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mercoledì 8 ottobre 2008

Vittime della Mafia, Vittime dell'Antimafia


Si è tolto la vita gettandosi da un viadotto dopo aver lottato a lungo contro la mafia della sua città, Messina. E' morto così Adolfo Parmaliana, 50 anni, noto e stimato docente universitario, autore di numerose denunce contro le cosche. In una lettera avrebbe denunciato una sorta di complotto ordito contro di lui dai vertici della procura di Barcellona Pozzo di Gotto che, recentemente, l'aveva rinviato a giudizio per diffamazione.
Nella missiva, sequestrata dai carabinieri, il professore - un passato attivissimo nel Pci, prima, e poi nei Ds - avrebbe denunciato una sorta di complotto ordito contro di lui dai vertici della procura di Barcellona Pozzo di Gotto. "Per lui è stato un colpo durissimo - dice il suo legale, l'avvocato Fabio Repici - Si è sentito tradito dalla giustizia".
Nella lettera, Parmaliana punterebbe il dito contro una sorta di "cupola giudiziaria" colpevole, in passato, di avere ignorato le sue denunce su collusioni tra cosche e insospettabili amministratori; ora di averlo punito con un rinvio a giudizio illegittimo, proprio per le battaglie di legalità combattute anche contro certa magistratura. Il docente avrebbe dovuto rispondere davanti ai giudici delle accuse mosse all'ex vicesindaco di Terme Vigliatore, paese in cui viveva, e di due manifesti affissi in paese dopo lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose.

(da tgcom.it)



La Procura della Repubblica di Viterbo ha riaperto le indagini su un «giallo» tutto siciliano, perché la morte del giovane urologo Attilio Manca di Barcellona Pozzo di Gotto, archiviata come decesso per droga, è in effetti un chiaro omicidio di mafia. E che mafia, perché chiama in causa il boss dei boss Bernardo Provenzano. Attilio Manca, 34 anni, urologo all'ospedale di Viterbo, venne trovato morto nel suo appartamento della cittadina laziale il 12 febbraio 2004. Aveva sul braccio sinistro i segni di due iniezioni di eroina. Per gli inquirenti la morte era dovuta a una overdose. E invece non quadrava nulla, perché il medico non aveva mai fatto uso di stupefacenti, e poi era mancino: come avrebbe potuto farsi quelle iniezioni sul braccio sinistro? Inoltre aveva il volto tumefatto, il setto nasale deviato e numerose escoriazioni, il corpo era stato trovato in un lago di sangue. Un'indagine meno superficiale avrebbe dovuto far sospettare l'omicidio.Perché dovevano uccidere il giovane medico? Tutto lascia supporre che era un testimone scomodo. Provenzano aveva grossi problemi alla prostata, aveva trovato nascondiglio nella zona di Barcellona Pozzo di Gotto protetto dalla mafia locale. Di certo nei giorni in cui il boss veniva operato in una clinica di Marsiglia il dottor Attilio Manca si trovava nella città francese. Molti indizi lasciano credere che Manca abbia assistito all'operazione cui si sottopose Provenzano. Attilio Manca era stato uno dei primi in Italia a fare un'operazione alla prostata per via laparoscopica, era dunque un esperto, nonostante la sua giovane età, e questo perché era stato un anno a Parigi per apprendere bene questo tipo di intervento.Racconta la madre Angela Gentile: «Che mio figlio fosse a Marsiglia il giorno in cui si operava Provenzano non ci sono dubbi, perché ci telefonò lui stesso. In quella telefonata ci disse anche una cosa strana: "Mamma, dacci un'occhiata alla mia moto che è nella casa a mare di Tonnarella". Abbiamo fatto vedere la moto, ma era perfettamente funzionante. Cosa ci voleva dire? Negli ultimi tempi era cambiato, era diventato acido, le nostre conversazioni ridotte al minimo. Anche un suo collega, il dottor Fattorini, che lo aveva visto depresso se l'era portato in campagna. Gli aveva chiesto cosa lo turbasse e lui aveva risposto: "Non te lo posso dire". E quando Fattorini gli consigliò di parlare almeno ai genitori, lui rispose che erano troppo lontani e che certe cose non si potevano dire per telefono. Credo che non ci abbia detto niente per tenerci al riparo da un possibile coinvolgimento».Ma perché il dottor Attilio Manca sarebbe stato indotto a partecipare all'operazione di Provenzano? «Secondo me - dice ancora la madre - lui non sapeva che si trattava di un boss, altrimenti non ci sarebbe mai andato. Era stato più volte a Parigi, ma per apprendere, non era mai stato all'estero per partecipare ad un'operazione. Qualcuno deve averlo convinto a recarsi a Marsiglia per assistere un paziente. Quando poi ha capito di cosa si trattava sono cominciati i tormenti e lo hanno tolto di mezzo in maniera sbrigativa. Tra l'altro, uccidendolo a Viterbo, hanno evitato che del caso si interessasse una Procura siciliana. Le indagini sono state frettolose, sarebbe bastato vedere i tabulati dei telefonini per accertare che Attilio era a Marsiglia negli stessi giorni di Provenzano e che questo semplice fatto meritava un approfondimento. E poi, se era mancino, come si spiegavano quei due buchi sul braccio sinistro? E perché tutto quel sangue? Ho fatto tre appelli al procuratore nazionale Pietro Grasso che non ha risposto. Ho sollecitato pure la Procura di Palermo, che indagando su Provenzano avrebbe potuto occuparsi della strana morte di mio figlio. Ora spero che con la riapertura delle indagini si sappia la verità, perché quel qualcuno che ha convinto mio figlio di andare a Marsiglia deve avere un nome e un cognome. Questo è un delitto di mafia che è stato mascherato da morte per overdose e su cui per più di quattro anni era calato il silenzio».
(da antimafiaduemila.com)
C’è anche la questione di due telefonate che misteriosamente non risultano. La prima, fatta l’8 febbraio dalla madre al figlio, e la seconda, l’ultima telefonata fra il medico e i genitori, l’11 febbraio, prima confermata dalla polizia e poi “scomparsa” dai tabulati.«L’ultima telefonata di Attilio – ricorda la madre – fu molto strana. Ci chiese se potevamo riparare la sua moto che teneva nel garage di Tonnarella, una frazione vicina. Quando, dopo la sua morte, abbiamo fatto controllare la moto, ci siamo accorti che funzionava perfettamente: forse era un messaggio in codice per dirci che era a due passi da casa nostra, ma non poteva vederci. E perché questa telefonata è scomparsa dai tabulati?». Gli inquirenti hanno parlato di «errore di data comprensibile, visto il dolore di una madre, dovuto alla perdita di un figlio, che può facilmente confondere il giorno in cui l’ha sentito per l’ultima volta». Insomma, si tratterebbe solo dell’allucinazione di una madre molto provata. E anche della telefonata dell’8 febbraio nei tabulati non c’è traccia. Dunque, ancora allucinazioni.
«Alla Procura di Viterbo – sostengono i genitori – della morte di nostro figlio non se ne occupa nessuno. Nessuna indagine seria è stata fatta. La polizia non ha mai cercato le telefonate misteriosamente scomparse. Il procuratore Petroselli, titolare del caso, ci ha sempre detto che “non c’è niente”, che nostro figlio è morto di overdose. Punto». A loro fa eco l’avvocato Fabio Repici, che si occupa da anni anche dell’omicidio di Graziella Campagna, la diciassettenne di Saponara (Me), impiegata in una tintoria, uccisa dalla mafia nel 1985 per aver trovato in una camicia da lavare un documento che non avrebbe dovuto leggere (si veda «Narcomafie» 12/05. ndr.): «Hanno già tentato due volte di archiviare il caso: la prima, nel maggio 2005, il Gip ha accolto la nostra richiesta e ha ordinato al Pm di effettuare le indagini richieste, cioè controllare i tabulati telefonici, non solo di Attilio, ma anche di alcuni personaggi barcellonesi; integrare l’autopsia per verificare con esattezza l’ora (mai accertata) e le cause della morte; effettuare l’analisi del dna dei mozziconi di sigarette trovati in casa di Attilio il giorno della sua morte. Di tutto ciò è stato fatto poco o niente, neanche l’analisi del dna delle impronte sulle siringhe. E in compenso è partita la seconda richiesta di archiviazione, alla quale, ovviamente, ci siamo opposti e per cui aspettiamo risposta. La verità – incalza l’avvocato – è che tutte le tracce portano a Barcellona, sia per il molto che si sa su ciò che è avvenuto dopo la morte di Attilio, sia sul poco che si sa su ciò che è accaduto prima. Non si sa niente delle sue ultime 30 ore, ma qualcosa deve pur aver fatto. Nessuno però alla Procura si interessa di questo».
«Dopo un anno dalla morte di Attilio – spiega la madre – non riuscivamo ancora a capire chi avesse potuto volere la morte di nostro figlio. Fino al 20 febbraio 2005, giorno in cui uscirono sui quotidiani le dichiarazioni intercettate dalla Procura di Palermo del mafioso Pastoia: Provenzano era stato operato alla prostata e un urologo era stato a trovarlo nel suo rifugio. Ecco la scintilla. Guarda caso, l’indomani Pastoia è stato trovato morto suicida in carcere. Poi abbiamo appreso dell’operazione alla prostata subita da Provenzano nell’ottobre 2003 a Marsiglia, e allora ci siamo ricordati che Attilio proprio in quel periodo era stato in Costa Azzurra e da lì ci aveva fatto ben due telefonate». Ricorda il padre: «Nella prima telefonata Attilio pareva nervoso, mi ha detto che era in Costa Azzurra per “vedere un intervento”, ma noi non gli abbiamo dato molta importanza. Nella seconda gli chiesi perché non andava a vedere Montecarlo, e lui mi rispose che si trovava dalla parte opposta, cioè dalle parti di Marsiglia, e che era molto impegnato. Peraltro, stranamente, di questo suo viaggio nessuno dei suoi colleghi sapeva niente. E poi, Attilio aveva sempre operato in Italia, come mai si trovava in Francia per “vedere un intervento”? Chi era il paziente che lo aveva spinto fino in Francia?».
Un’amica ha raccontato che a pranzo, il giorno prima della morte, Manca ha cambiato improvvisamente umore a seguito di una telefonata: era infastidito di dover incontrare in quei giorni delle persone. Insomma, il medico era di Barcellona Pozzo di Gotto, paese ad alta densità mafiosa, ed era l’unico in Italia, assieme al suo maestro Gerardo Ronzoni, a sapere operare la prostata per via laparoscopica. Secondo i genitori, non è escluso che sia stato costretto a visitare od operare Provenzano o qualche altro latitante e per questo sia finito ammazzato. Ucciso perché testimone scomodo.I genitori del medico vivono ormai emarginati. In paese hanno subito minacce, maldicenze, qualcuno ha tolto loro il saluto: tutto questo solo perché cercano giustizia e verità. Disperati per l’assenza di risposte positive dalla Procura di Viterbo, hanno anche scritto al Procuratore nazionale Piero Grasso chiedendogli un suo personale intervento. La loro è una battaglia impari e contro il tempo. «Abbiamo più di settant’anni – dicono – e non possiamo aspettare troppo per avere giustizia». (da narcomafie.it)



Dove non c’è libertà, non c’è sicurezza e prospettiva di futuro.



Sapete dove sono, conoscete i loro nomi e cognomi, ricordate la loro connivenza col malaffare. Fate il vostro dovere allora: andateli a prendere!
Si trovano dovunque, intorno a noi, in mezzo a noi, tra di noi, a Sciacca, nel Belice, nello Jato, a Palermo, nel Messinese, in Calabria, a Roma seduti comodi in molte poltrone del Parlamento, al confine con gli altri stati, in Germania, in America latina, molti di loro ci rappresentano, molti di loro sono all'interno della magistratura e dell'Antimafia. Fate il vostro dovere allora: andateli a prendere!

Blu Notte sulla mafia... buona visione

10 commenti:

Silvia ha detto...

Bellissimo post.
A leggerlo mi son venuti i brividi!

In un paese come la Sicilia si deve combattere contro la Mafia ma anche contro l'omertà eocntro la paura...

Ricordo però di aver sentito qualcuno schernire un bambino che aveva innocentemente fatto la spia per un qualcosa di poco conto, dicendo:

BUSCETTA BUSCETTA!!!

Questo dimostra che è una specie di "cultura" quella della mafia...Radicata nell'animo delle persone...

Fortunatamente non di tutte!

A presto :)

ღ Sara ღ ha detto...

credo che la mafia esisterà sempre purtroppo

se vai in America o in altri stati e dici di essere italiano ti etichettano subito come mafioso....purtroppo è cosi...
tante, troppe sono le vittime della mafia
chi sa non parla o fa finta di non sapere...e chi combatte contro la mafia fa la stessa fine di Parmaliana

Non esiste giustizia...

un kiss! Buona giornata!

^_^

Calogero Parlapiano ha detto...

care Silvia e Sara,
la mafia è una piaga, una vera malattia sociale ma abbiamo il dovere di pensare che tutto possa cambiare, altrimenti non avrebbe senso la vita..
perchè vivere in un mondo voluto dagli altri? e noi? cosa lasceremo del nostro passaggio?
forza e coraggio! la mafia è il male, noi siamo dalla parte del giusto.
a presto spero,
ciao e buona serata!

Ale ha detto...

concordo..bellissimo post...
in questi casi, o si sta zitti, o si urla con tutto il fiato in corpo..

sussurrare non è permesso...è bene non dimenticare questi straordinari personaggi..

Calogero Parlapiano ha detto...

grazie anche a te ale per il tuo importante contributo...
io sono e sarò sempre per l'urlare con tutto il fiato che ho in corpo...
buona serata e a presto.
ciao

Mary ha detto...

Ciao Calogero, brutta bestia la mafia, posso capire come ci si sente, i sentimenti che provano le persone oneste e sensibili nel vedere la propria terra invasa dall' "antistato".
Capisco perfettamente perchè provo ogni giorno su me stessa e lo vedo negli occhi dei miei concittadini onesti l'amarezza di vedere che questa guerra non la si finisce mai di combattere, per ogni"vittoria" pur piccola vinta dalla legalità rinasce subito dopo il "drago mostruoso" pronto a ristabilire il disordine, la prepotenza,l'illegalità.
E' dura, molto dura non perdere la speranza.
Ma io , come te, non abbandono la convinzione che ce la possiamo fare, che un giorno, finalmente, pur se stanchi saremo liberi di passeggiare sulla nostra terra a piedi nudi per assaporarne la freschezza, a testa alta incontro all'aria che profumerà di libertà!!
"La mafia è un fenomeno umano e,come tale,destinato a finire" Giovanni Falcone.
Allora i nostri eroi, dal cielo ci sorrideranno e, forse,Parmaliana,finalmente saprà che il suo sacrificio non è stato inutile. E sarà un gran bellissimo giorno.
Sto sognando? Beh, mi piace sognare!!!!
Ciao!!!!

Pino Amoruso ha detto...

Ciao Calogero di Adolfo Parmaliana ho parlato anch'io. Non conoscevo e mi ha lasciato sconcertato la storia dell'OMICIDIO del dott. Attilio Manca. Nessun Magistrato disposto a far luce???
Che amarezza!!!

Buona giornata ;)

Calogero Parlapiano ha detto...

grazie Miryam e Pino per i vostri importanti commenti.
a volte l'antistato si confonde con lo stato e nessuno decide cosa fare..
la mafia deve essere debellata, i suoi esponenti arrestati. basta la volontà di farlo.
a presto,ciao

Silvia ha detto...

Buondì :)

Calogero Parlapiano ha detto...

ciao Silvia,
buongiorno e buona giornatapure a te.:-)