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venerdì 9 aprile 2010

"A Sciacca siamo tutti pronti a fare le Rivoluzioni, basta chi nni muvemu chi a li 2 a gghiri a manciari"

Accendere i riflettori su determinate "cose" in Italia spesso non conviene. Lo possono raccontare innumerevoli artisti e scrittori. A Sciacca, così come spesso in tante altre città e parti del mondo, "le cose" non è che non si possono cambiare: non si vogliono cambiare. Alcune "cose" non devono essere portate alla luce. Tutto deve rimanere nell'ombra, al buio, un buio all'interno del quale i forti possono continuare liberamente a fare i forti. Senza ostacoli. E per ottenere ciò molte volte si servono di qualsiasi bassezza.

La verità è che qui tutti parlano del voler mutare le cose, ma poi stanno tutti appollaiati nelle comodità di una vita fatta di raccomandazioni, fatta del partito che ti promette ora questo e ora quello... in tutti i settori, a cominciare dalla scuola.

Chi ama la propria città, spera che possa cambiare.
E per cambiare è necessario che si denuncino le cose che non vanno.
Mettendoci la faccia, il nome ed il cognome. L'anonimo e l'anonimato è complice e succube dello stesso sistema.


Strana la mentalità saccense, riposta su un territorio naturalisticamente fantastico.

Come raccontava qualche tempo fa un amico, "a Sciacca siamo tutti pronti a fare le Rivoluzioni, basta chi nni muvemu chi a li 2 a gghiri a manciari e chi a l'8 c'è la pattita... "

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