Si scava tra il silenzio e i pianti. Migliaia gli sfollati. Migliaia i feriti. Morti. Tanti morti. Gente comune sommersa dai detriti nel cuore della notte. E il buio e le tenebre si fondano al dolore, allo sgomento, alla sorpresa. Ragazzi, donne, bambini erano andati serenamente a letto pensando a quello che avrebbero dovuto fare domani. Alcuni sarebbero dovuti andare a scuola, altri a lavoro, altri ancora a lezione all’università, uno di loro invece sarebbe dovuto partire per tornare a casa, dalla propria famiglia, magari dalla propria ragazza. E adesso cosa rimane? Quanto rimane e perché? Ho sentito il mio cuore vibrare come se anch’io avessi vissuto quel terremoto, le immagini mi hanno tormentato tutto il giorno la mente, le urla di disperazione sono giunte fino alle mie orecchie. E’ proprio vero: non sappiamo né come né quando. Tutto può dissolversi all’improvviso e l’alba può assumere colori tragici come in questo disperato 6 marzo. La terra ha tremato e trema ancora. Chissà ancora per quanti decenni continuerà a tremare nelle menti di chi è sopravvissuto, di chi si chiederà per tutta la vita cosa sarebbe successo se non fosse stato lì in quel momento, in quella notte scura come la pece. Chissà cosa penseranno per sempre i familiari delle vittime, quale flagello le accompagnerà per il resto dei loro giorni, cosa ancora avranno da chiedere a Dio, alla vita, a quel destino che li ha partoriti e forse abbandonato lungo la strada della vita.
Mentre tutti scappavano per strada, mentre i primi volontari, a mani nude, scavavano fuori e dentro di sé alla ricerca di una speranza, di sopravvissuti, una nuova vita veniva alla luce: una bambina emetteva il proprio sibilo di gioia e di felicità in mezzo a quel torrente di detriti. Una nuova rinascita, una nuova speranza, la voglia di ricominciare, di provarci ancora e sempre.
Intanto piccoli paesi abbarbicati sulle colline abruzzesi erano stati spazzati via dalla forza della natura e tutti a chiedersi cosa si sarebbe potuto fare, se questa tragedia così immane poteva essere preventivata e aggirata. Domande senza risposta o forse con così tante risposte da dover spegnare il cervello per evitare di perdere il senno di ogni cosa.
I soccorritori sentono ancora gente gridare con voce sempre più attaccata alla vita da sotto le macerie e scavano con ogni forza, con ogni mezzo, con tutta la buona volontà per cercare di salvare il maggior numero di persone possibili: eroi involontari ai quali la vita chiede un sacrificio, il coraggio, la determinazione di non avere paura mentre la paura ti assale e pensi ai propri figli, alla propria famiglia. Spaccati di vita, spaccati di Italia.
“Chissà come sarebbe stato se non mi fossi trovato là quella sera? Dove mi avrebbe portato la vita? Chissà se avrei vissuto qui o da un’altra parte? Chissà come sarebbe andata a finire con quella ragazza con la quale tutti i giorni ci ripromettavamo di viverci intensamente, chissà cosa farà adesso, chissà cosa farò io adesso.”
E mentre il futuro si fa sempre più incerto, sono sicuro che ognuna di quelle persone pensa ai propri giorni, quelli trascorsi e quelli ancora da vivere consapevole del fatto che almeno loro potranno ritrovarsi un giorno a rammentarlo ed a porsi tali domande, altri non ce l’hanno fatta, altri non ci saranno se non nei ricordi, negli annali della tragedia e nella memoria dei propri cari che, ogniqualvolta torneranno a quella notte del 6 marzo 2009, si sentiranno morire ancora una volta. Ancora una volta.
lunedì 6 aprile 2009
Si scava ancora. Si scaverà ancora per molti anni
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6 commenti:
Abbiamo proposto un monumento al volontario italiano, una figura in cui tutta l'Italia, quella vera, si riconosce.
travaglio ha fatto un bell'intervento oggi nella sua rubrica...
comunque è stato un episodio davvero tragico e triste..
un pensiero agli amici abruzzesi
condivido in maniera decisa con tutti e tre i vostri commenti, cari amici. il nostro pensiero ed abbraccio alle persone che in questo momento piangono la scomparsa di un caro e sono rimasti senza la casa di una vita.
Tutta la mia comprensione ed il mio affetto agli Abruzzesi.
Mi è sembrato di rivivere la mia esperienza di bambino: abitavo a Montevago, e lo sgomento di fronte alle scosse, alla terra che ti sbatte quà e la come fossi un fuscello, la fuga notturna, lo smarrimento dell'indomani, quando ho visto mio padre dire piangendo che era crollato tutto sono riaffiorati in un attimo.
Mi auguro, anzi sono sicuro che gli Abruzzesi siano più intelligenti ed onesti di noi, e che per prima cosa ricostruiscano i paesi nei loro siti originari invece di spostarli, e che evitino così di aggiungere un sisma artificiale a quello naturale
tutta la solidarietà alla gente d'Abruzzo anche da parte mia. Nulla si può opporre alla forza della Natura ma quella gente ha il diritto e la forza per reagire. Che l'Italia impari da questa tragedia.
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