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sabato 21 novembre 2009

La lotta alla mafia tradita

Un tradimento, l’ennesimo di questo governo sulla strada della lotta alle mafie. L’emendamento della finanziaria votato a maggioranza dal Senato, che consente la vendita dei beni immobili confiscati alle mafie, è molto più grave di un segnale d’allarme. Mentre sulla Giustizia pende una legge discriminatoria pensata su misura dei guai giudiziari del premier, quando si attende ancora il passo indietro del sottosegretario Cosentino dinanzi alla richiesta di arresto per partecipazione esterna ai clan casalesi e a Fondi si rafforzano gli interessi criminali nonostante le reiterate richieste di scioglimento dell’amministrazione, si consuma un tradimento a più facce.
Come ha ricordato Don Luigi Ciotti, è tradito l’impegno assunto con il milione di cittadini che nel ’96 firmarono la proposta di legge sull’uso sociale dei beni confiscati alla mafia e la loro “restituzione alla collettività”. Se la Camera confermasse la decisione di vendere all’asta gli immobili confiscati, passati 90 giorni dalla confisca senza assegnazione, sarebbe enorme il rischio di restituirli alle stesse organizzazioni criminali. Le famiglie mafiose dispongono di un’enorme massa di denaro liquido, in via di ripulitura all’interno dell’economia legale, mentre sono in grado di fare intervenire un sistema di prestanome e di intermediari finanziari, che in parte già agiscono nei territori ad alta densità mafiosa. E’ evidente fra l’altro che il fortissimo radicamento sociale dei mafiosi renderebbe più agevole la loro capacità di vincere un’asta attraverso “amici”. Sono numerosi gli episodi già avvenuti in Sicilia, in Campania e in Calabria che attestano questa capacità dei clan. Vi sono comuni sciolti per mafia proprio per aver assegnato beni confiscati a prestanome dei mafiosi colpiti dalla confisca, come a Canicattì in provincia di Agrigento e a Nicotera in provincia di Vibo Valentia.
Per non parlare della debolezza prevista nell’emendamento per il meccanismo di vendita degli immobili, affidato a funzionari locali del Demanio che, per la loro oggettiva esposizione ambientale ( come è già avvenuto in alcuni casi ) non sono nella posizione migliore per resistere a condizionamenti anche indiretti.
Un secondo aspetto del tradimento riguarda il famoso “piano sicurezza” ostentato dal governo, dal premier fino al ministro Maroni, che innumerevoli volte hanno rivendicato contro le mafie non solo gli arresti da parte delle forze dell’ordine, ma l’entità dei beni sequestrati e il fatto che il bene da sequestrare venga perseguito in quanto tale, indipendentemente dalla posizione processuale del mafioso coinvolto. Bene, se fosse confermato questo emendamento sarebbero più di 3.200 gli immobili non ancora assegnati che verrebbero posti in vendita, esponendoli alla rivincita delle organizzazioni criminali, oltre ovviamente alle nuove confische che arriveranno…C’è davvero da chiedersi che fine abbiano fatto finora quei “fini sociali” che costituivano l’essenza della legge del ’96 e l’obiettivo di quel milione di firme, mentre ancora aspettiamo l’applicazione della legge finanziaria del 2006 che riproponeva l’uso sociale dei beni confiscati, anche attraverso l’istituzione di un’Agenzia nazionale.
Sono traditi infine e non possono non sentirsi tali, i giovani volontari che sotto le bandiere di Libera con le loro cooperative strappano frutti alle aspre terre confiscate, da Corleone e S.Giovanni Jato alla valle del Marro, dall’altopiano pugliese a Casal di Principe e Castelvolturno, dal basso Lazio alla periferia di Catania, trasformando in beni sociali per tutti il frutto di un crimine
di pochi intriso di morte, corruzione, paura. E con loro le associazioni di volontariato e del terzo settore, che attendono da anni solo di superare le paludi burocratiche per trasformare immobili sequestrati in centri sociali, di assistenza, di cultura. Questo sarebbe davvero il tradimento più imperdonabile. Se nella sua disastrata gestione dell’economia il governo ha bisogno di “fare cassa”, non intacchi quei pochi diritti essenziali finora conquistati per sostituire legalità e sviluppo al dominio del crimine.
C’è allora necessità assoluta di non fare ulteriori regali alle mafie, di non far passare alla Camera quel disastroso emendamento, rispondendo con la stessa forza e con l’ unità d’intenti e di organizzazione che fu messa in campo il 3 Ottobre per la difesa della libertà dell’informazione. E’ ormai un appuntamento che investe in ogni campo la responsabilità di tutti, non solo certo della società civile e non possiamo mancare.

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