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martedì 4 agosto 2009

La sanità agrigentina è in ginocchio

L’ospedale di Agrigento San Giovanni Di Dio è stato posto sotto sequestro dalla guardia di finanza e dovrà essere sgomberato entro un mese. Saranno circa 1400 le persone, tra addetti, medici, malati, infermieri, che dovranno lasciare il nosocomio nell’attesa di capire come la situazione si evolverà. A quanto pare l’ospedale, seppur nuovo, presenta un’ elevata mancanza di sicurezza soprattutto in caso di attività sismica anche perché, dagli accertamenti, risulta essere stato costruito col cosiddetto cemento depotenziato, ossia con una percentuale di sabbia presente nel calcestruzzo ben oltre il limite consentito. Il cemento depotenziato è chiaro costa di meno e consente maggiori introiti. Ben ventidue persone tra tecnici, funzionari, progettisti, manager, imprenditori, risultano iscritti nel registro degli indagati mentre i reati ipotizzati sono quelli di truffa, abuso d’ufficio, favoreggiamento, omissione di atti d’ufficio nonché associazione per delinquere. Il dispositivo è stato emesso dal Gip Alberto Davico, che ha accolto la richiesta del procuratore della Repubblica, Renato Di Natale, dall'aggiunto Ignazio Fonzo e del sostituto Antonella Pandolfi e eseguito dalle Fiamme gialle di Agrigento, al comando del tenente colonnello Vincenzo Raffo.
Il nosocomio dunque, dopo le dovute perizie tecniche e controlli, è stato dichiarato inagibile e, se si provasse che l’utilizzo del cemento depotenziato è stato esteso alla costruzione dell’intero complesso ospedaliero, l’unica soluzione potrebbe essere quella dell’abbattimento della struttura pericolante ed instabile. Ancora una volta quindi la Sicilia e soprattutto la provincia di Agrigento salgano agli altari della cronaca ed alla ribalta per vicende che hanno del grottesco, per vicende attraverso le quali si comprende sempre meglio perché la nostra provincia viene classificata all’ultimo posto in merito alla qualità della vita. Mentre il legale rappresentante dell'azienda ospedaliera è stato nominato custode dell'immobile sequestrato, ci si chiede quale sarà il futuro dell’ospedale di Agrigento: tra le ipotesi al vaglio c’è anche quella di riportare il tutto nella vecchia struttura, quella utilizzata prima che venisse aperto il San Giovanni Di Dio, inaugurato solamente cinque anni fa, e che attualmente viene utilizzato dalla regione per alcuni suoi uffici. "Siamo stati costretti a richiedere il sequestro e lo sgombero dell'ospedale perché fra l'interesse all'assistenza ospedaliera ad Agrigento e il rischio di un evento imprevedibile che potesse compromettere le fondamenta e l'intera struttura e dunque l'incolumità di chi al nosocomio lavora e di chi vi è ricoverato abbiamo ritenuto preminente quest'ultimo". Lo ha detto il procuratore di Agrigento Renato Di Natale che sostiene di essere naturalmente "fortemente amareggiato". E’ ancora troppo fresco il ricordo del terremoto d’Abruzzo per non fare comparazioni potenziali tra le due vicende. Anche in quel caso la maggior parte degli edifici privati e pubblici sono crollati non perché il terremoto, pur violento, fosse stato così particolarmente devastante ma perché le strutture erano state messe in piedi di fretta, con lavori non esattamente regolari e soprattutto con l’utilizzo di cemento tarocco e di poche staffe di ferro. Questo è un problema dunque nazionale e la Sicilia non poteva restarne indenne. "Quello di Agrigento non è caso isolato. C'é in Italia un lungo elenco di opere pubbliche a rischio cemento taroccato, un business sul quale la mafia ha evidentemente messo le mani". Lo ha detto il vice presidente di Legambiente Sebastiano Venneri. Lo scenario appare inquietante e il quadro che si paventa è quello di aver appena smosso le acque in superficie mentre ancora tanti edifici si nascondono sotto la coltre di una sicurezza che invece non esiste. Tra le opere pubbliche al vaglio della magistratura per calcestruzzo depotenziato, afferma Legambiente, ci sono anche il nuovo padiglione dell'ospedale di Caltanissetta, gli aeroporti di Palermo e di Trapani, il viadotto Castelbuono e la galleria Cozzo-Minneria dell'autostrada Palermo-Messina, il lungomare di Mazara del Vallo, il porto turistico di Balestrate, l'approdo di Tremestieri di Messina e il porto Isola - Diga Foranea di Gela. Anche addirittura il palazzo di Giustizia di Gela e il commissariato di Polizia di Castelvetrano. Le indagini devono ancora completare il loro corso ma sin da ora possiamo chiederci: in che paese viviamo? In un paese che, per il Dio Denaro, venderebbe e sacrificherebbe la vita anche dei malati e di chi è preposto alle loro cure? Dove si sta arrivando?
La vicenda è ancora in itinere e la giustizia ancora deve fare il proprio corso. La società che ha realizzato la costruzione di questo edificio è la “Campione Industries S.p.A.” La stessa società ha gestito anche la costruzione del nuovo ospedale di Sciacca, dell’ufficio delle Poste di Sciacca, dell’ospedale di Ribera, dell’ospedale di Enna, del Palacongressi di Agrigento e di tanto altro ancora nell’hinterland e non solo. Naturalmente questo non sta a significare proprio nulla poiché, magari, tutte le altre strutture sono state messe in piedi a regola d’arte. Ma, data la situazione di emergenza e la potenziale pericolosità in un territorio che tutti sappiamo essere ad elevato rischio sismico, una verifica a tappeto delle principali strutture pubbliche della nostra provincia di Agrigento e di Sciacca non sarebbe per nulla deleteria anche perché, inoltre, la data di costruzione di molti di questi edifici coincide: sono stati costruiti nello stesso periodo e nello stesso arco di tempo. Le autorità competenti di certo saranno prendere tutte le misure cautelative del caso. Nella speranza che tutto sia andato negli anni per il verso giusto e di non fare altre brutte sorprese. Di vergogna ne abbiamo già provata sin troppa.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

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