“Ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35). La Parola di Cristo porta a compimento la logica conviviale della Scrittura dal Levitico 19,33-34 –“Tratterete lo straniero che risiede fra voi come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso”, al Deutoronomio 10,19 – “Amate lo straniero perché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto”, alla Lettera agli Ebrei 13,2 – “Non dimenticate l’ospitalità, perché alcuni, praticandola, hanno ospitato senza saperlo degli angeli”. Alcuni eventi drammatici concomitanti interpellano fortemente la nostra fede cristiana e il nostro laico civile impegno: -il ripetuto “respingimento”di migranti intercettati nel canale di Sicilia e rispediti alla Libia, che non aderisce alla Convenzione internazionale dei diritti umani, presentato come “svolta storica “ dal Ministro dell’Interno ma respinto come preoccupante da organismi dell’ONU e già sanzionato dalla Corte europea nel 2005;- il suicidio di Mabrouka Mimoni nel Centro di identificazione e di espulsione di Ponte Galeria a Roma, sconvolta per il rimpatrio in Tunisia; - il decreto sicurezza, ritoccato rispetto alla stesura originale, ma pesantemente inquinato dal reato di clandestinità, quindi dall’idea del povero come delinquente e dalla povertà come delitto, con ricadute pesanti, anche mortali, su molte famiglie e sui loro bambini; - la tragicomica proposta di uno dei capolista della Lega Nord alle elezioni europee, noto per aver paragonato i rom ai topi da “derattizzare ” e per l’attacco costante alla logica del dialogo promossa dall’arcivescovo di Milano, di carrozze della metropolitana riservate solo ai milanesi; - in generale, il linguaggio aggressivo, violento e volgare presente in questo e in altri campi della vita politica e sociale. Siamo alle prove di apartheid. Non possiamo tollerare l’idea che esistano esseri umani di seconda e terza serie e che dentro e fuori l’Italia si formi un popolo di “non-persone”. Per noi le normative in atto e allo studio violano la Dichiarazione universale dei diritti umani basata sul principio “non negoziabile” della dignità umana e sulla prospettiva della fratellanza (art. 1), così come la Costituzione italiana, gli articoli 2,3,4, 10, 11, soprattutto quelli che prevedono il nostro conformarci alle norme del diritto internazionale e la promozione delle organizzazioni internazionali dei diritti umani. Disposizioni così cattive e incivili, oltre che controproducenti ai fini della pace e della sicurezza, hanno a che fare con il nostro essere credenti e cittadini. Il Concilio Vaticano II ci invita a esercitare la nostra funzione profetica, sacerdotale e regale (“Lumen gentium” 31-36), ad affermare “la dignità e la libertà dei figli di Dio, nel cuore dei quali dimora lo spirito Santo come in un tempio” (“Lumen gentium” 9). Parlando della “grande responsabilità della comunità ecclesiale, chiamata ad essere casa ospitale per tutti, segno e strumento di comunione per l’intera famiglia umana”, il papa Benedetto XVI ritiene importante che ogni comunità cristiana intervenga per “aiutare anche la società civile a superare ogni possibile tentazione di razzismo, di intolleranza e di esclusione” e per “organizzarsi con scelte rispettose della dignità di ogni essere umano. Una delle grandi conquiste dell’umanità è,infatti, proprio il superamento del razzismo […]. Solo nella reciproca accoglienza di tutti è' possibile costruire un mondo segnato da autentica giustizia e pace vera” (angelus 17 agosto 2008). A tal fine, riteniamo utile riprendere le indicazioni episcopali degli anni ’90 sulla cittadinanza responsabile (“Educare alla legalità”, “Educare alla socialità”, “Educare alla pace”) sviluppando con coerente determinazione i percorsi aperti dalla Dottrina Sociale della Chiesa. Oggi per noi si pone seriamente la questione se la comunità cristiana non debba sfidare le diffuse tendenze xenofobe e razziste con la disobbedienza civile. Il cristiano rispetta la legge ma sa che la pienezza della legge è l’amore (Rom 13, 1-10), pensa quindi che debba opporsi a leggi ingiuste e a sistemi che opprimono l’essere umano, fatto a immagine di Dio, e che colpiscono i più deboli (Is 10,1-4 e Ger 7,1-7). E’ necessario reinventare o aggiornare la tradizione biblico-cristiana del diritto d’asilo, di essere cioè “santuario di protezione e difesa”(movimento presente negli Stati Uniti e in altri paesi) per i poveri e i deboli sottoposti ad abusi o che rischierebbero la vita se rimandati in alcuni paesi d’origine. Secondo il diritto internazionale nessun respingimento è possibile prima di valutare le singole situazioni dei migranti. Come credenti cittadini del mondo, dell’Europa e dell’Italia, intendiamo riaffermare la civiltà del diritto tramite il fare creativo della nonviolenza. E’ urgente realizzare l’articolo 10 della Costituzione riguardante la legge sul diritto d’asilo e istituire finalmente la Commissione nazionale indipendente per la promozione e la protezione dei diritti umani che può essere sostenuta e accompagnata da realtà associate nei modi previsti dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani (risoluzione 53/144 del 8 marzo 1999), il cui articolo 1 dice che “tutti hanno il diritto, individualmente ed in associazione con altri, di promuovere e lottare per a protezione e la realizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali a livello nazionale ed internazionale”. Utile strumento può diventare al riguardo il progetto delle Città dei diritti umani in un mondo libero promosso, tra gli altri, dalla Tavola della Pace, dal Coordinamento degli Enti locali per la pace e i diritti e da Libera, realtà dove Pax Christi è variamente presente. In tal modo può anche camminare il progetto dell’ “ONU dei popoli”e molte scuole, fin dal prossimo anno scolastico, con la definizione delle attività di “Cittadinanza e Costituzione”, potrebbero chiamarsi Scuole delle Nazioni Unite, promotrici di diritti umani nelle loro città. Invitiamo, quindi, tutti gli operatori di pace, cominciando da noi stessi, dagli aderenti ai punti pace di Pax Christi, a mobilitarsi per costruire la pace nella vita quotidiana e nelle nostre città spesso prigioniere di solitudini, governate dalla paura e coinvolte in progetti tribali e autoritari dove si gioca il futuro della cittadinanza. Nessuna cultura della pace è possibile se non si realizzano il disarmo delle menti, la smilitarizzazione dei cuori e dei territori, se non si promuove il cantiere della cittadinanza attiva che è fatto di buone pratiche sociali e amministrative orientate al bene comune e alla sicurezza comune, alla liberazione dalle paure, all’educazione ai conflitti per una positiva loro gestione, al fiorire di spazi e momenti di riconoscimento reciproco, di integrazione-interazione, di contemplazione e di preghiera. Nessuno ci è straniero anche perché la distanza che ci separa dallo straniero è quella stessa che ci separa da noi stessi e la nostra responsabilità di fronte a lui è quella che abbiamo verso la famiglia umana amata da Dio, verso di noi, pronti a testimoniare la profezia del Risorto che annuncia la pace e ci dice di non temere perché sarà con noi “tutti i giorni, sino alla fine del mondo” (Mt 28.20).
sabato 24 ottobre 2009
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1 commento:
It is necessary to handle this issues firmly but in a proper way. I think it will be a tough call for the administration.
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