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martedì 22 settembre 2009

A passo di gambero nei servizi idrici

Il governo ha chiuso il Comitato di vigilanza sui servizi idrici. La sua attività non è stata brillante, ma l'inadeguatezza deriva dal profilo istituzionale debole, dal potere decisionale praticamente nullo, dalla totale assenza di indipendenza dalla politica, dall'esiguità delle risorse. Ora la nuova commissione che lo sostituisce accentua le debolezze invece di risolverle. Intanto, il rapporto annuale sulla situazione dei servizi idrici certifica l'involuzione del sistema, con il continuo rinvio di investimenti e modernizzazione.

Diceva Otto von Bismarck che coloro che rispettano le leggi e amano i würstel non dovrebbero mai cercare di sapere come le une e gli altri vengono fatti. Potremmo aggiungere che, quanto a salsicce, è probabile che noi italiani potremmo insegnare qualcosa agli amici tedeschi; ma quanto a leggi, le nostre riescono talvolta ad essere più indigeribili del peggior insaccato.

DAL COVIRI ALLA COMMISSIONE

Ne volete un esempio?
Il decreto legge 28 aprile 2009, n. 39, recante “Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile”, all’articolo 9 bis riesce a infilare, tra una tendopoli e un prestito agevolato, nientemeno che la riforma del sistema di regolazione dei servizi idrici a scala nazionale, con la soppressione dell’attuale Comitato di vigilanza (Coviri) e la sua sostituzione con una commissione che ne erediterebbe le funzioni. Non è solo un cambio di nome, ma di sostanza. Al di là della riduzione dei membri dell’attuale Coviri da sette a cinque, cosa peraltro auspicabile, l’ente perde il suo braccio operativo, l’Osservatorio sui servizi idrici, le cui funzioni vengono inglobate nella suddetta commissione, che si troverebbe a svolgerle senza il supporto di una struttura tecnica.
La scusa, piuttosto fragile, è il varo di un “Programma nazionale per il coordinamento delle iniziative di monitoraggio, verifica e consolidamento degli impianti per la gestione dei servizi idrici”, ossia la valutazione della loro tenuta antisismica. Non potendosi fare con le istituzioni esistenti (evidentemente non bastava inviare una direttiva alle Aato, secondo un capitolato tecnico preciso definito dalla Protezione civile), si è pensato bene di affidare questo complesso incarico sempre alla stessa commissione, finanziandone l’onere con la riduzione dei membri. Già che ci siamo, approfittandone per allontanare qualche personaggio scomodo.
Il risultato non è, come qualcuno potrebbe superficialmente pensare, una semplice riduzione dei costi della politica, spendendo meglio un paio di centinaia di migliaia di euro all'anno. È semmai una pietra tombale sulle residue speranze che la cosiddetta “riforma dei servizi pubblici locali” possa contare su un sistema di regolazione economica degno di questo nome. Tutte le analisi del settore idrico riconducono alla debolezza del quadro regolatorio una parte importante dei problemi in cui il settore ancor oggi si dibatte, a quindici anni dalla riforma che voleva rilanciarlo come servizio industriale e finanziariamente autosufficiente.
La regolazione economica ha una finalità fondamentale: quella di costruire il quadro entro il quale gli investimenti possono essere sostenibili per chi li fa e sopportabili per chi li deve pagare. Presuppone regole contabili molto analitiche, decisioni continue per riconciliare investimenti e dinamica tariffaria, analisi comparate dell’efficienza, raccolta ed elaborazione continua di dati che permettano di supportare le decisioni degli enti locali, canali efficaci di dialogo con l’opinione pubblica volti alla tutela del consumatore. E ancora, arbitraggio delle controversie tra gestori ed enti locali in materia economico-tariffaria, gestione dei programmi finanziari straordinari di competenza statale. (1)

UN SISTEMA IN INVOLUZIONE

Va detto che il Coviri si è sempre dimostrato impotente e inadeguato ai compiti importanti, benché insufficienti, che la legge gli attribuiva: a distanza di quindici anni dalla sua istituzione, è riuscito a combinare ben poco. E questo nonostante le personalità di primissimo piano che si sono alternate alla sua guida, da Gilberto Muraro all’attuale presidente, Roberto Passino. Ma non basta un ottimo generale per fare un buon esercito. L’inadeguatezza del Coviri deriva dal profilo istituzionale debole, dal potere decisionale praticamente nullo, dalla totale assenza di indipendenza dalla politica, dall’esiguità delle risorse attribuitegli, dall’essere costretto ormai da un decennio a procrastinare decisioni fondamentali aspettando che l’occasione sia propizia per il ministro di turno. Per non dire dell’evidente assenza, nella legge che lo ha istituito, delle più elementari nozioni di regolazione economica, a cominciare dal nome: quel Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche che confonde in modo spettacolare la questione politico-ambientale di disciplinare l’uso delle risorse, che tra l’altro non rientra nemmeno tra le sue competenze, con quella economico-tecnica di regolare i servizi.
Pochi, dunque, ne sentiranno la mancanza. Ma la nuova commissione non sembra certo un passo nella direzione giusta.
Il Coviri è troppo debole e subordinato, e il governo che fa? Lo indebolisce ulteriormente. In tutto il mondo ci si dota di strumenti di regolazione economica sempre più orientati verso l’istituzione di poteri terzi rispetto alla dialettica tra ente concedente e gestore, e il governo che fa? Soffoca nella culla anche quel poco che c’era, puntando tutte le sue carte sulle fantomatiche gare istituite dalla legge 133/08, ai sensi del quale la “commissione” viene tra l’altro insignita del compito di esprimere i pareri di congruità sulle decisioni degli enti locali, elevando al rango di Autorità di settore quello che invece è un semplice organo consultivo privo di alcuna struttura.
Nel frattempo, l’acqua soffre. Il BlueBook 2009, rapporto annuale sulla situazione dei servizi idrici realizzato da Utilitatis e Anea, certifica l’involuzione di un sistema che non riesce a investire, non riesce a guardare lontano, a dispetto dei solenni impegni del legislatore e degli appuntamenti europei, sui quali siamo in ritardo prima ancora di partire. I piani approvati dai comuni si allontanano sempre di più dalla capacità da parte dei gestori di metterli in atto. Si vivacchia tirando a campare, rinviando investimenti e modernizzazione del sistema a tempi migliori.
Voglio pensare che tale sciatteria dell’azione di governo nei confronti dei servizi idrici derivi solo dalla disattenzione e dalla mancata percezione che, sull’acqua, l’Italia si gioca un pezzo non secondario del proprio futuro.

(1)Se il lettore vuole farsi un’idea più approfondita della questione, può esaminare l’analisi comparata dei sistemi di regolazione economica del servizio idrico svolta dallo Iefe-Bocconi.


di Antonio Massarutto

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