Quickribbon

venerdì 30 ottobre 2009

Il diritto alla Vita. Il diritto alla Morte

Il diritto di morire? E’ concesso dallo Stato, se sei tunisino e detenuto.
Dunque fatemi capire, chi vuole morire di fame ha diritto di farlo, chi è ridotto ad un vegetale ed è clinicamente morto, invece, non può morire.

Nel primo caso lo si lascia morire di fame, nel secondo si applicano tutte le terapie utili ad alimentare il suo corpo artificialmente. Il cervello non c’è più, la coscienza di sé non c’è più. Invece che riposare sotto il marmo, riposa su un lettuccio accudito da uno stuolo di medici ed infermieri, fino a che i congiunti, per diciassette anni al suo capezzale, chiedono compassione e rispetto e vogliono staccare la spina. A quel punto si solleva una protesta che parte dai sagrati delle Chiese e finisce a Palazzo Chigi e nelle Camere.
La giustizia sentenzia, il Ministro decreta, i Cardinali lanciano anatemi, associazioni di buoni cattolici s’indignano e fanno dei medici e degli infermieri, oltre che dei genitori del poveretto, presunti assassini.

La vita è sacra perché ce l’ha data Dio e solo Dio può toglierla? Giusto, ma allora non è appesa ad una spina che alimenta artificialmente l’uomo o la donna clinicamente morta?

Accontentiamoci delle domande, ognuno si dia la risposta che vuoi, maturandone il significato nella propria coscienza.
Ma perché, allora, è possibile che un tunisino quarantenne ha avuto, di fatto, il lasciapassare per l’aldilà? Perché non è stato fatto niente affinché non attuasse la sua inquietante protesta? Giurava e spergiurava di essere innocente, di stare in carcere per errore, e pretendeva di essere ascoltato. Non mangiava, rifiutava qualsiasi cibo per farsi sentire.

Non è intervenuto nessuno. Non ci sono state proteste indignate, non ci sono stati decreti di Ministri, nessuno ha gridato agli assassini. Non c’è stata alcuna trasmissione televisiva dedicata all’episodio, non hanno litigati ministri, scienziati, uomini politici, avvocati e magistrati.

I buoni cattolici non sono scesi in piazza, i non credenti non si sono strappate le visti sull’altare della laicità di pensiero. Il tunisino quarantenne ha potuto attuare il suo proposito nel silenzio dell’opinione pubblica.

Perché?

Chi giace sul lettino di un ospedale, morto o vivo che sia, se è uno dei nostri, parla la nostra lingua, vive e si comporta come noi, è trattato come persona; se è un diverso – detenuto, tunisino, per giunta condannato ad una pena detentiva – non ha più diritto di essere considerato persona.

Non è così?

Lo sappiamo, le leggi sono uguali per tutti. Il tunisino aveva il diritto di morire di fame? La sua vita non valeva nulla?

Siamo sicuri che sia stato il rispetto per la sua scelta o le leggi ad impedire di intervenire, o non piuttosto la nostra indifferenza, il valore che abbiamo dato alla sua vita?

Un esame di coscienza dovremmo farlo tutti, stavolta. Credenti e non credenti, laici e cattolici osservanti.
(articolo non mio)

Nessun commento: