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mercoledì 13 gennaio 2010

Sciacca nel... 2010

Arriva il nuovo anno, il 2010, e Sciacca deve farsi trovare pronta per le tante e variegate sfide che la attendono. Sono innumerevoli i campi sui quali la comunità saccense attende risposte concrete, soprattutto da parte di chi ha l’onore e l’onore di governarci. Premesso che nessuno, se non nelle fiabe, possiede la bacchetta magica e la possibilità di mutare in un baleno le cose, oggi siamo giunti al punto che un cambiamento non solo è necessario ma soprattutto doveroso.
Agricoltura e marineria sono i due settori trainanti della nostra economia. Come risolvere la crisi che attanaglia entrambi i comparti? Certamente le esigue risorse finanziarie di cui dispongono le casse dei comuni in primis e delle provincie in secondi, non facilitano le cose. Se a ciò aggiungiamo il fatto che il governo regionale guidato da Raffaele Lombardo, Mpa, sembra in tutt’altre faccende affaccendato, ne emerge un quadro non molto roseo ed il futuro potrebbe balenarsi come il recente presente e l’altrettanto presente passato. La gente attende risposte, dicevamo. A nulla servono gli scioperi se non a fare emergere giustamente le grida di persone in difficoltà, che sentono la crisi, che vivono la crisi, che non vogliono più sentirsi dire che “tutto va bene”, oppure che “la crisi è finita”, o ancora che “siamo in fase di ripresa”. Loro, i politici di destra e di sinistra, di maggioranza e pseudo opposizione, non vivono le difficoltà quotidiane, non ascoltano, sembrano scollati con la società, sembrano palesarsi come extraterrestri, a parlare di cose che non esistono mentre le altre, quelle che esistono, non vengono prese in considerazione.
A Sciacca, secondo porto siciliano e terzo italiano per grandezza della flotta peschereccia, gli operatori del settore aspettano da almeno un decennio che vengano ristabilite le priorità tra chi lavora e chi compra il pesce, aspettano da tempo che venga aperto e reso funzionale e funzionante il mercato ittico, attendono che il mercato del pesce non nasca e non muoia sul molo di levante del porto di Sciacca ma che venga esportato e messo in interrelazione, anche informatica, con tutti gli altri mercati ittici d’Italia, ridefinendo le scelte in materia di fermo biologico, stabilendo regole che valgano per tutti i natanti in merito alle maglie delle reti da pesca, formando una nuova classe di operatori del settore più attenta anche alle necessità dell’ambiente, nel pieno rispetto naturale, ambientale e strutturale delle aree nelle quali espletano il loro lavoro. Tutto il resto sono chiacchiere. Chiacchiere e mare. Mare che ti sala la pelle e te la rende dura, impermeabile alla fatica ed al sudore ma non alla dignità. Ma questo la classe dirigente non riesce a capirlo. Non ha mai passato una notte in mare!
A Sciacca, così come purtroppo nel resto dell’hinterland, l’agricoltura è in ginocchio e tutte le misure fin qui adottate sono solamente servite a posticipare nel tempo l’esalazione dell’ultimo respiro per un comparto che dovrebbe essere il fiore all’occhiello dell’economia siciliana. La Sicilia, ai tempi dell’impero romano, era considerata il granaio di Roma. Adesso stenta a soddisfare le proprie necessità e quelle dei propri abitanti. Se le sfilate di trattori, l’invasione delle autostrade, le prese d’assalto di Palazzo d’Orleans o di Palazzo Chigi vengono persino omesse ed oscurate da tutti i media locali i quali preferiscono però parlare di donne nude e degli ultimi gossip del vip di turno, comprendiamo bene quanto lontani siamo dalla verità, quanto questa verità venga abilmente celata, così come la notizia. Intanto gli agricoltori non riescono più a sopravvivere del loro lavoro e poi si chiedono perché ai giovani non interessa la campagna. Ma questo la classe dirigente non riesce a capirlo. Non ha mai passato un giorno, a partire dall’alba, ad arare la terra: braccia rubate all’agricoltura!
A Sciacca, così come nell’intera regione, la gente ancora si chiede in quale struttura dovrà andare a curarsi dato che le aziende sanitarie hanno subito un accorpamento mai visto nella storia. Senza tenere conto delle peculiarità del territorio e delle esigenze di ogni singola zona sono state realizzate delle macro aree sanitarie, nuova terra di conquista per tutti coloro che si augurano di potervi entrare dietro spinta e designazione politica. Intanto la gente muore sopra le ambulanze sballottolata da un ospedale all’altro, senza avere spiegazioni, senza avere cure. Colpe politiche ma non solo. Per molti, per fortuna non per tutti, curare è divenuto un lucroso business, un numero da riempire presso la propria casella della dichiarazione dei redditi (chi la fa). Ma questa è tutta un’altra storia, tutto sommato anche recente. Nel frattempo la LILT guidata dal dottore Verderame è in perenne lotta per avere fondi, uomini e strutture, per poter portare avanti una missione che per molti malati, purtroppo, non ha ritorno. L’oncologia si batte e si sbatte con la mancanza di fondi e con l’incompetenza di una classe dirigente che preferisce spendere centinaia di migliaia di euro per la “Sagra del Caddozzo di Sasizza” di turno, voluta, manco a dirlo, dall’amico politico di turno, al quale dobbiamo favori, amicizia e voti alla prossima campagna elettorale. Ma questo la classe dirigente non riesce a capirlo. Non ha mai passato un giorno in ospedale al capezzale di un essere umano che sta per morire, al quale nessuno ha il coraggio di dare risposte. Perché tanto non c’è nulla da dire in questi casi. E tutta la rabbia viene soffocata dentro fino ad esplodere fuori, nel pianto.
Quindi cosa augurare per l’anno nuovo a questa nostra disgraziata terra siciliana e saccense in particolare. Di crescere, di occuparsi della cosa pubblica, di vigilare, di controllare, di non pensare mai più “questo non mi interessa, che se la sbrighino loro” perché poi arriva per tutti un momento nella vita nel quale domandarsi: “E se mi fossi interessato? Magari sarebbe cambiato qualcosa?”
Solo dalla condivisione, dalla presa di coscienza, dall’analisi oggettiva dei fatti si può fare crescere, in meglio, il nostro territorio ed in generale la vita di tutti poiché solo da una partecipata vita pubblica si può migliorare come singoli essere umani e come società civile. Tutto il resto è noia.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

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