” Abbiamo avuto l’occasione anche per poter parlare con alcuni di loro e l’impressione è stato certamente positiva. In alcuni casi l’integrazione avviene in maniera tanto veloce da permettere a quello che prima era considerato solo uno dei tanti ospiti della struttura di divenire a sua volta volontario ed essere perno importante nel favorire il dialogo e la convivenza tra i vari gruppi presenti.
Parliamo di Teklezghi, un giovane ragazzo che è diventato maggiorenne proprio durante la sua permanenza al centro di contrada isabella. Ci parla in inglese ma l’emozione traspare dai suoi occhi e supera le difficoltà linguistiche. Ci ha raccontato la sua storia, la sua vita, una vita che prova a cambiare in meglio partendo, come tanti dalle coste libiche, e raggiungendo, dopo quattro giorni di viaggio su una piccola barca, Lampedusa, terra promessa e punto di arrivo per la stragrande maggioranza di questi migranti. Adesso sono quattro mesi che Teklezghi vive in Italia e ci dice che la fede e la preghiera lo hanno aiutato molto nel far sì che i suoi desideri si avverassero. E’ felice di poter dare una mano all’interno della struttura e la cosa che lo rende maggiormente soddisfatto è il rapporto che ha instaurato sia con gli altri ospiti sia con i volontari del centro. Non è riuscito a completare gli studi ma una dei sue speranze è quella di poterlo fare per migliorare la propria qualità della vita e per poter aiutare più facilmente anche la sua famiglia che è rimasta in Africa. “Sogno di poter andare a lavorare a Milano, sogno di poter andare a tifare la mia squadra del cuore, la Juventus, ed il mio idolo, Alessandro del Piero”. Sogni di un ragazzo come tanti, di un ragazzo che pretende solamente di vivere come ognuno di noi. E sorridendo mi stringe la mano e si allontana felice.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

domenica 28 settembre 2008

Acqua, quali tariffe per quali servizi?

Il sistema pubblico-privato di gestione dell'«oro blu» al sud.La vicenda di Acqualatina apre il coperchio su un affare che si espande in Calabria e Sicilia. La Siba spa, controllata da una multinazionale francese, gestisce le risorse idriche delle due regioni. Un vero e proprio impero che sarebbe dovuto arrivare fino ad Acerra. Ma le mancate «garanzie politiche» hanno spinto i francesi al ritiro
I vetri a specchio della Torre 10 di via Nervi a Latina sono diventati uno scudo ancora più impenetrabile dopo i sei arresti che hanno colpito il vertice della società mista Acqualatina, che fornisce l'acqua potabile nel capoluogo pontino a sud di Roma. L'amministratore delegato Silvano Morandi proprio ieri ha ottenuto la revoca degli arresti domiciliari. La sede della società è blindata, separata definitivamente dalla città: nessuno vuole parlare o commentare, il sito Internet mostra un comunicato surreale: «Acqualatina fornisce chiarimenti», che però si riferiscono al taglio delle utenze morose. Le bollette salate, carissime continuano ad arrivare, confermando le contestazioni dei cittadini arrabbiati per l'aumento delle tariffe che hanno di gran lunga anticipato le indagini della procura.L'atmosfera è però più cupa a via Lampedusa 13, nella periferia sud di Milano, dove in due palazzi ultravigilati (impossibile avvicinarsi se non si è invitati) siedono i consigli di amministrazione di Veolia, di Siba, di Fineco, di Emit. Scatole finanziarie che contengono i tanti soldi del business dei servizi ambientali (acqua e rifiuti), al vertice dei complessi disegni societari che dirigono le fila di Acqualatina. E non solo. In via Lampedusa 13, a poche centinaia di metri dal depuratore di Nosedo, lavorano i grandi padroni dell'acqua, gli ideatori dello schema di consulenze «in house» che la procura di Latina sta approfondendo. Società che da decenni si occupano di acqua, depuratori e rifiuti, resistendo alle cicliche indagini che dagli anni '90 ad oggi hanno cercato di far luce sul lato più oscuro della gestione ambientale in Italia.Partiamo dal nodo cruciale della fitta rete di società, la Siba spa. Controllata dalla multinazionale Veolia (75%) e dalla Emit di Giuseppe Pisante (25%), ha acquistato dall'Enel guidata da Paolo Scaroni la Eh, Enel Hydro, che detiene il 47% delle quote di So.Ri.Cal., il gestore delle acque in Calabria guidata da Raimondo Besson, oggi agli arresti domiciliari per l'inchiesta Acqualatina. Lo stesso gruppo lo ritroviamo in Sicilia, dove controlla, insieme ad Enel, Siciliacque, l'operatore idrico privato creato dalla Giunta Cuffaro. Insieme ad Eni (di nuovo Scaroni) Veolia e Pisante hanno poi in mano la gestione del sovrambito idrico (il fornitore all'ingrosso di acqua) in Campania e decine di partecipazioni in altri diversi Ato nel Sud.L'inchiesta su Acqualatina potrebbe quindi aver aperto il famoso vaso di Pandora. Dietro i quindici milioni di euro di appalti contestati dalla procura pontina si cela infatti un vero e proprio impero, con ben altre cifre.Se dalla Milano finanziaria di via Lampedusa 13 ci spostiamo nella Calabria degli appalti il paesaggio cambia, ma i protagonisti rimangono. La gestione dell'acqua qui è oggi in mano alla società mista So.Ri.Cal., che controlla acquedotti bucati e dighe in eterna costruzione.La Regione Calabria sulla carta avrebbe il controllo della società guidata da Besson, visto che detiene il 53% delle quote. La giunta Loiero ha perfino creato un comitato di indirizzo e vigilanza dove, oltre all'amministratore delegato di So.Ri.Cal Besson, siede l'assessore ai lavori pubblici Incarnato. Il controllo è senza dubbio vitale, visto che la società mista gestisce direttamente centinaia di milioni di euro provenienti dai fondi europei, destinati a fornire l'acqua alle città calabresi, che soffrono la sete da tantissimi anni.La città di Cosenza aspetta, ad esempio, il completamento della diga dell'alto Esaro dal 1978. E' difficile stabilire quanti miliardi di lire siano stati spesi fino al 2004, quando la Sorical ha preso in gestione i lavori. E' però possibile calcolare quanti finanziamenti pubblici sono in gioco oggi. Qui la Regione ha stanziato 244 milioni di euro. Peccato però che i lavori siano fermi. L'appalto è stato vinto dalla Torno Internazionale, azienda specialista in infrastrutture guidata da Elia Valori, di proprietà di due fiduciarie lussemburghesi. Il progetto venne preparato negli anni '80 dallo studio Prass di Verona, degli ingegneri Trevisan. La Prass è intanto fallita (hanno atteso invano il pagamento dei progetti, secondo il curatore fallimentare) e il Tribunale di Verona aveva ottenuto dalla Regione e dalla Sorical l'impegno a saldare il conto. Invano. Alla fine la procura di Castrovillari, all'inizio di quest'anno, ha sequestrato i cantieri e i progetti, ipotizzando l'appropriazione indebita aggravata e la mancata esecuzione di un ordine del giudice. Storie di ordinaria cattiva amministrazione? C'è qualcosa di più in realtà, che aiuta a capire meglio chi è oggi il padrone dell'acqua in Calabria, chi gestisce di fatto le cifre milionarie degli stanziamenti pubblici.A fine giugno i sostituti procuratori della Repubblica di Castrovillari, Sandro Cutrignelli e Larissa Catella, chiedono l'archiviazione per l'assessore ai lavori pubblici Luigi Incarnato. I pm descrivono una situazione paradossale: l'assessorato non sapeva quello che stavano facendo i dirigenti della Sorical, ritenendolo quindi estraneo ai fatti per «le condotte dolosamente poste in essere dagli altri indagati, consistenti in false prospettazioni e constatazioni». Cioè, la dirigenza della società dove la Regione ha il 53% delle quote avrebbero fornito informazioni false all'assessore ai Lavori Pubblici.Il sistema Veolia/Pisante sembra essere lo stesso, ovunque in Italia. Il socio pubblico, anche se di maggioranza, non conta nulla. Serve, casomai, a dare le opportune coperture politiche, a tenere buona l'opinione pubblica quando serve e, soprattutto, a garantire che i fondi pubblici confluiscano nelle casse delle Società di gestione. «Lascia fare a me, a quello ci penso io», avrebbe scritto in una e-mail uno degli indagati a Latina. E si riferiva proprio al socio pubblico, che su qualche appalto magari aveva «qualche difficoltà». Una frase che suona inquietante, pensando al sistema Veolia che proprio a Milano alla fine degli anni '90 era stato al centro di una complessa indagine.Alain Maetz, l'allora rappresentante della Veolia in Italia, era stato arrestato dopo il ritrovamento nel suo computer di lettere che spiegavano alla casa madre di Parigi come era riuscito ad ammorbidire alcuni politici italiani. Maetz riuscì ad ottenere una lista di imprese interessate agli appalti per il depuratore di Peschiera Borromeo. Individuò subito la Siba, capì che sarebbe stato conveniente entrare in affari con la società legata alla famiglia Pisante (che già si era occupata del depuratore di Nosedo) e nel gennaio del 1999 la Veolia comprò il 50% delle azioni, poi passate al 75%. Un patto che, come abbiamo visto, ha fatto la fortuna del gruppo che, dopo pochi anni, ha conquistato Latina, la Calabria e la Sicilia.A Latina e in Calabria le procure per ora non parlano di tangenti, come era d'uso nella Milano da bere. Oggi non ce ne sarebbe neanche bisogno: il sistema si basa su patti parasociali e convenzioni che lasciano mano libera ai privati. Chi decide come spendere i soldi, come preparare le gare d'appalto, chi invitare è sempre il socio privato. I meccanismi usati per sottrarre al controllo pubblico la gestione sono diversi: ad esempio la gara d'appalto per la fornitura dell'energia elettrica ad Acqualatina, So.Ri.Cal. e Siciliacque è stata organizzata in completa autonomia dal Consozio UnyHidro, dove accanto all'amministratore delegato Besson non siedono consiglieri nominati dagli enti locali. Gestione «in house», per l'appunto, controllata solo dai soci privati, al riparo da sguardi poco graditi degli enti locali.L'inchiesta di Latina per Veolia potrebbe essere un brutto colpo d'arresto. Il gruppo francese - in affari con Pisante - punta oggi al grande business dei depuratori e della gestione dei rifiuti. E in questo caso ad oliare i meccanismi fa gioco anche l'emergenza. I depuratori in Italia sono vecchi, da risistemare; per i rifiuti le immagini della Campania parlano da sole. E il meccanismo è ormai collaudato: gli affari vanno fatti in famiglia. Il ruolo del pubblico, poi, deve rimanere solo quello di garante politico, come ha chiesto la stessa Veolia per poter presentare un progetto per l'inceneritore di Acerra. Caro Stato, ha fatto sapere Veolia, se vuoi che gestisca la situazione in Campania mi devi garantire di non avere grane «politiche», che nessun comitato di cittadini contesti le mie scelte. Salvo poi ritirarsi quando si è resa conto che tali garanzie non ci sarebbero state.
[Andrea Palladino, Il Manifesto, 5 febbraio 2008]


Vittoria: Il sindaco Nicosia rappresenterà i sindaci italiani a Malmö in Svezia sulla gestione pubblica dell’acqua
Il sindaco, Giuseppe Nicosia, parteciperà, in rappresentanza dei sindaci che in Italia si battono perché l’acqua resti in mano pubblica, al Forum Sociale europeo che si terrà a settembre a Malmö, in Svezia. All’importante convegno, il primo cittadino di Vittoria è stato chiamato a relazionare, dalla CGIL funzione pubblica nazionale.
«Essere stato chiamato, unico sindaco in Italia, a rappresentare le amministrazioni che si battono contro la privatizzazione dell’acqua, è per me non solo un grande onore - ha dichiarato il primo cittadino vittoriese - ma anche un importante ed evidente attestato di stima che arriva a questa amministrazione per le battaglie intraprese a difesa di un bene vitale comune qual è l’acqua. Dal giorno del mio insediamento, mi sono battuto, e continuerò a farlo, contro la privatizzazione e quindi a favore della realizzazione di un Ato idrico provinciale, che sia interamente in mano pubblica, tramite la costituzione di una azienda consortile. Essere stato chiamato a rappresentare il lavoro e la posizione del movimento dei sindaci che, in Italia, cercano di mantenere alta la difesa dei beni comuni, è un riconoscimento delle battaglie che ho intrapreso sia nei confronti della Panther, sia per la recente vicenda dei pozzi di Giardinello, ma anche in difesa di altri beni comuni, non ultimo quello relativo al cimitero con l’annullamento del project financing. Voglio ricordare, inoltre, che il nostro è stato l’unico comune ibleo a essersi costituito anche davanti al Consiglio di Giustizia europeo, contro la privatizzazione dell’Ato idrico. Alla CGIL, va il merito di avere intrapreso, già due anni fa, con il suo segretario provinciale, Fonte, una iniziativa di sensibilizzazione contro la privatizzazione dell’acqua e di avere coinvolto le amministrazioni comunali, anche quelle che in precedenza si erano espressamente in modo diverso, in questa battaglia. E’ dunque un fatto estremamente positivo che, a livello nazionale, un importante sindacato abbia pensato a noi come una delle realtà più rappresentative del territorio nazionale, che potrebbe essere di esempio per altri comuni se riusciremo a realizzare, per quanto riguarda il bene “acqua”, quello per cui stiamo lavorando: l’Azienda speciale consortile iblea a gestione interamente pubblica».

Braulino è il guardiano di un pozzo a Manaus, centro geografico e culturale dell’Amazzonia brasiliana.Fernando Paraguassu è un signore dell’acqua, presidente di Aguas do Amazonas, della multinazionale Suez. Braulino governa un pozzo comunitario nell’antico lebbrosario di Manaus, autogestito da un centinaio di famiglie, che pagano il solo costo.Il signor Paraguassu gestisce invece l’intero sistema idrico della città, privatizzato nel 2000 e deve spiegare ad una Commissione d’Inchiesta perché 400.000 persone sono senza acqua sul più grande bacino idrografico del pianeta; perché dal 2000 le morti legate all’acqua sono aumentate; perché l’acqua è più cara che a Roma...Due storie che raccontano l’incredibile paradosso dell’Acqua Invisibile, le conseguenze del feroce business del milennio: vendere l’acqua è come vendere la vita.

il valore e la bellezza dell'acqua

sabato 27 settembre 2008

L'Utopia di Tommaso Moro

Se l'onore fosse redditizio, tutti sarebbero onorevoli.


Soltanto per quelli felici le lacrime sono un lusso.

E' già un pessimo affare perdere la propria anima per il mondo intero, figuriamoci per la Cornovaglia.

Non c'è dolore in terra che il Cielo non possa guarire.

Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare, che io possa avere soprattutto l'intelligenza di saperle distinguere.

Vi prego, mastro luogotenente, accompagnatemi su, e quanto a scendere, lasciate fare a me.

Mi sembra che dovunque vige la proprietà privata, dove misura di tutte le cose è la pecunia, sia alquanto difficile che mai si riesca ad attuare un regime politico basato sulla giustizia o sulla prosperità.

Gli uomini, se qualcuno gli fa un brutto tiro, lo scrivono nel marmo; ma se qualcuno gli usa un favore, lo scrivono sulla sabbia. (da aforismi.studenti.it)

(da filosofico.net e wikipedia.org)
Perchè il nome Utopia : La parola Utopia venne usata per la prima volta da Tommaso Moro, che in una sua opera del 1516 esponeva le usanze, le abitudini e i costumi del popolo dell'isola di Utopia, del quale sentì parlare da un marinaio; la controversia sull'origine del nome è dovuta al fatto che nell'opera di Moro viene presentata una società che ha entrambe le caratteristiche. L'origine più probabile rimane comunque quella di "non luogo", in quanto era intento dell'autore descrivere una società che fosse in qualche modo perfetta, ma che purtroppo fosse anche impossibile da realizzare. Ad avvalorare quest'ipotesi c'è anche l'uso da parte di Moro di alcuni nomi quali ademo (senza popolo) per designare il principe, Anidro (senz'acqua) per indicare il fiume vicino ad Amauroto (città invisibile), la città principale dell'isola di Utopia, che in precedenza fu chiamata Abraxa (dove non piove) di re Utopo. Il libro inizia con una lettera indirizzata ad un suo amico, Pietro, con il quale ascoltò il racconto sull'isola di Utopia; in questa lettera Moro chiede se per favore Pietro potesse correggere la sua trascrizione del racconto, allo scopo di evitare che ci possano essere degli errori. Di seguito alla lettera inizia la vera opera, che è divisa in due libri. Nel primo libro Moro descrive il suo incontro ad un ricevimento con l'amico Pietro, che coglie l'occasione per presentargli un personaggio che sicuramente sarebbe interessato all'autore, un marinaio esperto conoscitore di terre lontane a causa dei suoi lunghi ed innumerevoli viaggi: Raffaele Itlodeo. Dopo aver fatto conoscenza i due, assieme a Pietro, decidono di ritirarsi in un posto appartato e di iniziare a discutere. Durante la prima parte del dialogo vengono analizzati i vari problemi della monarchia inglese, discussione che sorge dal diverbio successivo alla proposta di Moro secondo cui Itlodeo poteva essere utile in carica di consigliere per un sovrano europeo in quanto era dotato di buon senso e di esperienza, essendo rimasto per cinque anni nell'isola di Utopia. In realtà il motivo per cui Itlodeo rifiuta ritenendo di non essere adeguato all'incarico è proprio il fatto di aver vissuto per un così lungo tempo in quella società: egli sa bene, infatti, che il modello utopico fosse irrealizzabile in qualsiasi altro stato a causa delle sue caratteristiche. Fra i problemi individuati vengono messi in risalto: la nobiltà parassitaria e i lati negativi della proprietà privati fra i quali, soprattutto, la divisione che faceva tra ricchi e poveri. Questi ultimi, infatti, erano fortemente dipendenti dalla nobiltà che li costringeva a mendicare e a fare lavori poco retribuiti. Inoltre viene trattato la questione della pena di morte e il fatto che, con questa, fossero puniti anche i ladri che erano in molti casi costretti a rubare per necessità. In generale possiamo dire che vengono trattai tutti quei problemi cui, nel secondo libro, tramite la narrazione del racconto di Raffaele Itlodeo, Moro cerca di dare una soluzione pur sapendo che l'isola da lui ipotizzata è del tutto irrealizzabile. Nella seconda parte dell'opera - che coincide con il secondo libro - il discorso di Itlodeo si sposta sulla descrizione dell'isola secondo i suoi più vari aspetti.
La società : I cittadini di Utopia sono secondo la legge tutti uguali, anche se in realtà all'interno della società esistono delle differenze di classe. La divisione più sostanziale che possiamo trovare tra i cittadini è sicuramente quella tra uomini liberi e schiavi. Secondo lo statuto utopico tutti gli uomini nascono liberi; gli schiavi, infatti, non sono né prigionieri di guerra né figli d'altri schiavi, semplicemente presso gli utopici la schiavitù è una pena assegnata per i reati più gravi. Agli schiavi sono destinati i lavori più umili, mentre c'è l'uguaglianza tra gli altri cittadini. In realtà però anche tra i cittadini liberi esistono delle differenze di classe, che comportano alcuni privilegi per una di queste. Tutti gli uomini devono per legge avere un lavoro, anche se in realtà esiste una rotazione tra campagna e città, in modo che nessuno sia costretto a svolgere solamente i lavori agricoli nella sua vita. La società degli utopici è in realtà basata sul sapere, basti pensare alla classe sociale esente dal lavoro: gli uomini di lettere o sifogranti. Infatti i lavoratori hanno a disposizione nella loro giornata sei ore non lavorative, che possono dedicare allo svago o, se vogliono, allo studio; privilegiato è lo studio della letteratura. Tra questi vengono scelti i più meritevoli e vengono esentati dal lavoro, ed è da questa classe sociale che vengono scelti gli ambasciatori, i sacerdoti e le persone facenti parte delle istituzioni.
Le istituzioni : L'isola di Utopia è una federazione di 54 città, in ognuna delle quali il potere legislativo, giudiziario ed esecutivo è nelle mani del senato. Il senato in ogni città è formato da un principe (eletto a vita), da filarchi e da un protofilarco, eletto ogni dieci filarchi. Il principe è eletto dai protofilarchi d'ogni città che devono votare tra i quattro candidati che la città stessa designa. Oltre a questo senato all'interno delle città, ogni anno si tieni un ulteriore senato ad Amauroto con tre rappresentanti di ogni città. L'intero stato è basato sulla democrazia che viene materialmente rappresentata dai comitia publica, sede e istituzione principale. Non esiste un capo assoluto, addirittura ci sono leggi che evitano l'insediarsi di un potere tirannico, come per esempio il prendere decisioni politiche al di fuori del senato. Le leggi sono poche e chiare, in modo che la reggenza dello stato sia basata su pochi ma saldi pilastri, e che in questo modo possano essere tenuti bene a mente dai cittadini. Per la difesa dell'isola non esiste un esercito stabile, di conseguenza, in caso di guerra saranno gli stessi cittadini a difenderla. Preciso dicendo "difenderla" in quanto gli utopici non attaccano mai una popolazione vicina, ma si limitano a difendere l'isola o le loro colonie quando queste vengono attaccate. Il diverso modo di pensare influisce sugli utopici anche durante le guerre, in quanto essi ritengono vergognosa una vittoria ottenuta con un grandissimo spargimento di sangue, poiché secondo loro "sembra ignoranza pagar troppo caro una merce, per quanto di pregio". Secondo questo loro modo di vedere è molto più gratificante una vittoria ottenuta con un inganno, ma che riesca a ridurre le vittime.
La famiglia : Il nucleo fondamentale della società di Utopia è la famiglia, sia nel campo economico che politico. Essa è unità base della politica, giacché decide per l'elezione dei filarchi (uno ogni trenta famiglie) e dei candidati al principato. Questa è anche la prima tappa produttiva dell'agricoltura ed entità fondamentale della società. All'interno della famiglia a comandare è il più anziano, o, in caso disturbi dovuti ad una eventuale avanzata senilità, il parente prossimo più anziano. Anche all'interno della famiglia perciò ci sono delle differenze, per esempio il fatto che i figli devono ubbidire ai padri e le mogli ai mariti. Grande importanza è poi attribuita al matrimonio, tanto che le leggi sono molto più severe su quest'argomento, anche allo scopo di preservare la famiglia e la moralità. È per questo che come per qualsiasi altro "commercio", prima del matrimonio i due interessati vengono spogliati nudi e fatti vedere all'altro per la decisione finale e per verificare che nessuno dei due abbia imperfezioni fisiche che non aveva in precedenza fatto presente all'altro, per evitare così che il rapporto sia contratto senza il pieno amore e conoscenza dell'altro, e che sono vietati i rapporti precedenti il matrimonio.
L'economia : L'economia di Utopia è fondata sul lavoro, tanto che, come abbiamo già detto in precedenza, ognuno ha il dovere nella propria vita di imparare un lavoro; nonostante questo tutti i lavoratori di Utopia hanno il dovere, a rotazione, di lavorare in campagna; la rotazione è stata scelta affinché nessuno debba lavorare ingiustamente più degli altri, anche se questa rotazione non è così rigida come si potrebbe immaginare, e per rendersene conto basti tener presente il fatto che chiunque, se mosso da vera passione per il proprio lavoro può ottenere dei cambiamenti, a volte anche di un mese o più, sui turni. Preoccupazione dei sifogranti è che nessuno passi le sue giornate nell'ozio, ma che tutti abbiano un'occupazione; preoccupazione di questa classe sociale è però anche che nessuno debba fare più lavoro di quanto gliene spetti (a meno che non lo voglia lui di sua spontanea volontà lavorando anche in una parte delle sei ore che ognuno ha a disposizione), e per questo motivo la giornata lavorativa di ognuno è di sei ore. Moro precisa nella sua opera di non lasciarsi ingannare dal fatto che la giornata lavorativa sia così brave, in quanto poiché tutta la popolazione lavora non c'è mai mancanza di generi di prima necessità. Un altro punto sul quale è importante soffermarci è sicuramente l'atteggiamento degli utopici di fronte all'uso dei metalli e delle pietre preziosi come per esempio l'oro. L'atteggiamento delle persone rispetto all'oro è di rifiuto, siccome essi pensano che non sia necessari per il cittadino doversi abbellire con questo genere di oggetti (l'unico uso che "rientri nella norma" è per gli scambi esteri con le altre popolazioni), e perciò li usano in modi alternativi. Le pietre preziose vengono usate dai bambini per giocare, in quanto non sono ancora in possesso del modo del modo di pensare delle persone adulte, anche se verso i quindici anni anche loro le abbandonano; l'oro viene usato come materiale per i più svariati oggetti - Moro cita addirittura vasi da notte - e anche per cingerei polsi agli schiavi, perciò come segno di riconoscimento per loro.
La religione : In Utopia non vi è nessuna religione di stato ed è concesso a tutti di venerare il dio che ognuno sceglie. Nonostante questo però l'ateismo non è accettato, in quanto secondo il loro modo di vedere l'ateismo corrisponderebbe ad un abbassamento della natura dell'anima degli uomini, che per loro invece deve essere rispettata. Come abbiamo già affermato la parola "utopia" nasce con l'opera di Tommaso Moro, ma il concetto che essa esprime è molto più antico. Infatti la nascita delle dottrine politiche utopistiche viene comunemente associata con Moro, ma questo è in realtà un discorso valido solamente per il periodo moderno, in quanto nell'antichità furono scritte altre opere a carattere utopistico. La prima opera di questo genere che la storia ricordi è sicuramente la Repubblica di Platone, che, anche se da un lato è connessa alla concreta base della polis greca, dà comunque un modello idealizzato, in quanto per il filosofo l'uomo si poteva realizzare solamente come cittadino, non come singolo individuo, e questo stato ideale era pensato proprio per questa funzione. Il mondo romano, invece, è povero o addirittura privo di tendenze utopistiche. Il suo forte senso giuridico, l'orgoglio realistico della civis, la scarsa propensione all'astrazione filosofica, la concretezza di questo popolo, la stessa potenza politica e vastità territoriale non ne favorirono certo lo sviluppo. Questa situazione continuò in seguito anche nel medioevo, dovendo perciò aspettare l'umanesimo per rivedere altre opere utopiste. Queste opere vengono infatti riscoperte proprio in questo periodo a causa del cambiamento culturale: difatti la seconda metà del cinquecento e il seicento rappresentano il periodo immediatamente successivo all'umanesimo; una delle conseguenze più importanti di questo movimento di pensiero fu sicuramente la valorizzazione dell'uomo come essere razionale, concezione che portò poi all'affermazione della ragione. Questo portò in seguito ad una più completa autonomia dell'uomo, che contribuì ad una laicizzazione del sapere. Quest'evoluzione, che per alcuni storici segna il passaggio da pseudoscienze a scienze vere e proprie, ebbe come conseguenza la formazione di nuove dottrine politiche e la rivoluzione scientifica. Le dottrine politiche di questo periodo sono le utopie, e il realismo di Machiavelli, che per le loro caratteristiche sono una l'opposto dell'altra; Machiavelli, infatti, preferì partire da un'analisi della realtà, facendo riferimento in particolare alla situazione italiana, su cui poi costruisce il suo pensiero politico. Nelle opere utopiste invece c'è la volontà di idealizzare la società, creandone un'altra come secondo gli utopisti sarebbe dovuta essere; è da questo che derivano le particolari caratteristiche di queste opere, come per esempio la mancanza di distinzioni di classi sociali (anche se, come abbiamo visto per quest'opera, questo principio non viene sempre rispettato). Dentro il modello ideale, che è possibile ricollegare a Platone, s'annida un rifiuto della società da ricondurre alla storia del tempo. La ragione, con l'autorità che le conferisce la sua conquistata autonomia, non accetta il dispotismo dei principi o le ingiustizie della società; non riuscendo, da sola, a sanare quei mali contemporanei che tuttavia individua e denuncia, ne trasferisce la soluzione al di fuori e al di sopra della storia.
Le 3 utopie : Ognuna delle tre opere del periodo (Utopia di Moro, Nuova Atlantide di Bacone e La città del sole di Campanella) ha caratteristiche proprie, ma è possibile trovarvi degli elementi comuni. In tutte le opere vi è una visione idealizzata del luogo, in quanto le società descritte dai tre autori sono tutte poste su isole che vengono a loro volta collocate nell'emisfero australe del mondo, o comunque in luoghi lontani dalle società europee. Questa decisione è un modo per far risaltare maggiormente i caratteri di isolamento e di autarchia di questi popoli, che per la loro impostazione economica appaiono totalmente indipendenti dagli stati confinanti. Inoltre le società appaiono fondatale sul lavoro, e la sua razionalizzazione e la sua estensione all'intera comunità, anche alle donne, permette di aumentare il livello della produzione a beneficio di tutti e permette a tutti, e non più ad una sola minoranza privilegiata, di dedicare il tempo libero alla cultura. Si avverte qui la protesta e la condanna, esplicita del resto, sia in Moro che in Campanella, contro una società ancora gravata dal peso di parassiti e di oziosi. Le società utopistiche hanno la caratteristica di essere società precomuniste, e la caratteristica più lampante di questa interpretazione è sicuramente l'assenza di proprietà privata, per cui tutto appartiene a tutti ed è lo stato che distribuisce per esempio il cibo o le abitazioni (che nel caso di Utopia vengono distribuite anche in base ai "turni" di lavoro nelle campagne). Nel caso specifico dell'opera di Moro possiamo però vedere che la società, oltre che precomunista, può anche essere interpretata come una forma di socialismo, essendo una società meritocratica, dove i più capaci e più portati allo studio fanno poi parte della classe sociale dei sifogranti. Quest'aspetto rispecchia il desiderio di nuove gerarchie elettive fondate sul sapere, sul merito, sulla capacità, che ricorrono alla consultazione popolare, non più sui principi di assolutismo, dei diritti del sangue, della fondatezza dei privilegi del censo. Altri aspetti comuni alle tre opere sono il rifiuto della guerra, e la scomparsa del tempo: questo stava a significare che in alcune di queste società la giornata delle singole persone era preorganizzata, ovvero erano già decisi gli orari sia di lavoro sia quelli di tempo libero. Da notare che, nonostante in questo periodo si assista alla rivoluzione astronomica (al tempo di Moro in realtà iniziò semplicemente a circolare privatamente l'opuscolo De hypothesibus motuum coelestium a Se constitutis commentariolus di Copernico, che lo tenne nascosto per molti anni per timore delle possibili reazioni critiche), la scienza non è un aspetto cui gli autori dettero molto importanza; l'unica opera che abbia queste caratteristiche è la Nuova Atlantide di Bacone, in quanto nell'opera di Campanella, che pure ne intuisce le implicazioni sociali, ha ancora aspetti magici e astrologici. Contro l'arbitrio dei singoli, contro la prepotenza dei principi, si leva il limite dell'ostacolo di una razionalità comune a tutti gli uomini, cui ineriscono ormai diritti innati e naturali, anche se la schiavitù, che Campanella respinge, è ancora accolta da Moro che leva tuttavia la sua protesta contro la pena di morte.

Thomas More, italianizzato in Tommaso Moro (Londra, 7 febbraio 1478 – Londra, 6 luglio 1535), è stato un umanista, scrittore e politico inglese. L'opera più famosa di Moro è L'Utopia (Utopia, 1516 circa), in cui descrive un'immaginaria isola-regno abitata da una società ideale, nella quale alcuni studiosi moderni hanno ravvisato un opposto idealizzato dell'Europa sua contemporanea, mentre altri vi riscontrano una satira sferzante della stessa. Moro derivò il termine dal greco antico ou-topos (cioè non-luogo); utopia è quindi, letteralmente un "luogo inesistente".

Un altro viaggio tra uno dei più grandi e fantasiosi pensatori europei, un uomo di corte ma anche un uomo di mondo, profondo conoscitore della vita, della politica e dell'essenza umana... consapevole dei limiti e dei pregi dell'uomo, ne ha creato una mirabile società in Utopia, città che mai vorremmo tanto esistesse davvero e invece... Thomas More ha dato la vita per i propri ideali e non si è piegato nemmeno dinanzi ai voleri del suo sovrano (Enrico VIII) divenedo una delle icone dell'umanesimo inglese ed europeo.

venerdì 26 settembre 2008

Tra Satira e Musica

Dopo qualche anno di allontanamento forzato dagli schermi televisivi qualche settimana fa era tornato in video il comico Daniele Luttazzi. Il suo show si era presentato subito con le doverose polemiche che da sempre caratterizzano ogni suo programma, non sono certo mancate le consuete frecciate velenose all’ambiente politico e religioso, chiari riferimenti al sesso e a quello che lo circonda, monologhi surreali sui fatti quotidiani. Peccato che tutto questo sia durato giusto il tempo di cinque settimane prima del brusco stop imposto dalla rete La 7. Infatti, il canale televisivo ha deciso di sospendere fino a data da destinarsi il programma satirico del comico, la giustificazione portata sul tavolo è perlopiù una frase poco ortodossa espressa sul giornalista Ferrara. Questa scusa adottata dalla rete ha dell’assurdo per la sua scarsa credibilità in quanto non credo che si possa impedire a qualcuno di portare a termine il suo lavoro solamente per una frase che di per sé non è affatto ingiuriosa e peraltro tirata fuori dal suo contesto dice poco o niente: “…Pensa a Giuliano Ferrara dentro una vasca da bagno con Berlusconi e Dell’Utri che gli pisciano addosso, Previti che gli caga in bocca e la Santanchè in completo sadomaso che li frusta. Va già meglio, no?” (da metroguida.iobloggo.com)


“Ogni individuo ha il diritto alla libertà di espressione; tale diritto comprende la libertà di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, senza riguardo a frontiere, oralmente, per iscritto, attraverso la stampa, in forma artistica o attraverso qualsiasi altro mezzo di sua scelta”. (Legge dell Stato Italiano del 25/10/1977 n. 881)



A parte che gli anni passano per non ripassare più e il cielo promette di tutto ma resta nascosto lì dietro il suo blu ed anche le donne passano, qualcuna anche per di qua, qualcuna ci ha messo un minuto, qualcuna è partita ma non se ne va. Niente paura, niente paura, Niente paura, ci pensa la vita mi han detto così... Niente paura, niente paura, niente paura, si vede la luna perfino da qui. A parte che ho ancora il vomito per quello che riescono a dire, Non so se son peggio le balle oppure le facce che riescono a fare. A parte che i sogni passano se uno li fa passare, alcuni li hai sempre difesi altri hai dovuto vederli finire. Niente paura, niente paura Niente paura, ci pensa la vita mi han detto così... Niente paura, niente paura niente paura, si vede la luna perfino da qui. Tira sempre un vento che non cambia niente mentre cambia tutto, sembra aria di tempesta. Senti un po' che vento, forse cambia niente, certo cambia tutto, sembra aria bella fresca. A parte che i tempi stringono e tu li vorresti allargare e intanto si allarga la nebbia e avresti potuto vivere al mare. Ed anche le stelle cadono alcune sia fuori che dentro, per un desiderio che esprimi te ne rimangono fuori altri cento. Niente paura, niente paura, Niente paura, ci pensa la vita mi han detto così... Niente paura, niente paura niente paura, si vede la luna perfino da qui. Niente paura, niente paura. (Ligabue - Niente paura)
Da Luttazzi a Ligabue, dall'impossibilità di esprimere i propri concetti anche in modo irreverente, al grido tutto sommato quieto e garbato di una generazione che vede i propri sogni finire senza riuscire a risollevarsi... c'è sfiducia, c'è la voglia di far finta di nulla, c'è la consapevolezza di essere in una bolgia piena di vicende di difficile soluzione...
occorre ritrovare lo spirito di fare, lo spirito battagliero, pensare che in tanti stanno peggio di noi ed aiutarli, ed aiutare noi stessi... non bisogna mai perdere la speranza che le cose possano cambiare ma il primo cambiamento dobbiamo essere noi, i primi a cambiare dobbiamo essere ognuno di noi, in profondità e poi diffonderci a chi ci sta accanto... Niente Paura

giovedì 25 settembre 2008

AIUTA ANCHE TU I BAMBINI IN OSPEDALE


Sciacca ed i saccensi ancora una volta sono chiamati a dimostrare la loro generosità nei confronti di tutte quelle persone che ne hanno bisogno.
Sabato 27 settembre dalle ore 10 alle ore 20 in Piazza Angelo Scandaliato, così come in numerose piazze d’Italia, la Fondazione ABIO (Associazione Bambino in Ospedale) vi proporrà un cestino di un chilo e mezzo di ottime pere in cambio di un’offerta libera ma comunque non inferiore ai sette euro.
La manifestazione benefica è patrocinata dalla presidenza della Repubblica e dalla presidenza del consiglio dei ministri.
Si tratta di una piccola donazione attraverso la quale i soci e volontari dell’ABIO riusciranno a raccogliere i fondi necessari per sostenere ed aiutare i bambini che si trovano ricoverati nel reparto di pediatria alleviando, attraverso il gioco, la loro permanenza all’interno della struttura ospedaliera che li ospita.
Questa importante Fondazione opera anche a Sciacca all’interno dell’ospedale “Giovanni Paolo II”, è diretta dalla Dott. Pinetta Curreri e si avvale della collaborazione gratuita di circa venti volontari.
Questo sabato allora Sciacca è chiamata a rispondere, è chiamata a regalare un sorriso ai bambini in ospedale, è chiamata, semplicemente, a non voltarsi dall’altra parte.
La Fondazione ABIO e i suoi piccoli amici hanno bisogno anche di Te!

Molecola di Vita n°34 - L'attesa e la vita

Le giornate passano, il tempo si fa ora balordo, ora complice della nostra vita, immaginario referente di tutte le cose che vorremmo. Come aria, cerchiamo qualcuno che ci respiri, qualcuno che ci comprenda e ci accetti per quello che siamo, a volte abbiamo solo bisogno di aver qualcuno accanto che ci ascolti mentre tutti invece cercano te per confidarsi, per trovare soluzioni nelle tue parole... Le giornate passano ed io, alcuni giorni, vorrei spostare il sole e riportare la notte poichè attraverso l'oscurità posso abbracciare le stelle e guardare la luna e pensarla vicina e accanto anche se non lo è. Cos'è il tempo? Un passo dopo l'altro ci portiamo verso tutte le strade della nostra vita... solo le strade che vogliamo noi o sono quelle vie sulle quali incosapevolmente siamo trasportati dal destino o dal volere delgi altri?... ognuno la propria storia, la propria versione, parole che si frammentano all'aria come nuvole d'inverno. E tutto il resto conta poco quando non c'è la concreta volontà di muovere le cose, di muovere il nostro percorso e farlo davvero nostro, un qualcosa che ci appartenga sul serio, senza patemi di sorta o incredulità nell'affrontare le cose. Alcuni giorni vorrei spostare la notte poichè solo al sole riesco a non pensare al futuro o al passato, solo alla luce del sole riesco a fare e non sognare, sognare ad occhi aperti. Portare qualcuno alla realtà in fondo è come ucciderlo, distruggerne l'essenza, lo spirito, l'anima del suo tempo... che diritto abbiamo di fare questo?
C'è gente che fa della concretezza, del pragmatismo la propria storia di vita, altri vivono vite irripetibili, senza scia, senza possiiblità che qualcuno riesca a copiarle, altri vivono di speranze, sogni e bugie che spesso si scontrano col mondo e la gente che ci circonda... Alcuni vivono d'amore, del grande posto che provano ad occupare sul palcoscenico del mondo... altri non sanno, non vogliono, non possono recitare... Per sempre? Non costa niente dirlo, viverlo davvero è la sfida, vivere davvero è la vera lotta da affrontare ad occhi aperti o chiusi, di notte o di giorno... sempre. Cosa rimane nelle nostre tasche alla fine del tragitto se non abbiamo amato? E' l'amore il motore e la benzina allo stesso tempo della vita... l'unica cosa che lascia la nostra scia, il nostro profumo e ci importanti agli occhi di chi ci vuole davvero bene e lo apprezza, e ci apprezza... e si rimane spesso senza parole... Dinanzi si pongono delle scelte, si pongono degli istanti diversi e decidere quale fare nostri è sempre complicato... non si vuole deludere nessuno, non si vuole venire meno alle promesse, non si vuole deludere sè stessi e le proprie speranze su cui si è fondata tutta una vita...
E passo dopo passo, scopriremo se parlare o meno, se sognare o meno, se volare o meno... e nell'aria respireremo l'essenza della nostra felicità... e passo dopo passo saremo sempre più capaci di credere alle speranze trasformate in vera vita.

Una volta tanto canzone per me - Negramaro

mercoledì 24 settembre 2008

Alitalia? Promesse non mantenute

Antonio Di Pietro: Signor Presidente, signor Ministro, il Governo Berlusconi afferma di voler salvare l'Alitalia dalla bancarotta; mi creda, anche noi dell'Italia dei Valori lo vogliamo, e non vogliamo assolutamente gufare contro, ma non vogliamo nemmeno che i lavoratori vengano ricattati e costretti a soluzioni capestro. Siccome noi una soluzione per Alitalia l'avevamo trovata, ed era una soluzione che limitava il numero dei cassaintegrati, accollava i debiti all'acquirente e, soprattutto, manteneva in vita la compagnia di bandiera, chiediamo quanti dipendenti, diretti e indiretti, vadano messi in mobilità con la vostra proposta; quanti lavoratori aeroportuali, soprattutto di Malpensa e Fiumicino, subiranno, a loro volta, conseguenze negative dal ridimensionamento. Chiediamo, inoltre, se è vero che lo Stato dovrà farsi carico alla fine dei debiti della compagnia - quelli che appunto non si è assunta la nuova compagnia che si sta costruendo - ed infine, se è vero o no che i dipendenti di Alitalia subiranno una riduzione dello stipendio. Lo dico perché sono le parole testuali che ha affermato il Presidente del Consiglio, considerato che i dipendenti dell'Alitalia sostengono che subiranno conseguenze mentre il Presidente del Consiglio dice che non è così, faccia lei da arbitro.
Antonio Di Pietro: Signor Presidente, prendo atto che a due su quattro domande il Ministro non ha risposto e alle altre due ha risposto in modo reticente, perché a noi non risultano tremila esuberi, ma molti più. Soprattutto riteniamo incongruo dire che non si è ridotto lo stipendio, ma semplicemente si è aumentato il lavoro, come se i dipendenti fossero carne da macello o macchine inanimate.Quanto agli imprenditori prendiamo atto che per definizione lei dice che possono qualificarsi puri. Noi diciamo che per definizione gli imprenditori sono tali, ma questo non vuol dire affatto che sono puri, anzi, nel caso di specie l'attuale raggruppamento finanziario si è assunto il compito non di rilevare Alitalia, ma solo di prendersi la polpa dei suoi profitti, lasciando l'osso dei debiti e la disperazione dei piccoli azionisti ad una bad company con funzione di discarica.Noi dell'Italia dei Valori diciamo no alle speculazioni finanziarie di Colaninno che è imprenditore non nostro amico, perché noi non abbiamo amici da nessuna parte. Noi diciamo no al «mattone a go-go» di Ligresti, no al conflitto di interesse di Benetton che ad un tempo è socio della nuova compagnia, ma anche della società che gestisce l'aeroporto di Roma. E soprattutto diciamo no alla scorciatoia del ripianamento dei debiti di Air One nei confronti di Banca Intesa.Noi chiediamo al Governo, ripeto, chiediamo al Governo di ascoltare l'appello non nostro, né di qualche toga rossa, ma chiediamo al Governo di ascoltare l'appello del professore Piero Schlesinger dell'università Cattolica di Milano e di un'altra ventina di professori universitari, i quali hanno detto che avviare licenziamenti e, comunque, fare l'operazione che state facendo senza mettere in gara l'offerta della CAI è un'operazione indebita, che viola le regole concorsuali e le regole di mercato. Attenetevi una volta tanto alla legge.
(da Antoniodipietro.it sul problema-Alitalia)

Di Pietro sulla questione Alitalia


L’Alitalia non è una compagnia aerea, è un’espressione geografica. Se l’Italia non esiste, perché l’Al-Italia, con quel nome, dovrebbe continuare a esistere? Ha avuto amministratori delegati finti, messi lì, a turno, negli ultimi quindici anni dallo psiconano e da Valium Prodi. Amministratori che hanno distrutto la società per conto terzi e incassato milioni di euro di stipendi e di liquidazioni per la fedeltà al padrone. Il mercato di AlItalia è finto, equivale a una tratta, la Milano-Roma, con prezzi pari a Milano-New York.I suoi dirigenti (quanti?) sono finti, sono portaborse, amici, parenti dei politici. Fatti assumere. Parcheggiati in Al-Italia come in un hangar. I sindacati nazionali rappresentano sé stessi, hanno difeso i privilegi (i loro) e tradito i dipendenti. Hanno creduto (?) alle promesse elettorali di Testa d’Asfalto e alla cordata italiana. Quali contropartite hanno avuto per far fallire la trattativa Air France?I salvatori di Al-Italia sono finti. Gente spesso condannata, inquisita, sotto processo. Nelle loro mani l’oro diventa merda e la merda si trasforma in plusvalenza. Expo 2015, le tariffe autostradali e nuove aree edificabili sono merci di scambio. Ligresti, Benetton, Colaninno, Tronchetti. Sanno meno di niente di aerei, ma i loro conti li sanno fare bene.AlItalia è un paradigma, una metafora dell’Italia. E’ in bancarotta e senza una lira. Una linea del Piave che passa da Fiumicino. Se salta Al-Italia può saltare tutto. Per questo è così importante. Chi ha ridotto l’Al-Italia così? Partiti e sindacati. Gli italiani hanno la risposta sulla punta delle lingua. Sanno chi è stato, ma non gli vengono ancora le parole. La bancarotta dell’Al-Italia è un sintomo e un preludio del fallimento del Paese. I partiti e i sindacati ne sono a conoscenza. Se i libri finiscono in tribunale i responsabili dovranno rispondere. Che fallisca allora l’Al-Italia e si apra un pubblico processo contro chi l’ha distrutta. A partire dai presidenti del Consiglio presenti e passati. (da beppegrillo.it)

Marco Travaglio sulla vicenda Alitalia


Alitalia? Una vicenda che ha del grottesco... tagli, problema non risolto, sindacati sul piede di guerra e pronti a non mollare, centinaia di lavoratori in cassa integrazione, le minacce del premier: "O il CAI o il fallimento".... insomma tutto bene. Una delle promesse mantenute in sede di campagna elettorale.. e sono volutamente ironico visto che il premier, in feste e congressi, si diverte sempre a raccontare barzellette, oltre alle solite panzanate... Cordata italiana? Eccola, l'abbiamo vista tutti... mi auguro che sia una delle cose di cui ricordarsi quando tornerà ad essere il momento... E' questa la soluzione paventata e di cui andare fieri? E' questa la giusta conclusione per la nostra compagnia di bandiera? Dove sono gli imprenditori italiani di cui si parlava fino a pochi mesi fa? Alla luce dei fatti, non era meglio accettare la proposta di Air France che avrebbe evitato il fallimento e consentito una discreta prosecuzione dell'attività aerea italiana? E' incredibile come molti non si rendano conto di ciò che accade sotto il proprio naso. Ascolate i video di Di Pietro e Travaglio e fatevi un'idea di quello che hanno combianato e continuano a combinare anche in materia di scuola, prostituzione, conflitti di interessi, giustizia, tagli e rigurgiti di fascismo... Complimenti vivissimi.

martedì 23 settembre 2008

Intervista al Sindaco di Sciacca Mario Turturici

Iniziamo partendo dalle dichiarazioni dell’assessore Guardino riportate da “Controvoce” di essersi sentito solo ed abbandonato sul tema spinoso dell’acqua. Cosa si sente di rispondere in proposito?
Sia il sottoscritto che Guardino siamo sempre in trincea per tutte le emergenze. L’Assessore Guardino ha fatto tutto quello che doveva fare, ha comunicato ai carabinieri inadempienze e la constatazione di come ancora oggi ci siano tutte queste rotture. Sarà compito delle Forze dell’Ordine svolgere le dovute indagini per accertarne le cause. Guardino non è assolutamente rimasto da solo, ha lavorato alacremente tutta l’estate ed ha avuto solo due giorni di vacanza. Denunciare però questi fatti ai carabinieri non è la prova delle inadempienze altrui, se la Girgenti Acque ha commesso degli errori, la sola denuncia non basta a risolvere il problema. E’ fuor di dubbio che si devono cercare, insieme, dei percorsi paralleli. Una soluzione potrebbe essere data dal fatto che, laddove la Girgenti Acque non sarebbe in grado di intervenire, il Comune di Sciacca si farebbe carico di adempiere agli interventi più e meno urgenti addebitando le spese affrontate appunto alla Girgenti. Un po’ sulla falsariga di quello che accadeva ai tempi dell’EAS ma con una sostanziale ed importante differenza: quando la gestione dell’EAS era diventata ormai fallimentare, era il Comune ad intervenire a proprie spese senza riscuotere peraltro le relative bollette, oggi invece è la Girgenti Acque a pagare in prima persona i propri interventi sulla nostra rete idrica. Il Comune ha il dovere di tessere un rapporto istituzionale sia con l’ATO idrico sia con la ditta e solo per gravi inadempienze all’interno dell’ATO ed in tutti i 43 comuni che ne fanno parte potrebbe prendere in considerazione soluzioni più drastiche. Insomma ci muoviamo su strade diverse ma parallele che convergono verso la risoluzione di questa vicenda.
Col senno di poi, è ancora convinto che la privatizzazione dell’acqua sia stata la soluzione migliore da adottare?
Su questo argomento è in corso una grande opera di mistificazione. Nessuno afferma, per esempio, che anche l’Avv. Cucchiara nella precedente amministrazione aveva privatizzato la rete idrica della città. Solamente che quel progetto e quella gestione non venne autorizzata dall’ATO idrico e non se ne fece più nulla. Questi sono atti ufficiali che testimoniano come sulla vicenda ci sia parecchia malafede proveniente da più parti. Del resto, come tutti sanno, tutte le province siciliane hanno fatto degli appalti affidando la gestione della rete idrica ai privati. Perché ad Agrigento non si doveva fare? Perché contravvenire ai dettami della legge? Il Sindaco di Sciacca, in prima persona, non ha votato nulla. Il tutto è stato deliberato dalla Regione la quale aveva nominato una commissione ad hoc. La Girgenti Acque presentò l’offerta, l’unica pervenuta ai nostri tavoli, ed è stata valutata idonea da una commissione al cui interno, se non ricordo male, comprendeva anche docenti universitari ed un magistrato. L’offerta fu approvata ma i sindaci ancora non la deliberarono. L’assemblea infatti era molto critica al riguardo, si temeva un conflitto di interessi vista l’appartenenza contemporaneamente al Consorzio del Voltano, si pensava di aspettare inoltre delle offerte comparative. Ma la legge al riguardo è esplicita: anche in presenza di un’unica offerta, approvata e ritenuta giusta, si deve deliberare. L’Assemblea dei sindaci appartenenti all’ATO idrico di Agrigento non si decideva sul da farsi, così la Regione Sicilia, per non perdere ulteriore tempo e per non lasciarsi sfuggire importanti finanziamenti, decise di sostituirsi all’Assemblea e nominò quella commissione che in seguito approvò l’attuale stato delle cose. L’Assemblea fece addirittura anche ricorso al TAR ma esso è stato respinto sotto ogni grado di giudizio confermando la legittimità dell’intervento della Regione. La legge è chiara, impone che la rete idrica di ogni comune sia inserita nel consorzio e quindi nell’ATO. Ci vuole anche una buona dose di fortuna basti pensare che ero riuscito ad ottenere l’anno scorso 4 milioni di euro per realizzare una nuova rete idrica che avrebbe previsto anche nuovi invasi. La gara d’appalto era stata aggiudicata ma una delle ditte che avevano presentato l’offerta ha fatto ricorso ed a tutt’oggi siamo ancora fermi.
Com’è possibile ottenere e prendere visione del Piano d’Ambito?
Il Piano d’Ambito è il piano del consorzio dei comuni, dei 43 comuni facenti parte dell’ATO idrico. Si tratta, è bene chiarirlo, di un gran malloppo di carte e di informazioni. Per ottenerlo basta recarsi all’ufficio dell’ATO idrico di Agrigento a cui fa capo il nostro Presidente della Provincia Eugenio D’Orsi, fare la richiesta ed andare a prenderlo.
Quando il Comune riuscirà ad ottenere i 5 milioni di euro che gli spettano dall’EAS dopo l’ormai famosa transazione?
Durante il mio quinquennale l’obiettivo è stato sempre quello di non aumentare la pressione fiscale sui cittadini. E’ vero, mancano circa 4 milioni di euro da incassare ma sono somme già utilizzate e che evidentemente non potranno più essere prese in considerazione una volta subentrate. E’ un credito certo comunque. Ho avuto rassicurazioni dagli incontri avuti con il commissario liquidatore dell’EAS Massinelli e del resto si tratta di una transazione approvata anche dalla Regione. Questi soldi sicuramente porteranno maggiore liquidità nelle nostre casse ma, ripeto, si tratta di denaro già investito: servirà per pagare i creditori e non potrà essere riutilizzato.
Qual è la sua posizione nei confronti dell’iniziativa “Ridateci le Terme” portata avanti da numerose associazioni della nostra città?
Sicuramente tutte le iniziative che servono da stimolo alla città le accolgo positivamente. Se la raccolta firme serve da pungolo allora mi va bene e mi trova d’accordo. Posizione diversa invece se qualsivoglia iniziativa venga strumentalizzata da più parti. Noi siamo tranquilli, abbiamo tutte le carte apposto, anche noi faremo la nostra battaglia come la fanno le associazioni ma evidentemente su tavoli separati. Il mio obiettivo è risolvere il problema. Il CDA attuale ha ereditato obiettivamente una situazione dei conti disastrosa. Fin quando la Regione ottemperava finanziariamente ai debiti delle Terme, allora non c’erano problemi e tutti i manager facevano bella figura agli occhi della città. Dal 1999 invece la Regione decise di tagliare queste spese, decise che non c’erano più i soldi per coprire le perdite di gestione ed ha avviato la privatizzazione. Fino al 2004, anno del mio insediamento, non c’era traccia concreta di questa privatizzazione. La procedura in realtà si incagliò, probabilmente perché alla Regione si resero conto di aver fatto degli errori, primo fra tutti quello di sostituire la S.p.A. caricandola di debiti. Con l’aiuto del Dott. Misuraca, abbiamo ottenuto una legge, quella del Ruolo Unico, che salvaguardia i lavoratori e tutti i dipendenti delle terme. Hanno un contratto ed avranno giustamente i loro stipendi. Si pensava di fare in modo che le terme ottenessero una ricapitalizzazione per avere maggiore liquidità ma ciò non è stato praticabile a causa del contributo di stato che sarebbe stato previsto dalla norma. Giovedì prossimo (18 settembre,ndr) inoltre ho un importante incontro con il Dott. Bufardeci e sarà presente anche il nostro deputato regionale Marinello. Avremo un ruolo di pungolo, diremo chiaramente che questo procedimento è durato troppo a lungo. La nostra proposta è questa. Tenuto conto che la Regione non ha più i soldi per coprire i debiti delle nostre terme, occorre trovare un imprenditore e un gruppo internazionale, serio e preparato, che si assuma gli oneri e gli onori di riportare le nostre terme al vecchio splendore e di farne il nostro fiore all’occhiello. Aprire così l’Albergo sito a San Calogero, recuperare l’area dei Molinelli, investire sul Grand Hotel delle Terme che attualmente meriterebbe qualche stella in meno delle quattro che possiede. Sono sicuro che dei gruppi interessati all’acquisto ci siano anche grazie alla prossima apertura del Golf Resort di Rocco Forte prevista per il prossimo mese di maggio e che porterà un grande bacino d’utenza turistica. La mia idea è quella di creare il Circuito del Benessere coinvolgendo anche le strutture di Montevago, Acireale e Termini Imerese. E’ chiaro che occorre anche aumentare di molto i posti letto i quali al momento non sono sufficienti.
Siamo oramai agli ultimi mesi della sua attuale esperienza da Sindaco di Sciacca. Quale bilancio si sente di poter tracciare?
Mi sento di poter affermare che si sia trattata di un’esperienza positiva. Il ruolo di sindaco è molto complesso e difficile da affrontare. Bisogna avere passione, attrarre consensi, occorre avere la capacità di amministrare e ho messo a disposizione della città i miei quindici anni di attività politica. Ho cercato di tessere con tutti dei rapporti prima interpersonali e solo dopo politici, oggi posso ben dire di potere dialogare con tutte le parti con serenità. L’80% delle cose previste dal mio programma elettorale le ho svolte. Le cito solo alcuni dati. Il PARF è stato realizzato e finito, a fine anno si inaugurerà questo fondamentale servizio fognario, il centro storico è stato riqualificato ed abbellito, il Piano Isabella sbloccato con le prime concessioni edilizie già stabilite, il Piano Regolatore, il Teatro Samonà dove la ditta vincitrice della gara d’appalto per circa 9 milioni di euro dovrebbe cominciare a lavorare tra circa un mese e mezzo. Questo, è giusto dirlo, anche alla collaborazione del Dott. Michele Cimino. Il Cansalamone con la strada che collega la statale 115 al Porto sarà presto riaperta e sbloccherà il traffico cittadino, le Piscine comunali per le quali la gara d’appalto è stata già fatta ed aggiudicata, quindi presto si lavorerà anche in questa direzione, i capannoni per i carristi per i quali abbiamo un milione e mezzo di euro in bilancio ed entro fine anno faremo la gara d’appalto per aggiudicare i lavori, il Museo del mare di prossima apertura, gli interventi presso la Chiesa del Carmine e la Chiesa Madre, la ristrutturazione del complesso Sant’Anna, la stabilizzazione di 60 LSU e nei prossimi giorni avrò una nuova riunione per vedere di poter stabilizzare anche gli altri. C’è poi il progetto del completamento della banchina del porto il quale al momento è bloccato a causa del possibile impatto ambientale che potrebbe avere ma che ci priva in realtà di un vero e proprio lungo mare e il progetto che riguarda le aree industriali di Santa Maria.
Parliamo di Rocco Forte: a che punto è la famosa Legge sul Golf?
Rocco Forte è stato un progetto portato avanti con coraggio e che ha rischiato seriamente di non vedere la luce a causa delle proteste degli ambientalisti. Occorre avere la giusta dose di coraggio da abbinarsi al rispetto della legalità. Il progetto prevede anche le buche in prossimità del mare, prevede dei posti di lavoro perché molto del personale sarà scelto tra i saccensi, sarà una grande promozione per la città ed al contempo la sua non realizzazione avrebbe causato un notevole danno d’immagine. In tal senso ho avuto poco aiuto. La legge sul Golf nasce sostanzialmente dall’ignoranza tutta siciliana dei fatti, molti non sanno quello che dicono. Viene intesa come una Norma ad Personam per Rocco Forte ma non è così. Ci siamo accorti noi dell’esistenza di una norma regionale che assimila le buche alle opere edili. Essendo illogica la comparazione, oltre che anacronistica in quanto fu approvata quando i campi da golf in Sicilia neanche esistevano, abbiamo chiesto che tale norma venisse ammodernata, resa più chiara, al passo con i tempi e togliendo questo tipo di comparazione. Molti pensano e vogliono far credere che si cerchi di dare vantaggi e favori a Rocco Forte, sono gli stessi, per fortuna pochi, che preferiscono mantenere Sciacca e la Sicilia povera e soggetta al clientelismo, al bisogno, allo scambio in sede di campagna elettorale.
Pensa di riprensentare alle prossime comunali le cosiddette Larghe Intese come successe nel 2004 quando la sua candidatura venne appoggiata al ballottaggio dall’Onorevole Messina e dal Dott. Segreto?
L’Alleanza con Messina è stata positiva. Fino a poco tempo fa si gridava allo scandalo, del resto a Sciacca si soffre di personalismo, si soffre se non si va in TV, occorre gestire più serenamente la cosa pubblica e ciò è stato possibile anche grazie a questo accordo. Il 2009 sarà l’anno in cui si affermerà il progetto-soggetto politico che si dimostrerà più innamorato della propria città e che la vuole cambiare concretamente. I partiti devono essere considerati dei veicoli su cui salire per raggiungere determinati risultati, per interloquire meglio con Palermo e con Roma. Il Partito è un auto che serve a trasportare Sciacca verso un futuro migliore, la benzina deve essere prodotta da tutti i cittadini comprese tutte le associazioni le quali spesso si fanno garanti delle esigenze degli stessi. Il vero carburante di oggi è l’associazionismo, un mix che non si ferma a guardare gli steccati politici, un mix che, per quanto mi riguarda, può anche coinvolgere le forze di centro-sinistra avendo così maggiore forza e un progetto locale importante. Ho già la mia idea quindi, trasformare tutte queste istanze ed idee in una lista nella quale tutti possano trovare sfogo purchè sia lo sfogo non di chi avversa il partito ma di chi lo stimola pur nelle diverse concezioni politiche. Una grande coalizione quindi che sappia mettere assieme le migliori intelligenze al di là di qualsivoglia steccato politico e con le capacità di cui dispongono le varie associazioni le quali possono anche ambire ad un ruolo attivo in seno al consiglio comunale. La mia è una idea altamente democratica, una concezione ateniese della democrazia. Le larghe intese le ho concepite, hanno avuto successo e sono pronto a riproporle, senza ripudiare i partiti ma allo stesso tempo andando oltre le divisioni politiche in una comune condivisione di intenti.
Un ultima domanda: cosa il Comune può fare per alleviare la situazione che si è venuta a creare nel reparto di oncologia dell’Ospedale di Sciacca spesso costretto ad intervenire su un notevole bacino di utenza con una persistente carenza di personale e di attrezzature?
Al Dott. Verderame va tutta la mia solidarietà e stima, lui è un vero missionario che porta dentro di sé il dramma delle molte famiglie che hanno a carico malati terminali. Il Comune non ha le competenze necessarie, tocca alla Regione ed allo Stato ma anche noi faremo il possibile. Dobbiamo essere consapevoli del debito che detiene la sanità pubblica e dei tagli che si stanno compiendo nel settore. Chiederò un incontro a breve con l’Assessore Russo per parlare di oncologia e di sanità. Cercherò di ottenere il potenziamento dell’organico e delle attrezzature ma ci vuole anche l’impegno di tutta la città. Non si può tagliare anche sulla tutela della vita del cittadino, occorre quantomeno garantire i cosiddetti LEA, i livelli minimi di assistenza sanitaria ed i corrispettivi servizi. Dobbiamo cercare di essere ottimisti, l’Ospedale di Sciacca è diventato una bella realtà e se non ci fosse sarebbe sicuramente peggio. Alcuni reparti sono stati aperti in questi anni o potenziati, mi riferisco al reparto di oculistica, di riabilitazione, le cure specialistiche, la risonanza magnetica, l’emodinamica. Una cosa assurda è invece quella che costringe diversi nostri cittadini a recarsi a Ribera o Agrigento per comprare i medicinali adatti alle cure dei malati terminali. Contattando l’assessore Russo chiederò conto anche di questo ma ho già avuto rassicurazioni in merito in quanto molte di queste medicine saranno messe a disposizione nella farmacia dell’azienda ospedaliera. Anche il problema delle zanzare deve essere debellato ma per far ciò servono corposi finanziamenti.
In generale affronto questi ultimi mesi con la coscienza apposto. Sciacca diverrà la prima città della Sicilia come capacità di portare finanziamenti anche europei grazie ai progetti già approvati. Si passa finalmente dal sogno alla realtà.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

lunedì 22 settembre 2008

Le pere più buone


La Fondazione ABIO (Associazione Bambino in Ospedale) si fa promotrice di una lodevole iniziativa benefica.
Sabato 27 settembre, in più di cento piazze italiane, sarà possibile offrire il proprio contributo ricevendo un cestino di pere al fine di aiutare concretamente i bambini in ospedale. La manifestazione si terrà anche a Sciacca in P.zza Angelo Scandaliato dalle ore 10.00 alle ore 20.00, è organizzata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e gode della presenza di prestigiosi sponsor.
La Fondazione ABIO detiene una sede autonoma anche a Sciacca, presieduta dalla Dott. Pinetta Curreri che, con il valido ed instancabile supporto di venti volontari, allevia la permanenza dei bambini presenti nel reparto di Pediatria del locale Ospedale “Giovanni Paolo II”.
L’ABIO-Sciacca è riuscito nei pochi anni di attività intrapresa a divenire presenza fondamentale ed imprescindibile all’interno del reparto di pediatria. Compito dei volontari dell’ABIO, i quali operano in forma assolutamente gratuita, è quello di evitare al bambino un impatto traumatico con un mondo, quello medico, che sostanzialmente non conosce e lo strappa dal proprio ambiente familiare. Inoltre la presenza dei volontari ABIO è di notevole supporto anche per gli stessi genitori che possono così approfittare dell’aiuto di questi ragazzi per riposare un po’ sapendo di lasciare il proprio bimbo in mani sicure.
I giochi da tavolo, i puzzles, i disegni da realizzare e colorare, le favole da raccontare o inventare, la possibilità di dipingere, i tanti giocattoli sono solo alcuni dei diversivi di cui i volontari ABIO si servono per far giocare e distrarre il bambino, per favorirne un rapido ambientamento nel contesto ospedaliero ed accelerare, quando possibile, attraverso il gioco, le risate e il buon umore, una rapida ripresa delle condizioni di salute dei piccoli ospiti.
Anche a questo serve la giornata del 27 settembre, a far in modo che la Fondazione ABIO ed in particolar modo la sede di Sciacca possano continuare ad assistere con gioia i loro amici.
Per tutti coloro che sono inoltre interessati a divenire volontari presso
l’ABIO si comunica che nel mese di ottobre inizierà il nuovo corso di formazione. Prenota la tua adesione telefonando al 3409550868.



Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

Tornare a scuola. Un evento traumatico

Come volevasi dimostrare. Alla prima campanella che segna il rientro a scuola di tutti gli scolari saccensi, il traffico cittadino è andato letteralmente in tilt. Specie nelle ore che coincidono con l’entrata o l’uscita dagli edifici scolastici è impossibile raggiungere celermente il proprio luogo di lavoro o magari semplicemente la propria abitazione. Le aree maggiormente disagiate risultano essere quelle della Perriera, nella quale confluiscono numerose autovetture a causa della presenza delle tante strutture scolastiche, quella della zona di Sant’Agostino e quella di via De Gasperi. Ogni anno ci ritroviamo puntualmente nella medesima condizione che costringe molti cittadini ad estenuanti mattinate per far sì di evitare il traffico onde raggiungere prima il proprio punto di arrivo giornaliero. I disagi, è chiaro, non riguardano solamente i saccensi ma anche i giovani studenti pendolari che affollano sempre di più i nostri istituti. Per loro difficile arrivare per l’orario previsto alla propria scuola di appartenenza. Quasi tutti gli utenti-studenti provenienti con i bus dai paesi dell’hinterland vengono “lasciati” lungo la discesa di via Agatocle la quale risulta essere la nostra vera ed unica “stazione” di partenza e di arrivo. Da lì poi si presenta dinanzi a loro un bivio: recarsi a piedi presso la propria scuola o usufruire dei servizi navetta offerti dai locali autobus urbani. Ebbene, in entrambi i casi arriveranno in ritardo. Se a tutto questo aggiungiamo che la prossima stagione invernale è ormai alle porte, il quadro che si presenta non appare sicuramente dei migliori. Il freddo, il vento, la pioggia si andranno a sommare ad una situazione già difficile da gestire e lo stesso problema riguarda inoltre tutti quei numerosi saccensi, pendolari per lavoro o studenti universitari, che dalla stessa zona attendono i bus che li portano verso il nostro capoluogo regionale o provinciale. Sciacca manca di una stazione di arrivo e partenza per gli autobus e questa situazione si complica di anno in anno non riuscendo a trovare una concreta e valida soluzione. Se pensiamo che, a tutti questi fattori, si aggiungono il caro-libri, il caro-benzina ed il caro-biglietti non c’è di che stare allegri. Uno studente che, dai paesi limitrofi, decide di seguire la propria crescita culturale a Sciacca o un giovane saccense che raggiunge Palermo per recarsi all’Università, spende ogni giorno come minimo cinquanta euro tra biglietti di andata-ritorno degli autobus, le spese per il proprio sostentamento alimentare e piccoli acquisti (penne, block-notes, colori, matite) che possono servire per la scuola. E lo scenario non cambia nemmeno se si ritiene più conveniente utilizzare la propria auto: il pieno del carburante, il traffico, il consumo giornaliero dell’autovettura, gli stessi rischi ai quali si può incorrere al volante non valgono la candela. Spesso inoltre le spese a cui ogni famiglia deve ottemperare non è pari al servizio offerto all’utente così scavando più a fondo si scopre di autobus che lasciano a terra studenti e lavoratori perché non hanno più posti, si scopre di autobus che si fermano lungo il tragitto perché ormai troppo vecchi per tenere il passo dei flussi umani, si scopre di autobus sporchi e senza aria condizionata, si trovano strade lungo le quali è matematicamente impossibile non trovare buche o perdite idriche, si spera in parcheggi che siano comparsi magari durante la notte, ci si allena, di conseguenza, giornalmente a veloci e pericolosi pit-stop lungo il ciglio delle strade o nella lotta libera della fermata selvaggia, tutto questo mentre guardiamo incessantemente l’orologio per contare i minuti e poi le ore del nostro ritardo pregando che ancora una volta non scambino la nostra quotidiana tragedia per le solite scuse da bamboccioni ed assenteisti.
E allora cosa e come fare? Siamo nella speranzosa attesa che chi di dovere ci risvegli da questi incubi diurni e ad occhi aperti. Domani è un altro giorno.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

domenica 21 settembre 2008

Attenzione al Punteruolo... Rosso




In questi giorni, girando per la nostra bella città di Sciacca, ci siamo accorti di un fatto tanto curioso quanto serio per la nostra vegetazione e per le poche aree verdi che oramai ci sono rimaste. Alcune palme stanno visibilmente morendo e, di certo non per l’arsura estiva, comunque ormai prossima alla fine. In verità è un problema che affonda, è proprio il caso di dire, le sue radici già da qualche mese.
Cos’è il Rhynchophorus ferrugineus?
E’ il cosiddetto “Punteruolo Rosso”, un coleottero molto dannoso per le piante di palma. La specie è originaria dell’Asia Minore ma l’importo massiccio in Europa di piante esotiche ne ha determinato il propagarsi anche nell’area del Mediterraneo e in Sicilia. L’insetto vive all’interno della palma e la femmina può deporre fino a trecento uova alla volta. E’ facile comprendere perciò la rapidità con cui questi insetti possano svilupparsi e attecchire in tutte le piante di palma della nostra città. Il fenomeno purtroppo è già iniziato e nessuno sembra pensare né a fermarlo né a cosa fare per fermarlo. Non è difficile accorgersi della presenza di questo temibile insetto nelle palme poiché esse si presentano flosce, quasi secche, svuotate dall’interno e a rischio di cedimento. Il Punteruolo Rosso non abbandona la palma nella quale si trova se prima essa non muore.
Cosa fare allora?
Le piante infette devono essere rapidamente abbattute e smaltite nei centri provinciali di biotriturazione per evitare che l’infezione possa diffondersi rapidamente nelle altre nostre aree verdi. Se la pianta si trova in territorio pubblico spetta al Comune farsi carico di tutte le procedure, se, invece, la palma è nel terreno di un privato allora è lo stesso ad avere il dovere di procedere e segnalare l’accaduto alle autorità competenti.
Non è un problema di poco conto né da sottovalutare in quanto è in gioco l’intero nostro patrimonio verde il quale già di per sé non si presenta in condizioni ottimali. La stessa vicenda ha già interessato diverse altre zone della Sicilia, specie in provincia di Palermo, Trapani e Catania ed anche in territorio nazionale il problema inizia a coinvolgere molti comuni, basti pensare che dallo scorso gennaio ad oggi sono più di duemila le palme estirpate nella sola Sicilia.
Si cercano i rimedi più efficaci e definitivi ma al momento nulla sembra essere migliore dell’estirpazione della pianta malata e della disinfestazione plenaria dell’area interessata.
Tutto questo ha dei costi, ne siamo perfettamente al corrente, ma cosa sarebbe Sciacca senza quel minimo tocco di verde?
Noi de L’AltraSciacca chiediamo quindi a chi di dovere che la situazione venga debitamente monitorata e che, con il supporto necessario di gente qualificata, si proceda al più presto alla risoluzione concreta e veloce di questo problema il quale rischia di toglierci un assaggio di quello che la splendida natura può offrirci.

sabato 20 settembre 2008

Un pizzuddu di muddica - Vincenzo Licata


La casa mia campau du sulu pani,

picchì di sulu pani si campava,

quannu lu mari ìun dava

me' patri, cuntrariatu, bistimiava,

bistimiava, ma doppu si pintia:

"Signori, pirdunatimi Maria!

"Una sira di 'nvernu

La varca la lassau 'nfunnu la stisa,

picchì lu mari puru bistimiava,

la varca unn'affranchiu mancu la spisa

e me' matri prigava.

Comu trasiu me' patri,

ccu ll'occhi chini di fangu e di sali,

mi parsi quannu l'unna di lu mari,

si jisa, arruzzulia,

e mmiscata di alica e di rina,

scasa li scogghi e scoti la marina:

"Sangu di la!… lu nomu nun lu dicu,

m'agnuniavi e mi fici nicu nicu…

Di la sacchetta d'un falari biancu,

vagnatu di li lacrimi d'amuri,

me' matri, pasta antica,

mi desi un pezzu tantu di muddica

e dissi: "E ringraziamu lu Signuri!"

Scherza con i fanti ma lascia stare i Santi


Nei giorni scorsi, attraverso gli organi d’informazione locali, siamo venuti a conoscenza del fatto che le edicole votive collocate nell’area antistante l’entrata del Pronto Soccorso dell’Ospedale “Giovanni Paolo II” di Sciacca sono rimaste sia senza corrente elettrica, cosa che non consente di illuminare a dovere né il piccolo luogo né le statue di Padre Pio, della Madonna e del Crocifisso, sia senza acqua, cosa che non permette alle piante e al prato circostante di essere regolarmente innaffiati. Solamente un piccolo numero di volontari, con dedizione ed a proprie spese, si occupa di mandare avanti questo luogo, non solo di passaggio per tutti coloro a cui occorrono le cure mediche, ma anche luogo di culto e di preghiera.
Noi de L’AltraSciacca riteniamo che la suddetta area non possa rimanere ad essere soggetta a tale stato di cose.
Noi siamo convinti che sia stata un’ involontaria ed errata valutazione del significato psicologico e religioso che il luogo ha nei confronti di chi soffre e dei loro familiari, o di una non meditata scelta, effettuata in un’ottica di un contenimento ed economicità di spese, che però penalizza anche quest’area. Pertanto, stimando le spese forfettarie per il pagamento della corrente elettrica ed il ripristino dell’acqua nell’area in non più di cinquanta euro annuali, siamo ben lieti di offrire il nostro contributo economico al Direttore dell’Azienda Ospedaliera di Sciacca Luigi Marano al quale, sarà nostra cura, far pervenire in tempi brevi la piccola somma stanziata dai nostri soci ed auspicando una veloce e concreta risoluzione della vicenda.
(scritto in collaborazione con Pietro Mistretta, foto Calogero Parlapiano)