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giovedì 18 marzo 2010

"Il caso Genchi" a Sciacca

La storia di Gioacchino Genchi, consulente informatico, esperto di tecnologie e collaboratore della maggior parte delle Procure e dei migliori magistrati italiani ha dell’incredibile. Lui stesso ne è perfettamente consapevole. Una storia che da mesi ormai porta in giro in tutta Italia, dentro le scuole, dentro le università, dentro i circoli: dovunque qualcuno lo chiami. Il suo calendario di impegni ed incontri era ed è lunghissimo, tutti lo vogliono conoscere, tutti vogliono sapere cosa si cela dietro il suo illuminante libro: “Il caso Genchi. Storia di un uomo in balia dello Stato”, Aliberti Editore. Un tomo impressionante. Non tanto per le sue 983 pagine ma per il proprio contenuto. Qualsiasi lettore, dopo essersi addentrato nel volume, ne esce smarrito, quasi sconfitto, senza punti di riferimento, amareggiato dal fatto che tutto in Italia, politica, imprenditoria, servizi segreti, procure, Vaticano, sembra essere colluso con il malaffare, con la mafia, con la criminalità, in un vorticoso walzer di affari, cemento, tangenti ed indagini. Tutti contro tutti e tutti con tutti.
Il libro è stato scritto dal giallista Edoardo Montolli che ha raccolto le rivelazioni di Gioacchino Genchi, nato a Castelbuono, in provincia di Palermo. Non lontano da Sciacca. Genchi è stato ospite della nostra città termale la scorsa domenica, 7 marzo, in un evento organizzato e voluto dall’associazione L’AltraSciacca. Tantissime sono state le persone presenti ad un appuntamento per il quale, evidentemente, c’era molta attesa e nonostante il fatto che Genchi fosse stato già a Sciacca nello scorso dicembre, ospite al liceo classico “Tommaso Fazello” insieme a Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, il giudice assassinato dalla mafia a Palermo, nella strage di via D’Amelio. Ed è proprio dalle stragi di via D’Amelio e di Capaci che Genchi sembra riannodare le fila di un sistema corrotto ed i cui principali protagonisti sembrano travalicare spesso anche i confini della moralità. Genchi ha collaborato pure con Luigi De Magistris per l’inchiesta Why Not, prima che le note polemiche e vicende nazionali facessero saltare l’indagine. Il resto è storia. De Magistris ha abbandonato (o gli hanno fatto abbandonare) le procure ed oggi è europarlamentare, eletto da indipendente nella lista dell’Italia dei Valori.
“In Why Not avevo trovato le stesse persone sule quali indagavo per le strage di via D’Amelio. L’unica altra indagine della mia vita che non fu possibile finire”. Inizia proprio così il dialogo tra Genchi e lo scrittore Montolli. Due indagini, lo stesso destino: a Genchi non è stato concesso di portarle a termine. Perché? Cosa si nasconde dietro quelle vicende?
Perché pochi anni fa, da Olbia, l’attuale Premier Silvio Berlusconi ebbe a definire Genchi e l’allora libro non ancora pubblicato: “Sta per uscire uno scandalo che forse sarà il più grande della storia della Repubblica. Un signore (Genchi) ha messo sotto controllo trentacinquemila persone”.
Poco importa, come spiega Marco Travaglio che ha curato la prefazione di questo libro, se Genchi non ha mai intercettato nessuno in vita sua: basta ripetere a reti unificate che intercetta tutti, che scheda milioni di persone, ovviamente a scopo ricattatorio, e il gioco è fatto. Tutti finiranno col crederci. Il libro contiene materiale inedito su diverse inchieste degli ultimi vent’anni. Tra queste, le stragi del 1992-1993, l’asta Umts, le scalate bancarie, il crac Cirio, lo spionaggio di Telecom e Why Not ed è basato sulle memorie difensive di Gioacchino Genchi.
“Il più grande scandalo della Repubblica”, Berlusconi dixit, ossia il cosiddetto “Archivio Genchi” viene a galla con nomi e cognomi, con del materiale così scottante da poter riscrivere nuovamente e completamente gli ultimi vent’anni della storia d’Italia. Il tutto condito non da teoremi e teorie, ma costituito da dati e fatti, indagini ed amicizie impensabili.
Il libro è “la storia sconvolgente che spiega perché tanti potenti hanno paura del contenuto dell’archivio Genchi” ha scritto sempre Marco Travaglio. E Genchi, durante le tre ore di convegno tenutesi presso l’ex chiesa Santa Margherita, non si risparmia ed incolla alla sedia i tantissimi presenti. Non parla solamente del libro ma amplia il proprio discorso analizzando gli ultimi fatti di cronaca politica e giudiziaria nonché dicendo la propria sulle note polemiche che si sono avute a Sciacca dopo l’interrogazione presentata dall’onorevole Giuseppe Marinello (Pdl) al ministero della Pubblica istruzione. Come si ricorderà, il nodo del discorso era quello di garantire la par condicio anche durante gli incontri antimafia, specie se vengono svolti all’interno di aule scolastiche, come era accaduto col liceo classico di Sciacca. “Si tratta di intimidazioni perpetrata da una classe politica che non trova di meglio che attaccare le istituzioni scolastiche”, questa l’opinione di Genchi.
Tra gli spettatori molti si alzano e pongono domande all’ospite: “In che cosa dobbiamo credere?”, chiede qualcuno. “Dove sono i buoni in questo libro?”, chiede qualcun altro. Tutti sembrano disorientati, soprattutto perché di queste vicende narrate nel libro, poco e male viene trattato da telegiornali e quotidiani. E quando manca il quadro complessivo della storia è molto difficile digerire verità che vengono presentate tout court, senza filtri, in modo quasi brusco. Così per come sono.
“C’era un detto una volta che diceva: - afferma Genchi durante l’incontro. Viviamo in un tempo oggi invece per il quale prima si fanno gli inganni e poi si costruiscono le leggi, ad hoc, per non farci intuire di essere stati ingannati o per legalizzare gli inganni”. E tutti a chiedersi come da una persona così importante, a modo, così pacata, possa fuoriuscire una tanto elevata verve e capacità di spiegare i fatti con parole semplici e senza inutili virtuosismi linguistici.
In tutti la stessa curiosità di leggere il libro, di conoscere, di apprendere: ma, avverte Genchi, “dopo averlo letto niente vi sembrerà più come prima”.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

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