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mercoledì 3 settembre 2008

Molecola di Vita n°32 - S'ì fossi foco

S' i' fosse foco,

arderei 'l mondo;
s' i' fosse vento,
lo tempesterei;
s' i' fosse acqua,
i' l'annegherei,
s' i' fosse Dio,
manderei l' en profondo;
s' i' fosse papa,
sare' allor giocondo,
ché tutt' i cristiani imbrigherei;
s' i' fosse 'mperator, sa' che farei?
a tutti mozzerei lo capo a tondo.
S' i' fosse morte,
andarei da mio padre;
s' i' fosse vita,
fuggirei da lui:
similmente farìa da mi' madre.
S' i' fosse Cecco, com' i' sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre,
e vecchie e laide lasserei altrui.

(Cecco Angiolieri)

Ad un'analisi superficiale, che non tenesse conto che l'arte si misura sull'espressività e non sul contenuto o sulla tecnica, questa breve poesia di Cecco Angioleri potrebbe apparire violenta o per niente gentile. Essa va vista come una rappresentazione scenica non dissimile ai videogiochi dell'epoca attuale. La fantasia dell'autore prova a volare nelle immagini della mente e a descrivere come si comporterebbe in situazioni diverse. La composizione è raffinatissima per l'accostamento musicale delle sillabe all'interno delle singole parole e non è casuale che, nonostante la molteplicità di elisioni e troncamenti, si impara rapidamente ed ai giovani piace molto. L'espressività, di cui si diceva all'inizio, è massima in ogni verso ed in ogni visione suggerita. Finisce come il saluto di un comico chiude una rappresentazione teatrale. (da softwareparadiso.it)

Cecco Angiolieri (Siena, 1260 – Siena, 1312 circa) è stato uno scrittore e poeta italiano, contemporaneo di Dante Alighieri.
La critica contemporanea sostiene che Cecco fu meno ribelle di come lo presentarono i Romantici, i quali lo rivendicarono con forza ai loro ideali. È fuori di dubbio, comunque, che visse una vita perlomeno avventurosa.
Cecco Angiolieri nasce a Siena nel 1260, e vi muore nel 1312 circa. Il padre era Angioliero, a sua volta figlio di Angioliero detto Solàfica (cioè Serafica) che per alcuni anni fu banchiere di papa Gregorio IX. Il padre, cavaliere, fece parte dei Signori del Comune nel 1257 e nel 1273 e appartenne all'ordine dei Frati di Maria (Frati gaudenti). Partecipò col figlio alla guerra d'Arezzo del 1288; è probabile che fosse ancora in vita nel 1296. La madre era Lisa de' Salimbeni, la potente famiglia senese. Nel 1281 era fra i Guelfi senesi all'assedio dei concittadini ghibellini asserragliati nel castello di Torri di Maremma, tenuto dai ghibellini - la famiglia di Cecco aveva tradizioni guelfe - (nei pressi di Roccastrada) e fu più volte multato per essersi allontanato dal campo senza la dovuta licenza. Da altre multe fu colpito a Siena l'anno successivo, l'11 luglio 1282, per essere stato trovato nuovamente in giro di notte dopo il terzo suono della campana del Comune. Altra multa lo colpì nel 1291 in circostanze analoghe. Oltretutto, nel 1291 fu implicato nel ferimento di Dino di Bernardo da Monteluco, pare con la complicità del calzolaio Biccio di Ranuccio, ma solo quest'ultimo fu condannato. Militò come alleato dei fiorentini contro Arezzo nel 1288 ed è possibile che qui abbia conosciuto Dante Alighieri. Il sonetto 100, datato tra il 1289 e il 1294 sembra confermare che i due si conoscessero, in quanto Cecco si riferisce a un personaggio (un mariscalco) che entrambi conoscevano di persona (Lassar vo' lo trovare di Becchina, / Dante Alighieri, e dir del mariscalco). Intorno al 1296 fu allontanato da Siena, a causa di un bando politico. Si desume dal sonetto 102 (del 1302-1303), indirizzato a Dante allora già a Verona, che in quel periodo Cecco si trovasse a Roma (s'eo so' fatto romano, e tu lombardo). Non sappiamo se la lontananza da Siena dal 1296 al 1303 fu ininterrotta. Il sonetto testimonia anche della definitiva rottura tra Cecco e Dante (Dante Alighier, i' t'averò a stancare / ch'eo so' lo pungiglion, e tu se' 'l bue). Purtroppo sono andati perduti i materiali poetici danteschi relativi, oltre che alla tenzone in rima, anche alla iniziale probabile amicizia, poi deterioratasi. Nel 1302 Cecco svendette per bisogno una sua vigna a tale Neri Perini del Popolo di Sant'Andrea per settecento lire ed è questa l'ultima notizia disponibile sull'Angiolieri in vita.Proprio per questa ragione si oppose a ogni forma di politica proclamandosi una persona libera e indipendente. Si ritiene che questa sua imposizione sia dovuta al bando politico che lo allontanò da Siena Dopo il 1303 fu a Roma, sotto la protezione del cardinale senese Riccardo Patroni. Da un documento del 25 febbraio 1313 sappiamo che i cinque figli (Meo, Deo, Angioliero, Arbolina e Sinione - un'altra figlia, Tessa, era già emancipata) rinunciarono all'eredità perché troppo gravata dai debiti. Si può quindi presupporre che Cecco Angiolieri sia morto intorno al 1310, forse tra il 1312 e i primi giorni del 1313. Sappiamo inoltre di lui che venne multato per infrazioni alla vita militare e che ha amato per tutta la vita una certa "Becchina", figlia di un cuoiaio.
All'inizio del Trecento, epoca in cui la poesia era dominata dal "Dolce Stil Novo", che rappresentava l'amore con immagini di grande delicatezza e ricercata eleganza, l'irriverente Cecco Angiolieri compose versi di forte provocazione e che tessevano l'elogio delle passioni terrene.
Il celebre sonetto S'i' fosse foco, arderei 'l mondo appartiene a una secolare tradizione letteraria goliardica improntata all'improperio e alla dissacrazione delle convenzioni. L'Angiolieri si colloca all'interno, e sulla vetta di una "scuola" poetica parodistica che è quella dei poeti giocosi; fra i quali si annoverano Rustico di Filippo, Meo de' Tolomei, Folgore da San Gimignano, Pieraccio Tedaldi, Pietro de' Faitinelli. Lo stile "giocoso" si risolve spesso in un gioco letterario anche raffinato e socialmente accettato proprio perché convenzionale.
Il sonetto ha avuto anche una trasposizione musicale ad opera del cantautore genovese Fabrizio De André, nell'album Volume III del 1968. (da wikipedia.it)

"S'ì fossi foco" è uno dei testi poetici più famosi della letteratura italiana. Per anni messo all'indice tanto quanto l'autore che lo compose, è stato riscoperto negli ultimi periodi cogliendo una bravura tecnica prima mai sottolineata e soprattutto assoporando il vero significo della lirica, quella sottile disperazione celata sotto la superficiale ironia e scanzonata danza letteraria. Bisogna essenzialmete ricondurre l'opera nel proprio contesto storico e culturale, all'interno del quadro burlesco dello stile poetico... c'è tutto in pochi versi: la condizione privata del poeta, la crisi tra impero e papato segnata dalla lotta tra guelfi e ghibellini, la condizione amorosa col "dolce stil novo" che stava per segnare un'epoca e nuovi confini letterari, il rapporto tra il mondo e Dio e tra l'autore e Dio.... un' artista totalmete calato nel suo tempo, dalla vita avventurosa, vivissima, dedita all'arte ma anche alle scorribande, agli eccessi, alla crisi... già un uomo in crisi, in crisi con sè stesso perchè in crisi anche col suo mondo, dai rapporti interpersonali complicati sia con la propria famiglia sia con l'amore e le tante avventure passaggere. Un uomo prima che un poeta che amò così tanto la vita da interpretarla nel suo senso più compiuto e totale, senza respiro... un uomo allo stesso tempo che riesce a prendere piena coscienza di quello che lo circonda, "s'ì fossi foco arderei 'l mondo"... un uomo che mira sembra non prendersi mai sul serio ed è in questo modo che occorre leggere buona parte della sua opera (non solo questo famoso brano), ed è in questo modo che occorre interpretare certe frasi, sembra un'allegra danza medievale, sembra giocare con argomenti seri, sembra prenderci in giro quando vuole tutte per sè "le donne giovani e leggiadre"... non c'è nulla di cavalleresco nei suoi versi, l'amore è pienamente vissuto, ricolmo di eros, ma non per questo meno partecipato e sentito. Una delle poesie più belle della nostra letteratura che ha posto Cecco Angiolieri tra i grandi maestri del verso e da quella nicchia, ne sono sicuro, starà ancora prendendoci in giro e sorprendendosi della fama che lo ha consacrato nel tempo.

4 commenti:

Unknown ha detto...

...preferisco De Andrè!

Calogero Parlapiano ha detto...

beh, anchio di sicuro. era il suo video che cercavo, ma non l'ho trovato... e mi sono "accontentato" di questa comunque buona esecuzione.
buona serata Max e a presto.
ciao

Paola ha detto...

Ciao: ho gradito la tua nuova visita e oggi sono anche riuscita a rientrare nel tuo blog: nei giorni scorsi non mi era riuscito; volevo appunto chiederti se potevo aggiungerti tra i blog che amo visitare e ora so che posso!Ti auguro una buona giornata

Calogero Parlapiano ha detto...

grazie della visita Paola e ti aggiungo anchio tra i miei bloggers amici.
a presto e ciao!!