C’ è un nuovo boss alla guida di Cosa Nostra a Sciacca. Lo ha rivelato Calogero Rizzuto, il collaboratore di giustizia originario di Sambuca di Sicilia, durante uno degli ultimi interrogatori ai magistrati della DDA di Palermo. Il nome naturalmente è stato omissato nel senso che il pentito, ritenuto molto attendibile dagli inquirenti, ha fornito tutte le informazioni ma i pubblici ministeri Fulantelli e Ravaioli hanno fatto calare il silenzio intorno allo stesso. Al momento non ha senso rivelarlo e comunque, prima di ogni addebito, devono essenzialmente farsi le dovute verifiche ed analisi. La mafia a Sciacca quindi. Argomenti di cui spesso si pensa non si debba mai parlare o che non ci riguardano, ed invece. Calogero Rizzuto è ritenuto parecchio attendibile dai PM perché ha fatto parte delle cosche agrigentine fino a pochissimo tempo fa, quindi conosce perfettamente fatti, omicidi, affari possibilmente ancora in corso e naturalmente perché sta dando delle prove circostanziate di quello di cui parla. Le sue dichiarazioni adesso verranno incrociate con quelle di altri pentiti per vedere se tutto coincide, dopodiché si procederà con i passaggi conseguenti di questa indagine. Dice il Rizzuto che Sciacca sarebbe rimasta per un po’ di tempo senza un capomafia, soprattutto dopo l’arresto di Salvatore Di Gangi. Le ditte taglieggiate dal pizzo si sarebbero rivolte direttamente alla famiglia Capizzi di Ribera, cosa che avrebbe scatenato l’ira dello stesso Rizzuto il quale non sopportava di essere scavalcato dalla famiglia rivale e soprattutto non sopportava di non riuscire a riscuotere nemmeno un centesimo. A riportare tutto all’ordine avrebbero pensato gli stessi superlatitanti Giuseppe Falsone che guida, nascosto, la mafia in provincia di Agrigento, ed il numero uno di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro il quale si pensa possa nascondersi da qualche parte in provincia di Trapani. Per completare il quadro, un altro dei super ricercati è sicuramente quel Gerlandino Messina che è sfuggito all’arresto poche settimane fa in quanto, come si afferma in gergo tecnico, il suo covo, a Favara, in pieno centro, è stato trovato ancora “caldo”. Ma torniamo a Sciacca. Sono tantissime le dichiarazioni importanti che Calogero Rizzuto sta fornendo ai PM. Sta disegnando una situazione davvero preoccupante, ossia che la provincia di Agrigento sarebbe in pratica in mano alla mafia. Dov’è c’è odore di soldi la mafia c’è. Dove si costruiscono grandi opere, dove ci sono appalti, dove ci sono interessi di ogni genere e grado la mafia c’è ed impone il pizzo nonché i propri mezzi ed uomini. I principali contrasti tra le famiglie mafiose infatti riguardano proprio il mondo degli appalti e dei subappalti, e di conseguenza del racket. E’ quanto emerge dai processi “Scacco Matto” e “Camaleonte”. Rizzuto è un uomo d’onore a tutti gli effetti nel senso che, stando a quanto dichiarato da lui stesso, ha subito tutta la trafila gerarchica e si è aggregato attraverso la cosiddetta “punciuta” con la quale ha giurato fedeltà alla famigghia mafiosa. “A Sciacca pagano tutti” queste una delle frasi più inquietanti per la nostra città. Ma non l’unica. “Cavigliuni”, così è soprannominato il Rizzuto, sta fornendo un lungo elenco di imprenditori locali e dell’hinterland che starebbero pagando regolarmente il pizzo chinandosi al racket delle estorsioni mafiose e specificando i principali lavori sui quali la mafia ha messo gli occhi oltre che le mani. Anche Rocco Forte, dichiarazioni sempre tutte al vaglio della magistratura, avrebbe pagato ed inoltre la mafia avrebbe anche imposto per i lavori di completamento del resort sito in contrada Verdura uomini e mezzi. Un giro d’affari vorticoso. Ma in un periodo in cui si parla tanto di pentiti e della loro attendibilità, è lecito chiedersi: ma chi è Calogero Rizzuto? Da lavoratore socialmente utile era diventato il boss di Sambuca di Sicilia e teneva rapporti con il capo assoluto di Cosa nostra agrigentina Giuseppe Falsone. Era diventato tutto sommato in breve tempo il numero due del mandamento del Belice, mandamento che comprende anche grossi centri come Sciacca oltre che Sambuca, Menfi, Montevago, Santa Margherita del Belice. Poi l’inchiesta “Scacco matto” della DDA di Palermo e dei carabinieri del comando di Agrigento conclusa nel luglio del 2008 con una trentina di arresti, ha di fatto interrotto la sua ascesa ai vertici della Cupola. Calogero Rizzuto, 49 anni, è il decimo pentito in provincia di Agrigento. Gli altri nove sono Giuseppe Sardino, Maurizio e Beniamino Di Gati, Pasquale Salemi, Alfonso Falzone, Giulio Albanese, Luigi Putrone, Ignazio Gagliardo e Giuseppe Vaccaro. Rizzuto è sottoposto a misure di protezione eccezionali. Il collaboratore di giustizia, per sua stessa ammissione, teme di venire ucciso ed ha cominciato a parlare con la giustizia proprio perché cerca protezione. Anche i suoi familiari sono stati portati via da Sambuca di Sicilia e trasferiti in un luogo sicuro, sconosciuto e protetto. Secondo le accuse, oltre ad essere al vertice della cosca sambucese, coordinava le attività degli altri associati, organizzando l’attività di estorsione nel belice, Sciacca compresa. A definire agli inquirenti il ruolo di Rizzuto sono le intercettazioni telefoniche e ambientali che trovano riscontro nelle dichiarazioni del pentito di Naro Giuseppe Sardino, ex braccio destro di Falsone. Diversi i reati che gli vengono contestati, per lo più come mandante di estorsioni e intimidazioni. Sardino parla anche di una riunione in cui Rizzuto ebbe il ruolo decisivo di mettere pace in una controversia sorta con il mandamento di Ribera il quale comprende Burgio, Villafranca e Lucca Sicula, Cattolica Eraclea capeggiato dai Capizzi a proposito delle estorsioni sulla realizzazione della condotta idrica denominata “Favara” di Burgio. Pare che i Capizzi si fossero impossessati di una somma estorsiva che non gli spettava e che avrebbero dovuto restituire al mandamento belicino. Insomma acqua sporca di affari loschi. Rizzuto sta cercando di fare chiarezza, sulla base di quello che sa, anche su alcuni casi irrisolti di omicidio avvenuti dopo gli anni ’90 tra Montevago e Lucca Sicula. Il “Terremoto – Rizzuto” è appena cominciato e promette di mettere ulteriori sconquassi nel sistema clientelare agrigentino. Chi diceva che la mafia era stata sconfitta o che, addirittura, non esisteva nella nostra oasi felice dovrà ricredersi. Ed in fretta.
Calogero Parlapiano - tratto da "ControVoce"
domenica 3 gennaio 2010
Boss e Mafia anche a Sciacca?
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2 commenti:
Grandissmo Calogero! Bel pezzo! Coraggioso! Hai perfettamente ragione. A Sciacca, dopo l'arresto di Di Gangi non si è più parlato (apertamente) di mafia "locale". Come se, col gatto in gabbia, i topi avessero smesso di ballare! E invece no..
Bravo! davvero!
A presto
Lorenzo
(perdonami, non è di certo un commento tempestivo..il post risale allo scorso gennaio...Sbirciando tra le news di mafia ad Agrigento, ho beccato il tuo articolo...)
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