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giovedì 31 dicembre 2009

Rimpasto: ci siamo?

Tra un panettone e l’altro gennaio è ormai alle porte e con esso il sempre più probabile rimpasto all’interno dell’amministrazione capeggiata dal sindaco Vito Bono. Il Partito Democratico, pur ufficialmente senza battere i pugni sul tavolo, è stato chiaro. “Serve dare maggiore risalto a quello che gli elettori hanno stabilito durante le elezioni dello scorso giugno”. Vito Bono si riserverà ancora qualche altra settimana per scegliere e decidere in maniera definitiva sperando che nel frattempo non vi siano nuove emergenze per la città che lo costringano a pensare ad altro. “Ascolterò e deciderò di conseguenza nel limite del possibile” questo ha dichiarato il sindaco senza sbottonarsi più di tanto. La situazione è in pieno fermento anche perché rischiano di sovrapporsi ad incastro alcune vicende del recente passato e del prossimo futuro. Una delle ipotesi vorrebbe che Ivan Leonte e Giuseppe Caracappa, esponenti della Lista Democratica vincano il ricorso per ciò che concerne il riconteggio delle schede che li ha visti esclusi dall’aula del consiglio comunale per soli due voti. Cosa succederebbe in questo caso? Vincenzo Fazio rischierebbe di trovarsi fuori dopo alcuni mesi di consiliatura. E allora? Il nuovo assessore, dopo il rimpasto, potrebbe essere l’ex socialista nonché nuovo esponente del PD Paolo Mandracchia che libererebbe così un posto da consigliere tanto da permettere a Vincenzo Fazio di rimanere tra i consiglieri comunali. Entrambi sono stati eletti all’interno della lista civica “Impegno Comune”, la stessa del segretario PD Giuseppe Coco.
Quindi Paolo Mandracchia assessore, molto probabilmente al posto del pur valido ed attivo Ignazio Piazza il quale, al momento, ha le deleghe alla pesca, all’agricoltura, al verde pubblico ed allo sport. Vincenzo Fazio rimarrebbe consigliere e subentrerebbero anche Ivan Leonte e Giuseppe Caracappa.
Un quadro da “tutti felici e contenti”. Ma naturalmente è solo un ipotesi e nulla di più. Tra l’altro potrebbe anche non essere solamente uno il nuovo assessorato affidato agli uomini del PD. Potrebbero anche essere due. In questo caso, oltre a Piazza, potrebbe saltare anche l’assessore Antonio Turturici che ha le deleghe all’edilizia, ai lavori pubblici, all’urbanistica ed ai beni culturali. Chi potrebbe subentrare al posto di Turturici? Fabio Leonte chiudendo un cerchio rimasto aperto per troppi mesi dopo la chiusura della campagna elettorale di giugno. Insomma potrebbe profilarsi una spartizione degli assessorati per le due compagini che hanno sostenuto il sindaco Bono. Da una parte l’Mpa, compreso l’assessore ex tecnico Montalbano, e dall’altro il Partito Democratico forte del consenso elettorale, forte dei 10 consiglieri comunali, ossia la maggioranza della maggioranza, e forte tanto dei numeri degli iscritti quanto di quelli che sono andati a votare alle ultime primarie di ottobre le quali hanno sancito l’avvicendamento, a livello nazionale, tra Franceschini e Bersani.
I dubbi che rimangono sono inerenti all’atteggiamento che potrebbe tenere il sindaco sulla vicenda. Già in questi mesi Vito Bono ha dimostrato di pensare sicuramente molto di più alle tante cose che ci sono da fare per Sciacca rispetto alla politica ed al dibattito politico nel vero senso della parola. Tra l’emergenza frana, il randagismo, la normale e quotidiana amministrazione, la questione di contrada Ferraro, le battaglie quasi giornaliere con i disservizi della Girgenti Acque, la crisi economica ed occupazionale, le strade piene di buche, la diatriba inerente al carnevale, la non estate saccense e il traffico chiuso – aperto a seconda dei commercianti, c’è stato davvero pochissimo tempo per poter pensare ad altro e per poter fare dibattito politico. Ma adesso ci siamo o dovremmo esserci. Il Partito Democratico saccense ha già predisposto il blocco unico in consiglio comunale ed, a breve, dovrebbe eleggere il capogruppo che potrebbe essere Simone Di Paola, giovane ma già con l’esperienza e la lena giusta. C’è chi vocifera che potrebbe essere nominato anche un nuovo segretario locale di partito al posto del vincente, elezioni dixit, Giuseppe Coco. Staremo a vedere. Utilizzando un gergo tipico del mondo del calcio ed in particolare di quello degli allenatori, c’è chi rischia di non mangiare il panettone. Non perché, a differenza del calcio, non ha prodotto risultati soddisfacenti ma perché c’è da scegliere come muoversi nei prossimi anni e quali soluzioni adottare per le tante e molteplici problematiche che attanagliano Sciacca. Per fare tutto questo serve una coalizione forte, decisa, compatta e senza mugugni, all’interno della quale ognuno sappia fare il suo compito e lo porti innanzi in sinergia con tutti gli altri. Tornando al calcio, per vincere i campionati non occorrono i solisti ma serve la squadra, gregari compresi. Finora, nonostante le condizioni di evidente ristrettezza economica per le casse del comune, tutto sommato si è ben lavorato ed i dati snocciolati durante la conferenza stampa di fine anno dall’amministrazione stanno lì a dimostrarlo. Durante la stessa si sono ringraziati tutti i dipendenti comunali, tutti gli uomini che hanno fronteggiato la frana di piazza Libertà nonché l’ex amministrazione Turturici per i progetti lasciati in eredità e che adesso la giunta Bono sta portando avanti, insieme ad i propri.
Insomma siamo solo all’inizio. Ma l’incoraggiamento è doveroso. In fondo durante le feste siamo tutti più buoni.


Calogero Parlapiano - tratto da "ControVoce"

mercoledì 30 dicembre 2009

La bugia del nucleare sicuro (specie quando si fa lontano da casa propria...)

La giostra del nucleare italiano ha riaperto. Il Consiglio dei ministri di martedì ha deliberato i criteri per selezionare i siti delle nuove centrali previste dal governo e i depositi per le scorie. Meno di sei mesi per identificare siti idonei a una lunga lista di requisiti: reperibilità di grandi quantità d’acqua (foci dei fiumi o mare), stabilità sismica, lontananza dai centri abitati, rilevanza tattica in caso di conflitto, facilità dei collegamenti su ferro e gomma, per citarne alcuni.

Saranno le aziende interessate alla costruzione dei nuovi impianti a proporre i siti. Se alla diffusa instabilità sismica tipica della nostra penisola si aggiunge l’enorme quantità di acqua necessaria al raffreddamento dei circuiti idraulici – prima causa di inattività delle centrali durante le calde estati che i cambiamenti climatici ci regalano – le aree possibili si contano sulle dita delle mani. Un sistema di incentivi indorerà la pillola ai comuni limitrofi, molti convinti che la vicinanza alle centrali francesi rappresenti già un rischio imminente, per cui non c’è differenza ad avere 4-5 centrali in più nel nostro Paese, tanto meglio se questo aiuta a sostenere il budget comunale. Peccato che le centinaia di piccoli incidenti e fuoriuscite minori abbiano reso la vita molto difficile agli abitanti delle zone limitrofe.

L’aumento delle neoplasie nella popolazione e delle mutazioni genetiche riscontrate nella fauna sono caratteristiche rilevate in molte aree circostanti centrali nucleari o siti di stoccaggio. Il guano dei gabbiani che volano intorno al centro di riprocessamento per scorie nucleari di Sellafield, in Gran Bretagna, ha presentato percentuali consistenti di isotopi radioattivi.

Ma in Italia sarà diverso. Un recente servizio della trasmissione Report ha raccontato la vita vicino alle centrali nucleari: acqua di falda compromessa, nuovi elettrodotti per la distribuzione, livelli di radioattività superiori alla norma. Questa volta, tuttavia, ci dicono che le centrali verranno costruite secondo i criteri più restrittivi. Quello che succede nei due unici cantieri al mondo dove viene utilizzata la stessa tecnologia prevista in Italia dimostra però come vi siano numerosi punti irrisolti sull’affidabilità degli impianti. I progetti delle due centrali in costruzione in Europa, ad opera di un consorzio di aziende che include Enel tra gli investitori, sono stati dichiarati non idonei sia per la mancanza delle simulazioni di impatto per velivoli di grande taglia, sia per gravi lacune strutturali nell’impostazione dei sistemi di sicurezza.

Enel, d’altro canto, preferisce inviare i suoi ingegneri a farsi le ossa sulle centrali di vecchia generazione in costruzione in Slovacchia. Ottima idea, se non fosse che la centrale di Mochovce, che l’azienda sta completando attraverso la controllata Slovenske Electrarne, è priva di guscio di contenimento. Un eventuale incidente aereo sulla centrale o la fuoriuscita di materiale fissile sarebbero una catastrofe. Enel spiega l’assenza di un guscio di contenimento in quanto la caduta di un aereo sulla centrale è un evento improbabile. L’impostazione strutturale di un impianto generativo nazionale basato su grandi centrali in grado di distribuire energia sulla lunga distanza è di vecchia concezione. L’energia dovrebbe essere generata il più possibile vicino all’utenza per ridurre le ingenti perdite da ritrasformazione e trasporto attraverso gli elettrodotti, i costi, l’inquinamento elettromagnetico. La cosiddetta generazione distribuita, pilastro del futuro energetico mondiale, è osteggiata sia dalla volontà politica di investire nella direzione opposta, sia dalla difficoltà strutturale di creare una nuova rete elettrica intelligente.

Il decreto del governo include anche l’identificazione del sito di stoccaggio definitivo. La Francia, paese a maggior concentrazione di nucleare civile al mondo, ha impiegato anni di studi e ancora oggi non possiede una soluzione definitiva per lo stoccaggio delle scorie. Gli Stati Uniti, dopo oltre 20 anni di studi nel centro di Yukka Mountain, in Nevada, hanno più volte interrotto gli scavi sin dal primo ritrovamento di plutonio in acqua di falda nel 1997, bloccato i lavori dopo la pubblicazione di un rapporto secretato che dimostrava l’inefficacia del guscio argilloso e ad oggi stanno ancora discutendo sull’eventuale scelta di mantenere i rifiuti in un centinaio di centri superficiali, invece che in un unico sito in profondità. Nel paese dove crollano le scuole nelle aree a basso rischio sismico, occorre veramente mettere alla prova questo paese con una tecnologia così pericolosa?

Da Il Fatto Quotidiano del 24 dicembre

martedì 29 dicembre 2009

S.B. "Fare il premier mi fa schifo. Lo faccio solo per il bene degli altri"....

ROMA - Si dice "disperato". E torna a ripetere quanto il lavoro del politico gli "faccia schifo". Serata di svago per Silvio Berlusconi al teatro Quirino di Roma. Ieri sera tra il primo e il secondo atto il premier si concede un bagno di folla. "Sono otto settimane che non faccio un giorno di riposo" scherza nel foyer con il pubblico. "Ma lei si diverte", lo punzecchia una signora. "No, a me non piace quello che faccio - replica il Cavaliere - lo faccio solo per senso di responsabilità. Mi fa schifo quello che faccio. Sono disperato...".

"Sono abituato a lavorare - riprende Berlusconi sorridendo - pensi che per 21 giorni non ho mai dormito due notti consecutive nello stesso letto". "E' stata una tournée", ribatte un signore. "No - risponde il Cavaliere - perché in tournée si recita sempre la stessa parte. Io ogni giorno devo invece cambiarla".

Non è la prima volta che Berlusconi tocca il tasto del "sacrificio" che gli costerebbe fare il lavoro del politico. Quello stesso che più volte ha sbeffeggiato pubblicamente, attaccando "i politici di professione", quelli "solo chiacchiere" e "niente fatti". Opponendoli a quelli come lui, gli uomini "del fare". Ricordando, con orgoglio, la sua ascesa imprenditoriale.

Sospirando quando, elenca le sue innumerevoli case al mare, dalla Sardegna ai Caraibi, che non si può "godere". Elencando minuziosamente i tempi sempre più stretti della sua giornata. "Dormo poche ore al giorno e il resto lavoro" ha ripetuto più volte. "Sono uno di voi" non perde occasione per dire ogni volta che si presenta davanti ad una platea di industriali. Uno di loro che però da 15 anni resta tenacemente attaccato a quel lavoro che, di tanto in tanto, dice di detestare. Ma di cui, evidentemente, non può fare a meno. "Ma solo per il bene degli altri". Ovviamente.

(La Repubblica)

lunedì 28 dicembre 2009

30 milioni di americani possono ora contare sull'assistenza sanitaria pagata dallo stato; Obama riesce dove tutti avevano fallito

Il Senato Usa ha approvato la riforma sanitaria. I democratici hanno superato così l’ultimo scoglio procedurale per l’approvazione della riforma.

L’approvazione a maggioranza semplice del testo elaborato dai senatori apre la strada a un potenziale complesso braccio di ferro in gennaio con la Camera per il via libera definitivo. «Era ora. Una legge storica», ha detto il senatore democratico Max Baucus, che ha messo a punto il testo portato al voto dell’aula.

Trenta milioni di persone in più, negli Stati Uniti, possono ora contare sulla copertura delle spese mediche da parte dello Stato. La riforma della sanità americana voluta dal presidente Barack Obama e fortemente contestata dai repubblicani ha ricevuto il via libera dal Senato. L’aula ha approvato un testo che, sia pure con molti compromessi, mantiene la promessa elettorale di dare copertura sanitaria a tutti quegli americani che ne erano privi, in quanto non in grado di sostenere i costi di un’assicurazione privata a copertura delle spese mediche.

I democratici del Senato hanno votato per bloccare il dibattito sulla riforma, impedendo di fatto l’ostruzionismo dei repubblicani e spianando la strada per il voto finale . Per superare lo sbarramento repubblicano sono serviti 60 voti, ovvero quelli di tutti i 58 democratici al Senato e di due indipendenti. Scontato il voto contrario dei 39 repubblicani presenti.

La stanchezza, in quella che è una giornata storica non solo per gli Usa ma soprattutto per Obam, ha giocato un brutto scherzo al leader della maggioranza democratica al Senato, Harry Reid. Al momento della chiamata Reid ha risposto con uno stentoreo “no” alla richiesta di voto. Reid, tra le risate bipartisan di tutti i colleghi, si è subito corretto. Stravolto da settimane di lavoro ininterrotto il capogruppo democratico al Senato e’ rimasto vittima dello stress .

Oggi dunque, dopo 25 giorni di dibattito consecutivo è stato varato il piano Obama, che costerà quasi mille miliardi di dollari nell’arco di dieci anni. Nei primi giorni del nuovo anno tuttavia il dibattito sulla riforma che dovrebbe estendere la copertura a 30 milioni di americani si riaprirà: le versioni del testo di Camera e Senato sono diverse e dovranno essere conciliate prima che il presidente possa ratificare in legge il testo finale. Il negoziato sarà delicatissimo e al termine potrebbe servire un nuovo voto al Congresso.


http://www.blitzquotidiano.it/politica-mondiale/usa-riforma-sanitaria-senato-supera-ultimo-scoglio-185152/

domenica 27 dicembre 2009

"Non trattenerti mai"

Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe, i capelli diventano bianchi, i giorni si trasformano in anni...
Però ciò che è importante non cambiare; la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito è la colla di qualsiasi tela di ragno.
Dietro ogni linea d'arrivo c'è una linea di partenza.
Dietro ogni successo c'è un'altra delusione.
Fino a quando sei viva, sentiti viva. Se ti manca ciò che facevi, torna a farlo.
Non vivere di foto ingiallite... insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni.
Non lasciare che si arrugginisca il ferro che c'è in te.
Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto.
Quando a causa degli anni non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Però non trattenerti mai!

sabato 26 dicembre 2009

Dove si vola

Fammi respirare ancora
e portami dove si vola
dove non si cade mai
lasciami lo spazio e il tempo
e cerca di capirmi dentro
dimmi ogni momento
che ci sei
che ci sei

Cosa Mi aspetto da te
cosa ti aspetti da me

venerdì 25 dicembre 2009

giovedì 24 dicembre 2009

Natale... e il Buono Vacanza...

Buoni vacanze per famiglie indigenti; dopo la social card un'altra misura demagogica che non affronta il dramma della povertà diffusa

Mandiamo i poveri in vacanza: l’ultima trovata del governo a sostegno dei più svantaggiati economicamente sembra una burla, ma non lo è. Come se un nullatenente avesse come primo pensiero la mattina quello di partecipare al “gioco-aperitivo” degli animatori della Valtour, o sognasse costantemente pinne fucili e occhiali. Il suo incubo privato – perché non muore dal desiderio di spifferarlo ai quattro venti – è l’umiliazione di non arrivare a fine mese, non procurare il minimo alla propria famiglia, inventarsi ogni santo giorno un modo dignitoso per sbarcare il lunario. Il fallimento della social card non ha insegnato proprio nulla: pochi poveri intercettati dalla mancia governativa, umiliante messa in scena di classe, risultati ridicoli a fronte di promesse roboanti (ridotta di appena 0,4 punti percentuale la quota delle famiglie assolutamente povere, parliamo di 91 mila famiglie su un milione).

In pratica: “Guadagni 800 euro al mese, hai 3 figli, il mutuo e tutte le spese, però ora puoi usufruire di una vacanza a metà prezzo. Sei contento?”. Questa la proposta e magari vorrebbero pure un ringraziamento, o più verosimilmente, il voto.

I buoni vacanze a sostegno delle fasce economicamente più deboli saranno messi a disposizione dal Governo da gennaio a giugno. L’iniziativa, nota da qualche tempo, è stata presentata e illustrata nei dettagli dal ministro del Turismo Michela Brambilla. Il Governo ha stanziato, per questa prima fase, 5 milioni di euro a copertura del 45% della spesa prevista per le vacanze di coloro che sono da considerare economicamente in difficoltà.

I buoni vacanze, ha sottolineato il ministro Brambilla «danno anche una concreta attuazione ai principi fondamentali della ‘dichiarazione di Montreal’ che ha definito il turismo sociale come un creatore della società e un fattore di crescita economica».

Dal 20 gennaio, ha spiegato il ministro, si apriranno le prenotazioni vere e proprie e attraverso una procedura che potrà essere effettuata direttamente online si potrà richiedere il proprio buono vacanza. «Grazie ai buoni vacanze stimoleremo un giro d’affari nel settore turistico che si aggira intorno ai 170 milioni per le sole strutture ricettive. Mentre considerando anche ristoranti, centri sportivi, servizi di trasporto e musei l’indotto sarà di circa il triplo», ha concluso la Brambilla.

Quali sono i paletti? Ce ne sono molti ma va soprattutto ricordato che chi usufruirà dei buoni (solo cittadini italiani residenti in Italia e appartenenti a nuclei familiari che rientrano in determinate fasce di reddito) potrà partire solo in bassa stagione e in una serie di strutture convenzionate con l’iniziativa.

Chi soffre drammaticamente la crisi economica e chi arriva a stento a fine mese può dunque usufruire di una vacanza a metà prezzo. Certo un bello svago ma forse chi ha patemi economici avrebbe preferito ben altre sovvenzioni, magari più concrete.

http://www.blitzquotidiano.it/economia/turismo-vacanze-social-card-brambilla-184419/

mercoledì 23 dicembre 2009

M. Travaglio e l'Informazione Libera

Mercoledì 16 dicembre è stato a Sciacca Marco Travaglio. Un ospite prestigioso ed un noto giornalista che ha preso parte ad un incontro organizzato dall’associazione di promozione sociale L’AltraSciacca, dal Cafè Orquidea e dal Liceo Classico “Fazello”. Presso la splendida location offerta dal Cine Campidoglio si è parlato di libertà d’informazione concentrandosi soprattutto sulle ingerenze e sulle pressioni politiche e mafiose che si hanno in Italia e non solo. Enorme l’afflusso di persone segno che l’ospite era particolarmente atteso. Queste, negli anni, alcune delle considerazioni più note di Marco Travaglio su alcuni dei temi politici e sociali più in voga di queste ultime settimane.
Ha mai ricevuto delle minacce per quello che afferma o scrive?

Delle minacce dirette no, a meno che non siano da ritenersi minacce tutte le denunce ricevute. I nemici di solito non minacciano: quando colpiscono, lo fanno senza avvertire. Ma non credo che ritengano pericoloso uno come me. Certo, se non ci fossi sarebbe meglio.
Spesso parla di Berlusconi e della sua politica. Una politica che si fonda soprattutto sul potere economico. Come ha ottenuto tutte le sue ricchezze Berlusconi?
Anche a me piacerebbe saperlo… Siamo molto curiosi che ce lo spieghi ma lui non ce lo spiega mai. Sappiamo che non si sa. Sappiamo che quando glielo chiedono, lui non ce lo dice. Nel suo libro, un fotoromanzo, “La storia Italiana”, che ha venduto milioni di copie durante la campagna elettorale del 2001, lui dice che tutto nacque dalla liquidazione di suo padre, 70 milioni di lire. Però il vicedirettore della Banca d’Italia, incaricato dalla Procura, ha scoperto che oltre i 70 milioni, Berlusconi ha poi trovato sotto un tavolo 113 miliardi di lire tra il ‘78 e l’‘83. Fermo restando i 70 milioni, sarebbe interessante sapere da dove arrivano i 113 miliardi. Ma lui sui 113 miliardi non si pronuncia. Quando al tribunale gli hanno chiesto delle spiegazioni, lui si è avvalso della facoltà di non rispondere. Gliel’hanno chiesto tutti, gliel’ha chiesto anche l’Economist, ma lui non risponde. A lui basterebbe dire che li ha trovati nelle patatine, nel Dixan, sotto la porta una mattina oppure che gliel’ha portati la cicogna. Se non lo dice, vuol dire che non può dirlo…
È vero che Berlusconi era in contatto con i mafiosi che hanno organizzato le stragi di Via D’Amelio e di Capaci?
Questo non lo sappiamo, però sappiamo che ha avuto rapporti con i mafiosi. Uno se l’è pure tenuto in casa per due anni, Vittorio Mangano. Era Dell’Utri che gli gestiva i rapporti con la mafia. Infatti, che Dell’Utri abbia conosciuto, incontrato e frequentato una dozzina di mafiosi è sicuro, proprio perché risulta da quello che dice lui stesso, poi accertato con documentazioni, testimonianze, intercettazioni, filmati, documenti scritti, agende, tabulati. Smetteremo di parlare delle connessioni tra Berlusconi e la mafia solamente quando lui terminerà di averne.
Sono un pensionato con la minima, o uno studente fuorisede, o un lavoratore di call center e posso spendere solo 15 euro per comprare due libri di Marco Travaglio. Quali mi consiglia di acquistare?
Direi “Montanelli e il Cavaliere” e “La scomparsa dei fatti”.
Tiene tantissime rubriche su un sacco di giornali. Quanto tempo passa a scrivere durante la sua giornata?
Di solito scrivo due articoli al giorno. Devo dire che, oltre ai giornali, mi piace aggiornare molto il blog. E’ interessante scrivere anche sul blog. Nel pomeriggio, quando presento i libri in giro o presenzio a dei dibattiti, parlo per qualche ora davanti a un pubblico. Ai libri mi dedico nelle ore notturne.
Qual è un libro di qualche suo collega che ha letto e le è piaciuto?
“Complici. Tutti gli uomini di Bernardo Provenzano da Corleone al Parlamento”, di Abbate e Gomez.
Ma cosa spaventa davvero Berlusconi?
La cosa è interessante, è quello che sta succedendo a Palermo. Io credo che, più che Spatuzza, a preoccupare il Cavaliere sia il figlio di Ciancimino perché sta portando in Italia le carte del padre, che erano nascoste in cassette di sicurezza in qualche paradiso fiscale e, nelle carte del padre, ci sono anche le bozze di un libro che il padre, quando è morto, stava scrivendo e lì, scrive Gomez, “ci sarebbero elementi documentali sul ruolo che svolse negli anni 70 e 80 Ciancimino per portare capitali mafiosi dentro queste società di Milano o di Milano 2, Pancarasini, famiglie Buscemi, Bonura, Teresi, Bontate” e stiamo parlando dei famosi capitali di misteriosa origine, le famose valigie di contanti che andavano a ricapitalizzare certe società della finanziaria d’investimento Fininvest Srl. Se fosse vero che arrivano carte su quei soldi, è evidente che verrebbe riaperta a Palermo l’indagine per mafia e riciclaggio che era stata aperta a suo tempo non solo su Dell’Utri, ma anche su Berlusconi, che poi era stata archiviata, cioè congelata in attesa di elementi nuovi.
Cosa pensa dell’aggressione che ha subito il Premier a Milano?
E’ stato un atto di violenza, la vista di una persona con la faccia fracassata e insanguinata è una vista, per quanto mi riguarda e spero anche per voi, disgustosa e preoccupante, non c’entra niente quello che si pensa del Presidente del Consiglio, non è quella la fine politica che gli può augurare una persona sana di mente e, una persona sana di mente, ovviamente si augura che Berlusconi venga sconfitto dai cittadini nelle urne, che Berlusconi venga processato e, se ha commesso dei reati, condannato e se viene condannato che sconti la pena, ma non è quella faccia insanguinata e devastata l’approdo che qualcuno deve cercare. Infatti chi ha provocato quella scena è un pazzo, è uno psicolabile che, purtroppo, è in cura in un centro di igiene mentale o come diavolo si chiamano adesso, al Policlinico di Milano, da una decina di anni.

Calogero Parlapiano - tratto da "ControVoce"

martedì 22 dicembre 2009

Qualche riflessione sulla Frana di pochi giorni fa a Sciacca

Caos a Sciacca. Un robusto sistema franoso ha interessato la piazzetta Libertà adiacente a Piazza Carmine. Le piogge insistenti degli ultimi giorni hanno portato a compimento un processo di cedimento del terreno che, evidentemente, ormai era in itinere da tempo. Famiglie evacuate, paura e terrore nella notte dei fatti, palazzine interamente sfollate, la pompa di benzina Esso di proprietà della famiglia Curreri distrutta. Questo il bilancio. Un bilancio che fortunatamente non conta né morti né feriti. Ma che ha terrorizzato l’intera comunità. Troppo vicine a noi le vicende tragiche di Giampilieri, troppo vicine a noi le famiglie spezzate di quei giorni, troppo vicine a noi quei morti, sei dei quali ancora non recuperati e dispersi nel fango. Sciacca ha vissuto la sua notte di passione. Ci auguriamo tutti l’ultima. Una notte funestamente preannunciata dalla voragine che si era aperta il giorno prima e che stava per causare la perdita di due autovetture, fortunatamente spostate prima che venissero ingoiate dalla frana. Poi la notte. Il boato. Le urla. La paura. E adesso? Sfollati per gli alberghi della città. Un Natale sicuramente traumatico, molto diverso da come se lo attendevano in quelle case, un Natale lontano da ogni immaginazione. Eppure c’è da ringraziare il Signore per chi crede. Tutti vivi, tutti con la possibilità di poter raccontare gli eventi. Raccontare di come sono decenni che i residenti della zona chiedono interventi di messa in sicurezza dei muri di sostegno, decenni di inutili parole e di altrettanto inutili e di facciata sopralluoghi. Comparsate elettorali. Poi nulla. Il silenzio delle istituzioni. Un silenzio fragoroso ma, per fortuna, non tragico. Sul posto sono intervenuti gli uomini della Protezione Civile guidati da Maurizio Cimino, responsabile della Protezione Civile di Agrigento che ha parlato apertamente di precise responsabilità. Troppo massiccio l’intervento dell’uomo sul territorio. Come sempre, fin quando la natura non si ribella. Sottolineare di come la città abbia subito la congestione del traffico appare quanto meno fuori luogo. File di autovetture dirottate presso quelle vie, poche al centro storico, ancora aperte al traffico veicolare. Poi il silenzio. La Piazzetta Libertà isolata com’è giusto che fosse. Come non ricordare la perdita fognaria quasi decennale dell’attigua via Rosolino Pilo, una perdita sistemata solamente alcune settimane fa dalla neo amministrazione Bono. Come non pensare ad una corrispondenza tra i due casi. Forse la perdita aveva già fatto i propri danni, eroso quello che c’era da erodere e svuotato il terreno di contenuti. Un terreno evidentemente argilloso e fangoso, poco stabile e poco resistente alle piogge incessanti di questi giorni. Il Comune ha immediatamente aperto tutte le procedure d’emergenza prima fra tutti l’unità di crisi, garantito assistenza alle famiglie sfollate e nei prossimi giorni si cercherà di stabilire non solo l’ammontare dei danni ma si procederà con tutte le verifiche tecniche per accertare se vi siano le condizioni tecniche, di sicurezza e minime per fare rientrare le famiglie saccensi all’interno delle proprie case. E intanto anche tra i residenti delle palazzine vicine a quelle sfollate monta la paura e la scarsa voglia di lasciare le proprie abitazioni. Nel frattempo tra chi protesta, tra chi spala per liberare le proprie cantine dal fango, tra chi accetta tutto con cristiana rassegnazione, tra chi attacca le amministrazioni che si sono succedute negli anni e tra chi crede di stare vedendo ancora le immagini televisive di Messina e dintorni, mi ritrovo in mezzo al caos più assoluto, in mezzo a gente che non ha la minima voglia di perdere tutto, di perdere i sacrifici di una vita ancora in corsa, mi ritrovo testimone inconsapevole di una frana che non si è portato via solamente terra, rocce, gabbiotti per la benzina e muri di sostegno ma si è portata via decenni di silenzio politico. Perché qualcosa si poteva fare ma non è stato fatto. E dirlo dopo col senno di poi non serve proprio a nessuno. Non serve a chi legge, non serve a chi in questo momento sta soffrendo a causa di questa situazione, non serve a chi invece non è stato toccato direttamente dal dramma. E’ proprio in mezzo a questa gente così attaccata alle cose, così attaccate alle case che trasudano di sudore e sacrificio che comprendo il valore della dignità e dello spirito di servizio. Piazzetta Libertà, via Licata, via Madonnuzza, via San Paolo, via Ulisse, contrada San Giorgio, contrada Raganella: qualcosa in questa città è divenuto col tempo una frana. E non è la dignità della gente comune.

Calogero Parlapiano - tratto da "ControVoce"

lunedì 21 dicembre 2009

Ricordando Antonio Ritacco

Un importante giornata dedicata alla figura umana e civica di Antonio Ritacco è prevista per martedì 22 dicembre. Presso l’aula magna dell’Ipsia di Sciacca, il Comitato della Perriera e via Lido “A.Ritacco” con la collaborazione del Comune di Sciacca renderà omaggio ad una personalità tra le più importanti dell’ultimo decennio per la città. Ricorre infatti il decimo anniversario dalla scomparsa di Antonio Ritacco e sarà l’occasione non solo per ricordarlo con affetto ma anche per tramandarne lo spirito d’iniziativa e l’abnegazione nei confronti della propria città. “Immersi nella tormenta della storia, sempre alla ricerca dell’impossibile per trovare il possibile, affinchè le solitudini che annunciano la morte diventino vita, diventino delle donne e degli uomini veri per riprendersi il mondo”, così ebbe a scrivere Ritacco. Ed è stato anche per riconoscerne l’alto significato umano e morale che lo scorso 1 ottobre, con una nota trasmessa al presidente del consiglio comunale Filippo Bellanca ed al sindaco di Sciacca Vito Bono, i consiglieri comunali Giuseppe Ambrogio e Francesco Fiorino hanno richiesto che una via o una piazza del quartiere Perriera venga intitolata alla memoria di Antonio Ritacco. Antonio Ritacco è stato illustre e stimato uomo della città di Sciacca e considerata la valenza morale e l’impegno politico e sociale che ha profuso per l’intera comunità, con numerose iniziative ancora vive nei cuori di molti saccensi, si chiede a gran voce che ne venga perpetrato il ricordo. Ritacco è stato per anni presidente del Comitato Perriera che oggi porta il suo nome. Nato a Canicattì il 2 dicembre del 1928, si è trasferito nella città termale nel 1971 e per 28 anni, ossia fino al giorno della sua scomparsa avvenuta il 22 dicembre del 1999, la sua vita l’ha integralmente dedicata alla politica che per Ritacco era sinonimo di servizio, era sinonimo di impegno per gli altri, a totale disposizione del prossimo. Si è impegnato profusamente per tutti ed il 15 luglio 1994 fondò il primo comitato di quartiere, quello della Perriera, che da quel momento in poi non ha mai mancato di fare sentire la propria voce. Antonio Ritacco non si è mai accontentato di occuparsi delle vicende locali o del solo territorio agrigentino ma ha avuto per tutta la vita un quadro d’insieme molto più ampio che gli permetteva di comprendere appieno le dinamiche presenti e future della politica e della società italiana. Numerose le lettere inviate all’allora Presidente della Repubblica Scalfaro, tantissimi i convegni, i seminari di studi, le fiaccolate organizzate in nome della legalità, del rispetto del prossimo, della dignità del cittadino e, come non sottolineare, quelle promosse contro la mafia, sintomo di un animo cosciente e mai arreso alla banalità delle cose. Tre momenti significativi del suo impegno col comitato della Perriera sono stati sicuramente quelli per lo sblocco dei lavori della famosa Chiesa per la quale riuscì ad ottenere che si procedesse quantomeno alla sistemazione di una parte di essa, il completamento del liceo scientifico Enrico Fermi sito in via Parma e la creazione della Piazza intitolata ad Alessandro La Rosa. Ma non solo questo. Numerose le iniziative portate avanti in nome dell’intera collettività saccense, molti ricordano ancora l’impegno in favore delle aree verdi e dei giardini, oppure le sagre promosse o ancora la serata in onore del passaggio della cometa “Hale Bop” alla quale, ancora bambino, fui presente insieme con altri compagni di scuole ed ai miei familiari. Ritacco era una di quelle personalità forti ed emotivamente energiche che con la propria voglia di fare non solo sapeva coinvolgerti ma farti comprendere che tutto era possibile, bastava un po’ di impegno e serio lavoro di gruppo. E’ proprio dal suo esempio e da quello del Comitato Perriera che poi negli anni a venire sono sorti tutti gli altri comitati di quartiere che proseguono la sua opera. La particolarità di Antonio Ritacco era che non era solidale con le classi sociali più deboli solamente nelle ore di ufficio o durante le interviste ufficiali ma lo era sempre, ventiquattr’ore su ventiquattro ed a prescindere. Un modo di fare politica ed impegno sociale che si è perso al giorno d’oggi ed al quale si anela con malriposta nostalgia. Per questo ben vengano convegni come quello del prossimo venerdì poiché è sempre bene rinverdire la memoria dei più anziani e sollecitare lo spirito civico dei più giovani ai quali spetta il presente ed il futuro della città. I tempi cambiano, cambiano le persone, cambia il modo di rapportarsi con la gente, cambia il modo di fare politica, cambia tutto per non cambiare mai niente ma figure carismatiche come Antonio Ritacco la città di Sciacca, al momento, non ne ha più incontrate. Per questo Antonio ci manca. Ci manca tantissimo.

Calogero Parlapiano - tratto da "ControVoce"

domenica 20 dicembre 2009

sabato 19 dicembre 2009

Tempo scaduto. Tutte le riforme ferme al palo

di Marco Damilano

Gli scontri con Fini. Il pressing della Lega. L'incubo dei processi. Le elezioni regionali alle porte. E le grandi riforme promesse tutte ferme al palo. Ora perfino nel Pdl si pensa già al dopo Berlusconi L'Italia, giurava, diventerà in breve come la Francia: una Repubblica presidenziale. «Il presidenzialismo è la migliore formula costituzionale », sosteneva. Aggiungendo: «È una riforma essenziale se vogliamo fare del nostro Paese una democrazia moderna». Era il 20 dicembre 2008, sotto le volte di Villa Madama, affrescate da Giulio Romano, Silvio Berlusconi dettava in diretta televisiva i prossimi appuntamenti in agenda nel suo governo: immediata approvazione del disegno di legge sulle intercettazioni, riforma della giustizia, riforma delle pensioni, riforma del fisco («Tutto ciò che recupereremo nella lotta all'evasione fiscale sarà utilizzato per abbattere le tasse») e soprattutto la Grande Riforma: il presidenzialismo. «Da fare dopo il federalismo», puntualizzava il portavoce Paolo Bonaiuti. Con l'obiettivo ultimo di consentire il trasloco del Cavaliere da palazzo Chigi al Quirinale. A furor di popolo.

Dodici mesi dopo quel proclama alla tradizionale conferenza stampa di fine anno il bottino è a dir poco misero. Perfino la legge per limitare le intercettazioni, che in quell'elenco di provvedimenti mirabolanti sembrava quasi una formalità, è finita impaludata in qualche commissione del Senato, della sua necessità per il Paese e i cittadini nessuno per fortuna parla più. La maggioranza Pdl più Lega, che appariva una testuggine compatta, è paralizzata dai veti incrociati. E il Cavaliere assomiglia sempre più ad un altro inquilino di palazzo Chigi che arrivato all'età di 73 anni, giusto gli anni del premier, fu costretto a lasciare la guida del governo. Niente di più lontano, in apparenza, del Caimano di Arcore dal Divo Giulio Andreotti. Fragoroso Berlusconi, in punta di piedi il sette volte presidente del Consiglio. Animato da ottimismo indistruttibile e fiducia in se stesso Silvio, scettico sul genere umano fino al cinismo Giulio. Eppure, in questa fine 2009, le due figure si sovrappongono. Tutti e due tirati in ballo dai pentiti di mafia: con la differenza, però, che Andreotti si è difeso nei processi, mentre Berlusconi si preoccupa di come evitarli. Entrambi in rotta con la Casa Bianca e a braccetto con Gheddafi. Entrambi alle prese con una maggioranza rissosa e divisa: ieri il pentapartito, oggi il triumvirato Berlusconi-Fini- Bossi. Tutti e due con l'imperativo di durare fino all'elezione del nuovo presidente della Repubblica, carica cui aspirava Andreotti, e sappiamo com'è finita, e che Berlusconi considera naturale per sé, e si vedrà. «Braccato dai tribunali, non può governare l'Italia», ha concluso intanto il "Financial Times". Di certo, l'uomo del fare, l'imprenditore che detestava le lentezze della politica si è trasformato in un fedele osservante del primo comandamento andreottiano. Il tirare a campare.


Altro che grande riforma. Basta vedere l'ultimo giro di tavolo in commissione Bilancio alla Camera sulla legge finanziaria. Concluso con un maxi-emendamento di 250 commi e un elenco di micro-finanziamenti, dal benemerito museo del tattile di Ancona alle associazioni combattenti, da far rimpiangere gli assalti alla diligenza stile prima Repubblica. Con il centrodestra costretto, per l'ennesima volta, al voto di fiducia per evitare ulteriori stravolgimenti nell'aula di Montecitorio. E di misure strutturali neppure l'ombra.

L'Architettto delle nuove istituzioni che dovevano portare l'Italia nella modernità si è trasformato in un più modesto arredatore di microprovvedimenti.

Sulla giustizia, naturalmente. Leggi ad personam che vengono lanciate nelle aule parlamentari come automobiline in pista. Al Senato c'è il processo breve: nessuno pensa che sarà davvero approvato, nel caso ci ha pensato il presidente della Camera Gianfranco Fini a depennare dalla lista dei reati esclusi dal provvedimento quelli legati all'immigrazione clandestina che stavano a cuore alla Lega. Giusto, deve aver pensato l'avvocato del premier Niccolò Ghedini, già che ci siamo fissiamo tempi contingentati anche per mafia e terrorismo: e così le eventuali esigenze del premier sono assicurate, quelle della sicurezza nazionale possono attendere. Alla Camera, invece, arriverà il lodo Costa-Brigandì sul legittimo impedimento, per garantire un semestre bianco di processi sospesi per premier, ministri, sottosegretari e parlamentari, una norma ponte in attesa del nuovo lodo Alfano, rafforzato con la copertura costituzionale.

Una girandola che intaserà i lavori parlamentari. Messe in corsia preferenziale, da licenziare a tempo di marcia, le riformette della giustizia fanno finire in coda altre proposte che lo stesso centrodestra aveva considerato urgenti, anzi, urgentissime. Il testamento biologico, per esempio: il governo Berlusconi voleva introdurlo per decreto, fu Giorgio Napolitano a rifiutarsi di firmarlo. Fu sostituito da un disegno di legge da approvare, si promise la tragica notte della fine di Eluana Englaro, al massimo in due settimane. Fatto? Macché: tutto bloccato alla Camera, e sono passati oltre dieci mesi.

Tutta colpa degli alleati infidi, ragiona Berlusconi. Come il co-fondatore del Pdl Fini che, in onda o fuorionda, non perde occasione per mollare qualche calcetto al premier. Ma l'immobilismo non dipende dal presidente della Camera. Nel Pdl c'è una scena che si ripete: auto blu a palazzo Grazioli, Berlusconi che si fa giurare all'unanimità dai vertici del partito che il Capo è lui, nessun altro all'infuori di lui, ma senza prendere decisioni su nulla. E in assenza di direttive l'intendenza si divide. Finiti i tempi dei kit dei candidati, le navi azzurre, i manifesti sei per tre, i provini di telegenia per gli aspiranti consiglieri regionali, le campagne elettorali pianificate con mesi di anticipo. Lontanissima anche la stagione in cui Berlusconi decideva da solo, senza neppure una telefonata, il nome del futuro governatore della Sardegna, tal Ugo Capellacci, detto Ugo-chi?: eppure non sono passati molti mesi. Le elezioni regionali del 29 marzo sono alle porte e tutto è in ritardo: lo schema di gioco e le squadre da schierare. Nicola Cosentino candidato presidente in Campania? «Mi ritiro dalla corsa se me lo chiede il premier», ha ripetuto il sottosegretario all'Economia sotto inchiesta per camorra. Mentre Berlusconi rimandava indietro la palla: «Spetta a lui decidere». La Lega reclama le presidenze di Veneto e Piemonte? «Troveremo una soluzione», ha ribadito il Cavaliere, senza avvicinarsi alla meta. Anche perché il partito di Bossi non ha mai fatto mistero di puntare al colpaccio, la presidenza della Lombardia. Risultato: la paralisi totale, dal Piemonte alla Calabria, che comunque lascerà sul campo morti e feriti. Come già avviene in Sicilia: nella regione crocevia di tutte le storie, anche le più drammatiche come quelle vagheggiate dal pentito Gaspare Spatuzza, nell'isola che nelle elezioni del 2001 regalò a Berlusconi uno storico cappotto (61parlamentari per la destra, zero per il centrosinistra) il dopo-Silvio sta già iniziando, nella confusione più totale.

Con il governatore Raffaele Lombardo che prova a spaccare il Pdl e fare una nuova giunta con chi ci sta: «Se si rivotasse subito Berlusconi avrebbe ancora la forza di schiacciarmi. Ma se resisto un altro anno sarò io a schiacciare lui». È il calcolo che fanno in tanti: amici, alleati, poteri forti, Chiesa. I molti soggetti che scrutano il tramonto del berlusconismo, che potrebbe anche rivelarsi molto lungo e sicuramente tempestoso. Gli unici a non aver ancora messo a fuoco una strategia per il dopo-Berlusconi sono i dirigenti del Pd: timorosi che il sistema finisca per crollare addosso a loro, come il Muro di Berlino. E non lo mette nel conto, ovviamente, il Cavaliere che ha affinato un'abilità straordinaria a fare leva sui guai per risalire: lo tirano in ballo nelle deposizioni su mafia e stragi e lui ne approfitta per ricompattare le truppe e giocare la carta preferita, il vittimismo. Il calendario di fine 2009- inizio 2010 è inzeppato di viaggi all'estero e prestazioni straordinarie, come il Natale tra i terremotati a Onna. Buone per far passare il tempo. Esorcismo necessario per il Cavaliere andreottizzato che tira a campare. In attesa della scadenza.

venerdì 18 dicembre 2009

OGGI ORE 20 AULA MAGNA LICEO CLASSICO SCIACCA, INFORMAZIONE LIBERA CON SALVATORE BORSELLINO, SONIA ALFANO E GIOACCHINO GENCHI

Venerdì 18 Dicembre 2009, Ore 20:00
Aula magna del Liceo Classico “T. Fazello” di Sciacca

Tema: “Politica, mafia e corruzione. L’impegno delle Istituzioni per combatterne l’interazione”.
Ospiti:

- SALVATORE BORSELLINO, fratello di Paolo Borsellino, instancabile voce di denuncia contro la criminalità organizzata, il malgoverno e le collusioni tra politica e mafia;
- GIOACCHINO GENCHI, consulente informatico che ha collaborato alle inchieste antimafia di molte procure e magistrati tra cui Giovanni Falcone e Luigi De Magistris;
- SONIA ALFANO, europarlamentare di IDV, figlia di Beppe Alfano giornalista ucciso dalla mafia, esempio di impegno contro il malaffare mafioso.
Moderatore: Giandomenico Pumilia .

giovedì 17 dicembre 2009

La statuetta (comunista) del Duomo di Milano

di Gloria Esposito

Mai gesto fu più tempestivo. Pensavamo che il premier avesse i giorni contati, che tra profumo di mafia, escort e uscite contro la Costituzione tali da giustificare moniti di Napolitano e blocco compatto delle opposizioni, fosse ormai finito il suo corso.

E invece eccolo rinascere come la fenice dalle proprie ceneri, grazie ad una statuetta e al gesto inconsulto di tal Massimo Tartaglia, incensurato, in cura da 10 anni per malattia mentale, che con un colpo ha provocato il sanguinamento della faccia del premier, alla fine del comizio in piazza del Duomo dove Berlusconi ha lanciato il tesseramento del Pdl.

“Questo è il frutto di chi ha voluto seminare zizzania” dice il presidente del consiglio al pronto soccorso. Immediatamente arrivano anche le dichiarazioni del capo dello stato Napolitano che “condanna il grave e inconsulto gesto”, di Gianfranco Fini che “esprime solidarietà”, di Bossi che definisce l’accaduto “un atto di terrorismo”, mentre per La Russa “quando si fanno le manifestazioni non per un partito ma contro una persona e si incita all’odio questo è il risultato”, anche se il nesso al popolo del No B Day chiaramente sfugge.

L’unica voce fuori dal coro è Di Pietro che dice: "Io non voglio che ci si mai violenza, ma Berlusconi con i suoi comportamenti e il suo menefreghismo istiga alla violenza".
Analizzando la situazione però bisogna tener chiare le responsabilità: Tartaglia è stato arrestato, il gesto è stato condannato con forza da tutti, ma in fin dei conti chi strumentalizza l’accaduto è proprio Berlusconi e la maggioranza che prendono la palla al balzo per accusare più o meno implicitamente i manifestanti del No Berlusconi Day (pacifici) e in generale chi ha delle riserve rispetto al metodo di governo dei berluscones. La solidarietà è importante e ci deve essere, ma non si capisce perché mai a servire l’assist al premier ci sia sempre un cosiddetto “comunista”.

mercoledì 16 dicembre 2009

"Il Processo breve è anticostituzionale. E' amnistia"

Il ddl sul processo breve "è in contrasto con più principi costituzionali ed è un'amnistia per reati "di considerevole gravità", a cominciare dalla corruzione. Con queste motivazioni il plenum del Csm ha approvato a larga maggioranza il parere della sesta Commissione che, di fatto, ha bocciato il disegno di legge del governo dopo quasi cinque ore di dibattito.

L'approvazione è avvenuta nel corso di una seduta straordinaria. Contrari i laici del Pdl; a favore hanno votato invece i togati di tutte le correnti, i laici del centro-sinistra, il vice presidente Nicola Mancino. Il parere ha messo in luce misure "dannosissime" che rischiano di avere per la giustizia l'effetto di uno "tsunami".

La relazione che Palazzo dei Marescialli invierà al ministro della Giustizia contiene numerose critiche, alcune molto dure, all'impianto della norma che, secondo i consiglieri, non solo avrà l'effetto di un'"inedita amnistia processuale" per reati di "considerevole gravità", a cominciare dalla corruzione e dai maltrattamenti in famiglia, e rischia di portare alla "paralisi" l'intera attività giudiziaria.

Ma il ddl sul processo breve determinerà anche "un incremento dei danni finanziari a carico dello Stato". La critica di fondo è che introducendo termini perentori per la conclusione di ognuno dei tre gradi di giudizio (due anni ciascuno, sei in tutto), al di fuori di "un'ampia riforma di sistema e di misure strutturali organizzative", di fatto si renderà "impossibile l'accertamento" della fondatezza dell'accusa "per intere categorie di reati", che è invece la "primaria finalità "di ogni processo. Ecco i principali rilievi di Palazzo dei Marescialli:

Incostituzionalità. Il ddl "non appare in linea con l'articolo 111" (giusto processo), nè con l'articolo 24 (diritto alla difesa) visto che "privilegia il rispetto della rapidità formale" ma non garantisce "che il processo si concluda con una decisione di merito". E non è tutto: "depotenzia lo strumento processuale e irragionevolmente sacrifica i diritti delle parti offese" attraverso il quale lo Stato esercita la "pretesa punitiva".

Rischio amnistia sopratutto per corruzione. Si "rischia di impedire del tutto l'accertamento giudiziario" e dunque di "vanificare la lotta alla corruzione", visto che questo reato - che tra l'altro "incide anche sull'affidabilità economica del Paese è già stato pesantemente condizionato dai nuovi termini di prescrizione" previsti dalla ex Cirielli. Ma c'è di più: il ddl è in "netto contrasto con i principi sanciti dalla Convenzione dell'Onu contro la corruzione".

Irragionevole disparità di trattamento. Il Csm ne segnala più d'una, come la scelta di "riservare le nuove disposizioni al solo giudizio di primo grado": così si riconosce "ad una categoria di imputati e di parti civili, casualmente identificati il diritto alla celerità processuale che dovrebbe essere, viceversa, garantito a tutti". "Irragionevole e discriminatoria" è anche l'esclusione dei recidivi, che oltretutto porterà a "un'assurda proliferazione dei processi, capace da sola, di favorire la paralisi dell'attività giudiziaria". "Discutibile", inoltre, la "parificazione fra le ipotesi di delitto punite assai gravemente con le contravvenzioni in materia di immigrazione".

Maggiori danni finanziari per lo Stato. Il ddl determinerà il loro "significativo aumento" visto che farà "lievitare" le domande di indennizzo previste dalla Legge Pinto, quando la giustizia è troppo lenta, riducendo da tre a due anni il termine utile per la celebrazione dei processi e non si accompagna alcuna specifica previsione di spesa, come imporrebbe l'art 81 della Costituzione.

Mancino. "Anziché avere certezze, abbiamo l'estinzione dei diritti, non la certezza della pena", ha sottolineato il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, spiegando il suo voto favorevole al parere. "Ho l'impressione - ha aggiunto Mancino - che anziché avere un'accelerazione, alla fine ci sarà un allungamento dei tempi dei processi, la loro estinzione e la riproduzione di conseguenze in campo civile con un ulteriore aggravio". Il numero due di Palazzo dei Marescialli, inoltre, ha ribadito che il Csm "non ha poteri di bocciatura: trasmetteremo il parere al ministro che può farne l'uso che vuole. Ma mi chiedo: chi ha paura dei pareri?". (La Repubblica)

martedì 15 dicembre 2009

DOMANI ORE 17,30 CINE CAMPIDOGLIO A SCIACCA: MARCO TRAVAGLIO. INFORMAZIONE LIBERA. NON MANCATE

L’associazione di promozione sociale L’ALTRASCIACCA, l’associazione culturale CAFE’ ORQUIDEA ed il Liceo Classico “T. Fazello” di Sciacca organizzano una serie di incontri denominata

“INFORMAZIONE LIBERA CONTRO TUTTE LE MAFIE – Tre incontri per informare, lottare e non dimenticare”.

Si tratta di tre serate che, incentrando tutto sul tema attualissimo della libertà di informazione, hanno la finalità di promuovere la lotta contro la mafia e contro l’omertà, la diffusione della cultura della legalità e la valorizzazione dell’immenso patrimonio morale che Uomini divenuti Eroi ci hanno lasciato in eredità. Vista l’attualità dei temi trattati ed il loro grande valore educativo sociale, particolarmente significativa risulta la collaborazione con la scuola col conseguente coinvolgimento dei giovani che ci auguriamo partecipino numerosi. Gli ospiti sono di tutto riguardo: Marco Travaglio, Sonia Alfano, Salvatore Borsellino, Gioacchino Genchi, Benny Calasanzio, Pino Maniaci e Ignazio Cutrò.

Gli incontri saranno gratuiti ed aperti al pubblico e si svolgeranno il 12, il 16 ed il 18 Dicembre prossimi presso l’Aula Magna del Liceo Classico “T. Fazello” di Sciacca e presso la Multi sala del Cine Campidoglio, che ha collaborato all’organizzazione dell’evento. Tra i partners figurano anche le emittenti locali RMK e TRS, la Trattoria “Al Faro” ed il B&B Fazio.

Gli eventi saranno anche trasmessi in diretta streaming sulle webtv dei siti:
www.laltrasciacca.it
www.sciaccacinema.it

Mercoledì 16 Dicembre 2009, Ore 17:00
Multisala Cine Campidoglio di Sciacca

Tema: “La libertà di stampa in Italia. Le ingerenze politiche e le ingerenze mafiose”.

Ospite: MARCO TRAVAGLIO, giornalista e scrittore, impegnato da sempre nella difesa della libertà di stampa in Italia;

Moderatore: Alberto Montalbano.


Sciacca? Meglio Menfi.

Cos’è Sciacca? Una città vicino Menfi. Non è una provocazione e nemmeno un modo per dimostrare ancora una volta il poco attaccamento, campanilistico o meno, alla nostra terra ma la pura e cruda verità. Sciacca, in provincia di Menfi, è la naturale conseguenza di una politica che poco ha investito sulla crescita e sullo sviluppo della città e del territorio e che invece, di contro, molto ha puntato sul confronto-scontro politico e sulla necessità di vivere perennemente in campagna elettorale. Anche quando le elezioni si sono concluse da poco, come nel nostro caso. A Menfi si sono inventati il “Menfish”, manifestazione atta alla promozione del pesce e del mare del vicino centro, a Menfi stanno riscoprendo, rivalutando, sistemando e migliorando aree balneari di sicuro impatto turistico come Porto Palo e Lido Fiori, da tempo immemore ricevono la bandiera blu per la limpidezza e la lucentezza delle acque del mare, stanno ripristinando numerose arterie stradali, il centro storico è un cantiere aperto, nel senso più positivo del termine, l’area Pip a breve vedrà conclusi interessanti lavori di rifacimento fognario e stradale. Insomma una città in crescita, dove l’apertura di nuovi cantieri rappresenta un toccasana per lo sviluppo del piccolo comune dell’agrigentino. E che dire della battaglia che il sindaco Michele Botta sta portando avanti in materia di difesa dell’acqua pubblica? Menfi è considerato uno dei comuni capofila in questa battaglia e questo fa ulteriore onore a Botta che, seppur esponente del Pdl, non ha esitato e non esita e difendere i propri cittadini e le esigenze del proprio territorio, anche contro le decisioni che, a livello nazionale, prende il suo stesso partito. Questo significa difendere le risorse, questo significa fare gli interessi della propria comunità e di questo va dato atto. Nel giro di pochi mesi poi Sciacca rischia di essere considerata anche una città vicina a Montevago. Perché? Se salta, come pare, l’edizione 2010 del Carnevale nostrano, non resterà che recarsi nel piccolo centro belicino dove da alcuni anni stanno scoprendo questa festa, seppure organizzata naturalmente in piccolo e distante dai fasti a cui noi siamo abituati. Già possiamo immaginare le auto di migliaia di saccensi recarsi a febbraio a Montevago, per trovare lì lo spirito originario di una festa che forse noi stiamo perdendo, troppo presi dalle logiche del business e delle maestranze. Anche in questo caso ottima l’amministrazione del sindaco Barrile, dai metodi spiccioli ma molto efficaci. E Sciacca? Dove stiamo andando a finire? E’ possibile che stiamo riuscendo a perdere tutto quello che gli altri, fino a poco tempo fa, ci invidiavano? Dopo le Terme anche il Carnevale? Dopo la Marineria, anche il nostro settore agricolo? Chi e cosa stiamo sbagliando? Viviamo in una città invidiabile, baciata da tantissime bellezze e benedetta dalla Natura, eppure più il tempo passa e più le vediamo far compiere passi indietro. E non centra questa o quella classe dirigente, qua hanno fallito. Tutti. E da almeno venti anni a questa parte. Basta con la solita solfa delle congiunture economiche negative, delle casse comunali sempre più vuote, del federalismo fiscale: volere è potere si era soliti dire una volta. Come fanno gli altri allora? Come fanno quei comuni, piccoli, spesso sconosciuti al mondo, spesso sprovvisti di tutta la quantità di bellezze che noi possediamo, a sopravvivere? Piccoli centri che se hanno una sola risorsa riescono a vivere e ad essere conosciuti in Italia solamente per quella, fino a farne una primizia, un fiore all’occhiello. Le contraddizioni di questa terra di Sicilia. Quante bellezze umane e naturali stiamo sciupando a Sciacca? Quanta poca voglia di mettersi in gioco e di rischiare? Quante chiacchiere inutili vengono fatte dentro e fuori i sacri scranni dell’aula consiliare. Tutte ottime persone ben inteso, gente onesta, gentile ed alla mano. Ma serve di più, serve puntare sul territorio, serve investire sui giovani, serve intercettare fondi europei e regionali, servono nuove idee e nuovi progetti, servono competenze e professionalità spiccate, serve coraggio. Altrimenti meglio mettersi l’anima in pace e finirla con la barzelletta che Sciacca è una città turistica. Meglio guardare in faccia la realtà e cominciare a costruire tutto daccapo, con nuovi stimoli e con nuova lena. Parafrasando le parole del Vescovo di Agrigento Francesco Montenegro, possiamo affermare anche noi che Sciacca “non merita politici mediocri” e che “la crescita della società dipende da tutti: politica, chiesa e laici”. Facciamo in modo che tutto questo torni ad essere possibile. Ed in fretta.

Calogero Parlapiano - tratto da "ControVoce"

lunedì 14 dicembre 2009

Informazione Libera

Informazione Libera contro tutte le mafia, tre incontri per informare, lottare e non dimenticare. Sarà questo il filo conduttore di tre appuntamenti molto importanti per parlare di mafia, antimafia, lotta alla legalità nonché delle ultime vicende giudiziarie che hanno coinvolto la Sicilia e l’Italia intera.
Gli incontri sono stati organizzati dall’associazione di promozione sociale L’AltraSciacca, dal Cafè Orquidea e dal Liceo Classico Tommaso Fazello di Sciacca.
Il primo incontro, che avrà come tematica “Giornalismo e Antimafia: il coraggio di denunciare e la voglia di lottare” e sarà moderato da Calogero Parlapiano, si terrà sabato 12 dicembre alle 18 presso l’aula magna del locale liceo classico ed avrà come protagonisti Benny Calasanzio, giornalista, blogger e scrittore, attivamente impegnato a contrastare la mafia ed i politici che la favoreggiano, testimone in prima persona di vili attentati mafiosi che hanno colpito anche la sua famiglia ed autore del libro “Disonorevoli Nostrani”, pubblicato due anni fa. Ci saranno inoltre Pino Maniaci, giornalista e direttore dell'emittente locale Telejato, vittima più volte di minacce per la sue denunce antimafiose e protagonisti pochi mesi di una vicenda che ha del grottesco: accusato di praticare in maniera abusiva la professione di giornalista. Presente anche l’imprenditore di Bivona Ignazio Cutrò che ha coraggiosamente denunciato il racket subendone le violente ritorsioni, minacce e danni materiali e morali.
“Sono passati quasi 10 anni da quell’ottobre del 1999: il primo attentato intimidatorio, dice l’imprenditore, l’incendio ad una pala meccanica sconvolse la mia vita e quella dei miei familiari. Necessariamente sono state cambiate le nostre abitudini e tutto ciò che prima veniva vissuto nella sua normalità ha ora acquistato un sapore diverso”. Cutrò è ora in difficoltà economiche e spera di ottenere un sostegno con i fondi destinati alle vittime del racket. Gli attentati che lo hanno maggiormente danneggiato economicamente sono stati quelli di maggio e novembre 2006: il primo a Ribera, dove aveva vinto una gara d’appalto all’Esa di Palermo, gli ha bruciato tutte le tubature che aveva acquistato per la sistemazione di una condotta idrica, il secondo a Santo Stefano Quisquina gli ha distrutto due camion ed una pala meccanica. “Si può provare a recuperare il danno economico e patrimoniale, ha aggiunto Cutrò che nonostante le difficoltà è deciso a non abbandonare il suo paese, ma è più difficile riconquistare la serenità psicologica in famiglia”. L’imprenditore ringrazia pubblicamente i carabinieri di Cammarata, la Prefettura di Agrigento e Confindustria per l’aiuto donatogli. “Non posso dire lo stesso sull’amministrazione comunale di Bivona , ha però detto con rammarico Cutrò , nessun segno, mai un messaggio di solidarietà”. Giovanni Panepinto, sindaco di Bivona, ha replicato di aver incontrato l’imprenditore per sentire la sua storia prima che fosse eletto primo cittadino e di aver mantenuto la promessa di andare dal Prefetto per far presente la situazione. Una situazione difficile, una famiglia, quella di Cutrò, che sembra essere sempre più isolata dal resto del mondo, un’isola invasa solamente dai carabinieri che garantiscono la scorta diurna all’imprenditore.
Il secondo importante incontro invece avrà come protagonista il noto giornalista e scrittore Marco Travaglio. L’appuntamento in questo caso è per mercoledì 16 dicembre alle ore 17,30 presso il Cine Campidoglio di Sciacca che per l’occasione metterà a disposizione entrambe le sale cercando di prevenire in tal senso la grande affluenza di persone attesa dagli organizzatori.
“La libertà di stampa in Italia: Le ingerenze politiche e le ingerenze mafiose.” Questo sarà il motivo dominante dell’incontro che sarà moderato da Alberto Montalbano.
Marco Travaglio non ha bisogno di ulteriori presentazioni, si tratta di un personaggio molto conosciuto, ospite fisso ad “Annozero”, il programma televisivo di Rai2 condotto da Michele Santoro ed è noto per la precisione dei dettagli con i quali illustra i propri convincimenti. Da pochi mesi ha cominciato, insieme ad altri giornalisti, l’avventura editoriale de “Il Fatto”, un nuovo quotidiano che cerca di fare chiarezza sui principali fatti politici e non solo del momento.
Il terzo ed ultimo incontro invece è previsto per venerdì 18 dicembre alle ore 20 e si terrà nuovamente presso l’aula magna del liceo classico saccense.
“Politica, mafia e corruzione. L'impegno delle Istituzioni per combatterne l'interazione” questo l’oggetto di dibattito per un appuntamento che sarà sicuramente altrettanto interessante. Saranno presenti: Salvatore Borsellino, fratello di Paolo Borsellino, instancabile voce di denuncia contro la criminalità organizzata, il malgoverno e le collusioni tra politica e mafia, promotore del movimento che chiede da tempo chiarezza sulla scomparsa della famosa Agenda Rossa dove il giudice appuntava tutte le novità delle proprie indagini; Gioacchino Genchi, consulente informatico che ha collaborato alle inchieste antimafia di molte procure e magistrati tra cui Giovanni Falcone e Luigi De Magistris, ultimamente tornato agli onori della ribalta per le sue dichiarazioni secondo le quali gli arresti di Nicchi e Fidanzati sarebbero pure manovre politiche da cui i veri poliziotti si sarebbero dissociati; Sonia Alfano, europarlamentare di IDV, figlia di Beppe Alfano giornalista ucciso dalla mafia, esempio di impegno contro il malaffare mafioso.
Quest’ultimo incontro sarà moderato da Giandomenico Pumilia.
Personalità illustri, sentimenti civili e morali di cui la nostra terra di Sicilia e la città di Sciacca hanno bisogno più che mai ed appuntamenti che si preannunciano il vero fiore all’occhiello delle manifestazioni natalizie saccensi. Non solo giochi, non solo canzoni tradizionali ma anche un Natale all’insegna della legalità, dell’informazione libera e della giustizia.
Inutile dire che tutta la cittadinanza è invitata a partecipare ed a prendere maggiore coscienza di “fenomeni” per i quali molti eroi hanno dato la vita e con i quali siamo tutti costretti a vivere. Ancora oggi.

Calogero Parlapiano - tratto da "ControVoce"

domenica 13 dicembre 2009

Ad Ogni Costo

Guarda che lo so...che gli occhi che hai...

Buon ascolto e buona domenica a tutti... sempre Ad Ogni Costo

sabato 12 dicembre 2009

Giornalismo e Antimafia: oggi a Sciacca Calasanzio, Cutrò e Maniaci. Ore 18, Aula Magna Liceo Classico. Non mancate


Sabato 12 Dicembre 2009, Ore 18:00
presso: Aula magna Liceo Classico Tommaso Fazello di Sciacca

Tema: "Giornalismo e antimafia: Il coraggio di denunciare e la voglia di lottare".

Ospiti:
BENNY CALASANZIO, giornalista e blogger, attivamente impegnato a contrastare la mafia e a promuovere la cultura della legalità;
PINO MANIACI, giornalista e direttore dell'emittente locale TELEJATO, vittima più volte di minacce per la sue denunce antimafiose;
IGNAZIO CUTRO', imprenditore di Bivona che ha coraggiosamente denunciato il racket subendone le violente ritorsioni.

modera: Calogero Parlapiano


venerdì 11 dicembre 2009

Dissociazione esterna di tipo mafioso

di Andrea Intonti

«Se è vero, com'è vero, che una delle cause principali, se non la principale, dell'attuale strapotere della criminalità mafiosa risiede negli inquietanti suoi rapporti col mondo della politica e con centri di potere extra-istituzionale, potrebbe sorgere il sospetto, nella perdurante inerzia nell'affrontare i problemi del pentitismo, che in realtà non si voglia far luce sui troppi, inquietanti misteri di matrice politico-mafiosa per evitare di rimanervi coinvolti». Scriveva Giovanni Falcone negli anni '80.

Sono passati circa 20 anni, ma questa frase potrebbe essere una dichiarazione di qualche procuratore antimafia di oggi, A.D. 2009.

La “stagione dell'anti-mafia” si è riaperta. È ormai evidente a tutti che riprendere in mano i fascicoli della strategia terroristica portata avanti dalla mafia nella stagione 1992-1993 vuol dire rispondere a quella domanda che per troppi anni è rimasta inevasa: Chi è stato (o chi sono stati) i mandanti delle stragi che hanno tolto la vita a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Rocco Chinnici e gli uomini della scorta? Chi c'è dietro alle stragi dei Georgofili e del “filone 1993”?

Torino, 4 dicembre 2009 - Mediaticamente sembra di essere tornati ai tempi del maxi-processo, invece siamo solo all'interrogatorio di Gaspare Spatuzza, collaboratore di giustizia e grande accusatore di Marcello Dell'Utri, presente in aula, e Silvio Berlusconi di essere gli uomini della mafia nelle istituzioni. “La mia missione e' quella di ridare verita' alla storia e giustizia a tutti quei morti, se ho messo la mia vita al servizio del male non vedo perche' non devo farlo a servizio del bene.” dice ad un certo punto Spatuzza, in quella che, probabilmente, sarà la “frase-manifesto” per impacchettare sui media la deposizione.

Chi è Gaspare Spatuzza.

Gaspare Spatuzza nasce l'8 Aprile 1964 a Palermo. Soprannominato “'U Tignusu” (il calvo in siciliano), fa parte del mandamento di Brancaccio, famiglia Graviano. “Corrente” - se così si può dire – corleonese. È talmente fedele Spatuzza – d'altronde il giuramento che ogni picciotto fa per entrare in una famiglia recita “che io possa bruciare vivo se tradirò” non per caso – che chiama Giuseppe Graviano “Madre Natura”. È accusato – cosa che ribadisce durante la testimonianza – di 6-7 stragi e circa una quarantina di omicidi. Lo dice così, come se stesse facendo la lista della spesa. A lui si devono l'omicidio di Don Puglisi; lo scioglimento nell'acido del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di Santino, anch'egli passato dal “lato buono della forza”; è lui che imbottisce di tritolo la fiat 126 in via D'Amelio che tolse la vita al giudice Paolo Borsellino ed alla sua scorta nonché la “campagna” del 1993 dove si colpì o, quanto meno, si tentò di colpire la Torre dei Pulci a Firenze(27 maggio 1993); via Palestro a Milano (27 luglio) nell'ambito della campagna stragista contro il patrimonio artistico e a Roma, quartiere Parioli, dove si tenta – non riuscendoci – di colpire il giornalista (iscritto alla P2, tessera 1819) Maurizio Costanzo, che a quel tempo si occupava di mafia. Poi evidentemente capì che tra i due a ringhiare di più era Cosa Nostra, e decise di darsi a ben più leggeri ambiti. Ma questa è un'altra storia...

Spatuzza, come riferisce egli stesso nelle prime battute del dibattimento, ha fatto parte dell'associazione terroristico-mafiosa Cosa Nostra dagli anni '80 fino agli inizi del nuovo millennio, quando, in carcere ad Ascoli Piceno, inizia un percorso spirituale che lo porterà alla redenzione e, quindi, al pentimento. Dice proprio così: associazione terroristico-mafiosa, aggiungendo un piccolo-grande dettaglio alla domanda del pm, che gli aveva semplicemente chiesto se avesse mai fatto parte dell'associazione mafiosa denominata Cosa Nostra. Qui forse il primo punto di “distacco” tra il vecchio Spatuzza, il super-killer, e lo Spatuzza di oggi, quello “dall'anima pia” se così si può dire. Perché nella deposizione sembra chiaro, o quanto meno a me è sembrato così, un volersi distanziare da quell'epoca stragista che stava “portando morti che non ci appartenevano”, come più volte dice. Sembra essere profondamente colpito, tanto da ripeterlo in più di un'occasione, dalla morte della piccola Nadia Nencioni (9 anni) nella strage ai Georgofili. “Quei morti che non ci appartengono”, come a voler dire che la tecnica stragista non era la tecnica usata di solito da Cosa Nostra, ma che doveva essere usata, come se non avessero altra scelta.

Dice Spatuzza:

« A fine '93 avviene un incontro a Roma, al bar Doney in via Veneto, tra me, Cosimo Lo Nigro e Giuseppe Graviano, che ci spiega che dobbiamo uccidere un bel po' di carabinieri a Roma. Io dissi che questa storia ci faceva portare morti che non ci appartenevano, in riferimento ai morti di Milano, di Firenze tra cui la bambina, quindi era qualche cosa che non ci apparteneva questo terrorismo. Graviano disse che era un bene, così chi si doveva muovere si dava una smossa».

Chi fosse però questa fantomatica entità che si doveva dare una smossa rimane ancora uno dei tanti omissis che Spatuzza si gioca nel corso del suo percorso di pentimento.

Perché Spatuzza, pur non avendo una grande istruzione a livello scolastico non è il tipico scemo del villaggio. Come non lo è nessun affiliato alle organizzazioni di stampo mafioso, basti guardare la difficoltà con cui gli esperti stanno tentando di decifrare il “codice Provenzano”, quello con cui zu Binnu ha continuato a comandare da latitante dalla cascina di Pian dei Cavalli (praticamente a casa sua...). E pensare che Provenzano non ha neanche finito la seconda elementare. Ma anche questa è un'altra storia...

Perché in questi giorni è balzato agli onori della cronaca.

Una volta forse lo si sarebbe definito un “super-teste”, uno di quei soggetti capaci di spostare gli equilibri in un processo. Oggi non so se si possa definire tale, ma sicuramente in questo momento Spatuzza e Massimo Ciancimino – figlio del “leggendario” ex sindaco di , il democristiano don Vito – sono i due grandi accusatori di Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi quali mandanti di quella stagione stragista, nonché di essere i referenti diretti – Dell'Utri più di Berlusconi in questo caso, vista la sua vicinanza accertata con i fratelli Graviano – della mafia nelle istituzioni. Ed il popolo italico, quello per cui “la mafia non esiste o al massimo è un problema dei siciliani”, ha conosciuto Spatuzza proprio nell'ambito del processo che vede il senatore Dell'Utri (che continua a sedere a Palazzo Madama, ma tanto tra nani, ballerine, voltagabbana e saltimbanchi di vario genere un mafioso forse è tra le personalità più “normali” a sedere sugli scranni parlamentari...) accusato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso. Se sia veramente colpevole di ciò non lo so – c'è sempre quella vecchia massima che durante il dibattimento l'imputato è ancora innocente – ma considerando che nell'aria c'è il tentativo di cancellare questo tipo di reato la cosa mi fa propendere verso una risposta affermativa...

Cosa può succedere dopo le sue dichiarazioni.

Per capire la vera portata delle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza dobbiamo allargare il nostro obiettivo, e porlo nella più ampia ottica dei processi che riguardano sia il premier che il suo braccio destro Dell'Utri. Il processo aperto nei confronti di quest'ultimo, quello per cui c'è stato ieri l'interrogatorio a Spatuzza, è arrivato al secondo grado di giudizio, dopo la condanna arrivata in primo grado e che si basava sulle accuse di Antonino Giuffré – vice di Totò Riina ai tempi del “governo corleonese” ed oggi considerato tra i più importanti pentiti di mafia italiani – che, come hanno scritto i giudici di Firenze, ha avvalorato la tesi di partenza secondo cui Forza Italia fosse in qualche modo referente (o deferente?) della mafia nelle istituzioni.

C'è chi, sui media tradizionali, ha iniziato a dire che il “teorema Spatuzza” - parafrasando un ben più noto e destabilizzante teorema, quello di don Masino Buscettacon cui si scoprì come funzionava gerarchicamente Cosa Nostra – in realtà non sia così importante, perché non dice niente di nuovo. Ma si sa che non sempre, con la mafia, quel che esce dalla bocca di un mafioso è la cosa più importante. Perché se Spatuzza parla, se Antonino Giuffré collabora, se tutti questi pentiti iniziano a “dissociarsi” (cioè ad allontanarsi dal loro passato sporco di sangue) qualcosa di molto importante c'è, a saperlo – e volerlo – leggere. Perché una volta, quando ti dissociavi, finivi ammazzato. In un modo o nell'altro. Oggi invece la strategia della Cupola, la strategia dei grandi capi – oggi quasi tutti in carcere, ad eccezione di Matteo Messina Denaro, capo eletto più dai media che non dai picciotti – è esattamente all'opposto. Oggi i pentiti sono visti di buon occhio, sono rispettati. Se si pensa che Giovanni Bontate (insieme al fratello Stefano capo-mandamento a Croceverde e fautore dell'avvento dei corleonesi alla guida della cupola) per il solo fatto di aver usato un “noi” in tribunale e quindi per aver così ammesso per la prima volta l'ipotesi di una associazione di tipo mafioso venne ucciso non appena libero, si capisce perfettamente questo mutamento di strategia.

Perché la mafia stia scaricando Berlusconi e Dell'Utri non si sa. Ci si può ragionare sopra però: perché se analizziamo un po' la storia della mafia – legata a doppio filo alla storia di questo paese – forse riusciamo a capire qualcosa in più. Prima c'era la Democrazia Cristiana, di cui Don Vito Ciancimino era il raccordo in Sicilia con Cosa Nostra (e questo ormai non è più un dato di cronaca ma un fatto storico) e Andreotti, almeno stando alle sentenze giudiziarie che lo assolvono per il periodo post-1980 (e quindi lo dichiarano colpevole per il periodo antecedente, più o meno fino al governo Andreotti V) a rappresentare il volto di Cosa Nostra nelle istituzioni. Ma abbiamo imparato ormai che “la Piovra” - com'era soprannominata in quegli anni – è sempre attenta a come gira il vento. Passata l'epopea democristiana, gli occhi di Cosa Nostra, così come ha riferito nei giorni scorsi Massimo Ciancimino, si posarono su Milano, precisamente sulla EdilNord S.a.s. di un giovane imprenditore milanese che a quel tempo iniziava la sua attività e che – cosa decisamente strana – si ritrovava già alle spalle una banca ed una finanziaria (la Finanzierungesellschaft fùr Residenzen Ag, di cui nessuno conoscerà mai i reali proprietari; la banca invece è la “famosa” Banca Rasini che – come ebbe a dire addirittura Michele Sindona – era la banca d'appoggio della mafia nel continente). Il suo nome è Silvio Berlusconi, che in quegli anni stava costruendo il “sogno” Milano 2, gettando le basi per quello che poi diverrà il suo impero.

“La mafia vuole far cadere il governo”, ha sostenuto in una delirante dichiarazione Marcello Dell'Utri. Se abbia tutte queste pretese Cosa Nostra non saprei dirlo, anche perché bisognerebbe ragionare su quale cavallo avrebbe scelto per la prossima corsa. Però, una cosa è certa: tra i finanziatori della EdilNord c'erano Antonio Buscemi del mandamento di Passo di Rigano-Boccadifalco e Franco Bonura, dell'Uditore. Tra banche mafiose, finanziatori vicini a Cosa Nostra e finanziarie dalla proprietà fantasma bisogna ammettere la bravura di Berlusconi nello scegliersi chi a quel tempo gli dava i soldi...

Ed a proposito di soldi – o comunque di “rapporti economici” tra mafia e Stato – in questi giorni si sta apportando, nel silenzio generale ormai divenuto norma, la distruzione di una delle leggi di natura civile più importante di questo paese:
Vendere i beni confiscati alla mafia vuol dire una cosa sola: che lo Stato italiano, sia quello marcio e amico dei mafiosi, sia quello onesto (perché, nonostante lo si veda poco, esiste anche uno Stato onesto...) si è arreso alle volontà della mafia. Non è solo una resa economica e politica. È prima di tutto una resa di carattere culturale. Perché non è più la mafia che deve pagare il conto, ma è lo Stato che paga il conto alla mafia. Ma questa è un'altra storia...

http://www.reportonline.it/2009120538895/politica/dissociazione-esterna-di-tipo-mafioso.html

giovedì 10 dicembre 2009

Penalisti sul piede di guerra... No al Processo Breve

Sì alla durata ragionevole del processo, ma non certo nei modi previsti dal ddl su quello breve, che ha contenuti talmente deficitarii da portare i penalisti italiani a dichiarare lo stato di agitazione e a minacciare un'astensione dalle Udienze. E' la dura presa di posizione dell'Unione Camere Penali, che ha convocato d'urgenza il consiglio nazionale per decidere che condotta tenere nei confronti della nuova iniziativa giudiziaria della maggioranza.

INDAGINI PRELIMINARI - «Il disegno di legge sul processo breve - dicono i penalisti guidati da Oreste Dominioni - ignora completamente che la durata indeterminata delle indagini preliminari è la ragione prima della violazione del principio di ragionevole durata; una riforma che vuol essere efficace in questo senso dovrebbe assicurare un giudice capace di garantire un forte controllo giurisdizionale sull'attività del pubblico ministero in particolare sul rispetto della disciplina dei tempi delle indagini preliminari».

NECESSARIE RISORSE - «Inoltre - è la tesi degli avvocati - non è legittimo discriminare gli imputati sulla base di condizioni soggettive o della natura e gravità del reato, escludendo dalla «ragionevole durata» reati di marginale rilevanza penale ed includendone altri più gravi: il diritto ad un processo giusto, e dunque anche alla sua ragionevole durata, non consente compressioni. Un simile provvedimento, peraltro, non potrà garantire processi di durata ragionevole se non sarà accompagnato da significativi stanziamenti di risorse e da un loro impiego razionale: non tenerne conto significa legiferare al di fuori di ogni necessaria valutazione di effettività».

Fonte: Diariodelweb.it

mercoledì 9 dicembre 2009

Ho la mia personale convinzione che niente nella vita accada per caso.


Le persone che conosciamo capitano nella nostra vita per una ragione. A volte per regalarci un sorriso, per donarci del dolore, a volte semplicemente per farci sentire l'amore. Le persone speciali si fermano il tempo necessario per regalarci un sogno e un sorriso e poi se ne vanno altrove, pronti a regalare un nuovo sogno e un altro sorriso.

martedì 8 dicembre 2009

Immobili... Comunali

Due dei principali argomenti di dibattito a Sciacca nelle ultime settimane, a parte l’edizione 2010 del carnevale, sono stati quelli della viabilità rurale e della vendita degli immobili comunali. I protagonisti di queste vicende sono essenzialmente gli assessori al bilancio ed all’agricoltura Montalbano e Piazza, i consiglieri comunali Mandracchia, che è anche esponente del sindacato Uci, e Caracappa (Pdl).
Gli ultimi due consigli comunali, due nel giro di pochi giorni e all’interno della stessa settimana, hanno sancito forse definitivamente il passaggio tra due modi contrapposti di vedere la politica: da una parte gli ex esponenti della giunta Turturici, dall’altro la nuova maggioranza capitanata dal neo sindaco Vito Bono.
In materia di viabilità rurale negli ultimi secoli è stato fatto davvero poco. Sintomatico di questo fatto sono le condizioni in cui versano alcune contrade periferiche di Sciacca: Raganella, Carcossea, Carbone, Nadore, Santa Maria, Pantaliano. In molti punti la strada non ha più diritto di essere chiamata tale… ma nominata per quello che è: una “trazzera”. L’asfalto spesso manca in più punti, le erbacce e gli arbusti spontanei crescono anche all’interno delle carreggiate, le buche, gli avvallamenti, i punti franosi si susseguono in un crescendo di pericoli, di illuminazione notturna… beh neanche vale prendere l’argomento. Insomma siamo in presenza delle cosiddette aree X, ossia zone periferiche terra di nessuno se non di agricoltori, pochi residenti e lavoratori in generale che sono costretti per necessità ad affrontare queste impervie situazioni.
Come si suol dire “il prete senza soldi, messa non ne canta”, ma è grave aver accettato questo stato di cose senza prendere alcun provvedimento. Il discorso è fin troppo semplice. Quelle aree, pocanzi indicate, sono lontane dal vero centro abitato, la maggioranza dei cittadini non potrebbero godere di quei possibili interventi migliorativi, quindi non sono lavori che possono portare visibilità, applausi e voti… tanto vale risparmiare le già esigue risorse economiche e lasciare nell’incuria, nell’abbandono e nel pericolo pezzi interi di Sciacca. Zone di serie B, evidentemente, abitate da cittadini di serie B, che pagano tasse di serie A. Ma tant’è.
La settimana scorsa in consiglio era stato, forse momentaneamente, rigettato un provvedimento di 30 mila euro da indirizzare alla viabilità rurale. Somma irrisoria e risibile al cospetto degli innumerevoli interventi che quelle zone richiederebbero. Forse basteranno appena per fare un po’ di scerbatura la quale sarà utile fino a quando non ricresceranno nuovamente le piante che oramai fanno parte del corredo e della flora stradale. Su tale decisione il consigliere Mandracchia si era attirato le maggiori polemiche a causa soprattutto della sua appartenenza anche al sindacato agricolo Uci e anche perché, solo pochi giorni prima, aveva sfilato per Sciacca insieme agli agricoltori in marcia con i loro trattori. Dall’altro lato il consigliere Caracappa invece è andato a richiedere alla giunta Bono che si mettesse subito in atto un corposo finanziamento per la viabilità rurale: risultato finale, tutti scontenti, polemiche a non finire, retorica e demagogia. E soldi naturalmente zero. Dai banchi della maggioranza, già impelagata nel caso dei casi: Pippo Turco, si è fatto notare come nei 5 anni precedenti di amministrazione Turturici non si sia mai fatto nulla per la viabilità rurale, né tantomento speso un euro, né tantomento avanzato richieste di così esosi finanziamenti per il settore. Il solito walzer insomma del “noi – voi”. Ci si augura che entro qualche mesi si stanchino tutti di danzare e si possono procedere celermente nell’attività consiliare senza perdere tempo alcuno con il balletto delle responsabilità. Le prossime elezioni comunali sono lontane, la campagna elettorale è finita e gli amici, da ambedue gli schieramenti, se ne vanno…
Vendita degli immobili comunali: altra bagarre.
Sono stati giorni di tensione, tra procedure ammancanti di importanti allegati, diffide ai dipendenti comunali da un lato ed applausi alla loro bravura dall’altro: nel frattempo l’intero consiglio comunale, la stragrande maggioranza dei consiglieri e buona parte della giunta si presentano proprio come quei vecchi edifici semi-abbandonati. Immobili. Insomma, a parte le chiacchiere e le polemiche si sente poco che abbia valenza positiva per la città dal punto di vista amministrativo o politico.
L’elenco degli immobili pronti alla vendita sfruttando anche le disposizioni regionali in merito è abbastanza lungo, il comune forse potrebbe avere la possibilità da un lato di incassare qualcosa e dall’altro di risparmiare in merito alla manutenzione e messa in sicurezza degli stessi. A memoria d’uomo e andando un po’ a ritroso nel tempo, non ricordiamo che la questione degli immobili comunali aveva mai preso piede al centro del dibattito politico e polemico della città.
Col tempo insomma le prospettive, come spesso accade, cambiano, mutano, si diversificano fino a scoprire che, attraverso un vecchio baglio di campagna, si possa fare gazzarra in aula, attirarsi simpatie ed antipatie dei dipendenti comunali tirati un po’ troppo per la giacchetta e ledere l’immagine di una città che non vive, di certo e da almeno un decennio, una delle sue migliori stagioni.
Le prossime settimane saranno incentrate sull’organizzazione degli spettacoli natalizi e sulla festa carnascialesca da fare o non fare a febbraio mentre la viabilità rurale e gli immobili comunali finiranno giocoforza nel dimenticatoio. Con buona pace per tutti.


Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

lunedì 7 dicembre 2009

Il valore della Natura e dell'Arte

E’ stata inaugurata domenica scorsa, 29 novembre, presso il Complesso Monumentale Tommaso Fazello di Sciacca, la mostra personale fotografica di Franco Alloro dal titolo “Natura è/e Arte”. Sarà possibile prendere visione degli scatti fino a domenica 6 dicembre. La mostra è organizzata dal club fotografico amatoriale “L’AltraSciacca Foto”, con il patrocinio del Comune di Sciacca, che ha gentilmente concesso i locali, e dell’UIF (Unione Italiana Fotoamatori). La mostra è stata già allestita a Sambuca e dopo Sciacca proseguirà per Palermo a testimonianza della sua notevole fattura e spessore culturale. Insieme agli scatti di Franco Alloro, trovano spazio anche quelli del toscano Sebastiano Torrente, altro fotoamatore di notevole bravura, che presenta una sua Antologia di foto analogiche, alcune delle quali possono davvero essere scambiate per dei quadri tanto sono belle e degne di essere mostrate ed osservate dagli amanti e non solo del genere fotografico. Franco Alloro è un fotografo ormai famoso per la maestria dei suoi scatti e riveste anche la carica di consigliere UIF, simposio di fotografi sempre più radicato tanto nel territorio nazionale quanto in quello regionale ed agrigentino in particolare.
Le opere esposte da Alloro riguardano gli elementi naturali immortalati nelle sue varie escursioni nelle riserve che circondano Sambuca di Sicilia, impreziosite da un’elaborazione grafica, segno di un leggero intervento dell’uomo sulla natura. Le opere che ne escono fuori sono un misto tra naturale ed artistico, come si può anche dedurre dal titolo della mostra. Le fotografie di Alloro nascono dalla percezione sensibile della natura per poi essere, a volte leggermente, altre volte in modo più massiccio, rielaborato attraverso i programmi appositi del computer. Ne esce fuori un lavoro comunque mai artefatto ma ben inserito nel contesto espositivo e naturale siciliano. Le fotografie del Torrente invece non sono ritoccate al computer ed assumono, tramite la vivacità dei colori e l’effetto scenico sulla tela, delle caratteristiche tutte proprie dell’autore. Per tutta la durata della tappa saccense, sarà possibile visitare l’esposizione ogni giorno dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19. Franco Alloro risulta già essere un fotografo di notevole fama come si evince dai tanti concorsi ai quali ha partecipato ed all’interno dei quali ha raggiunto risultati di spessore e gratificazione personale, un crescendo di qualità ed apprezzamenti che ne hanno permesso anche la scalata ai vertici dell’UIF, unione nella quale entra a far parte dal 2003.
Sono sue le immagini di copertina delle: ”Rassegna d’Arte di Primavera – Pittori e Poeti Sambucesi” del 2004 e del 2005 e del libro di poesie “Il colore dei papaveri tace” di Giuseppe Sparacino.
Sue foto sono state pubblicate sui libri: “Insolita Sicilia” a cura di Antonino Bellia e “Prima passava San Giuseppe – Viaggio nella Sicilia della festa che cambia” di Giovanni Cammareri; sulle raccolte tematiche: “L’Acqua”, “Universo donna”, “Momenti di vita urbana” e “Paesaggio rurale” a cura della UIF; sui quotidiani: “Giornale di Sicilia”; “La Sicilia”. Sui mensili: “Il Belice”; “La Voce di Sambuca”. Ha al suo attivo la partecipazione a parecchie mostre sia personali che collettive. Sue foto si possono trovare anche su internet presso i siti web: francoalloro.it; valledelbelice.net; uif-net.com; im-ages.it; fotocommunity.it; panoramio.it Più nel dettaglio le opere esposte in questi giorni a Sciacca trattano di alberi carichi di verdi muschi o soffocati dall’edera e dalle liane, bacche scarlatte, fiori di ogni genere e grado, di tutti i colori, pennellate di natura che vive intorno a noi, piccole cascate, sentieri nella nebbia, squarci tra gli alberi di sole mattutino, pietre “scolpite” dal tempo, insomma squarci di bellezza che a volte non vediamo o facciamo finta di non vedere. Umberto Eco qualche anno fa parlando di arte ebbe a scrivere: ”il problema dell’opera d’arte casuale coincide con quello del valore estetico dell’oggetto trovato: poiché, se attraverso un bosco viene trovata per terra una radice che assomiglia ad una mucca, e a tale titolo viene raccolta e mostrata, questa “mucca” è un’opera d’arte oppure no?
Quale differenza c’è dunque tra fare un’opera d’arte e scoprire qualcosa che potrebbe essere un’opera d’arte?
La risposta può dedursi soltanto da un’analisi del processo interpretativo di una forma: guardare, capire, gustare una forma vuol dire riconoscervi dei rapporti organici, identificare nel vivo della materia una legge che faccia corpo con essa e si manifesti grazie ad essa. Capire una forma vuol dire interpretarla.” Con l’ausilio dei computer, Alloro ha potuto realizzare le immagini esposte in questa rassegna attraverso le quali mette in evidenza che “Natura” e “Arte”, come “materia” e “spirito”, sono accomunati insieme per realizzare un connubio indissolubile ed inscindibile, tanto da non potervi riconoscere nessuno stacco o linea di demarcazione o confine, anzi, per scoprire che le due entità si intersecano, si compenetrano a vicenda l’una nell’altra per realizzare un unico corpo, continuo. Natura, arte, materia, spirito, elementi presenti non soltanto in queste fotografie ma nella vita di tutti i giorni, in ogni istante e visibili in ogni angolo di mondo che ci circonda. Se, come scrive Eco, “capire una forma significa interpretarla”, allora possiamo affermare che tanto Alloro quanto Torrente lo hanno fatto e nelle loro foto possiamo intravedere un po’ di Sicilia. Un po’ di noi.


Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"