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giovedì 17 marzo 2011

Nessuno provi a toccarli... Una provincia "intimidita"

Salvatore Vella, Michele Botta, Eugenio D’Orsi, Michele Buscarnera: sono solo gli ultimi ad aver subito intimidazioni e minacce. Perché? Cosa sta accadendo in provincia di Agrigento? Come mai è stato complicato risalire agli autori di gesti tanto vili? Simboli e segnali di una mafia che sta cambiando


Intimidazioni. Sembra essere diventata questa la parola d’ordine in provincia di Agrigento. Ormai è lunga, lunghissima la lista di coloro che, coinvolti a vario titolo, nella vita pubblica, subiscono minacce di ogni genere e grado. L’ultimo a subirne in ordine di tempo è stato il magistrato Salvatore Vella, Pm della Procura della Repubblica di Sciacca e delegato della direzione investigativa antimafia. Ha rinvenuto un bigliettino all’interno della propria agenda dal significato inequivocabile: recava la scritta “Bum” con chiaro riferimento all’automobile. Ciò che sconcerta, oltre al vile atto, è la facilità con cui l’intimidatore si è potuto avvicinare e lasciare il “pizzino”. Vella infatti si trovava a Bivona per prendere parte nella qualità di relatore ad un convegno sulla legalità. Dopo una sua momentanea assenza dal tavolo dei relatori, ha ritrovato quanto descritto. Un atto dunque compiuto dinanzi ad altre persone, senza alcuna preoccupazione. Salvatore Vella negli ultimi mesi sta partecipando a tantissimi convegni circa la sensibilizzazione antimafia, la lotta alla criminalità organizzata e il coraggio della denuncia antiracket. Ultimamente si era recato anche a Londra per una conferenza del genere riscuotendo notevole successo. Naturalmente Vella è anche un magistrato in prima linea nella lotta antimafia attraverso numerose inchieste e processi. Tra i tanti, gli ultimi in ordine di tempo quello “Scacco Matto” e quello “Face Off”. Proprio quest’ultimo in particolare ha coinvolto la mafia di Bivona e della Bassa Quisquina determinando condanne su condanne ottenuto anche grazie al contributo della testimonianza di Ignazio Cutrò, imprenditore antiracket originario del piccolo centro montano. Potrebbe non trattarsi di un caso l’intimidazione subita proprio a Bivona ma è chiaro che le indagini sono in corso. Dopo le dovute denunce ai carabinieri, le forze dell’ordine stanno cercando di risalire ai responsabili del gesto.
Intanto al Pm è arrivata la solidarietà un po’ di tutti: politici di ogni partito, associazioni culturali e sportive, mondo dell’imprenditoria e sindacale ma anche da parte di tanta gente comune che si è mobilitata su internet e su facebook. Si è espresso in merito pure il ministro della giustizia Angelino Alfano mentre intanto la scorta del magistrato è stata potenziata: da uno a due carabinieri, in pianta stabile. Vella dicevamo è soltanto l’ultimo caso però.
Il sindaco di Menfi Michele Botta è giunto nel giro di poche settimane alla terza lettera anonima contenente sempre precise minacce per sé e per i propri familiari. Botta ha più volte avuto modo di dichiarare: “Il mio modo di amministrare è limpido. Non capisco perché queste minacce. Se qualcuno ha dei problemi può venirmi a trovare e parlarne direttamente. L’uomo Botta è turbato e preoccupato, il sindaco no. Non posso lasciarmi intimorire.” Anche in questo caso finora dalle forze dell’ordine nessun riscontro. Le indagini vanno avanti ma nulla ancora è dato sapere circa la provenienza di queste intimidazioni.
Di pochi giorni fa era stato invece il turpe gesto perpetrato ai danni dell’ingegnere Michele Buscarnera: una testa di capretto rinvenuto dinanzi il portone del suo studio sito in via Lido durante l’orario di lavoro. Il professionista ha detto: “Non capisco. Non sono un imprenditore ma solo un tecnico.” Di Buscarnera si era parlato insistentemente nell’ultimo periodo a seguito del progetto della Sun & Soil circa la realizzazione di un impianto fotovoltaico a Sciacca del valore di 29 milioni di euro.
E che dire del Presidente della Provincia di Agrigento Eugenio D’Orsi? Anche per lui minacce su minacce, di vario tipo e perpetrate nel tempo tanto da richiederne il rafforzamento della scorta.
Una volta si diceva che la provincia di Agrigento fosse una provincia “babba”. Adesso no, non lo si può più dire. E’ una provincia “spetta”, fin troppo. Un territorio dove spesso si è costretti a vivere ed a convivere con l’ansia e la tensione, dove ogni “sgarro” si paga e dove il rispetto delle regole e della legalità è visto come una debolezza, una cosa per persone deboli.
Si fa troppo presto a parlare di mafia come se fosse un’entità astratta. Oggi è bene parlare di mafie.
Le mafie dei colletti bianchi, dell’imprenditoria, della finanza, quella che gestisce gli appalti pubblici e se le divide, e decide a chi devono andare e per quanto tempo. Perché tutte queste intimidazioni? Perché tutte queste minacce? Cosa vogliono? Che pretendono? Chi si nasconde dietro un pizzino, o una testa di capretto o una lettera anonima? Chi non ha il coraggio di mostrare il proprio volto alla luce del sole? Cosa ne pensa l’opinione pubblica di tutto ciò? Chi si volta dall’altra parte? Tutte domande che esigono risposte. Risposte precise, circostanziate, magari non immediate. Ma si dice che il tempo è galantuomo e prima o poi tutti i nodi tornano al pettine.
Non bisogna più pensare alla mafia come a quella che ci raccontano nei film di un tempo o nelle fiction romanzate dei nostri giorni, la mafia si è evoluta, non spara ma minaccia, fa terrorismo psicologico prima che fisico. La mafia non è più quella che fa affari con lo Stato ma è quella che ha preso piede nelle pubbliche amministrazioni e nelle migliori società. I figli dei mafiosi di oggi non vanno in giro con la coppola e la lupara ma studiano, si laureano, scalano i vertici del mondo civile e prendono il loro posto portando avanti gli affari di famiglia e delle famigghie. E chi si interpone a tutto questo è un pericolo da eliminare e da aggirare. O quantomeno da piegare. E come? Con la minaccia, con l’intimidazione. Come solo i vigliacchi senza onore sanno fare.
Alle forze dell’ordine il compito di vigilare, di indagare, di colpire chi non vuole che questa terra sia libera e pulita. A noi tutti invece il compito di non lasciare da soli coloro che, come il magistrato Salvatore Vella, spende e si spende totalmente affinché qualcosa possa cambiare. Cambiare in meglio.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

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