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lunedì 22 marzo 2010

Col fiato sul collo. A pochi passi da Matteo Messina Denaro

''Quello inferto alla mafia siciliana e' un colpo durissimo, non tanto e non solo per i numerosi arresti e perquisizioni in diverse citta' italiane; ma, soprattutto, perche' e' stata smantellata buona parte della rete di complici e favoreggiatori messa in piedi dal boss Matteo Messina Denaro per favorire la propria latitanza e, al contempo, per comunicare ordini e disposizioni agli affiliati all'organizzazione criminale''.
''Ai magistrati della procura distrettuale antimafia palermitana, agli uomini del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e delle Squadre Mobili di Trapani e Palermo - conclude il guardasigilli - esprimo la mia gratitudine per questo straordinario successo, frutto di un impegno investigativo incessante, importante tappa per assicurare al piu' presto alla giustizia il boss Matteo Messina Denaro, attuale capo di cosa nostra''.
Il commento del ministro della giustizia Angelino Alfano non poteva che essere positivo in merito all’operazione Golem 2 che ha fatto terra bruciata attorno al superlatitante Messina Denaro, ricercato dal 1993 allor quando si era dato alla macchia insieme al padre, Don Ciccio, morto da latitante.
Sono in tutto 19 gli arrestati dalla squadra mobile di Trapani in collaborazione con quella di Palermo. Su ordinanza della Dda di Palermo, gli indagati, che dovranno rispondere a vario titolo di associazione mafiosa, sono tutti fedelissimi al super latitante e, tra gli arrestati figurano anche il fratello e due cugini del superboss, considerato il nuovo capo mafia dopo gli arresti di Riina, Provenzano e dei Lo Piccolo.
Ecco i nomi degli arrestati: Salvatore Messina Denaro, Maurizio Arimondi, Calogero Cangemi, Fortunato e Lorenzo Catalanotto, Tonino Catania, Andrea Craparotta, Giovanni Filardo, Leonardo Ippolito, Antonino Marotta, Marco Manzo, Nicolò Nicolosi, Vincenzo Panicola, Giovanni Perrone, Carlo Piazza, Giovanni Risalvato, Paolo Salvo, Salvatore Sciacca e Vincenzo Scirè.
Messina Denaro curava ogni dettaglio. Era rimasto scottato dall’esperienza avuta con Bernardo Provenzano il quale aveva conservato alcuni dei pizzini, recuperati poi dagli inquirenti al momento della sua cattura. Il boss di Castelvetrano usava mille accorgimenti, cercava di utilizzare meno postini ed intermediari possibili, cercava di comunicare tanto ma col minor numero di pizzini e soprattutto invitava il ricevente a distruggere qualsiasi pizzino una volta letto il contenuto del messaggio. Inoltre il boss non è solito scrivere i messaggi di proprio pugno ma si serve di un’altra mano. Sempre la stessa ma non la sua. A questa conclusione, importante, sono giunte le forze dell’ordine che operano nel territorio agrigentino e trapanese. Insomma la prima regola è non lasciare tracce. Mai. Per nessun motivo al mondo.
Ma chi è Matteo Messina Denaro e, soprattutto, dove si nasconde? Il soprannome se l'é scelto da sé: Diabolik, come il ladro gentiluomo protagonista del noto fumetto. Quarantotto anni, è, per così dire, "figlio d'arte" in quanto il padre, don Ciccio, è stato lo storico capomafia di Castelvetrano. La primula rossa di Cosa nostra è un enfant prodige del crimine: a soli 14 anni impara a sparare. E non smette più. Ma è al potere che mira il nuovo padrino ed a quello che permette di fare. Infatti è amante del lusso, degli abiti griffati e delle auto sportive, grande collezionista di Rolex. Lontano anni luce dall'immagine del padrino che trascorre la latitanza in isolate masserie di campagna, mangiando ricotta e cicoria, continua, però, a gestire i tradizionali affari di Cosa nostra: come la droga - ha stretto importanti accordi con i cartelli sudamericani - e le estorsioni. Ma non disdegna il traffico di armi, la macellazione clandestina e, grazie a imprenditori prestanomi, gli investimenti nella grande distribuzione alimentare. E’ stato legato a Maria Mesi (condannata il 28 marzo 2001 per favoreggiamento), ma ha avuto anche una figlia da una precedente relazione. Recentemente avrebbe tentato di ampliare il suo raggio d'affari in Austria, Svizzera, Grecia, Spagna e Tunisia. Le vicissitudini giudiziarie di Matteo Messina Denaro iniziano nel 1989, quando viene denunciato per associazione mafiosa. Dal 1993 è costretto alla latitanza. Ritenuto vicino all'ala sanguinaria di Cosa nostra di Totò Riina e Leoluca Bagarella, sarebbe stato tra i promotori delle stragi del '93 a Firenze, Milano e Roma per cui e' stato condannato all'ergastolo con sentenza definitiva. Nel 1994, secondo quanto raccontano i pentiti, a causa della grave forma di strabismo di cui soffre sarebbe andato a farsi visitare in Spagna, in una nota clinica di Barcellona. L'importanza del ruolo ricoperto da Messina Denaro in Cosa nostra viene confermata quando, dopo la cattura del boss Bernardo Provenzano, gli inquirenti scoprono il fitto carteggio tra i due capimafia. Nelle lettere, che sembrano escludere l'esistenza tra i due di presunti contrasti di cui avevano parlato alcuni collaboratori di giustizia, il giovane rampollo trapanese si rivolge con rispetto, ma da pari a pari, all'anziano padrino.
Non solo. Gianni Pompeo, attuale sindaco di Castelvetrano, per aver auspicato pubblicamente la cattura del boss Matteo Messina Denaro, avrebbe suscitato una dura reazione tra i fiancheggiatori del capomafia latitante.
Andrea Craparotta, uno dei fermati nell'operazione antimafia Golem 2, in una conversazione con la moglie intercettata il 7 maggio 2008, accomuna addirittura Pompeo al suo predecessore Tonino Vaccarino, l'ex sindaco che sarebbe stato assoldato dal Sisde nel tentativo di catturare la primula rossa. "Quello (ossia Vaccarino) va in giro e non si capisce, comunque è un morto che cammina..... un morto che cammina, ne sono convinto, lui e Gianni (Pompeo) pure adesso...". Riferendosi alle esternazioni del sindaco Pompeo su Matteo Messina Denaro, Craparotta aggiunge che riferirà tutto al fratello del boss latitante, Salvatore: "Minchia cosa diceva di Matteo, accapponava la pelle, ma io domani a Salvatore glielo faccio vedere...". Conversando sempre con la moglie, Craparotta ammette tuttavia che la pressione degli investigatori impegnati nella caccia al latitante si sta facendo asfissiante: "é meglio che si costituisce perché, per ora Castelvetrano soffre di questa cosa, che lui è rimasto il numero uno... Io lo conoscevo da ragazzo, lui e tutti i suoi amici fidati, ed abbiamo visto la fine che hanno fatto: quello si è impiccato, quello ha l'ergastolo. Tutti amici fidati che gironzolavano paese paese..."
Il cerchio insomma si stringe. Il superlatitante sarà nascosto da qualche parte tra Castelvetrano e Trapani, i suoi territori principali da dove gestisce buona parte dei traffici criminosi della famigghia mafiosa. E prima o poi farà uno sbaglio o arriveranno le forze dell’ordine a scovarlo. Magari alla vigilia delle prossime elezioni.

(nella foto Salvatore Messina Denaro, fratello di Matteo)

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

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