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mercoledì 2 dicembre 2009

Il Governo... secondo Carlo Azeglio Ciampi

Dopo un settennato al Quirinale prudente ma non indegno, l’altro giorno con un’intervista a Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha rotto gli indugi denunciando con chiarezza lo scempio delle leggi ad personam e più in generale la compressione degli spazi della democrazia delle regole. Implicita, ma evidente la sollecitazione a Napolitano: respingere una legge alle Camere ha un valore in sè, anche se poi quella legge verrà riproposta tal quale. Nell’intervista Ciampi ricorda anche che le istituzioni, senza uomini probi, non possono difendersi da sole. Mi rallegro che sette anni dopo abbia dato ragione a chi, nel novembre del 2002, quand’era presidente della repubblica, andò a criticarlo per aver firmato la legge Cirami, terza delle diciannove (per ora) leggi su misura. Ciampi non commise l’errore di Napolitano: non disse cioé che è inutile rifiutarsi di firmare una legge quando la maggioranza parlamentare è determinata a riproporla. Ma si richiamò di fatto al potere di verifica della corte costituzionale. Due leggi le respinse: la Gasparri (firmando però il decreto salvarete4) e la riforma dell’ordinamento giudiziario. Altre le emendò preventivamente, con prassi assai dubbia. Lasciò passare molte sconcezze, tra le quali l’incostituzionale “lodo Schifani”. Con uomini, e galantuomini, meno prudenti al vertice delle istituzioni di garanzia saremmo arrivati così in basso? Di seguito il racconto del nostro incontro con Ciampi, tratto da uno stralcio del libro Alza la testa! (chiarelettere).

(…) Era la mattina di sabato 9 novembre 2002, il giorno della grande e pacifica manifestazione contro la guerra in Iraq a Firenze. Ciampi è a Milano per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Bocconi. La cerimonia inizia alle nove. Con gli amici Paola, Alberto, Clive e Fabrizio alle otto siamo davanti alla Bocconi per esprimere il nostro dissenso nei confronti della legge Cirami, promulgata a tempo di record (un giorno, sui trenta disponibili) dal Capo dello Stato il giorno precedente. Una legge chiaramente finalizzata a spostare i processi a Previti e Berlusconi da Milano a Brescia. Una delle troppo leggi vergogna che avrebbero riempito le cronache e mobilitato le piazze negli anni successivi. Con noi abbiamo copie della Costituzione listate a lutto; mostriamo cartelli tricolori con queste scritte: “Ciampi eri l’ultima speranza”; “Presidente perché tanta fretta?”; “La Cirami è un furto di legalità”. Clive sventola una bandiera italiana. Fabrizio ha disegnato su un cartello la scena di Don Abbondio che incappa nei bravi di Don Rodrigo con una Costituzione strappata tra le mani e la scritta: “Questo processo non s’ha da fare”. .
Sostiamo davanti alla Bocconi per un paio d’ore, suscitando la curiosità di fotografi e cronisti. Agli addetti al cerimoniale garantiamo che tutto si svolgerà con la massima civiltà. La loro unica richiesta, che esaudiamo, è di togliere il segno del lutto su Costituzione e bandiera. Intanto ci scorre davanti la crema di Milano. Al termine della cerimonia Ciampi, preavvertito dal capo-scorta della nostra presenza, ci viene incontro a passo spedito, portandosi dietro una selva di telecamere e cronisti. Lo fa di proposito, ne sono convinto, per esprimere attenzione e regalare visibilità alle ragioni di una parte significativa di opinione pubblica che in quel momento oggettivamente rappresentiamo. Mi stringe la mano, legge i cartelli e dice: “La Costituzione prevede varie istituzioni, c’è il Parlamento, c’è il Presidente della Repubblica, c’è la Corte Costituzionale…”. Insomma, è come se dicesse: se sbaglio io, qualcuno correggerà. In effetti varie leggi scritte dagli avvocati di Berlusconi verranno cancellate o si riveleranno inservibili. Gli rispondo: “Presidente, tenga in considerazione la sofferenza civile di milioni di italiani”. E lui: “Abbiate fiducia nelle istituzioni!”. Lo saluto affermando che la fiducia nelle istituzioni dipende dalla rettitudine delle persone che le rappresentano.
Come ad un comando tacito, l’esempio di Ciampi libera di fatto tutta la stampa presente, a cominciare dal compianto Paolo Giuntella, il “quirinalista” della Rai, dal dubbio se minimizzare la contestazione o al contrario approfondirne i motivi e gli obiettivi. Ne uscirà un ottimo servizio sul Tg1, ripreso da numerose altre emittenti. L’indomani, il 10 novembre, quel gesto davanti alla Bocconi viene descritto come un momento di garbato e civile dissenso democratico dalla maggioranza dei quotidiani.
Mi capiterà nel corso degli anni di criticare Ciampi altre volte per via della cosiddetta moral suasion, cioè l’abitudine (non prevista dalle procedure costituzionali) di collaborare con gli esponenti del Governo, anche esprimendo giudizi preventivi di costituzionalità, alla stesura di leggi particolarmente delicate, prima dell’esame parlamentare. Motivo: con personaggi che non temono di scardinare l’ordinamento costituzionale pur di perseguire un vantaggio personale o politico, non si deve negoziare, nemmeno per ridurre il danno o per evitare strappi costituzionali (…).

http://www.pieroricca.org/2009/11/25/carlo-azeglio-ciampi/

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