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giovedì 4 febbraio 2010

Processo Breve o Giustizia Ingiusta? Il caso del saccense Matteo La Placa

In attesa che il disegno di legge sul Processo Breve passi da Montecitorio e dalla firma del Capo dello Stato, questi sono solo alcuni dei punti di maggiore dibattito tra le varie parti politiche.
La nuova legge, che si applica a tutte le tipologie di imputato, stabilisce che, per "violazione della durata ragionevole del processo", il procedimento per i reati sotto i 10 anni, dal momento in cui il pm "esercita l'azione penale", si estingue dopo 3 anni per il primo grado, 2 anni per il secondo e un anno e 6 mesi per la cassazione.
Tempi più lunghi per i processi più complessi.
Per i processi per reati con pena pari o superiore ai 10 anni, la norma prevede un tempo di 4 anni per il primo grado, 2 per l'appello e 1 per la cassazione. Per quanto riguarda i processi per reati di terrorismo e mafia, infine, i termini di durata salgono a 5 anni per il primo grado, 3 per il secondo e 2 anni per la Cassazione.
Un giudice, applicando la norma, può pronunciare il non doversi procedere per estinzione del processo se sono decorsi 2 anni da quando il pm ha avviato l'azione penale e se non è stato definito ancora il primo grado di giudizio. Con questa norma, per esempio, lo stralcio del processo Mills che vede imputato Berlusconi verrebbe immediatamente chiuso.
Ma non siamo qui per fare disquisizioni politiche nè per parlare di leggi ad personam o del singolare modo di vedere la giustizia da parte del “miglior premier degli ultimi 150 anni”. Un decreto del genere, teoricamente, non potrebbe prescindere da un aumento dei mezzi in dotazione alla magistratura e alle forze dell’ordine. Si è parlato troppe volte di una giustizia con tempi lunghissimi e lenti come quelli di una tartaruga ma, secondo i magistrati, in questo modo “la giustizia viene condannata a morte”.
Bisogna porre rimedio, quindi. Forse, però, è sbagliato il punto di partenza. Una legge dovrebbe essere fatta ed inserita in un reale contesto di appoggio alla magistratura ed al mondo penale. La legge, forse, dovrebbe essere il punto di arrivo e non quello di partenza. Il rischio, sempre più concreto, è che si vedano morire processi per reati come il falso in bilancio e la corruzione giuridica e che quindi molte vittime di questi reati, come gli investitori Parmalat e Cirio per esempio, non vedranno mai giustizia né rimborsi né soddisfazione, come si è soliti dire in Sicilia. Ma non finisce qui. Magari.
Il ddl si propone di stabilire una durata massima di un processo in tutti e tre i gradi di giudizio. Una procedura non può durare più di due anni per grado e il punto di partenza di questo tempo stabilito è il momento del rinvio a giudizio. Nel caso si superino questi due anni il processo è estinto ma il reato no, anche se non è più processabile. Semplificando forse un po’ troppo, potremmo dire che Caio ruba, rubare rimane un reato ma, superati quei due anni, Caio non verrà più né processato né, di conseguenza, condannato.

I reati che potranno "beneficiare" del processo breve sono, tra gli altri, l’abuso d’ufficio, la corruzione giudiziaria, il falso in bilancio, la truffa, le frodi alla Comunità Europea, il traffico di rifiuti, la violenza privata e l’omicidio colposo per colpa medica.

Ed è proprio su questo punto che subentra la vicenda, triste ed ancora irrisolta, di Matteo La Placa. 41enne nato a Sciacca. Il 1 dicembre, come ricorderete, si è incatenato per circa due ore fuori dal Palazzo di Giustizia di Palermo.

Perché? Per una questione umana e non politica. Perché vuole una giustizia che, sebbene garantita dalla Costituzione, ancora tarda ad arrivare così come in tanti altri casi.
Nel 2003 La Placa ha visto morire la moglie, si chiamava Accursia Attardo. Aveva solamente 31 anni. Ma non è stata soltanto lei a perdere la vita. La Attardo era al nono mese di gravidanza. Anche la futura bambina che avevano deciso insieme di chiamare Martina, purtroppo, non ha visto mai la luce.

La donna era rimasta incinta in seguito ad una cura ormonale presso un ospedale bolognese e a Palermo era stata seguita dall’Istituto Materno Infantile. Il decesso fu determinato da un edema polmonare conseguente ad una sindrome da iperstimolazione ovarica, la quale aveva causato la formazione di oltre tre litri e mezzo di liquido nei polmoni.

Il giudice per le indagini preliminari ha rinviato a giudizio otto persone, tra cui il primario e il suo vice. Insieme a loro alcuni medici e infermieri.

Malasanità. Uno di quei casi che affollano, purtroppo frequentemente, le cronache di televisioni e giornali.
Per usare dei termini cari al testo del ddl sul processo breve, si tratta di “omicidio colposo per colpa medica”. Per questo tipo di reato, quindi, i tre gradi di giudizio dovrebbero durare meno di due anni ognuno. Se il ddl diventasse legge effettiva, il processo in questione si vedrebbe estinto e non ci sarà mai giustizia né per Matteo, né per sua moglie Accursia, né per la figlia Martina, altra vittima innocente della malasanità in Italia. La legge infatti è retroattiva per i processi che si trovano ancora al primo grado di giudizio. E questo processo lo è poiché, anche se sono passati già sei anni dalla morte di Accursia e Martina, il signor Matteo La Placa aspetta ancora giustizia.

In seguito alla plateale protesta del primo dicembre scorso, Matteo ha ottenuto rassicurazioni dal Presidente del tribunale di Palermo Giuseppe Rizzo. La promessa è stata quella di accelerare le udienze e che l’iter processuale prosegua senza ulteriori ritardi.

La sentenza, però, naturalmente è ancora molto lontana. Non ci sono soltanto Berlusconi ed i suoi processi quindi. Ci sono casi, come quello di Matteo, di sua moglie e di sua figlia che rischiano di rimanere nascosti ed inascoltati. Nell’indifferenza dell’intera classe sociale e politica.
Matteo ha già visto sottratto al suo affetto ed alla sua vita l’amore di Accursia e di Martina. Si augura certamente di non dover piangere un’altra morte: quella della giustizia.
Forse, più che di un processo breve, la gente avrebbe bisogno di una giustizia giusta.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

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