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venerdì 5 febbraio 2010

Il crollo di Favara: è o non è una tragedia annunciata?

“Chiedo anche al Signore che non arrivi mai il momento di dovermi rifiutare di celebrare funerali ‘previsti’ o ‘preannunciati’, perché quel giorno, se mai dovesse arrivare, il mio posto, da agrigentino, sarà tra la nostra gente a pregare, ma non me la sentirò di parlare, come sarebbe successo se fossi stato a Messina”. Sono parole che scrissi in una lettera pubblica inviata al capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, e alle autorità della nostra provincia in occasione della frana che colpì Giampilieri riferendomi al Centro Storico di Agrigento. Parole che riconfermo e nella loro interezza. Per i funerali, il mio posto sarà tra la gente di Favara, con loro pregherò per Marianna, la piccola Chiara e per i loro genitori Giuseppe e Giuseppina e per il piccolo Giovanni. Non è un sottrarmi al mio ruolo di vescovo, di pastore della porzione di Popolo che il Signore mi ha affidato, ma un farmi solidale e vicino alla famiglia Bellavia in questo giorno che è giorno di preghiera e silenzio. Condivido e faccio mie le parole che sono state lette nelle parrocchie di Favara ed esprimo la mia vicinanza al clero e alla comunità ecclesiale tutta.”
Queste le parole del vescovo di Agrigento Don Francesco Montenegro all’indomani della tragedia di Favara. Parole che non sono andate giù al sindaco del centro agrigentino Domenico Russello.
Non solo il comune di Favara ma l'intera provincia di Agrigento sconvolta per la tragedia che si e' consumata lo scorso sabato mattina. Erano le sette allorquando, in pieno centro storico, in via Carmine, e' crollato una palazzina causando la morte delle sorelline Chiara Pia e Marianna Bellavia, rispettivamente di 3 anni ed 14 anni, estratte morte dalle macerie. Nell'immobile, uno stabile di tre piani, abitava la loro famiglia. I genitori delle bambine, Giuseppe Bellavia e Giuseppina Bello, rispettivamente di 37 e 36 anni, sono stati estratti subito dalle macerie: la donna immediatamente trasportata in ospedale ad Agrigento in gravi condizioni mentre il marito, che ha riportato solo lievi ferite, e' rimasto sul posto a dare una mano ai soccorritori. Adesso stanno abbastanza bene dal punto di vista fisico. Anche Giovanni, 12 anni, il terzo dei tre figli, e' stato estratto vivo e trasportato in ospedale. E’ in stato di choc, non parla e sarà difficile spiegargli bene tutto. Anche se tutti temono che già abbia capito ogni cosa. Per le due bambine, invece, non c'e' stato nulla da fare. “Una tragedia annunciata”, questo il pensiero unanime di chi conosceva le condizioni strutturali di quella casa e, in generale, degli edifici di quella zona. La palazzina crollata, infatti, pare avesse da tempo numerosi cedimenti strutturali ed infiltrazioni d'acqua che avevano indotto i coniugi Bellavia a presentare richiesta per ottenere una casa popolare ma senza alcun esito. Nessuna risposta. Solo il silenzio. La procura della Repubblica ha aperto un'inchiesta ed il reato che si ipotizza e' di disastro colposo. Una torre di tufo segnata dal degrado e dalla precarietà. In alto due piccole finestre. Sul tetto, invece, i recipienti dell'acqua. Sì perché al centro storico, in quelle catapecchie, non vi è nemmeno acqua. I muri esterni distrutti e nessuna traccia di fondamenta. Adesso le altre abitazioni simili della zona sono state evacuate. Dopo. Sempre dopo. Mai prima. Prima deve morire sempre qualcuno. Prima deve giungere sempre una tragedia a colpire il nostro quieto vivere.
I funerali sono stati strazianti e seguitissimi. Una chiesa Madre gremita quella che si è presenta agli occhi dei favaresi e non, tanto che molta gente è rimasta fuori sotto la pioggia. Una pioggia frammista alle lacrime. La notizia ha fatto il giro: carta stampata e tv. Tutti si sono occupati di questa dolorosa vicenda puntando l’attenzione sull’indifferenza della politica.
Il Comune di Favara ha intanto aperto un conto corrente bancario in favore della famiglia Bellavia. Chiunque voglia fare una donazione potrà recarsi nella filiale del Monte dei Paschi di Siena di Favara ed effettuare un versamento tramite bonifico o contanti. Il codice IBAN è IT85X0103082930000004204734. Un aiuto concreto per chi è in difficoltà a due passi da noi.
“Favara è un luogo generoso ma disgraziato. A chi ha il potere chiediamo di guardare in basso, a chi nel popolo fa una fatica incredibile anche se con estrema dignità, alla famiglia Bellavia chiediamo di guardare in alto, a Cristo crocifisso”. Sono le parole pronunciate dall’arciprete di Favara, Mimmo Zambito nella sua omelia davanti a centinai di persone. L’Arciprete, con la voce rotta per la commozione, ha invitato tutti a pregare per Marianna e Chiara Pia, le due sorelline di 14 e 3 anni, morte nel crollo della palazzina fatiscente, nel centro storico della cittadina. Nelle prime file Giuseppe Bellavia e Giuseppina Bello, i genitori delle due vittime hanno seguito l’omelia sorretti da amici e parenti. La madre, straziata dal dolore ha più volte baciato le due bare bianche, sistemate davanti l’altare. Carabinieri e uomini della protezione civile hanno chiuso i cancelli della Chiesa, stracolma in ogni ordine di posto, con tanta gente in piedi e decine di bambini, tra cui compagni di classe di Marianna. All’esterno, nella piazza di fronte la Chiesa, centinaia di persone hanno assistito alla celebrazione funebre ascoltando le parole dell’Arciprete da alcuni altoparlanti. Durante l’omelia alcune persone si sono sentite male e sono intervenuti i volontari della protezione civile. Anche la Chiesa, intesa come Istituzione, ha preso posizione: dura, ferma, decisa.
Don Mimmo Zambito, arciprete della comunità ecclesiale di Favara in seguito alla tragedia che ha colpito la famiglia Bellavia ha pronunciato parole durissime contro la società favarese e contro l'intera classe politica colpevole di aver abbandonato i Bellavia e colpevole di non espletare al meglio la propria funzione di servizio del prossimo. “Dio abbia pietà di noi, ha detto l'arciprete, della nostra disobbedienza privata e della nostra disobbedienza nella vita civile e del disinteresse del bene pubblico. Il peccato sociale e collettivo, della comunità di Favara generosa e disordinata, ricca di cuore sempre e, a volte, ricca di disprezzo per il prossimo e di rapina della sua dignità, ha provocato questa tragedia. Dio abbia pietà di quanti preposti da Dio a curare le parti più bisognose del corpo della società civile e del corpo ecclesiale di Gesù, hanno disobbedito a Lui e alle leggi dello Stato e hanno così concorso a questi omicidi di bambine. Preghiamo Dio, continua Don Mimmo Zambito, che cambi la mentalità dei profittatori, dei pigri, degli speculatori, degli accaparratori, di coloro che mangiano rubando al prossimo e calpestando la giustizia.
Di quanti si fossero imboscati nel loro servizio di uffici e di burocrazia nascondendo carte o aspettando che ci si umiliasse a chiedere, a cercare raccomandazioni. Dio cambi il cuore di chi ha fatto apparire come elemosina (facciamo conto la casa popolare) quanto invece spettava come diritto. Il crollo e la morte tragica riguarda tutti. Favara “resta ad obbligo” a Dio e alla Famiglia Bellavia, conclude l'arciprete del centro agrigentino, di questo peccato sociale, collettivo ed individuale che chiede penitenza pubblica e riparazione. Oltre che il riconoscimento delle eventuali colpe penali.” Marianna e Chiara Pia sono state uccise: questa la sentenza dei favaresi. “Assassini” c’è scritto sulle travi di legno che delimitano il luogo della tragedia. “Assassini” scritto con vernice rossa. Rosso sangue. E mentre ancora tutti si interrogano fino a quando ogni cosa non ritornerà nel dimenticatoio, sorge lecito chiedersi quante altre situazioni di pericolo sono presenti in tutto il territorio siciliano ed anche a Sciacca. Da decenni a Sciacca si chiede la costruzione di nuovi alloggi popolari. Su questo argomento sono innumerevoli le battaglie portate avanti da Michele Catanzaro, segretario della locale Cgil. Potrebbero beneficiarne almeno 1000 persone. Forse di più. Quante famiglie, impossibilitate economicamente ad avere di meglio, vivono in condizioni di disagio, in strutture fatiscenti, consapevoli di rischiare ma altrettanto consapevoli di non avere molte alternative. Non ci sono dubbi che nel caso atroce di Favara si poteva e si doveva fare di più. Le due giovani vittime favaresi sono solamente le ultime di un sistema politico, sociale ed istituzionale ormai malato, incancrenito, che troppe volte è concentrato solamente su assurde dinamiche di potere e dimentica il proprio vero ruolo, ossia quello di essere al servizio. Al servizio di tutti e non solo di coloro che sono della medesima parte politica. Guardiamo le cose in faccia e chiamiamole con il loro nome: i Bellavia erano, sono, collocati nel loro personale ghetto, ghetto nel quale altre famiglie vivono. Erano emarginati pur essendo gente onesta e dignitosa. I Bellavia erano gente povera. Adesso lo sono ancora di più, non soltanto perché hanno perso la casa ma soprattutto perché hanno perso due figlie ed il loro affetto per sempre. Chi pagherà per questo? Chi li aiuterà adesso a superare questo choc emotivo e materiale? La famiglia Bellavia ha pagato un conto salatissimo, hanno pagato il fatto di venire considerati ultimi tra gli ultimi. E come si sa, non c’è tempo per gli ultimi. Non si ascoltano gli ultimi. Anzi agli ultimi si può pure chiedere. Il voto in campagna elettorale.

Calogero Parlapiano

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