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martedì 26 agosto 2008

NON LI AVETE UCCISI, LE LORO IDEE CAMMINANO SULLE NOSTRE GAMBE

LA FAMIGLIA MAFIOSA:
La famiglia è mediamente composta da una cinquantina di membri. Ma talora giunge a contarne 200/300; controlla un proprio territorio entro cui nulla può avvenire senza il consenso del capo.
I capofamiglia di una provincia eleggono il rappresentante provinciale, a Palermo le funzioni di coordinamento provinciale sono svolte dalla Commissione o Cupola, costituita da tutti i capimandamento (cioè i rappresentanti di tre famiglie). I rappresentanti provinciali e un delegato della Cupola compongono la Commissione Regionale.

L’OMERTA’:
I membri ci Cosa Nostra sono obbligati a rispettare la regola dell’omertà: essi cioè devono mantenere il silenzio su tutto ciò che sanno perché la segretezza è fondamentale per la sicurezza dell’organizzazione.
Naturalmente la regola dell’omertà va rispettata soprattutto nei confronti della polizia, a cui il mafioso non può rivolgersi in nessun caso. Ma vale addirittura, verso gli altri mafiosi, come emerge dal racconto di Buscetta.
I mafiosi così finiscono per parlare un linguaggio particolare, essenziale e ricco di allusioni, e il magistrato deve imparare ad interpretarlo, come ci spiega Falcone.

BUESCETTA: il linguaggio omertoso
Gli uomini d’onore molto difficilmente sono loquaci. Parlano una loro lingua, fatta di discorsi molto sintetici, di brevi espressioni che condensano lunghi discorsi. L’interlocutore, se è bravo o se è anche lui uomo d’onore, capisce esattamente cosa vuole dire l’altro. Il linguaggio omertoso si basa sull’essenza delle cose. I particolari, i dettagli non interessano, non piacciono all’uomo d’onore.
Ho insistito molto con il giudice Falcone su questo punto. Cosa Nostra è il regno dei discorsi incompleti. Nell’ambiente mafioso le domande non sono ben viste.

FALCONE: messaggi mafiosi
Quando nel 1986 interrogo Michele Greco, per prima cosa mi paragona a Maratona “invincibile sul campo, salvo quando gli fanno lo sgambetto,” per farmi capire che ha i mezzi per farmi eliminare.
Quindi mi dice di essere stato amico al procuratore generale di Palermo Emanuele Pili, un magistrato molto discusso per i metodi scorretti usati al tempo dell’uccisione del bandito Salvatore Giuliano. Che intende dire Michele Greco?
Secondo me: “Attento, sono un uomo potente, tratto con gente ad di sopra di te, ho buoni rapporti con il potere e tu, tu non sei nessuno..”
I messaggi di Cosa Nostra diretti al di fuori dell’organizzazione – informazioni, intimidazioni, avvertimenti – mutano stile in funzione del risultato che si vuole ottenere. Si va dalla bomba a sorrisetto ironico accompagnato dalla frase: “Lei lavora troppo, fa male alla salute, dovrebbe riposare,” oppure: “Lei fa un mestiere pericoloso; io al suo posto, la scorta me la porterei pure al gabinetto”
- due frasi che mi sono state rivolte direttamente. Le cartoline e lettere decorate con disegni di bare o con l’eventuale data di morte accanto a quella di nascita, e i pacchetti con proiettili sono riservati generalmente ai novelli, per sondare il terreno.

LA SERA CHE ENTRAI IN COSA NOSTRA:
Una sera mi portarono in un paesino alle falde dell’Etna.
In macchina c’erano mio fratello Pippo, un altro mio zio acquisito di Pippo,
Peppino Indelicato.
Ci fermammo nel cortile di una villetta. Il proprietario era un membro della famiglia mafiosa, ovviamente.
Dentro questa villetta incontrai molte persone che avevo già visto.
E c’eravamo poi noi ragazzi, otto in tutto.
A un certo punto usci lo zio Peppino Indelicato che ci ordinò:
“Voialtri ragazzi mettetevi là”indicandoci un lato del salone.
“Cari giovanotti siamo qui perché stasera vi dobbiamo fare un bel regalo. Stasera vi facciamo diventare... La conoscete voi la mafia?
Ma guardate che la mafia vera non è la stessa mafia di cui parlano gli altri. Questa è Cosa Nostra!.” Lo disse alzando la voce, come un annuncio ufficiale.
“Ora ci sono le regole. Per prima cosa dovunque si trovi un uomo d’onore latitante, egli deve ricordarsi che un altro uomo d’onore ha il dovere di ospitarlo e di tenerlo anche in casa se necessario.
Ma guai a chi guarda la figlia o la moglie di qualcuno. Se lo fa è un uomo morto.
“Secondo. Qualunque cosa possa accadere, non bisogna mai andare dagli sbirri, non bisogna mai fare denuncia.Perché chi lo fa deve essere ucciso.
“Terzo, è proibito rubare.”
A questo punto Natale Ercolano si alzò in piedi e gridò: “Alt! Fermate tutto! Io non ci sto! Non sono d’accordo!.”
Ercolano faceva il ladro. Rubava sempre. Altrimenti, poverino, come avrebbe fatto a campare?
Zio Peppino Indelicato sorrise divertito. “Siediti tu! Stai buono, che poi ti spiego com’è che non si ruba.” Lo zio Peppino proseguì con la spiegazione degli altri comandamenti. Occorreva evitare i litigi con gli altri uomini d’onore, mantenere il silenzio su Cosa Nostra con gli estranei, comportarsi con serietà evitando spacconate ed esibizioni, nonché evitare in modo tassativo di presentarsi da soli ad altri uomini d’onore.
Dopo la spiegazione delle regole, il rappresentate fece una pausa e disse: “Adesso sapete di cosa si tratta. Allora ci volete stare o no dentro questa Cosa Nostra? Se non ci volete stare siete ancora in tempo. Ve ne potete andare anche se ci avete conosciuti. Non vi succederà niente. Se decidete di entrare, dovete tenere bene in testa una cosa: col sangue si entra e col sangue si esce da Cosa Nostra! Non si può uscire, non ci sono dimissioni da Cosa Nostra. Lo vedrete da voi, tra poco come si entra col sangue. E se uscite, uscite col sangue perché vi ammazzano. Non potete andare via, non potete tradire Cosa Nostra, perché è al di sopra di tutto. Viene prima di vostro padre e di vostra madre. E di vostra moglie e dei vostri figli.”
Il discorso del rappresentante proseguì a lungo. Intervennero pure Pippo e gli altri uomini d’onore anziani che precisarono dei concetti, fecero esempi, chiarirono dei problemi.
“Natale, cerca di intendermi bene. Non è che tu non possa mai rubare. Certo, è meglio se tu non rubi, perché questa è una regola di Cosa Nostra. Ma bisogna saperle capire le regole. Insomma, tu devi vivere, e se devi rubare per vivere, allora lo puoi fare. Ma stai attento a chi rubi. Devi sempre sapere a chi stai andando a rubare. A un uomo d’onore non puoi rubare, e neppure ai suoi parenti. A tutti gli altri, sì.”
Lo zio Peppino continuò dicendo: “Adesso ciascuno di voi si scelga un padrino.” Come d’abitudine, il padrino che uno si sceglie e la persona che lo ha seguito, lo ha “curato” in vista dell’ingresso in Cosa Nostra. E’ un uomo d’onore che si è preso la responsabilità di presentare il candidato alla famiglia. Nel mio caso, era lo stesso zio Peppino che mi aveva “portato”, e quindi scelsi lui come padrino.
A questo punto lo zio Peppino prese un ago, uno spillone e mi chiese: “Con quale mano spari?”. “Con questa”risposi.
Mi bucò allora un dito, e fece sgorgare un po’ di sangue facendolo cadere sopra un’immaginetta sacra. La guardai. Era la madonna dell’Annunziata, la santa patrona di Cosa Nostra, la cui ricorrenza cade il 25 marzo.
Zio Peppino accese un fiammifero e accostò la fiamma a un angolo dell’immaginetta chiedendomi di prenderla in mano e di tenerla finché non fosse bruciata tutta.
Chiusi le mani a conca – ero proprio emozionato e sudavo – e vidi l’immaginetta trasformarsi in cenere. Nel frattempo lo zio Peppino mi chiese di ripetere con lui il giuramento. Secondo questa formula, se un affiliato dovesse tradire il comandamenti di Cosa Nostra, dovrebbe bruciare come il santino dell’Annunziata.
Finito il giuramento, tutti i presenti mi si avvicinarono per baciarmi. Ero diventato un uomo d’onore.

Da che parte sta lo Stato?

Il giuramento di un mafioso

2 commenti:

Paola ha detto...

Ciao, grazie della visita e delle parole che mi hai lasciato.. il tuo blog è molto interessante, tornerò spesso

Calogero Parlapiano ha detto...

grazie a te per la visita, spero di rincontrarti presto da queste parti.
cioa!