Video sottotitolato in italiano: la CNN su Berlusconi, le sue gaffes, e il nuovo scandalo.
G8: i Grandi non hanno deciso nulla! Emergenza fame e i dollari promessi dal G8. Le Ong: “E’ un fallimento”
Il nulla economico emerso a L'Aquila in un vertice inutile e, a tratti, perfino ridicolo. La disoccupazione crescerà nel 2010-2011, a dispetto del "superamento della crisi economica". Cina e India detteranno l'agenda delle prossime risoluzioni (se mai ce ne saranno).
ROMA – Si fa fatica nella lettura dei giornali e nella visione dei servizi televisivi sul G8 appena concluso, che sembra sia stata una tappa fondamentale nello sviluppo dell’umanità e del suo benessere economico, mentre, anche una rapida lettura dei documenti ufficiali approvati, mostra l’assoluta inconsistenza di questo vertice.
Perfino un giornale come “Repubblica”, con il suo inviato di punta Vittorio Zucconi, ha sottolineato il (presunto) fatto che i risultati raggiunti dal vertice aquilano rimarranno nella storia come indelebile patrimonio politico della Nazione.
Ma quali sono questi fatti, per quanto concerne l’economia? Il G8 ha innanzitutto dimostrato come sia, oramai, diventato un G14, inevitabilmente dovremmo dire. Perché è inconcepibile oggi il solo pensare di affrontare l’economia globalizzata senza il coinvolgimento di Paesi quali la Cina, il Messico, il Brasile. E già questo la dice lunga sulla reale importanza del vecchio gruppo di vertice nato a Ramabouillet nel 1975, per volere dell’allora Presidente francese Giscard D’Estaing.
Paesi in forte avanzamento economico come Cina e India hanno praticamente reso evanescente l’accordo sulla limitazione delle emissioni, strombazzato come un successo rassicurante per il clima del pianeta, subito contraddetto dal principale teorico dell’economia verde Jeremy Rifkin, che lo ha bollato come “ridicolo”. Ma i due colossi asiatici hanno comunque dimostrato la loro importanza, con la plastica evidenza che, almeno in materia economica e ambientale, non esiste alcun “concerto mondiale” e nessuna bipolarità concordata fra Occidente ed Oriente. Ad irritare soprattutto le potenze emergenti è il sistema monetario internazionale, istituito nel 1944 a Bretton Woods e fondato sul dollaro, che loro vorrebbero vedere superato.
Ma sono anche altri i punti sui quali il G8-G14 ha mostrato tutta la sua evanescenza. Uno dei più rilevanti è senza dubbio quello relativo alla trasparenza dei mercati finanziari e all’introduzione di principi etici nell’economia. Ora, già parlare di “etica” in un sistema come quello capitalistico globale, appare perlomeno improprio, a meno che non si voglia menare il can per l’aia, come molto spesso capita al nostro superministro economico Tremonti. Ma il punto è che, anche in questo caso, i Grandi si sono trovati d’accordo sul futuro (così come era successo nel vertice del G20 di Londra ad aprile): si farà, si metterà a punto, si concorderà. Per la trasparenza ci si è ispirati ad un altro, ennesimo vertice, quello di Lecce, svoltosi un mese fa, dal quale è nato il cosiddetto “Lecce framework” (altra peculiarità del verticismo internazionale, l’uso di dizioni incomprensibili alla pubblica opinione, probabilmente utilizzate proprio per coprire il vuoto di sostanza), con il quale i ministri delle finanze del G8+UE+ varie organizzazioni specializzate, hanno concordato di concordare in futuro l’individuazione e l’implementazione di “strumenti esistenti nelle cinque grandi aree di intervento: la governance aziendale, la correttezza del mercato, la supervisione e la regolamentazione della finanza, la cooperazione e il coordinamento fiscale e la trasparenza dei dati e delle informazioni macroeconomiche”. Un futuro indefinibile e difficile, messo a dura prova da questo attacco concentrico di buone intenzioni, probabilmente destinate ad esistere solo fra un pranzo di lavoro e l’altro.
Quelle poche note di sano realismo, pur emerse dalle molteplici riunioni aquilane, sono passate nel quasi-silenzio della stampa e dei vari organi di informazione. Come la dichiarazione fatta dal Direttore del Fondo monetario internazionale (non precisamente un’organizzazione progressista), Dominique Strauss Khan, il quale ha sottolineato come, nonostante gli spiragli di ripresa che sembrerebbero in atto, in realtà la disoccupazione continuerà a crescere nel 2010 e nel 2011, quindi per un periodo molto più lungo di quanto tutti, a cominciare da Tremonti, dicono. Ma nelle dichiarazioni riguardanti l’economia, il tema della disoccupazione – che è la cifra reale delle conseguenze sociali delle crisi economiche – viene del tutto sottaciuto o, perlomeno, non sono stati nemmeno ipotizzati interventi keynesiani coordinati (pur citati, per fortuna, dal Presidente Napolitano nel discorso per il pranzo ufficiale offerto dal nostro Paese) di sostegno per politiche espansive, se non quelli genericamente già prefigurati nelle molteplici sessioni dei “G” precedenti.
Un vertice che rimanda ad altri vertici, futuri e passati, una passerella della concordia economica universale, che sicuramente ricadrà nella previsione del Qohelet dell’Antico Testamento: “Né degli uomini né delle cose avrà memoria il tempo”. (Fulvio Lo Cicero)
Emergenza fame e i dollari promessi dal G8. Le Ong: “E’ un fallimento”
Secondo l’Onu, la crisi economica in corso spingerà quest’anno oltre 100 milioni di persone verso la fame, facendo superare la quota di 1 miliardo di persone in stato di estrema indigenza (una su sei a livello mondiale). A fronte di ciò, le cosiddette “grandi potenze” della Terra si dicono pronte a sfidare questo fenomeno con elementi di solidarietà concreta. Aiuti economici a quel terzo mondo che, con una dose di approssimazione, sovrapposto al ‘Continente nero’: l’Africa.
Il G8 dell’Aquila, conclusosi ieri, ha avuto al centro della sua ultima sessione di lavori proprio questo tema, a partire dalla proposta del presidente Usa, Barack Obama, di creare un fondo di 15 miliardi di dollari da destinare alle regioni più colpite dalla fame.
Alla fine, con grande soddisfazione del premier italiano Silvio Berlusconi, che da queste vetrine internazionali spera di trarre nuova linfa per affrontare la travagliata condizione interna, la cifra magica è di 20 miliardi. Tanto sarà stanziato, infatti, da Usa, Giappone e Europa.
In questa occasione, il dibattito circa la sfida contro la malnutrizione – affrontata, a detta di molti, con armi assolutamente insufficienti – ha incluso anche alcune delle cosiddette economie emergenti, rappresentanti di ben otto paesi africani e altri paesi europei e asiatici che non fanno parte del G8.
Una sfida che il presidente nordamericano Barack Obama aveva messo al primo posto degli obbiettivi del summit abruzzese, anche perché la discussione si è svolta alla vigilia del suo primo viaggio ufficiale in Africa. Il capo di Stato Usa non voleva arrivare a mani vuote ad Accra, la prima tappa della visita, e si è battuto fino in fondo per quei 20 miliardi di dollari.
Ma nonostante le buone intenzioni espresse dai “grandi”, Obama in testa, le decisioni assunte dal G8 dell’Aquila in merito all’emergenza malnutrizione, non hanno soddisfatto un gran che. Soprattutto il mondo delle Ong.
Il vertice ha fortemente deluso le aspettative di quelle organizzazioni che in Africa ci lavorano da anni. Tra queste, la Coalizione globale contro la povertà, Actionaid, Amref, Associazione Ong italiane, Azione per la Salute Globale, Legambiente, Oxfam/Ucodep, Save the Children, Un Millenium Campaign e Wwf.
“I Grandi della Terra hanno solo ribadito le promesse di Glenaegles” dichiarano a conclusione dei lavori del vertice con un comunicato congiunto, “rimane ancora da vedere se si tratta di nuovi fondi o dei finanziamenti annunciati cinque anni fa”.
Le Ong hanno inoltre espresso perplessità sull’effettivo reperimento dei fondi: al momento è certo l’impegno Usa per tre miliardi di dollari e quello di Parigi per due miliardi di dollari. Il resto non è meglio definito.
Il rischio che tutto finisca in un nulla di fatto è, insomma, più che concreto. La credibilità delle grandi potenze mondiali, soprattutto in occasione delle passerelle internazionali, non gode di una buona reputazione. D’altro canto, la storia parla chiaro. (Tommaso Vaccaro)
G8: i Grandi non hanno deciso nulla! Emergenza fame e i dollari promessi dal G8. Le Ong: “E’ un fallimento”
Il nulla economico emerso a L'Aquila in un vertice inutile e, a tratti, perfino ridicolo. La disoccupazione crescerà nel 2010-2011, a dispetto del "superamento della crisi economica". Cina e India detteranno l'agenda delle prossime risoluzioni (se mai ce ne saranno).
ROMA – Si fa fatica nella lettura dei giornali e nella visione dei servizi televisivi sul G8 appena concluso, che sembra sia stata una tappa fondamentale nello sviluppo dell’umanità e del suo benessere economico, mentre, anche una rapida lettura dei documenti ufficiali approvati, mostra l’assoluta inconsistenza di questo vertice.
Perfino un giornale come “Repubblica”, con il suo inviato di punta Vittorio Zucconi, ha sottolineato il (presunto) fatto che i risultati raggiunti dal vertice aquilano rimarranno nella storia come indelebile patrimonio politico della Nazione.
Ma quali sono questi fatti, per quanto concerne l’economia? Il G8 ha innanzitutto dimostrato come sia, oramai, diventato un G14, inevitabilmente dovremmo dire. Perché è inconcepibile oggi il solo pensare di affrontare l’economia globalizzata senza il coinvolgimento di Paesi quali la Cina, il Messico, il Brasile. E già questo la dice lunga sulla reale importanza del vecchio gruppo di vertice nato a Ramabouillet nel 1975, per volere dell’allora Presidente francese Giscard D’Estaing.
Paesi in forte avanzamento economico come Cina e India hanno praticamente reso evanescente l’accordo sulla limitazione delle emissioni, strombazzato come un successo rassicurante per il clima del pianeta, subito contraddetto dal principale teorico dell’economia verde Jeremy Rifkin, che lo ha bollato come “ridicolo”. Ma i due colossi asiatici hanno comunque dimostrato la loro importanza, con la plastica evidenza che, almeno in materia economica e ambientale, non esiste alcun “concerto mondiale” e nessuna bipolarità concordata fra Occidente ed Oriente. Ad irritare soprattutto le potenze emergenti è il sistema monetario internazionale, istituito nel 1944 a Bretton Woods e fondato sul dollaro, che loro vorrebbero vedere superato.
Ma sono anche altri i punti sui quali il G8-G14 ha mostrato tutta la sua evanescenza. Uno dei più rilevanti è senza dubbio quello relativo alla trasparenza dei mercati finanziari e all’introduzione di principi etici nell’economia. Ora, già parlare di “etica” in un sistema come quello capitalistico globale, appare perlomeno improprio, a meno che non si voglia menare il can per l’aia, come molto spesso capita al nostro superministro economico Tremonti. Ma il punto è che, anche in questo caso, i Grandi si sono trovati d’accordo sul futuro (così come era successo nel vertice del G20 di Londra ad aprile): si farà, si metterà a punto, si concorderà. Per la trasparenza ci si è ispirati ad un altro, ennesimo vertice, quello di Lecce, svoltosi un mese fa, dal quale è nato il cosiddetto “Lecce framework” (altra peculiarità del verticismo internazionale, l’uso di dizioni incomprensibili alla pubblica opinione, probabilmente utilizzate proprio per coprire il vuoto di sostanza), con il quale i ministri delle finanze del G8+UE+ varie organizzazioni specializzate, hanno concordato di concordare in futuro l’individuazione e l’implementazione di “strumenti esistenti nelle cinque grandi aree di intervento: la governance aziendale, la correttezza del mercato, la supervisione e la regolamentazione della finanza, la cooperazione e il coordinamento fiscale e la trasparenza dei dati e delle informazioni macroeconomiche”. Un futuro indefinibile e difficile, messo a dura prova da questo attacco concentrico di buone intenzioni, probabilmente destinate ad esistere solo fra un pranzo di lavoro e l’altro.
Quelle poche note di sano realismo, pur emerse dalle molteplici riunioni aquilane, sono passate nel quasi-silenzio della stampa e dei vari organi di informazione. Come la dichiarazione fatta dal Direttore del Fondo monetario internazionale (non precisamente un’organizzazione progressista), Dominique Strauss Khan, il quale ha sottolineato come, nonostante gli spiragli di ripresa che sembrerebbero in atto, in realtà la disoccupazione continuerà a crescere nel 2010 e nel 2011, quindi per un periodo molto più lungo di quanto tutti, a cominciare da Tremonti, dicono. Ma nelle dichiarazioni riguardanti l’economia, il tema della disoccupazione – che è la cifra reale delle conseguenze sociali delle crisi economiche – viene del tutto sottaciuto o, perlomeno, non sono stati nemmeno ipotizzati interventi keynesiani coordinati (pur citati, per fortuna, dal Presidente Napolitano nel discorso per il pranzo ufficiale offerto dal nostro Paese) di sostegno per politiche espansive, se non quelli genericamente già prefigurati nelle molteplici sessioni dei “G” precedenti.
Un vertice che rimanda ad altri vertici, futuri e passati, una passerella della concordia economica universale, che sicuramente ricadrà nella previsione del Qohelet dell’Antico Testamento: “Né degli uomini né delle cose avrà memoria il tempo”. (Fulvio Lo Cicero)
Emergenza fame e i dollari promessi dal G8. Le Ong: “E’ un fallimento”
Secondo l’Onu, la crisi economica in corso spingerà quest’anno oltre 100 milioni di persone verso la fame, facendo superare la quota di 1 miliardo di persone in stato di estrema indigenza (una su sei a livello mondiale). A fronte di ciò, le cosiddette “grandi potenze” della Terra si dicono pronte a sfidare questo fenomeno con elementi di solidarietà concreta. Aiuti economici a quel terzo mondo che, con una dose di approssimazione, sovrapposto al ‘Continente nero’: l’Africa.
Il G8 dell’Aquila, conclusosi ieri, ha avuto al centro della sua ultima sessione di lavori proprio questo tema, a partire dalla proposta del presidente Usa, Barack Obama, di creare un fondo di 15 miliardi di dollari da destinare alle regioni più colpite dalla fame.
Alla fine, con grande soddisfazione del premier italiano Silvio Berlusconi, che da queste vetrine internazionali spera di trarre nuova linfa per affrontare la travagliata condizione interna, la cifra magica è di 20 miliardi. Tanto sarà stanziato, infatti, da Usa, Giappone e Europa.
In questa occasione, il dibattito circa la sfida contro la malnutrizione – affrontata, a detta di molti, con armi assolutamente insufficienti – ha incluso anche alcune delle cosiddette economie emergenti, rappresentanti di ben otto paesi africani e altri paesi europei e asiatici che non fanno parte del G8.
Una sfida che il presidente nordamericano Barack Obama aveva messo al primo posto degli obbiettivi del summit abruzzese, anche perché la discussione si è svolta alla vigilia del suo primo viaggio ufficiale in Africa. Il capo di Stato Usa non voleva arrivare a mani vuote ad Accra, la prima tappa della visita, e si è battuto fino in fondo per quei 20 miliardi di dollari.
Ma nonostante le buone intenzioni espresse dai “grandi”, Obama in testa, le decisioni assunte dal G8 dell’Aquila in merito all’emergenza malnutrizione, non hanno soddisfatto un gran che. Soprattutto il mondo delle Ong.
Il vertice ha fortemente deluso le aspettative di quelle organizzazioni che in Africa ci lavorano da anni. Tra queste, la Coalizione globale contro la povertà, Actionaid, Amref, Associazione Ong italiane, Azione per la Salute Globale, Legambiente, Oxfam/Ucodep, Save the Children, Un Millenium Campaign e Wwf.
“I Grandi della Terra hanno solo ribadito le promesse di Glenaegles” dichiarano a conclusione dei lavori del vertice con un comunicato congiunto, “rimane ancora da vedere se si tratta di nuovi fondi o dei finanziamenti annunciati cinque anni fa”.
Le Ong hanno inoltre espresso perplessità sull’effettivo reperimento dei fondi: al momento è certo l’impegno Usa per tre miliardi di dollari e quello di Parigi per due miliardi di dollari. Il resto non è meglio definito.
Il rischio che tutto finisca in un nulla di fatto è, insomma, più che concreto. La credibilità delle grandi potenze mondiali, soprattutto in occasione delle passerelle internazionali, non gode di una buona reputazione. D’altro canto, la storia parla chiaro. (Tommaso Vaccaro)
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