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venerdì 31 ottobre 2008

Critica e Contratto Sociale


MILANO - Di fronte a una realtà che assomiglia sempre più a un 'inferno dorato', un 'Helldorado', come hanno battezzato il loro nuovo album, i Negrita scelgono la strada della "critica sociale". "Ci siamo tolti la cappa lattiginosa che, negli ultimi anni, ha indossato la società italiana dove - spiega Pau - sembra che non si possa più criticare niente e nessuno". Ma "se non si mette mai in discussione ciò che il potere impone dall'alto - avverte il cantante - si rischia tutti". Per questo, "se anche altri artisti tirassero fuori il coraggio di portare certi argomenti all'attenzione della massa, o anche solo di una nicchia - sbotta - avremmo tutti da guadagnarci". Il panorama della protesta italiana, alla band aretina, appare desolante: "Lorenzo Jovanotti dice qualcosa in 'Safari', Fabri Fibra nel pezzo 'In Italia'", ma l'elenco finisce lì. Per loro, la strada della critica non è esattamente nuova, "ma prima eravamo più velati, oggi siamo più adulti, abbiamo più consapevolezza e voglia di sentirci più significativi". E poi, "quando scrivi delle cose a 40 anni speri di riconoscertici anche tra 10, nella nostra carriera - ammette Pau - abbiamo scritto anche delle 'cagate', ma non intendiamo ripeterci". La nuova vena di protesta del gruppo toscano affiora in brani come 'Il ballo decadente', con la distanza tra politici e paese reale, 'Radio conga', contro lavoro nero e finte illusioni, 'Il libro in una mano, la bomba in un'altrà sul dogmatismo del Vaticano, la politica imperialista americana e la deriva integralista islamica. Ma in 'Helldorado', "non c'é solo critica, ma tanta voglia di voltare pagina". "Del disco, alla fine - continua Pau, scherzando con il titolo del primo singolo - rimane in mente il rumore della felicità, che é un po' il sapore di tutto l'album". Perché i Negrita non ci tengono affatto a essere catalogati come un gruppo 'kombat': "non lo siamo, forse lo sembriamo, ma - interviene il chitarrista Drigo - è solo perché cantiamo cose di cui nessuno parla, almeno da quando ci siamo abituati a ritenere veritiero ciò che leggiamo sui giornali e nel web". Non a caso, una della canzoni più 'toste' dell'album, 'Il libro in una mano, la bomba in un'altrà, nasce dalle riflessioni di un credente, lo stesso Drigo, che confessa amaramente di non trovarsi più a casa quando entra in chiesa. Così, in 'Salvation', i Negrita arivano ad auspicare una rivoluzione, "non armata, ma assolutamente necessaria perché ormai la realtà è del tutto 'aberrata', l'Italia - inveisce Pau - va completamente revisionata". Anche per questo, dallo scorso album 'L'uomo sogna di volaré, i Negrita non hanno più smesso di viaggiare, a partire dal Sudamerica. Hanno riempito il loro rock e i loro testi di contaminazioni linguistiche e musicali, ma soprattutto hanno scoperto che "da fuori si vede meglio l'Italia" e che spesso "il terzo mondo - concludono amari - è un esempio per il primo".
(da ansa.it)

La filosofia sociale è lo studio filosofico di questioni riguardanti il comportamento sociale e i rapporti tra gli individui.
Comprende svariati argomenti, dai processi cognitivi individuali alla legittimità delle leggi, dai contratti sociali ai criteri per le rivoluzioni, dalle funzioni delle azioni di ogni giorno agli effetti della scienza sulla cultura, dai cambiamenti nella demografia all'ordine collettivo di un nido di vespe. Si tratta di un campo molto vasto in cui ricadono differenti discipline tra cui la sociologia.
La filosofia sociale cerca di capire i percorsi, i cambiamenti e le tendenze delle società umane. Vi è un'area di sovrapponibilità considerevole tra le domande poste da questa dottrina e l'etica.
La forma più diffusa di questa filosofia è quella politica, che riguarda principalmente l'idea di stato e di forma di governo. (da wikipedia.it)

Grande e bello spettacolo veder l' uomo uscir quasi dal nulla per mezzo dei suoi propri sforzi; disperdere, con i lumi della ragione, le tenebre in cui la natura l'aveva avviluppato; innalzarsi al di sopra di se stesso; lanciarsi con lo spirito fino alle regioni celesti: percorrere a passi di gigante, al pari del sole, la vasta distesa dell' universo; e, ciò che é ancor più grande e difficile, rientrare in se stesso per studiarvi l'uomo e conoscerne la natura, i doveri e il fine.

"Bisogna studiare la società attraverso gli uomini, gli uomini attraverso la società: chi volesse trattare separatamente una politica della morale non capirebbe mai niente di nessuna delle due".

1. Nessun uomo ha l’autorità naturale sul proprio simile. Ne consegue che nessuna autorità può essere legittima, se è istituita o se viene esercitata senza il consenso di coloro che vi sono sottomessi.
2. L’autorità (sovranità) politica risiede essenzialmente nel popolo. Essa è inalienabile e il popolo non può affidarne l’esercizio a nessuno. Il singolo che rinunci alla sua libertà, rinuncia nello stesso tempo alla sua qualità di uomo. Così, un popolo che rinunci all’esercizio della sovranità con un patto di sottomissione, si annulla con quest’atto; ci sarebbero solo un padrone e degli schiavi. Le leggi sono l’espressione della volontà generale, e quando un uomo sostituisce la sua volontà a quella di un popolo, non c’è più un’autorità legittima ,ma un potere arbitrario. Poiché la legge non è che la dichiarazione della volontà generale, è chiaro che, nel potere legislativo, il popolo non può essere rappresentato.
3. Il governo o l’amministrazione dello Stato è solo un potère subordinato al potere sovrano ed è, nelle mani di coloro che lo detengono, un semplice mandato. Il governo cerca costantemente di sottrarsi all’autorità legislativa e tende a sostituire la propria volontà a quella del popolo nella amministrazione dello Stato. Quando ci riesce il patto sociale è infranto, ed i cittadini sono costretti, ma non obbligati ad obbedire.

La più antica delle società è la famiglia, lì il legame padre figlio, si articola solo nella necessità da parte del secondo all’aiuto del primo fino all’indipendenza, poi il loro legame si rimette alle possibilità dettate dall’affetto degli individui. La prima preoccupazione è la sopravvivenza ed il primo obbiettivo è quello di essere padrone di se stesso. C’è una differenza: nella famiglia, l’amore del padre per i figli lo ricompensa delle cure che prodiga loro, mentre nello Stato il piacere di comandare sostituisce l’amore che il capo non ha per i suoi popoli.

Tutti i servigi che un cittadino può rendere allo Stato devono essergli resi non appena il corpo sovrano li richieda; ma il corpo sovrano non può opprimere i sudditi con catene inutili alla comunità. Gli impegni che ci legano al corpo sociale sono obbligatori solo in quanto reciproci; e la loro natura è tale che, adempiendoli, non si può lavorare per gli altri senza lavorare anche per sé. Se la volontà segue uno dei singoli o una associazione di essi si avrà un ingiustizia. Ma allora cos’è un atto della sovranità? Una convenzione del corpo con ciascuno dei suoi membri: convenzione legittima, perché ha per base il contratto sociale; equa, perché comune a tutti; utile, perché non può avere altro oggetto se non il bene generale; e solida, perché ha per garanzie la forza pubblica e il potere supremo. Il potere sovrano dunque non passa e non può passare i limiti delle convenzioni generali.

Come la volontà particolare agisce senza tregua contro la volontà generale, così il governo fa uno sforzo continuo contro la sovranità. Più lo sforzo aumenta più la costituzione si altera; e vista l'assenza di una volontà di corpo che bilanci quella del principe ,il principe opprimerà e il patto sociale sarà rotto.
Il governo degenera in due modi fondamentali: quando si restringe, o quando lo Stato si dissolve. Si restringe quando passa da un grande numero uno più piccolo cioè dalla democrazia all'aristocrazia, dall'aristocrazia alla monarchia; bisognerà quindi ricaricare e stringere la molla man mano che essa ceda: altrimenti lo Stato che essa sostiene cadere dei rovina. La dissoluzione può presentarsi in due modi: quando il principe non amministra più lo Stato secondo le sue leggi, ed usurpa il potere sovrano; lo stesso caso si presenta quando i membri del governo usurpano separatamente il potere che devono esercitare solo collettivamente.
Quando lo Stato si dissolve, l'abuso di governo, qualunque esso sia, viene chiamato anarchia. La democrazia degenera in oclocrazia, l'aristocrazia in oligarchia,la monarchia in tirannide. Secondo la definizione corrente, un tiranno è un re che governa con violenza e senza riguardo alla giustizia e alle leggi. Secondo la definizione più precisa un tiranno è un privato che si trova all'autorità regia senza averne diritto, al di là del suo bene o male governare la sua autorità non è legittima. Il tiranno è usurpatore dell'autorità regia, il despota è l'usurpatore del potere sovrano: tiranno è colui che chiama a sé contro le leggi il potere di governare secondo le leggi; il despota è colui che si mette al di sopra delle leggi stesse. Dunque il tiranno può non essere despota, ma il despota sempre tiranno.

Essendo i cittadini tutti uguali in base ad un contratto sociale, quello che tutti debbono fare deve poter essere stabilito da tutti, mentre nessuno ha il diritto di esigere che un'altra faccia quello che non fa gli stesso. Ora è proprio questo diritto, indispensabile per far vivere e muovere il corpo politico, che il corpo sovrano da al principe istituendo il governo. Molti sostengono che questo sia un patto tra il popolo e i capi che esso si dà, contratto con cui le parti si obbligherebbero una a comandare, l'altra a ubbidire. È assurdo che un corpo sovrano si dia un superiore e il contratto che si stipulerebbero sarebbe un atto particolare, sarebbe illegittimo. Non vi è che un contratto nello stato, quello dell'associazione e questo non esclude ogni altro.
(Jean Jacques Rousseau - Il Contratto Sociale 1756)

Questi brani tratti dal famoso libro del filosofo francese Rousseau non vi sembrano scritti ai nostri giorni?


Negrita - Che rumore fa la felicità

4 commenti:

Sanosano34 ha detto...

Scusa se scrivo off topic, ma ho notato che nel tuo blog è in atto una campagna contro gli utenti anonimi.
Devo preoccuparmi?

Calogero Parlapiano ha detto...

è sempre meglio sapere con chi sto parlando e discutendo e chi mi lascia commenti... nell'attesa il minimo che si richiede da tutti è quantomeno che i commenti siano improntati al garbo, alla correttezza linguistica ed alla sobrietà.. non è una campagna ma sempre meglio precisare..
ciao!!

Paola ha detto...

Molto attuale! ciao caro Calogero, buon Fine ettimana.

Calogero Parlapiano ha detto...

ciao Paola e buon fine settimana festivo pure a te...!