di Andrea Onori
Nel 2007 una prima grande indagine Istat, dedicata al fenomeno delle violenza fisica e sessuale contro le donne, ci riferiva che in quell’anno, circa 1 milione di donne avevano subito stupri o tentati stupri. Il 14,3% delle donne avevano subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner. Oggi, quasi nulla è cambiato. Le violenze all’interno della famiglia, restano ancora senza denuncia. E’ ora di domandarsi in fretta il perché e agire di conseguenza.
Da un indagine effettuata nel periodo 2005-2007, è emerso che solo in Piemonte sono state presentate quasi 20mila denunce di violenza sulle donne. La maggior parte delle denunce (l’88 % del totale) riguardano minacce, lesioni e ingiurie.
Oggi, 25 novembre, è la giornata internazionale dedicata alla violenza contro le donne. Appare come una festa. Personalmente non credo alle singole giornate dimostrative. In quanto, sensibilizzano poco l’opinione pubblica. Si parla molto e a vuoto. Ci si muove politicamente per far proseliti. Per accaparrarsi i voti della gente. Nessuno sfiora mai il vero valore e l’essenza della donna in questa società.
Servirebbero progetti lunghi e duraturi volti a sensibilizzare tutta la società civile. Dovrebbe essere una battaglia quotidiana in televisione (con approfondimenti), ospedali, scuole, palestre. Bisogna lanciare messaggi diretti in ogni luogo di aggregazione. Per questo motivo simili giornate non servono a nulla.
Sono fuor di misura le donne che percorrono la loro vita in un inferno coniugale. A volte, il compagno – aggressore, è una persona insospettabile. Altre volte, la violenza, è sotto gli occhi di tutti, ma nessuno apre bocca per paura di ritorsioni. Indifferenza e paura fanno il loro sporco gioco. Mentre si parla nei talk show e ci si mostra indifferenti, la vittima, continua a trascorrere giorni a piangere e disperarsi, all’interno della propria abitazione in piena solitudine. Cercando di evadere da un’assurda e crudele realtà.
Non c’è tutela, non c’è solidarietà attiva. A parole non serve. Per questo, molte volte, numerose vittime preferiscono stare in silenzio e non denunciare. Intorno c’è il vuoto, la giustizia e a pezzi e se si prova a denunciare, la vittima, rischia di ritrovarsi l’aggressore sotto casa qualche giorno dopo.
Un periodo di carcere, a molti individui, crea solo odio verso la vittima. E, uscito dalla gabbia, continua la mattanza. E’ capitato molte volte, troppe. Nessun piano di riabilitazione, nessuna sicurezza per la vittima e il leone si sente libero di poterla sbranare ancora una volta. Allora, che funzione hanno le nostre carceri? Entri lupo ed esci leone. Vuol dire che qualcosa non funziona.
Bisognerebbe attivare un piano di riabilitazione serio per il detenuto e dare sicurezza alla vittima. Sicuramente, un periodo di volontariato in Sudan o a Gaza, in mezzo alle persone sfollate, scontata la pena, darebbe più senso alla riabilitazione. Ma si preferisce la strada della repressione. In carcere ti picchiano (i più forti) e il detenuto (il più debole), quando esce dalla cella, scarica la sua rabbia contro la persona più debole di lui.
Per questo motivo, chi abusa del corpo della propria partner, si fa forte della paura e della violenza psicologica che può subire subito dopo una denuncia. Continuano le vessazioni, violenze ed umiliazioni. La paura ti ammutolisce e spesso non si trova quella forza per spezzare le catene della prigione, se intorno non ci sono persone in carne ed ossa ad aiutarti.
Andare via, abbandonare tutto non è facile. Soprattutto se le istituzioni non ti sono vicine e gli occhi della gente ti punzecchiano in continuazione. Ma non è una questione solo femminile. E’ la solita lotta del più forte, contro il più debole. Una forza vigliacca che colpisce nei punti deboli delle persone. Donne apparentemente “provocanti”, omosessuali, transgender, anziani, bambini, minoranze culturali, clandestini. Sono tutti colpevoli di essere se stessi e di essere diversi dalla grande maggioranza che, forte numericamente, si permette di poter tormentare il più indifeso.
Il rispetto prima di tutto. Non perché è donna o omosessuale, ma perché è un essere umano degno di considerazione e carico di diritti. Fino a quando non impariamo cosa sia il rispetto reciproco, i più deboli subiranno le ingiurie dei più “potenti”. Il cambiamento deve venire dalla società civile e non da una legge. Dobbiamo essere noi, gente comune, a ribellarci, quando vediamo qualcosa che non va. Dobbiamo essere noi a denunciare quando vediamo qualcosa di storto. Abbiamo bisogno unire le forze ed essere solidali tra noi piccoli comuni mortali.
Tutti apriamo bocca e nessuno muove un dito in questa fottuta società. Dobbiamo aiutarci a vicenda e per farlo bisogna cambiare, tutti. Occorre iniziare dai bambini, coinvolgere i ragazzi delle scuole proprio per educare a questo tema le giovani generazioni. Farlo anche nelle televisioni. Perché uno stupro non può e non deve essere un Reality show da vedere nel piccolo schermo.
domenica 29 novembre 2009
Donne, vigliacchi e società (in)civile...
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