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lunedì 21 settembre 2009

C'era una volta la libertà d'informazione in Rete

di Guido Scorza - Una proposta di legge per sottoporre alla disciplina sulla stampa tutti i siti Internet che abbiano natura editoriale. Qualsiasi cosa ciò significhi

Roma - Il 14 settembre scorso è stato assegnato alla Commissione Giustizia della Camera un disegno di legge a firma degli Onorevoli Pecorella e Costa attraverso il quale si manifesta l'intenzione di rendere integralmente applicabile a tutti i "siti internet aventi natura editoriale" l'attuale disciplina sulla stampa.

Sono bastati 101 caratteri, spazi inclusi, all'On. Pecorella per surclassare il Ministro Alfano che, prima dell'estate, aveva inserito nel DDL intercettazioni una disposizione volta ad estendere a tutti i "siti informatici" l'obbligo di rettifica previsto nella vecchia legge sulla stampa e salire, così, sulla cima più alta dell'Olimpo dei parlamentari italiani che minacciano - per scarsa conoscenza del fenomeno o tecnofobia - la libertà di comunicazione delle informazioni ed opinioni così come sancita all'art. 11 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino e all'art. 21 della Costituzione. Con una previsione di straordinaria sintesi e, ad un tempo, destinata - se approvata - a modificare, per sempre, il livello di libertà di informazione in Rete, infatti, l'On. Pecorella intende aggiungere un comma all'art. 1 della Legge sulla stampa - la legge n. 47 dell'8 febbraio 1948, scritta dalla stessa Assemblea Costituente - attraverso il quale prevedere che l'intera disciplina sulla stampa debba trovare applicazione anche "ai siti internet aventi natura editoriale".

Si tratta di un autentico terremoto nella disciplina della materia che travolge d'un colpo questioni che impegnano da anni gli addetti ai lavori in relazione alle condizioni ed ai limiti ai quali considerare applicabile la preistorica legge sulla stampa anche alle nuove forme di diffusione delle informazioni in Rete.
Ma andiamo con ordine.
Quali sono i "siti internet aventi natura editoriale" cui l'On. Pecorella vorrebbe circoscrivere l'applicabilità della disciplina sulla stampa?
Il DDL non risponde a questa domanda, creando così una situazione di pericolosa ed inaccettabile ambiguità.
Nell'Ordinamento, d'altro canto, l'unica definizione che appare utile al fine di cercare di riempire di significato l'espressione "sito internet avente natura editoriale" è quella di cui al comma 1 dell'art. 1 della Legge n. 62 del 7 marzo 2001 - l'ultima riforma della disciplina sull'editoria - secondo la quale "Per «prodotto editoriale» (...) si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici".
Si tratta, tuttavia, di una definizione troppo generica perché essa possa limitare effettivamente ed in modo puntuale il novero dei siti internet definibili come "aventi natura editoriale".

Tutti i siti internet attraverso i quali vengono diffuse al pubblico notizie, informazioni o opinioni, dunque, appaiono suscettibili, in caso di approvazione del DDL Pecorella-Costa, di dover soggiacere alla vecchia disciplina sulla stampa.
Ce n'è già abbastanza per pensare - ritengo a ragione - che nulla nel mondo dell'informazione in Rete, all'indomani, sarebbe uguale a prima.
Ma c'è di più.

Il DDL Pecorella Costa, infatti, si limita a stabilire con affermazione tanto lapidaria nella formulazione quanto dirompente negli effetti che "le disposizioni della presente legge (n.d.r. quella sulla stampa) si applicano altresì ai siti internet aventi natura editoriale".
La vecchia legge sulla stampa, scritta nel 1948 dall'Assemblea Costituente, naturalmente utilizza un vocabolario e categorie concettuali vecchie di 50 anni rispetto alle dinamiche dell'informazione in Rete. Quali sono dunque le conseguenze dell'equiparazione tra stampa e web che i firmatari del DDL sembrano intenzionati a sancire?

Se tale equiparazione - come suggerirebbe l'interpretazione letterale dell'articolato del DDL - significa che attraverso la nuova iniziativa legislativa si intende rendere applicabili ai siti internet tutte le disposizioni contenute nella legge sulla stampa, occorre prepararsi al peggio ovvero ad assistere ad un fenomeno di progressivo esodo di coloro che animano la blogosfera e, più in generale, l'informazione online dalla Rete.
Basta passare in rassegna le disposizioni dettate dalla vecchia legge sulla stampa per convincersene.
I gestori di tutti i siti internet dovranno, infatti, pubblicare le informazioni obbligatorie di cui all'art. 2 della Legge sulla stampa, procedere alla nomina di un direttore responsabile (giornalista) in conformità a quanto previsto all'art. 3, provvedere alla registrazione della propria "testata" nel registro sulla stampa presso il tribunale del luogo ove "è edito" il sito internet così come previsto all'art. 5, aver cura di comunicare tempestivamente (entro 15 giorni) ogni mutamento delle informazioni obbligatorie pubblicate e/o richieste in sede di registrazione (art. 6), incorrere nella "sanzione" della decadenza della registrazione qualora non si pubblichi il sito entro sei mesi dalla registrazione medesima o non lo si aggiorni per un anno (art. 7), soggiacere alle norme in tema di obbligo di rettifica così come disposto dall'art. 8 che il DDL Pecorella intende modificare negli stessi termini già previsti nel DDL Alfano e, soprattutto, farsi carico dello speciale regime di responsabilità aggravata per la diffusione di contenuti illeciti che, allo stato, riguarda solo chi fa informazione professionale.
Sono proprio le disposizioni in materia di responsabilità a costituire il cuore del DDL Pecorella e converrà, pertanto, dedicargli particolare attenzione.

Cominciamo dalla responsabilità civile.
L'art. 11 della Legge 47/1948 prevede che "Per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l'editore". Non è chiaro come il DDL Pecorella incida su tale previsione ma qualora - come appare nelle intenzioni del legislatore - con l'espressione "a mezzo della stampa", domani, si dovrà intendere "o a mezzo sito internet", ciò significherebbe che i proprietari di qualsivoglia genere di piattaforma rientrante nella definizione di "sito internet avente natura editoriale" sarebbero sempre civilmente responsabili, in solido con l'autore del contenuto pubblicato, per eventuali illeciti commessi a mezzo internet.
Fuor di giuridichese questo vuol dire aprire la porta ad azioni risarcitorie a sei zeri contro i proprietari delle grandi piattaforme di condivisione dei contenuti che si ritrovino ad ospitare informazioni o notizie "scomode" pubblicate dai propri utenti. Il titolare della piattaforma potrebbe non essere più in grado di invocare la propria neutralità rispetto al contenuto così come vorrebbe la disciplina europea, giacché la nuova legge fa discendere la sua responsabilità dalla sola proprietà della piattaforma. Si tratta di una previsione destinata inesorabilmente a cambiare per sempre il volto dell'informazione online: all'indomani dell'approvazione del DDL, infatti, aggiornare una voce su Wikipedia, postare un video servizio su un canale YouTube o pubblicare un pezzo di informazione su una piattaforma di blogging potrebbe essere molto più difficile perché, naturalmente, la propensione del proprietario della piattaforma a correre un rischio per consentire all'utente di manifestare liberamente il proprio pensiero sarà piuttosto modesta.

Non va meglio, d'altro canto, sul versante della responsabilità penale.
Blogger e gestori di siti internet, infatti, da domani, appaiono destinati ad esser chiamati a soggiacere allo speciale regime aggravato di responsabilità previsto per le ipotesi di diffamazione a mezzo stampa o radiotelevisione.
A nulla, sotto questo profilo, sembrano essere valsi gli sforzi di quanti, negli ultimi anni, hanno tentato di evidenziare come non tutti i prodotti informativi online meritino di essere equiparati a giornali o telegiornale. Si tratta di un approccio inammissibile che non tiene in nessun conto della multiforme ed eterogenea realtà telematica e che mescola in un unico grande calderone liberticida blog, piattaforme di UGC, siti internet di dimensione amatoriale e decine di altri contenitori telematici che hanno, sin qui, rappresentato una preziosa forma di attuazione della libertà di informazione del pensiero.
Ci sarebbe molto altro da dire ma, per ora, mi sembra importante iniziare a discutere di questa nuova iniziativa legislativa per non dover, in un futuro prossimo, ritrovarci a raccontare che c'era una volta la libertà di informazione in Rete.

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