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mercoledì 23 febbraio 2011

500mila euro in beni sequestrati ad Imbornone

La DIA sequestra 500mila euro in beni a Salvatore Imbornone, presunto boss di Lucca Sicula e ritenuto dagli inquirenti a lungo capomandamento della famigghia di Ribera. Attualmente Imbornone è detenuto nell’ambito del processo Scacco Matto dove è stato condannato a scontare 11 anni di carcere

La Direzione Investigativa Antimafia, nell’ambito delle attività finalizzate all’aggressione dei patrimoni mafiosi, ha sequestrato, ai sensi della legislazione antimafia, beni per un valore di circa 500.000 Euro a Salvatore Imbornone, cinquantunenne, inteso “Toto’ u russu”, di Lucca Sicula, attualmente detenuto, nonché ad altri componenti del suo nucleo familiare.
Il decreto è stato emesso dal Tribunale di Agrigento, su proposta avanzata dalla Procura della Repubblica di Palermo - Dipartimento di Criminalità Economica - sulla base di complesse indagini bancarie e patrimoniali svolte dal Centro Operativo D.I.A. Il Tribunale, condividendo le investigazioni effettuate, ha motivato il sequestro rilevando la mafiosità del soggetto proposto - accertata in molteplici atti processuali - e la sperequazione tra il valore dei beni posseduti e dei redditi dichiarati e l’attività svolta.
Salvatore Imbornone discende da una famiglia con forti tradizioni mafiose. Figlio di Vincenzo, defunto capo della famigghia mafiosa di Lucca Sicula, negli anni è stato ritenuto personaggio di spessore nel sodalizio mafioso del comprensorio saccense, stabilmente inserito all’interno dell’organizzazione criminale cosa nostra.
La sua figura balza agli onori della cronaca nel novembre del 1992, allorquando, nel quadro delle indagini relative agli omicidi di Stefano Radosta e Paolo Borsellino, veniva denunciato alla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, insieme ad altri, per associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata al controllo degli appalti pubblici, commissione di omicidi ed altro.
Il Tribunale di Agrigento, con decreto emesso il 31 maggio 2002, gli irrogava la misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di 2 anni.
Il 4 luglio 2008 veniva arrestato, unitamente ad altri soggetti, richiesta sempre dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, nell’ambito dell’operazione “Scacco Matto”, che disarticolava un’associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata ad acquisire la gestione di attività economiche ed appalti di opere pubbliche nel settore edile, turistico e alberghiero, il controllo della fornitura di calcestruzzo, automezzi e manodopera specializzata. L’attività d’indagine aveva scompaginato le famiglie mafiose agrigentine di Sciacca, Menfi, Santa Margherita Belice, Montevago, Sambuca di Sicilia, Burgio, Lucca Sicula, Villafranca Sicula e del mandamento di Ribera.
Il 18 febbraio del 2010, il Gup di Palermo, nel processo celebrato con il rito abbreviato, scaturito proprio dall’operazione “Scacco Matto”,condannava Imbornone ad anni 11 e mesi 4 di reclusione per associazione per delinquere di stampo mafioso. In particolare, lo stesso veniva ritenuto colpevole di aver rivestito il ruolo di capo mandamento della famiglia mafiosa di Lucca Sicula e Ribera, di aver coordinato le attività degli altri associati, organizzato l’attività di estorsione delle imprese e gestito in prima persona la latitanza del boss Giuseppe Falsone, ritenuto a lungo il capo di cosa nostra agrigentina e arrestato poi a Marsiglia, in Francia.
A suffragare il quadro indiziario, hanno contribuito le dichiarazioni del collaboratore di Giustizia Giuseppe Sardino, che hanno integrato, perfettamente, le indagini espletate.
Tra i beni oggetto del sequestro figurano: magazzini e rustici ubicati a Lucca Sicula, autovetture, conti correnti bancari e libretti di deposito.
Intanto nei giorni scorsi è cominciato il processo in appello per coloro che, nell’ambito del processo “Scacco Matto” erano stati processati con il rito abbreviato. La sentenza è stata impugnata sia dai difensori dei condannati, sia dai pubblici ministeri contrari alle motivazioni che hanno condotto all’assoluzione di 10 persone.
Le udienze proseguiranno nelle prossime settimane.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

lunedì 21 febbraio 2011

Clima politico bollente in Comune. Tutti contro tutti a Sciacca

Clima da caccia alle streghe durante l’ultima seduta del consiglio comunale di Sciacca. Assenzo contro Simone Di Paola, molti contro il segretario del Pd Coco, Ambrogio e Mariella Campo all’attacco, e l’opposizione che non crede ai propri occhi. Vito Bono: “verifica di maggioranza indispensabile”


La relazione annuale del sindaco è chiaramente passata in secondo piano durante l’ultimo consiglio comunale.
Eppure doveva essere il vero motivo di discussione. Ma tant’è. Le uscite più o meno a sorpresa dei vari consiglieri di maggioranza hanno spostato il dibattito sul piano squisitamente politico, spiazzando non poco gli stessi esponenti dell'opposizione che si erano preparati a controbattere al sindaco Vito Bono sulla relazione del primo anno di amministrazione, relazione tra l’altro presentata abbondantemente in ritardo.
Alla carica un po’ tutti, a partire da Pippo Turco il quale ha parlato di “libro dei sogni” in merito alla relazione.
La relazione è corposa e densa di attività intraprese da quando il sindaco è in carica. E’ chiaro che, come ha sottolineato qualche consigliere di maggioranza come Vincenzo Patti e Paolo Gulotta, il programma elettorale di 5 anni non poteva venire svolto in un anno e mezzo.
La critica principale mossa dall’opposizione al sindaco è stata quella di avere fatto spesso ricorso al vittimismo, invece di adoperarsi per risolvere i problemi e per reperire fondi utili alle casse comunali. I soliti attacchi all’amministrazione precedente sulle spese di rappresentanza e sui debiti lasciati per nascondere i mancati risultati ottenuti dalla sua giunta, ha evidenziato il consigliere Fabrizio Di Paola. Ci siamo tagliati le indennità, eliminato l’auto blu e ridotto tutto il riducibile ha ribattuto Vito Bono durante la sua replica.
Gianluca Guardino ha attaccato il sindaco sui temi della sanità sostenendo che non ha saputo alzare adeguatamente i toni nei confronti della nuova dirigenza dell’ospedale come faceva in passato da consigliere. Da Marano ad Olivieri però la situazione non è cambiata. Sprechi prima e sprechi dopo. La mobilitazione per l’acqua pubblica poi ha aggiunto Bivona è rimasta in sospeso, non poteva ripubblicizzare il servizio da solo come prometteva in campagna elettorale. Staremo a vedere cosa accadrà col referendum e come reagirà la politica locale allo stesso.
La scala mobile è rimasta nei sogni così come l’idea di una città normale e vivibile ha detto Guardino. Caracappa ha attaccato poi sul tema dell’agricoltura e Calogero Bono su quello della pesca.
La maggioranza non si è prodigata più di tanto nella difesa del sindaco, sintomo che la situazione non è proprio tutta rose e fiori come qualcuno vorrebbe fare apparire. Quasi tutti hanno puntato sulle difficoltà economiche in cui si è trovata ad operare l’amministrazione. A difendere incondizionatamente il sindaco i consiglieri di maggioranza Elvira Frigerio, Paolo Gulotta, Enzo Sabella e Vincenzo Patti. Loro hanno sottolineato l’importanza del parco progetti redatto e portato a finanziamento nelle ultime settimane: 10 milioni di euro di finanziamenti già ottenuti, 40 progetti di cui soltanto 5 della precedente amministrazione presentati, l’intervento che ha permesso di salvare le terme dal fallimento e la questione del prg presentato dai progettisti e che dovrebbe arrivare in aula entro questi 5 anni di consiliatura.
Poi il dibattito è stato essenzialmente politico, in un clima da tutti contro tutti, soprattutto all’interno della maggioranza ed in particolare all’interno del partito democratico, numericamente il maggiore partito al governo della città.
Dire che la situazione politica per Vito Bono si è complicata è poco. La maggioranza non si è sfaldata, almeno non per il momento, ma sicuramente vige parecchia confusione che andrà trattata presto e bene durante delle opportune riunioni a porte chiuse. Poiché dovrebbe essere risaputo che i panni sporchi si lavano in casa. Il clima è quello del “tutti contro tutti”: Pd o parte di esso contro Futuro e Libertà, Mpa contro parte del Pd, liste civiche critiche, assessori contro consiglieri e consiglieri pronti a sbarcare in qualsiasi momento verso i banchi dell’opposizione. Insomma il rischio è quello di chiudere la stalla quando i buoi sono già tutti scappati via. Vito Bono ha preso atto della polveriera ed ha aperto la possibilità a qualsiasi scenario: rimpasto, azzeramento, affidarsi ad un governo di tecnici indicati dalla politica, dimettersi o andare avanti anche senza maggioranza per come aveva già fatto il predecessore Mario Turturici. Insomma ce n’è per tutti i gusti.
L’opposizione senza far niente si ritrova nella favorevole condizioni di attendere, tanto prima o poi la sensazione è che “quelli” si diano la zappa sui piedi da soli. Meglio di così? Minimo sforzo, massimo risultato.
Difficile capire cosa succederà. Molto dipenderà da come il sindaco saprà gestire le prossime riunioni di maggioranza. Certo che in questo difficile contesto economico e sociale, tornare alle urne non sarebbe proprio un toccasana per la città. Si perderebbero importanti finanziamenti, anche europei, e diversi cantieri rimarrebbero in sospeso. Di contro è chiaro che così non si può andare avanti: o la maggioranza fa quadrato o le strade da percorrere diventano poche ed irte di ostacoli per Sciacca. Occorre il famoso e tante volte citato “senso di responsabilità”. Parola abusata e di cui molti evidentemente non conoscono nemmeno il significato. Tutto sempre per “il bene della città.”

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

sabato 19 febbraio 2011

Scacco Matto: 15 condanne e 5 assoluzioni

Si chiude il processo “Scacco Matto”: 170 anni di carcere complessivamente per gli imputati. Assolto il consigliere comunale Mimmo Sandullo: “ho sempre avuto fiducia nella giustizia e nella legge” le sue parole dopo la sentenza.

E’ stata emessa dopo 14 giorni di camera di consiglio la sentenza del processo “Scacco Matto” che si è celebrato con il rito ordinario presso il Tribunale di Sciacca.
Cinque le assoluzioni e 15 le condanne e sostanzialmente confermato l’impianto accusatorio nei confronti degli imputati, anche se, rispetto alle richieste dell’accusa, le condanne sono state più lievi. Assolti: il consigliere comunale di Sciacca Domenico Sandullo del gruppo dei Leali per Sciacca, Biagio Smeraglia, Nicolò Di Martino, Antonino Maggio e Rosario Cascio.
Condannati invece: Vito Bucceri a 12 anni, Vitino Cascio a 12 anni e 6 mesi, Giovanni Campo a 13 anni e 4 mesi, Filippo Campo a 12 anni, Pasquale Ciaccio a 14 anni e 8 mesi, Giuseppe Clemente a 4 anni, Mario Davilla a 11 anni, Giovanni Derelitto a 15 anni, il saccense Michele Di Leo a 9 anni e 3 mesi, l'ex superboss Giuseppe Falsone a 10 anni e 6 mesi (che vanno ad assommarsi a tutte le condanne già inflittegli), Francesco Fontana a 12 anni e 6 mesi, Giuseppe La Rocca a 14 anni, Tommaso Militello a 6 anni, Giuseppe Monreale a 11 anni e Antonio Perricone a 12 anni e 6 mesi.
I pubblici ministeri della DDA di Palermo erano Rita Fulantelli e Emanuele Ravaglioli. Sono state emesse dunque un totale di 170 anni e 3 mesi di carcere al cospetto dei 384 anni chiesti dalla pubblica accusa.
L'operazione antimafia "Scacco Matto" era stata condotta dai carabinieri nello scorso luglio 2008.
Il primo troncone dell’inchiesta si era chiuso proprio un anno fa quando alcuni imputati avevano scelto di venire giudicati con il rito abbreviato. Dal febbraio 2010, dunque, al febbraio 2011.
Nel febbraio del 2010 erano state emessi infatti un totale di 120 anni di carcere per gli imputati del processo che avevano optato per il rito abbreviato.
La pena più alta era stata inflitta a Gino Guzzo, di Montevago, ritenuto il reggente della famiglia mafiosa del Belice, condannato a 21 anni di reclusione; 13 anni e 8 mesi a Paolo Capizzi, 70 anni, di Ribera; mentre suo nipote Franco Capizzi era stato condannato a 12 anni. Undici anni e 4 mesi la pena per Accursio Dimino, di Sciacca, e Salvatore Imbornone, di Ribera. Gli altri condannati sono Raffaele Sala, 9 anni e 8 mesi; 8 anni e 8 mesi per Girolamo Sala; 10 anni per Antonio Pumilia e Antonino Gulotta; un anno e 7 mesi per Antonino Montalbano. Calogero Rizzuto, anche lui coinvolto nell’indagine ma poi diventato collaboratore di giustizia, era stato condannato a 4 anni e 8 mesi.
Erano stati assolti invece Giuseppe e Michele Barreca, Giuseppe Orlando, Leonardo Taormina, Gaspare Schirò, Giacomo Corso, Michele Giambrone, i fratelli Paolo e Giuseppe Capizzi, Pietro Derelitto e Gaspare Schirò, morto di recente.
L’operazione antimafia “Scacco matto” portò all’emissione in totale di 33 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di presunti affiliati alle cosche mafiose perché accusati di aver pilotato appalti pubblici. L'operazione permise di individuare decine di episodi estorsivi ai danni di imprenditori della provincia di Agrigento e verificare l'attribuzione di alcuni appalti. Gli inquirenti hanno nel tempo acceso i riflettori soprattutto sui lavori che hanno condotto alla costruzione ed alla realizzazione del Verdura Golf Resort, della diga “Favara” di Burgio e degli svincoli presso la strada statale 115, recentemente inaugurati alla presenza di due ministri della Repubblica.
Il collegio giudicante ha letto la sentenza di buon’ora, erano passate da poco le 10 del mattino. La camera di consiglio era cominciata lo scorso 28 gennaio e quindi è durata quasi due settimane. A seguire, nel dettaglio, quelle che erano le richieste della pubblica accusa per i 20 imputati: Vito Bucceri 20 anni; Rosario Cascio 27 anni; Vitino Cascio 21 anni; Giovanni Campo 18 anni; Filippo Campo 18 anni; Pasquale Ciaccio 24 anni; Giuseppe Clemente 12 anni; Mario Davilla 21 anni; Giovanni Derelitto 27 anni; Michele Di Leo 21 anni; Nicolò Di Martino 10 anni; Giuseppe Falsone 21 anni; Francesco Fontana 21 anni; Giuseppe La Rocca 20 anni; Antonino Maggio 21 anni; Tommaso Militello 18 anni; Giuseppe Monreale 21 anni; Antonio Perricone 24 anni; Domenico Sandullo 4 anni; Biagio Smeraglia 18 anni.
Soddisfazione per il risultato raggiunto è stata espressa non solo dal mondo della magistratura, il processo si è concluso in tempi record (in attesa di eventuali appelli una volta conosciute le motivazioni della sentenza) ma anche dal mondo politico.
Giuseppe Marinello, componente della commissione parlamentare antimafia “rende merito all’ottimo lavoro svolto dalle forze dell'ordine e dai magistrati inquirenti. Siamo convinti che la puntuale risposta dello Stato in tema di lotta alla criminalità organizzata rappresenti sempre più la precondizione per lo sviluppo di un meridione lontano dal contesto europeo e che oggi, sempre più condiziona negativamente la tenuta economica del nostro paese. E’ evidente che ci saranno altri gradi di giudizio, ma già quella di oggi rappresenta una giornata importante per la storia del nostro territorio.”
Il lavoro delle forze dell’ordine continua in quanto non è possibile mai abbassare la guardia. I recenti arresti dei vari superboss non hanno fatto altro che confermare l’elevato grado di connivenza che si presenta tra malavita e mondo delle istituzioni, con una mafia sempre più rivolta verso il business, verso i grandi lavori ed appalti pubblici, verso dei confini per i quali non sempre è facile e non sempre è chiaro distinguere tra bene e male.
Finanziare e non tagliare, né economicamente né legislativamente, il lavoro degli inquirenti, dei tribunali e di tutte le forze dell’ordine rappresenta il vero passo da gigante nella lotta alla criminalità organizzata. Gli arresti e le operazioni antimafia verranno poi di conseguenza. E nel nostro territorio agrigentino, purtroppo, ce n’è bisogno ancora tanto.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

venerdì 11 febbraio 2011

Presentazione del mio libro "Respirami l'anima" domani a Sciacca


La locandina e l'invito ufficiale dell'evento. Non Mancate.
Presentazione del mio libro "Respirami l'anima", Aracne Editore.
Sabato 12 febbraio ore 18,30 presso la sala Blasco del comune di Sciacca (atrio superiore, ingresso dalla via Roma)

giovedì 10 febbraio 2011

Pino Masciari ha presentato a Sciacca il libro "Organizzare il coraggio"

Successo per l’incontro letterario con Pino Masciari. Il libro “Organizzare il coraggio” racconta la storia di una famiglia costretta a scappare perché ad alto rischio di vita a causa delle denunce contro le pressioni esercitate dalla ‘ndrangheta calabrese. Commossa la platea saccense


Giuseppe Masciari è un imprenditore edile calabrese, nato a Catanzaro nel 1959, sottoposto a programma speciale di protezione dal 18 ottobre 1997, insieme a sua moglie (medico odontoiatra) e ai loro due bambini. Pino ha denunciato la ‘ndrangheta e le sue collusioni con il mondo della politica. La criminalità organizzata ha distrutto le sue imprese di costruzioni edili, bloccandone le attività sia nelle opere pubbliche che nel settore privato, rallentando le pratiche nella pubblica amministrazione dove essa è infiltrata, intralciando i rapporti con le banche con cui operava. Tutto ciò dal giorno in cui ha detto basta alle pressioni mafiose dei politici ed al racket della ‘ndrangheta.
Il sei per cento ai politici e il tre per cento ai mafiosi, ma anche angherie, assunzioni pilotate, forniture di materiali e di manodopera imposta da qualche capo-cosca o da qualche amministratore, nonché costruzioni di fabbricati e di uffici senza percepire alcun compenso, regali di appartamenti, e acquisto di autovetture: questo fu il prezzo che si rifiutò di pagare.
Fu allontanato dalla sua terra per l’imminente pericolo di vita a cui si è trovato esposto lui e la sua famiglia.
Si è parlato di questo e di molto altro ancora durante l’incontro letterario che si è tenuto presso il circolo Garibaldi di Sciacca e che è stato organizzato dall’associazione L’AltraSciacca e dalla libreria Mondatori. “Organizzare il coraggio”, Add Editore, è un libro che è stato definito “un pugno nello stomaco, leggetelo a costo di rovinarvi la giornata”. Il libro è stato scritto da Pino e Marisa Masciari e racconta tutto quello che è successo a questa famiglia dal momento in cui hanno deciso di non pagare né pizzo né tangenti.
Da quando operava nella sua attività con le sue aziende, Pino Masciari non si arrese mai ai soprusi della ‘ndrangheta, si ribella, riferisce all’Autorità Giudiziaria e denuncia, fino al punto di decidere la chiusura delle sue imprese licenziando nel settembre 1994 gli ultimi 58 operai rimasti.
Il 18 Ottobre 1997 Pino, Marisa e i due figli appena nati entrano nel programma speciale di protezione e scompaiono dalla notte al giorno: niente più famiglia, lavoro, affetti, niente più Calabria. Pino testimonia nei principali processi contro la ‘ndrangheta e il sistema di collusione, quale parte offesa e costituito parte civile. Diventa “il principale testimone di giustizia italiano”, così lo definisce il procuratore generale Pier Luigi Vigna. Inizia un lungo calvario: accompagnamenti con veicoli non blindati, con la targa della località protetta, fatto sedere in mezzo ai numerosi imputati denunciati, intimidito, lasciato senza scorta in diverse occasioni relative ai processi in Calabria, registrato negli alberghi con suo vero nome e cognome, senza documenti di copertura. Troppi episodi svelano le falle del sistema di protezione che dovrebbe garantire sicurezza per lui e la famiglia.
Nel 2001 con la legge 45/2001 si istituisce la figura del testimone di giustizia, cittadino esemplare che sente il senso civico di testimoniare quale servizio allo Stato e alla Società. Il 28 Luglio 2004, la Commissione Centrale del Ministero degli Interni gli notifica “che sussistono gravi ed attuali profili di rischio, che non consentono di poter autorizzare il ritorno del Masciari e del suo nucleo familiare nella località di origine; Ritenuto che il rientro non autorizzato nella località di origine potrebbe configurare violazione suscettibile di revoca del programma speciale di protezione”.
Il 27 Ottobre 2004, tre mesi dopo, la stessa Commissione Centrale del Ministero degli Interni gli notifica il temine del programma speciale di protezione. Tra le motivazioni si indica che i processi erano terminati. Cosa non vera: i processi erano in corso e la D.D.A. di Catanzaro emetteva in data , 6 febbraio 2006 successiva alla delibera, attestato che i processi era in corso di trattazione.
19 Gennaio 2005, Pino fa ricorso al TAR del Lazio contro la revoca, azione che gli permette di rimanere sotto programma di protezione in attesa di sentenza.
1 Febbraio 2005, senza tenere conto del ricorso già in atto, la Commissione Centrale del Ministero dell’Interno delibera ancora una volta di “ invitare il testimone di giustizia Masciari ad esprimere la formale accettazione della precedente delibera ricordando che alla mancata accettazione da parte del Masciari, seguirà comunque la cessazione del programma speciale di protezione”.
Nel Gennaio 2009, dopo 50 mesi a fronte dei 6 mesi stabiliti dalla legge 45/2001 art.10 comma 2 sexies, il TAR del Lazio pronuncia la sentenza riguardo il ricorso e stabilisce l’inalienabilità del diritto alla sicurezza, l’impossibilità di sistemi di protezione o programmi a scadenza temporale predeterminata e ordina al Ministero di attuare le delibere su sicurezza, reinserimento sociale, lavorativo, risarcimento dei danni. Pino Masciari per tramite del suo legale fa richiesta formale dell’ottemperanza della sentenza.
Non avendo ricevuto nessuna risposta dalla Commissione Centrale del Ministero dell’Interno, Pino annuncia la volontà di cominciare il 7 aprile lo sciopero della fame e della sete, fintanto che non vedrà rispettati i diritti della sua famiglia ancor prima che i propri. Lo sciopero della fame è l’ultima risorsa, noi la supportiamo vista l’urgente necessità di tornare a vivere. Grazie a Pino Masciari abbiamo imparato ad amare lo Stato. Dodici anni di sofferenza e esilio sono un prezzo altissimo che i Masciari hanno pagato con dignità, senza mai rinnegare la scelta fatta.
Una storia che ha commosso i tanti presenti e commosso lo stesso autore il quale, nonostante gli ormai numerosi incontri ai quali prende parte, non manca mai di sciogliersi sentitamente mentre narra le proprie crude vicende.
Scrive Masciari: “Pensateci, vorrei che per un attimo vi diceste: io da domani mattina sono in un altro posto, io da domani non posso più usare il mio nome, io da domani non sono più nessuno”.
Il resto della storia compone il presente di Masciari: lui ha ormai lasciato la Calabria, vive sotto scorta, ma si è ripreso un pò della sua vita, usandola per girare le scuole, per parlare ai giovani di Stato e d’Antistato. Il guaio è che talvolta questi due termini esprimono il medesimo concetto.
Una speranza giunge però da una delle ultime leggi redatte in Calabria. La Regione Calabria affiderà lavori agli imprenditori che denunciano richieste estorsive, ”per premiare il loro coraggio civile ed il loro impegno contro la ‘ndrangheta”. Lo ha detto il presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, definendo la lotta contro la criminalità organizzata ”una priorità della Giunta”. ”A tale scopo – ha aggiunto Scopelliti – sarà creata una lista di imprenditori che hanno denunciato il racket cui potranno essere affidati lavori, facilitando il loro accesso alle procedure ad evidenza pubblica. Seguendo il concetto che ho ribadito più volte, secondo cui la ‘ndrangheta ha paura piu’ dei fatti che delle parole, abbiamo approvato un progetto di legge, che sarà esaminato dal Consiglio regionale a febbraio, che prevede azioni concrete di sostegno in favore degli imprenditori che hanno denunciato le intimidazioni. Il nostro sforzo deve essere quello di evitare che venga abbandonato a se stesso, come spesso avviene attualmente, chi ha il coraggio di denunciare le richieste estorsive. Si tratta di un’iniziativa che può essere attuata anche dagli enti locali”. ”La nostra iniziativa – ha detto ancora Scopelliti – può rappresentare anche uno stimolo ed un incentivo nei confronti degli imprenditori da parte della Regione perchè denuncino le richieste estorsive subite”. Il progetto, denominato ”Interventi regionali a sostegno delle imprese vittime di reati di ‘ndrangheta e disposizioni in materia di contrasto alle infiltrazioni mafiose nel settore dell’imprenditoria”, sarà discusso ed approvato nella seduta del Consiglio regionale prevista il 22 febbraio. ”Questa legge – ha dichiarato il presidente Scopelliti – consentirà di inserire le aziende che hanno denunciato e che sono vittime di racket o usura in una ‘short list’ che la Regione utilizzerà per affidare commesse sotto soglia”. Anche a questo è servito l’esempio di Pino Masciari.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

lunedì 7 febbraio 2011

Politica, lavoro e relazione annuale a Sciacca

Si farà il referendum per il passaggio di denominazione da Sciacca a Sciacca Terme. Ma la settimana è stata bollente a cause delle polemiche tra l’assessore Sabella, Simone Di Paola e Franco Zammuto circa le tematiche del lavoro. E intanto a giorni verrà firmato l’ennesimo protocollo d’intesa. Servirà a qualcosa?

Il dibattito politico a Sciacca sta per registrare una delle sue fasi più cruciali. Infatti è ormai alle porte la discussione in consiglio comunale della relazione annuale del sindaco Vito Bono per fare il punto su cosa si è fatto e cosa rimane da fare, e per verificare la messa in pratica del programma elettorale che lo ha condotto alla sonora vittoria al primo turno.
Dai banchi dell’opposizione ( e da qualche dissidente interno al Pd) sicuramente non mancheranno le tiratine d’orecchie, più o meno violente. Le questioni sul tavolo sono comunque sempre le stesse: le problematiche dell’agricoltura, le condizioni delle strade rurali e periferiche della città, i disservizi della Girgenti Acque, alcuni ritardi nei lavori pubblici (basti pensare al cantiere perennemente aperto in via Licata e al lunghissimo iter che condurrà, entro questo secolo, all’attivazione del depuratore), la chiusura e l’abbandono del mercato ittico, i molti progetti finanziati e annunciati nei mesi scorsi ma sui quali ancora non si vede nessuna posa della “prima pietra”, la vetustà delle condotte fognarie e infine, ma non per ultimo, il disinteresse pressoché totale verso il mondo dello sport di ogni genere e grado, abbandonato al proprio destino (a proposito, non si parla più nemmeno della realizzazione del palazzotto dello sport).
E’ chiaro che nessuno ha la bacchetta magica e che in tempi di federalismo, le risorse non solo continuano a scarseggiare ma rischiano di ridursi sempre di più. Quindi, a maggior ragione per questo motivo, andrebbero limitati gli sprechi di denaro pubblico…
Dai banchi dell’opposizione è quasi sempre il consigliere comunale autonomo ed indipendente Pippo Turco ad alzare i toni della discussione mentre il neo assessore Fabio Leonte sembra essere diventato il vero punto di riferimento della squadra assessoriale voluta da Vito Bono.
Durerà? Può darsi anche se è lecito attendersi nuove richieste e movimenti. Le sedie dell’aula consiliare Falcone – Borsellino continuano ad essere parecchio mobili: chi si sposta in maggioranza, chi se ne va all’opposizione, chi è indipendente e un po’ sta con gli uni e un po’ con gli altri. Insomma come si suol dire la questione è in itinere.
La settimana scorsa lo scontro politico si è fatto particolarmente aspro a causa del duello mediatico tra l’assessore al personale Alberto Sabella (Fli) e il capogruppo del Partito Democratico Simone Di Paola. Tra i due litiganti si è inserito anche il segretario cittadino della CGIL Franco Zammuto, anche lui adirato con Sabella. Motivo del contendere le dinamiche del lavoro a Sciacca. Da un lato si è chiesto, nel limite del possibile, di far lavorare e favorire i cittadini saccensi dall’altro si è sottolineato che non si può aggirare la legge e dall’altro ancora si è invocato la stipula di un protocollo d’intesa tra le parti sociali. Giorni di frementi dichiarazioni e poi tutto torna nel silenzio, disoccupati compresi. I protocolli d’intesa sono sicuramente un ottimo veicolo per promuovere la sinergia d’intenti tra più persone ed enti. Ancora più importante è che questi protocolli funzionino e vengano messi in atto.
La questione lavoro a Sciacca è ormai drammatica. La disoccupazione è in aumento, la sicurezza sul lavoro in diminuzione così come i salari, e anche i lavoratori in nero non mancano nonostante i controlli e gli inviti al rispetto delle leggi e dei diritti.
Politica ma non solo. Mentre il gruppo Fli si fa più solido con Carlino, Assenzo e Fruscia, si avvia alla scomparsa il gruppo consiliare dei Leali per Sciacca, un progetto evidentemente al quale nemmeno gli stessi promotori hanno creduto fino in fondo se è vero, com’è vero, che Michele Patti ha, ufficiosamente, aderito a Forza del Sud e che Paolo Gulotta dovrebbe andare al Pd. Resta in bilico Sandullo, in attesa della sentenza del processo Scacco Matto. Anche lui potrebbe aderire a Forza del Sud anche se, la sua storia consiliare di questi mesi, lo aveva descritto abbastanza sodale all’attuale maggioranza. Sembrerebbe strano adesso un suo salto verso i banchi dell’opposizione. Ma del resto in politica così come nella vita tutto è possibile.
Pd, Fli e Mpa alla guida della città di Sciacca. Un progetto che ha in pratica anticipato quello che poi sarebbe successo alla guida della regione siciliana e della provincia di Agrigento. Fli ed Mpa, con l’aggiunta dell’Api di Rutelli, costituiscono inoltre il cosiddetto Terzo Polo che, in Sicilia, potrebbe allargarsi anche all’Idv di Di Pietro ed a Sel di Nichi Vendola. Le dinamiche comunque sono piuttosto variabili ed ogni giorno sembrano registrarsi movimenti o scossoni pronti a scompaginare le carte in tavola.
Sabella, Leonte, Vecchio, Fazio, Ferrara e Brunetto: rimarranno questi fino alla fine gli assessori in carica della giunta capitanata dal sindaco Vito Bono? Si apriranno nuove fasi tecniche? Il sindaco saprà rispondere alle accuse che lo vogliono poco indipendente dai meccanismi della politica?
Intanto durante l’ultimo consiglio comunale si è avuto il via libera dal consiglio di Sciacca alla proposta di delibera riguardante il cambiamento del nome alla città da “Sciacca” a “Sciacca Terme”. Ventiquattro i consiglieri presenti, ventitre i favorevoli, uno astenuto, il consigliere Michele Patti. Quest’ultimo, nel corso di un articolato dibattito, ha posto l’accento ai costi a cui si va incontro con il referendum, che ci sono anche in caso di accorpamento con i referendum nazionali. Patti ha parlato ancora una volta delle difficoltà finanziarie del Comune, della necessità di ridurre le spese e di tantissime situazioni di disagio sociale che si vivono in città, come confermato dai dati diffusi dalla Caritas. Il dibattito è stato quindi incentrato sulla valorizzazione delle Terme, che deve andare al di là del cambiamento del nome alla città. Pur con tutta una serie di distinguo di carattere politico, il punto è passato e adesso la delibera verrà trasmessa alla Regione che deve dare il suo parere e possibilmente fare svolgere il referendum in concomitanza con quelli nazionali, allo scopo non solo di ridurre i costi, ma anche di evitare di non raggiungere il quorum.
Un importante pietra dunque è stata posta lungo l’iter che dovrebbe portare al cambio di denominazione della città, un primo passo, non l’unico, affinché Sciacca torni a promuovere le terme e tutte le risorse che tantissimi altri centri ci invidiano.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

giovedì 3 febbraio 2011

Iter biblici e pathos politici a Sciacca

Prima seduta del 2011 per il consiglio comunale di Sciacca alle prese con iter lunghi e farraginosi come quello dell’approvazione di una nuova struttura commerciale e quello della nascita di una chiesa evangelica pentecostale. Intanto continuano i movimenti politici all’interno dei vari partiti


Slitta ancora l’approvazione della variante di destinazione d’uso dell’ex sala Bingo di Sciacca, dove la catena Penny Market, dovrebbe e vorrebbe aprire una nuova struttura commerciale. Il consiglio comunale di Sciacca, durante l’ultima seduta, ha approvato invece il progetto della nuova chiesa Evangelica Pentecostale ed un piano di lottizzazione. Questi i punti essenziali del primo appuntamento del nuovo anno col consiglio comunale in carica.
Una sospensiva, della durata di 30 giorni, finalizzata ad ottenere ulteriori chiarimenti dall’assessorato regionale al commercio. E’ quanto ha chiesto ed ottenuto il gruppo consiliare del partito democratico in ordine al progetto per la realizzazione, nell’ex sala Bingo di via Pompei, di una nuova struttura commerciale, della catena Penny Market, gruppo tedesco presente in Europa con 2980 punti vendita.
Il punto era nuovamente all’esame del consiglio comunale di Sciacca, supportato dei necessari pareri e autorizzazioni di rito.
Arrivati a questo punto dell’iter, oramai dovrebbero esserci tutti i presupposti per l’approvazione del progetto, ha detto l’assessore all’urbanistica Fabio Leonte, ricostruendo tutto il percorso dell’istanza. Come si ricorderà l’istanza era stata rigettata nell’agosto del 2009, ma era stata riproposta dal gruppo attraverso lo sportello unico che consente di snellire e accelerare le procedure per ottenere l’autorizzazione.
“Mi rendo conto che una nuova struttura complica la situazione relativa al commercio e alla crisi del comparto che si registra anche a Sciacca, ha concluso l’assessore Leonte, ma non possiamo andare contro legge. Lascio al consiglio la patata bollente, ha concluso Leonte, anche di fronte alla presenza in aula di una nutrita delegazione di commercianti saccensi che non hanno interferito sui lavori consiliari, limitandosi a consegnare il documento con il quale, sostanzialmente, si chiede il blocco delle licenze.
La crisi del comparto infatti è sostanziale e concreta, il diffondersi di grandi strutture commerciali, da un lato permette nuove assunzioni, all’altro mette in crisi le piccole attività e i lavoratori delle stesse. Insomma un bel vicolo cieco.
Anche l’ufficio tecnico, attraverso il dirigente, l’architetto Bivona, ha evidenziato la regolarità del progetto per la nuova struttura commerciale nell’ex sala Bingo. Ma il partito democratico, con i consiglieri Fiorino e Sabella, ha fatto leva sulla necessità di ottenere per iscritto dall’assessorato regionale al commercio l’indisponibilità di aree commerciali nel piano ASI, nonostante l’ufficio tecnico l’avesse già appurata seppure informalmente, proponendo dunque una sospensiva del punto che è passata con 11 voti favorevoli. Hanno votato contro i consiglieri di opposizione ritenendo non più rinviabile la trattazione del punto e addirittura dannosa. Il rischio hanno sottolineato Ignazio Bivona, Fabrizio Di Paola, Gianluca Guardino e Gioacchino Settecasi, è che, di fronte ad un atteggiamento dilatorio, arrivi alla fine un commissario ad approvare il progetto, spogliando il consiglio di tale prerogativa.
Se ne saprà di più dunque tra 30 giorni.
Via libera invece al progetto per la realizzazione della nuova chiesa evangelica pentecostale in contrada Ferraro, altro iter pendente da tempo. Si tratta di un’istanza che risale all’ormai lontano 2004, quando il comune mise a disposizione l’area. E’ l’esempio lampante di una burocrazia lunga e farraginosa, ha evidenziato l’assessore Leonte, non si può far altro che approvare all’unanimità il punto. In realtà si sono astenuti 4 consiglieri: Ambrogio, Fiorino, Gulotta e Michele Patti, segnale che non tutti sono stati d’accordo con le parole dell’assessore.
Per la realizzazione della nuova chiesa evengelica pentecostale al Ferraro, pare manchi un ultimo via libera dalla regione. Si tratta di un’opera che verrà realizzata con le donazioni dei fedeli e che si conta di avviare al più presto.
Approvato anche un piano di lottizzazione in contrada San Marco che porterà alla realizzazione di 13 villette. E come spesso è successo in passato, si sono riaperte le polemiche sui piani di lottizzazione a San Marco. Una zona eccessivamente cementificata, alle prese con gravi problemi di strade e fognature, ha evidenziato ad esempio il consigliere Vincenzo Patti. I soliti discorsi, hanno replicato i colleghi Bivona, Friscia e Bono. La miccia era stata accesa, tra l’altro dal consigliere Pippo Turco che ha attaccato, per l’ennesima volta, pesantemente l’amministrazione sui piani di lottizzazione e sul piano regolatore, provocando l’accesa reazione dell’assessore Leonte.
Il consiglio è stato aggiornato a giovedì 4 febbraio. Si discuterà la relazione annuale del sindaco Vito Bono. Primi appuntamenti anche con i question time, entrati in vigore dopo l’approvazione del nuovo regolamento comunale.
Intanto Sciacca risente dei movimenti e degli spostamenti politici che avvengono a livello provinciale, regionale e nazionale. Si rafforza la compagine di FLI che, dopo gli ingressi dei consiglieri Carlino e Assenzo, si arricchisce della presenza del veterano Agostino Fruscia, ex manniniano dell’Udc. Ma non solo. Si potrebbe presto sfaldare il gruppo consiliare dei Leali per Sciacca poiché i 3 consiglieri che ne facevano parte stanno, o starebbero, per approdare verso nuovi lidi. Michele Patti ha aderito alla Forza del Sud, il nuovo partito voluto dagli onorevoli Miccichè e Cimino e che in consiglio può già contare sull’esperienza di Silvio Caracappa. Lo stesso percorso dovrebbe intraprendere anche Mimmo Sandullo. Anche per lui si parla insistentemente di un approdo a Forza del Sud. Rimane Paolo Gulotta il quale invece molto probabilmente andrà ad ingrossare le fila del partito democratico. Quindi Friscia passa alla maggioranza dove rimarrebbe anche Gulotta mentre Michele Patti e Sandullo passerebbero all’opposizione. Di conseguenza cadrebbe l’ipotesi di assegnare entro marzo un assessorato al gruppo dei Leali per Sciacca i quali lo avevano richiesto prima di Natale mentre potrebbe chiedere una poltrona in più il leader di Fli a Sciacca, ossia Alberto Sabella, assessore al personale che, da questo tourbillon di spostamenti, ne esce rafforzato. E’ presto per parlarne ma appare complicato pensare che Pd o Mpa lascino di buon grado un posto di assessore per dare spazio ad un nuovo ingresso targato Fli. Nuovi problemi in vista dunque per il sindaco Vito Bono? Forse si o forse no. Del resto l’alleanza tra Pd, Fli e Mpa appare solida tanto a Sciacca quanto alla regione siciliana, ed anche il provincia D’Orsi sta per varare una nuova giunta costituita proprio da queste compagini, quelle che, in poche parole, formano il cosiddetto Terzo Polo.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

martedì 1 febbraio 2011

L'ombra della mafia sulla realizzazione dei lavori sulla SS115

Anche sulla realizzazione dei lavori sulla strada statale 115 si allunga l’ombra della mafia. Lo ha rivelato da tempo il pentito Calogero Rizzuto le cui deposizioni hanno riempito i verbali del processo Scacco Matto ormai giunto alle battute finali

Da lavoratore socialmente utile era diventato il boss di Sambuca di Sicilia e teneva rapporti con il capo assoluto di cosa nostra agrigentina Giuseppe Falsone.
Il suo “carisma” da mafioso dedito a controllare appalti e a pianificare estorsioni lo aveva portato a diventare il numero due del mandamento del Belice capeggiato dall’agronomo Gino Guzzo, che comprende anche grossi centri come Sciacca, oltre a Sambuca di Sicilia, Menfi, Montevago e Santa Margherita di Belice. Poi l’inchiesta “Scacco matto” della DDA di Palermo e dei carabinieri del comando di Agrigento sfociata nel luglio del 2008 in una trentina di arresti, gli ha sbarrato la strada. Adesso, da diversi mesi a dire il vero, il pentimento. Stanno sulla graticola i boss della cosa nostra belicina, e non solo.
Calogero Rizzuto, 49 anni, è il decimo pentito in provincia di Agrigento. Gli altri nove sono Giuseppe Sardino, Maurizio e Beniamino Di Gati, Pasquale Salemi, Alfonso Falzone, Giulio Albanese, Luigi Putrone, Ignazio Gagliardo e Giuseppe Vaccaro. Nell’inchiesta “Scacco matto” Rizzuto è tra i principali protagonisti.
Secondo le accuse, oltre ad essere al vertice della cosca sambucese, svolgeva anche funzioni di vice capo dell’intero mandamento coordinando le attività degli altri associati, organizzando e coordinando l’attività di estorsione e “messa a posto” delle attività produttive, intrattenendo rapporti anche con l’ex capo provinciale Giuseppe Falsone e con soggetti operanti al di fuori della provincia di Agrigento. Le indagini “Scacco matto” hanno permesso poi di svelare l’organigramma mafioso delle famiglie di Sambuca, Santa Margherita di Belice, Menfi, Sambuca di Sicilia (oltre che quelle di Sciacca e Burgio) e la commistione di interessi mafiosi ed imprenditoriali di alcuni soggetti operanti in questo territorio.
A definire agli inquirenti il ruolo di Rizzuto sono le intercettazioni telefoniche e ambientali che trovano riscontro nelle dichiarazioni del pentito di Naro Giuseppe Sardino, ex braccio destro di Falsone. Vari i reati che gli vengono contestati, per lo più come mandante di estorsioni e intimidazioni. Sardino parla anche di una riunione in cui Rizzuto ebbe il ruolo decisivo di dirimere una controversia sorta con il mandamento di Ribera (che comprende Burgio, Villafranca e Lucca Sicula) capeggiato dai Capizzi a proposito delle estorsioni sulla realizzazione della condotta idrica denominata Favara di Burgio. Pare che i Capizzi si fossero impossessati di una somma che non gli spettava e che avrebbero dovuto restituire al mandamento belicino. Di questo e altro ancora sta parlando ai magistrati il nuovo pentito che promette un “terremoto” per le cosche agrigentine e che, evidentemente, viene considerato affidabile dagli inquirenti.
Un troncone del processo “Scacco Matto”, la cui sentenza è prevista entro fine mese e che si sta celebrando al tribunale di Sciacca, riguarda anche le tangenti che sarebbero state pagate dalle ditte appaltatrici per eseguire dei lavori sui nuovi anelli stradali della SS115, inaugurata non più tardi di una settimana fa alla presenza dei ministri Altero Matteoli e Angelino Alfano.
Rizzuto parla anche di questo nelle sue dettagliate deposizioni. Della statale 115 e di come non si muova foglia, o colata di cemento fate voi, che la mafia non voglia.
Tenendo ben presente che le fasi processuali non si sono ancora concluse, che tutti gli imputati devono godere della presunzione di innocenza fin quando non scatta la condanna e che si attendono le decisioni dei giudici ai quali i pm hanno chiesto l’ammontare di 384 anni di carcere per i 20 imputati, le cose non stanno per come le aveva dipinte il ministro Alfano che aveva parlato di “appalto pulito e lavori realizzati a regola d’arte senza l’ombra di una tangente.”
Ed è strano che nessuno tra i tanti avvocati presenti quel giorno all’inaugurazione abbia avuto la voglia, o la possibilità, di avvertire il ministro dell’abbaglio che aveva appena preso.
Giusto un anno fa, l’imprenditore saccense Salvatore Fauci e il responsabile del cantiere della Sigenco Salvatore Paternò venivano iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di favoreggiamento aggravato all’associazione mafiosa. Avrebbero pagato il pizzo senza denunciare i fatti alle autorità giudiziarie. Sono le risultanze delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Calogero Rizzuto rese nel corso dell’udienza nel processo “Camaleonte”.
“La ditta Fauci - ha rivelato - per le sue lavorazioni si avvaleva di un’impresa di movimento terra. Falsone impose a Fauci la ditta di Stefano Morreale. In effetti questi, per qualche mese, lavorò nei tre stabilimenti. Fauci, nonostante qualche rimostranza fu costretto ad accettare l’imposizione di Falsone”. Per la Sigenco, Rizzuto, fa riferimento ai lavori sulla SS 115 per la realizzazioni di svincoli e sottopassaggi.
Lo scorso 15 settembre, la Dda comunica la collaborazione di Calogero Rizzuto, ritenuto vice capo mandamento. Il salto del fosso del sambucese costituisce una novità di grosso rilievo in questa parte della provincia. Infatti è la prima volta che si registra la collaborazione da parte di un personaggio
della mafia. All’impianto accusatorio della Dda, ricco di particolari grazie ad una massiccia azione investigativa dei carabinieri, si aggiungono conferme e particolari nuovi proprio in conseguenza delle confessioni di Rizzuto.
Un racconto lungo e che riempie diverse centinaia di pagine nelle quali vengono descritte le estorsioni, spiegati alcuni omicidi, rivelati le tangenti chieste su lavori pubblici. Dalla condotta idrica Favara di Burgio, ai lavori sulla strada statale 115 inerenti la messa in sicurezza e aggiudicati dalla Si.gen.co. La descrizione della spartizione del territorio, le forniture del calcestruzzo. Ma anche litigi all’interno delle famiglie come il contrasto tra lo stesso Calogero Rizzuto e i Capizzi.
Un contrasto che, secondo quanto racconta Rizzuto, si acuisce al punto tale da indurre quest’ultimo a collaborare con la giustizia, anche perché teme di essere ucciso dai Capizzi. Ma il fiume in piena di Calogero Rizzuto va oltre e sono previsti nuovi sviluppi. Infatti, moltissime pagine delle confessioni contengono omissis che hanno generato nuove investigazioni in corso.
Spartizione del territorio, cemento, movimento terra, distribuzione dei mezzi, pizzo, personale da assumere “obbligatoriamente”: questo è il quadro disegnato dai collaboratori e sui quali stanno lavorando le forze dell’ordine.
Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, in buona fede, probabilmente si è lasciato andare in un eccesso di ottimismo. Forse non sa o nessuno ha ritenuto doveroso informarlo. Il ministro ha detto, tra le altre cose, “non credo, né ho sentito parlare, di tangenti e mazzette e tutto si è svolto a regola d’arte sotto ogni punto di vista”, facendo riferimento ai lavori di messa in sicurezza della SS 115 sul territorio di Sciacca.
Il processo “Scacco Matto”, che si sta concludendo a Sciacca e che si celebra con rito ordinario (quello con il rito abbreviato si è concluso a Palermo lo scorso febbraio 2009 con condanne pesanti e qualche assoluzione), evidenzia aspetti diversi. Ci sono fiumi di verbali dell'ex reggente del mandamento di Sambuca di Sicilia, Calogero Rizzuto, poi diventato collaboratore di giustizia (settembre 2009) che parlano di pizzo e imposizione di forniture di cemento, mezzi e manodopera, alla Sigenco, da parte della presunta cosca mafiosa. Sarebbe bastato dare un’occhiata al verbale di interrogatorio del 25 settembre 2009, redatto alle ore 15,45 circa e reso dal collaboratore di giustizia Calogero Rizzuto al sostituto procuratore della Dda di Palermo Rita Fulantelli per sgombrare ogni dubbio. Ci sono intercettazioni del 5 maggio 2006 e del 3 novembre 2006. Proprio quelle intercettazioni per le quali da tempo si auspicano limitazioni su limitazioni, cosa che rappresenterebbe una mannaia per le indagini e le fonti investigative. Tra la carte troviamo anche un rinvio a giudizio del capocantiere per favoreggiamento perchè avrebbe omesso di denunciare le estorsioni. I processi devono concludersi e ci sembra giusto attenderne l’esito.
Nel mentre ci chiediamo anche: ma se con la conclusione di questi lavori la statale 115 è più sicura, perché i ministri sono arrivati con l’elicottero?
Sicuramente i cittadini saccensi e di tutto il circondario ringraziano i ministri della Repubblica Italiana per essere venuti ad inaugurare questo pezzo di strada (o di sottopassaggio, che fa più chic). Adesso tutti possiamo essere soddisfatti: sul territorio abbiamo l’autostrada e le ferrovie, per andare a Catania impieghiamo solo 4 ore, per andare a Messina altre 4, per andare a Palermo o con la ditta Gallo o a piedi, mancavano solamente questi svincoli ma ora abbiamo tutto.
Quando solo si inizierà a parlare di queste cose, chi verrà? Sicuramente non basterenno tutte le più alte cariche istituzionali del nostro Stato. Ci dovremo fare prestare qualche presidente di un’altra Repubblica.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"