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mercoledì 2 marzo 2011

Morti "bianche": tragedia infinita

I Dati dell’osservatorio per la sicurezza sul lavoro sono eclatanti: troppi morti, poca sicurezza e lavoro nero. Gli appelli di sindacati e società civile rimangano inascoltati e si continua a morire per lavorare quando si dovrebbe lavorare per vivere


E’ tragico il bilancio delle morti bianche in questo primo scorcio di 2011. L’anno inizia con 50 croci sul lavoro in Italia. Quasi due morti al giorno. E sono il doppio di quelle rilevate nello stesso mese dello scorso anno. Insomma si parla tanto di sicurezza sul lavoro, di sensibilizzazione tanto per gli operai quanto per i “padroni” ma niente sembra cambiare. Il sud, come sempre, è in cima alla graduatoria per numero di vittime con Sicilia e Campania, seguito da Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Ma è la Valle d’Aosta a guidare la classifica delle incidenze delle vittime calcolate sulla popolazione lavorativa. Le province più colpite sono Catania e Napoli seguite da Bologna e Milano. La caduta dall’alto lascia il primo posto delle cause di morte allo schiacciamento avvenuto in seguito alla caduta di oggetti pesanti. Ancora all’agricoltura il primato delle morti, il settore più colpito. In crescita anche la piaga del lavoro nero che contribuisce ad elevare rischi e mortalità per i lavoratori.
A gennaio, come detto, sono state 50 le morti bianche in Italia. In tutto il primo semestre del 2010 non si era mai arrivati ad un dato così elevato.
Questa è la prima e tragica istantanea scattata dagli esperti dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre che si occupa di monitorare quotidianamente il dramma, a livello nazionale. Un risultato d’esordio sconfortante ed allarmante in cui ad indossare la maglia nera non sono più le regioni del Nord, ma bensì quelle del Sud. Sicilia e Campania in testa con 7 vittime, seguite dalla Lombardia (6), dall’Emilia Romagna (5) e dal Veneto (4). Accanto ai numeri assoluti, però, appare altrettanto significativo l’indice di mortalità rispetto alla popolazione lavorativa. E i valori più elevati arrivano dalla Valle D’Aosta (35,5 contro una media nazionale di 4,4) insieme alla Basilicata (15,7) e alla Calabria (5,1).
Friuli, Molise Marche Toscana e Umbria sono le uniche regioni a non essere state coinvolte nel mese di gennaio. Le cosiddette isole felici.
Mentre nella classifica provinciale ci sono Catania e Napoli con 4 morti bianche, seguite da Bologna e Milano (3), Matera, Aosta, Savona, Messina, Caserta, Lecce, Verona e Torino (2). Aosta, Matera e Savona, comunque guidano la classifica provinciale per incidenze rispetto alla popolazione lavorativa. Ancora una volta l’agricoltura è il luogo maggiormente votato alla tragedia con il 32 per cento delle vittime. Il doppio di quelle rilevate nel settore delle costruzioni (16 per cento). Altrettanto preoccupante il 12 per cento degli eventi mortali registrati nel commercio e attività artigianali e il 10 per cento dei trasporti, magazzinaggi e costruzioni.
Entrano in classifica i giornalisti, spesso vittima di aggressioni ed intimidazioni corporali e morali.
Un nuovo dato, invece, emerge nell’indagine delle cause che hanno portato alla morte i lavoratori; e la caduta dall’alto non è più in cima alla graduatoria. Nel 24 per cento dei casi, infatti, si è trattato di un decesso per schiacciamento avvenuto in seguito alla caduta di oggetti pesanti. Nel 20 per cento dei casi si è trattato di una caduta dall’alto e per il 16 per cento delle vittime la causa è stata un incidente dovuto al ribaltamento/investimento di un mezzo in movimento. Seguono nella classifica: il contatto con organi lavoratori in movimento (12 per cento), investimento da mezzo semovente (10 per cento) e incendio (6 per cento).
Non solo uomini, ma anche le donne rientrano nella casistica degli incidenti tragici e degli infortuni più o meno gravi. Altrettanto sconvolgente il dato sulla mortalità femminile: sono già due le vittime. A fine 2010 se ne contavano 17. Un dato, quindi, decisamente superiore alla media. Gli stranieri sono 4 pari all’8 per cento del totale (era il 10 per cento nel 2010). La fascia d’età più colpita è sempre quella in cui l’esperienza dovrebbe insegnare a non esporsi al rischio (tra i 40 e i 49 anni, ovvero il 36 per cento delle vittime). Il 20 per cento tra i 30 e i 39 e il 18 per cento tra i 60 e i 69 anni. Dai 70 anni in su si rileva l’8 per cento delle vittime. L’esperienza spesso fa rima con il sentirsi troppo sicuri, abbassare l’attenzione e la concentrazione e dunque ad elevare il rischio di incidenti.
Ultimo ma non meno importante grafico elaborato dagli esperti dell’Osservatorio di Vega Engineering che da oltre due decenni si occupa di sicurezza nei luoghi di lavoro è quello relativo ai giorni della settimana in cui gli episodi mortali sono stati più frequenti. Si scopre così un’altra novità perché con il nuovo anno i giorni neri cambiano: sono martedì e giovedì. Lo scorso anno il mercoledì e il venerdì. Nel Nordest, invece, sul podio al secondo posto c’è la domenica.
A tutta la casistica vanno ad aggiungersi i casi, anch’essi in aumento, quando il lavoratore muore o subisce infortuni non sul lavoro ma mentre sta recandosi sul posto di lavoro. Anche in questo caso il sud la fa da padrone e i recenti incidenti mortali accaduti sulla Palermo – Sciacca stanno lì a testimoniare la problematica. Non bastano i controlli, le eventuali sanzioni, occorre una presa di coscienza collettiva, che investa lavoratore e datore di lavoro, classe politica e mondo dell’imprenditoria. Lavorare per vivere e non morire per lavorare.

Calogero Parlapiano

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