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lunedì 15 settembre 2008

Un viaggio nel tempo

Lo scorso 7 settembre nelle acque antistanti la rupe di Cammordino quattro cannoni di diversa misura sono stati recuperati e riportati alla luce dai fondali sabbiosi di Sciacca. Si è trattata di una giornata speciale per l’archeologia subacquea saccense ma la notizia non è giunta né improvvisa né inattesa. Già nei mesi scorsi infatti, i sub del Gruppo Archeologico d’Italia e della Hippocampus avevano segnalato la presenza di questi reperti e ne avevano segnato le precise coordinate al fine di favorirne il recupero. Sempre nella zona di “Coda della Volpe”, nel 1996 erano stati ritrovati altri due cannoni che adesso, dopo i dovuti restauri, sono esposti all’interno dell’atrio del Comune di Sciacca. E’ quindi assai probabile che in quello specchio di mare sia naufragata, per motivi ancora da chiarire, una nave col suo prezioso carico.
Il fatto di aver rinvenuto su uno dei primi cannoni lo stemma francese della “salamandra” insieme alla sigla “F” ha fatto pensare per lungo tempo che si trattasse di una nave appartenente alla flotta di re Francesco I e quindi databile intorno alla prima metà del Cinquecento. I nuovi ritrovamenti, invece, fanno prendere in considerazioni nuove ipotesi come quella, che si tratti di una nave italiana, in particolar modo genovese, la quale trasportasse armi per venderle o che avesse appena provveduto a comprare un grosso quantitativo di materiale bellico.
In verità la consapevolezza del fatto di essere vicini ad una eccezionale scoperta archeologica la si era avuta ancora prima del 1996. Nel 1992 infatti il circolo subacqueo Hippocampus di Sciacca faceva pervenire una segnalazione alla Soprintendenza Archeologica di Agrigento nella quale veniva già accertata la presenza concreta di alcuni cannoni di bronzo nell’area antistante Cammordino. Non solo cannoni però ma anche palle di cannone, pallottole di piombo, cunei, attrezzi risalenti forse ad una cassetta di carpentiere, nonché ossa, alcune animali, altre, una costola soprattutto, probabilmente umane. All’inizio di questa importante vicenda non si era pensato che questo materiale bellico potesse essere il frutto di un carico disperso da un battello affondato ma si ipotizzava che una nave in transito avesse gettato in mare dei reperti per un motivo non meglio precisato. Le nuove immersioni, le altre scoperte, gli ulteriori studi hanno dimostrato che non era così: un relitto si era sicuramente trascinato a pochi metri dalle nostre coste ed a pochi metri di profondità. La disposizione con cui i reperti sono stati rinvenuti, la violenta disgregazione della nave, la facilità di localizzazione sotto la sabbia sono tutti elementi che hanno fatto propendere più per un affondamento causato da un combattimento che da un naufragio. Del resto l’area in questione è stata storicamente oggetto di analisi storica per altre battaglie navali che di sicuro ebbero luogo dinanzi a Sciacca e, nonostante lo studio incrociato di numerosi documenti dell’epoca ed il confronto con alcuni pezzi d’artiglieria presenti in altri musei, specie francesi ed italiani, risulta assai complicato risalire alla veridicità dei fatti storici rimanendo nel campo della mera ipotesi.
Nell’attesa di individuare e riportare alla luce gli altri reperti che di sicuro sono ancora sommersi nelle acque territoriali di Sciacca e che possono certamente fornire nuovi spunti e dati storici, al momento si è propensi a pensare che il relitto sia italiano ma che i cannoni siano francesi sulla base di alcuni documenti in possesso da chi si sta occupando della questione della collocazione storica degli avvenimenti.
Il resto è invece storia dei nostri giorni e, come in un veloce viaggio nel tempo, ci riporta ai ritrovamenti della scorsa domenica ed alle conseguenze che gli stessi potrebbero avere per la nostra città di Sciacca.
Da più parti si è sentita l’esigenza di far presente uno degli scenari possibili che questa vicenda potrebbe assumere. Il restauro di questi quattro cannoni potrebbe avvenire lontano da Sciacca e, cosa più preoccupante, il rischio concreto di vedere questi pregevoli pezzi esposti nei musei di altri centri come Palermo, Agrigento o magari addirittura nel nord Italia. Tanto il responsabile regionale alla Soprintendenza del mare, Sebastiano Tusa, presente alle ultime operazioni di recupero, quanto l’amministrazione comunale per bocca del sindaco Mario Turturici, si sono subito prodigati a dichiarare che non esiste alcun pericolo che ciò accada, anzi che i reperti verranno restaurati a Sciacca e, successivamente, esposti nei nuovi locali del “Museo del Mare” sito in Contrada Muciare e di prossima apertura. Ma l’importanza dei reperti riportati alla luce ed il preoccupante precedente del Melqart, statuetta fenicia dall’inestimabile valore ripescata a Sciacca ed oggi collocata nel Museo “Salinas” di Palermo, lascia aperta qualsiasi ipotesi in merito. Toccherà alla Soprintendenza ai beni culturali di Agrigento dare l’ultima parola e dissipare, eventualmente, qualsivoglia timore sulla vicenda nella comune consapevolezza che far rimanere in città quanto strappato ai fondali marini sarebbe occasione imperdibile per ribadire l’importanza storica e culturale di Sciacca.
Del resto il fatto che la città sia oggetto di una inestimabile fucina di rinvenimenti storici è dato anche dalla campagna di scavi intrapresa da pochi mesi in prossimità del Castello Luna, fortezza costruita dal Conte Guglielmo Peralta di Caltabellotta. Scopo di questi interventi sul sito è non solo ristrutturare e rendere fruibile quanto permane della struttura per molto tempo rimasta semiabbandonata ma anche, se non soprattutto, scoprire come veniva utilizzata l’area circostante al castello e se la stessa nasconda a tutt’oggi qualche reperto di preziosa validità storica.
Ci rendiamo, pertanto, facilmente conto di come nella nostra città si scavi sia sulla terra quanto tra i flutti del mare alla ricerca di ulteriori conferme del nostro illustre passato il quale merita di essere portato a nuova vita e riproposto in questo tempo ed in questo spazio agli occhi tanto dei cittadini saccensi quanto dei numerosi turisti che, giunti nella nostra Sciacca, sono desiderosi di assaporarne la storia e le tradizioni.

Calogero Parlapiano - tratto dal settimanale "Controvoce"

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