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venerdì 15 gennaio 2010

Ciancimino: "La Trattativa ci fu: Dell'Utri sostituì mio padre"

Palermo. Il senatore Marcello Dell'Utri, secondo quanto racconta Massimo Ciancimino alla fine del 2009 ai magistrati di Palermo, sarebbe stato «l'unico, secondo mio padre, avvicinabile e l'unico che secondo mio padre poteva avere accesso diretto a quello che era la compagine governativa e poteva assicurare di fatto qualche buon esito». Il nome del senatore del Pdl viene fuori dopo la lettura di una missiva portata da Massimo Ciancimino ai pm della Dda e che sarebbe stata consegnata allo stesso dichiarante dal boss Bernardo Provenzano. Una lettera che sarebbe stata consegnata l'11 settembre del 2001, «il giorno delle torri gemelle di New York», come spiega lo stesso Ciancimino junior. «Carissimo Ingegnere - si legge nella lettera che avrebbe scritto il boss Provenzano - ho letto quello che mi ha dato M. (secondo Ciancimino M. sarebbe lo stesso Massimo ndr), ma a scanso di equivoci ho riferito che ne parlerò quando ci sarà, ci sarà possibile vederci. Mi è stato detto dal nostro Sen. e dal nuovo Pres. che spingeranno la nuova soluzione per la sua sofferenza. Appena ho notizie ve le farò avere, so che l'av. è benintenzionato. Il nostro amico Z ha chiesto di incontrare il Sen. Ho letto che a lei non ha piacere e bisogna prendere tempo si tratta di nomine nel gas, mi ha detto che vi trovate in Ospedale che la salute vi ritorni presto e che il buon Dio ci assista». In quel periodo, secondo Ciancimino junior, l'ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino sarebbe stato ricoverato in un ospedale di Roma per eseguire delle analisi cliniche. «Il plico - spiega Ciancimino - è stato personalmente per me, da me ritirato da Lo Verde (cioè Provenzano ndr) in busta chiusa e consegnato a mio padre in un periodo di degenza che stava effettuando presso la struttura sanitaria, una Clinica privata ai Parioli, non mi ricordo bene adesso se si chiama Villa Paideia o Mater Dei». Alla domanda dei magistrati su chi fosse il 'Pres.' di cui parla Provenzano, Massimo Ciancimino sostiene che si tratti dell'ex Governatore siciliano Salvatore Cuffaro. «Pres è il Presid… il Presidente Cuffaro - dice - perchè mio padre diceva che nell'Udc poteva, era sicuramente un bell'ago della bilancia». «Come ogni volta ho preso questa bust… ho consegnato una busta dove dentro c'era una lettera di mio padre e dei soldi - spiega Ciancimino ai magistrati - Ho aspettato che leggesse la lettera di mio padre e, come al solito, come sempre istruzioni di mio padre prudenti, una volta che lui l'ha letta davanti a me ho preso la copia che poi ho ritornato a mio padre e nel diciamo…». «Quindi questa, questo dattiloscritto gliel'ha consegnato personalmente Provenzano?», chiede il pm. E Ciancimino: «Sì, questo proprio personalmente. Siamo esattamente nel 2001, siamo nel 2001 perchè mi ricordo che quando son tornato da Palermo per portare questa missiva di risposta a mio padre, eravamo insieme nella stanza e insieme nella stanza di mio padre in questa clinica appunto credo Villa, abbiamo visto insieme l'attentato alle Torri Gemelle, mio padre aveva appena finito di mangiare ed erano le 2, le 3 del pomeriggio». «Dove l'aveva ricevuto da Lo Verde - Provenzano questo biglietto?», chiede il magistrato. «Ci siamo visti, sì, ci siamo visti praticamente in un bar che c'era là davanti, in uno che vende… sì… Questo è stato il ritorno perchè invece la consegna è stata dopo… fondamentalmente ho consegnato questo e dopo 4 ore ho avuto la risposta. Prima ho consegnato una busta dove c'era una lettera di mio padre e l'ho consegnato nell'appartamento questo lì che ho già indicato in precedenti interrogatori, dove c'era soldi e una lettera di mio padre. Ho preso la lettera di mio padre, ero stato invitato a ripassare nel pomeriggio. E nel pomeriggio ho incontrato il Provenzano, il Lo verde dentro una Golf bianca e ho ritirato questo documento e basta, non mi sono permesso nè di aprirlo nè di fare». I soldi di cui parla Ciancimino e che si trovavano nella busta «venivano dalla società Gas, erano 50 milioni in contanti che sono stati dati». «Mi ricordo perchè se mancava una lira mio padre mi ammazzava, anche se già il rapporto lì era molto cambiato. L'argomento era sempre il solito quello che diciamo c'era da quando Provenzano venne a trovare mio padre: il discorso dell'amnistia, dei benefici e robe varie. Fondamentalmente mio padre aspirava essendo detenuto normale non sottoposto al vincolo di reato associato che di fatto inibiva qualsiasi beneficio derivante da qualsiasi tipo di legge nelle misure alternative, avendo scontato tutto quello che era, tutto il periodo relativo al reato associativo, aspirava e pensava che di lì a poco, anche visti gli appelli continui sia della Chiesa, Papa, visto anche gli altri contatti che c'erano stati in precedenza, era stato assicurato che prima o poi sarebbe venuto un provvedimento di questo tipo in aiuto che avrebbe fatto così, diciamo, dato… fondamentalmente mio padre diventava libero a tutti gli effetti». È lui a spiegare che era stato il padre a raccontargli che Cuffaro «faceva l'autista a Mannino, quando pure io accompagnavo mio padre alle riunioni, dice, ma come aspettava con te fuori dalla macchina… Poi ho ricollegato un pò il soggetto, perchè quando accompagnavo mio padre dall'onorevole Lima. Spesso rimanevamo io fuori dalla macchina e c'era Schifani che guidava la macchina a La Loggia che rimanevo con mio padre e Cuffaro che guidava la macchina a Mannino. Diciamo i tre autisti erano questi, oggi questi, ovviamente altri due hanno fatto ben altre carriere, io no. E stavamo lì, veramente, andavamo a prendere cose al bar… C'è chi è più fortunato nella vita!».

Fonte: Antimafia Duemila da Adnkronos

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