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venerdì 25 marzo 2011

L'Italia è fatta. Facciamo gli Italiani.

L’Italia compie 150 anni e si riapre il dibattito degli storici sull’importanza dell’Unità. Ancora da superare “la questione Meridionale” ed il dibattito determinato dalle scelte nordiste della Lega di Umberto Bossi. Tripudio di bandiere tricolori nei balconi italiani, diverse le manifestazioni a Sciacca


“Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue. Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d'Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861”.
Con queste parole, con questo atto ufficiale, nasce l’Italia. Dal 1861 al 2011 sono passati esattamente 150 anni. Pochi o tanti, a seconda dai punti di vista.
Quanto espresso nell’Articolo unico sono le parole che si possono leggere nel documento della legge n. 4671 del Regno di Sardegna e valgono come proclamazione ufficiale del Regno d'Italia, che fa seguito alla seduta del 14 marzo 1861 della Camera dei Deputati, nella quale è stato votato il progetto di legge approvato dal Senato il 26 febbraio 1861. La legge n. 4671 fu promulgata il 17 marzo 1861 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 68 del 18 marzo 1861.
Il significato che assume l’Unità d’Italia è ancora molteplice e spesso le opinioni sono particolarmente diverse anche tra gli stessi storici. Se percorriamo rapidamente l’escursus che ha portato all’unificazione dello Stato ci accorgiamo come l’identità politica è seguita a quella culturale ed emotiva: pur con le differenze, pur con le problematiche alcune delle quali ancora esistenti, pur con le dovute eccezioni, gli italiani si sono sentiti tali ben prima di esserlo veramente.
In circa due anni, dalla primavera del 1859 alla primavera del 1861, nacque, da un’Italia divisa in sette Stati, il nuovo regno: un percorso che parte dalla vittoria militare degli eserciti franco-piemontesi nel 1859 e dal contemporaneo progressivo sfaldarsi dei vari Stati italiani che avevano legato la loro sorte alla presenza dell'Austria nella penisola e si conclude con la proclamazione di Vittorio Emanuele II re d'Italia.
Tra il 1859 e il 1860 non ci fu un vero scontro tra l’elemento liberale e le vecchie classi dirigenti ma una rassegnata accettazione della nuova realtà da parte di queste ultime. Solo nel regno meridionale si manifestò una qualche resistenza, dopo la perdita della Sicilia e l'ingresso di Garibaldi a Napoli (7 settembre), con la battaglia del Volturno e la difesa di alcune fortezze. Il nuovo Stato non aveva tradizioni politiche univoche in quanto, insieme ad un centro nord con tradizioni comunali e signorili, c’era un mezzogiorno con tradizioni monarchiche fortemente accentrate a Napoli, ma si basava su una nazione culturale di antiche origini che costituiva un forte elemento unitario in tutto il paese, uno Stato - come scrisse all’indomani della conclusione della seconda guerra mondiale un illustre storico svizzero, Werner Kaegi - che cinque secoli prima dell’unità aveva “una effettiva coscienza nazionale” anche se priva di forma politica. O come tante volte ha ripetuto il premio Oscar Roberto Benigni nei suoi interventi: “L’Italia è l’unico Paese dove prima è nata la Cultura e dopo la Nazione”. Nel rapidissimo riconoscimento del regno da parte della Gran Bretagna e della Svizzera il 30 marzo 1861, ad appena due settimane dalla sua proclamazione, seguito da quello degli Stati Uniti d’America il 13 aprile 1861, al di là delle simpatie per il governo liberale di Torino, ci fu anche un disegno, anche se ancora incerto, sul vantaggio che avrebbe tratto il continente europeo dalla presenza del nuovo regno.
Cominciò infatti a diffondersi la convinzione che l’Italia unita avrebbe potuto costituire un elemento di stabilità per l'intero continente. Invece di essere terra di scontro tra potenze decise ad acquistare una posizione egemonica nell’Europa centro-meridionale e nel Mediterraneo, l’Italia unificata, cioè un regno di oltre 22 milioni di abitanti, avrebbe potuto rappresentare un efficace ostacolo alle tendenze espansioniste della Francia da un lato e dell’impero asburgico dall’altro e, grazie alla sua favorevole posizione geografica, inserirsi nel contrasto tra Francia e Gran Bretagna per il dominio del Mediterraneo.
Le preparazioni delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d'Italia sono state avviate con decreto del Presidente del Consiglio, con il quale è stato istituto anche un Comitato interministeriale per le celebrazioni. Il Presidente del Consiglio ha delegato il Ministro per i Beni e le Attività culturali alla presidenza del Comitato.
Al Comitato interministeriale sono state affidate, in raccordo con le Amministrazioni regionali e locali interessate, le attività di pianificazione, preparazione ed organizzazione degli interventi e delle iniziative legate alle celebrazioni.
La verifica e il monitoraggio del programma delle iniziative è affidata al Comitato dei Garanti presieduto dal Presidente Giuliano Amato.
Tre bandiere tricolore che rappresentano i tre giubilei del 1911, 1961 e 2011, in un collegamento ideale tra le generazioni, costituiscono il logo dell’anniversario. La valenza simbolica delle celebrazioni rimanda ad un messaggio di identità e unità nazionale e testimonia l’impegno di valorizzare il territorio nazionale come espressione di realtà e peculiarità di tutte le Regioni che lo compongono.
Anche a Sciacca le iniziative sono state molteplici e tutto sommato la cittadinanza ha risposto. Convegni, sfilate, parate, recital, balconi addobbati con la bandiera Tricolore: è bastato poco, anche un simbolo, per partecipare ai festeggiamenti in onore dell’Italia e dell’Unità. Sono state diverse le proposte in merito portate avanti alcune dall’amministrazione comunale ed altre dalle varie associazioni presenti sul territorio.
Tre Colori (verde, bianco e rosso), Una Storia. L’Italia compie dunque 150 anni. “L'Italia è stata fatta, adesso occorre fare gli Italiani”. Questo auspicio è, purtroppo, ancora più vivo che mai. Auguri a tutti gli Italiani: che non dimentichino mai l’importanza di essere Liberi, Uniti e Democratici.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

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