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lunedì 6 aprile 2009

Si scava ancora. Si scaverà ancora per molti anni

Si scava tra il silenzio e i pianti. Migliaia gli sfollati. Migliaia i feriti. Morti. Tanti morti. Gente comune sommersa dai detriti nel cuore della notte. E il buio e le tenebre si fondano al dolore, allo sgomento, alla sorpresa. Ragazzi, donne, bambini erano andati serenamente a letto pensando a quello che avrebbero dovuto fare domani. Alcuni sarebbero dovuti andare a scuola, altri a lavoro, altri ancora a lezione all’università, uno di loro invece sarebbe dovuto partire per tornare a casa, dalla propria famiglia, magari dalla propria ragazza. E adesso cosa rimane? Quanto rimane e perché? Ho sentito il mio cuore vibrare come se anch’io avessi vissuto quel terremoto, le immagini mi hanno tormentato tutto il giorno la mente, le urla di disperazione sono giunte fino alle mie orecchie. E’ proprio vero: non sappiamo né come né quando. Tutto può dissolversi all’improvviso e l’alba può assumere colori tragici come in questo disperato 6 marzo. La terra ha tremato e trema ancora. Chissà ancora per quanti decenni continuerà a tremare nelle menti di chi è sopravvissuto, di chi si chiederà per tutta la vita cosa sarebbe successo se non fosse stato lì in quel momento, in quella notte scura come la pece. Chissà cosa penseranno per sempre i familiari delle vittime, quale flagello le accompagnerà per il resto dei loro giorni, cosa ancora avranno da chiedere a Dio, alla vita, a quel destino che li ha partoriti e forse abbandonato lungo la strada della vita.
Mentre tutti scappavano per strada, mentre i primi volontari, a mani nude, scavavano fuori e dentro di sé alla ricerca di una speranza, di sopravvissuti, una nuova vita veniva alla luce: una bambina emetteva il proprio sibilo di gioia e di felicità in mezzo a quel torrente di detriti. Una nuova rinascita, una nuova speranza, la voglia di ricominciare, di provarci ancora e sempre.
Intanto piccoli paesi abbarbicati sulle colline abruzzesi erano stati spazzati via dalla forza della natura e tutti a chiedersi cosa si sarebbe potuto fare, se questa tragedia così immane poteva essere preventivata e aggirata. Domande senza risposta o forse con così tante risposte da dover spegnare il cervello per evitare di perdere il senno di ogni cosa.
I soccorritori sentono ancora gente gridare con voce sempre più attaccata alla vita da sotto le macerie e scavano con ogni forza, con ogni mezzo, con tutta la buona volontà per cercare di salvare il maggior numero di persone possibili: eroi involontari ai quali la vita chiede un sacrificio, il coraggio, la determinazione di non avere paura mentre la paura ti assale e pensi ai propri figli, alla propria famiglia. Spaccati di vita, spaccati di Italia.
“Chissà come sarebbe stato se non mi fossi trovato là quella sera? Dove mi avrebbe portato la vita? Chissà se avrei vissuto qui o da un’altra parte? Chissà come sarebbe andata a finire con quella ragazza con la quale tutti i giorni ci ripromettavamo di viverci intensamente, chissà cosa farà adesso, chissà cosa farò io adesso.”
E mentre il futuro si fa sempre più incerto, sono sicuro che ognuna di quelle persone pensa ai propri giorni, quelli trascorsi e quelli ancora da vivere consapevole del fatto che almeno loro potranno ritrovarsi un giorno a rammentarlo ed a porsi tali domande, altri non ce l’hanno fatta, altri non ci saranno se non nei ricordi, negli annali della tragedia e nella memoria dei propri cari che, ogniqualvolta torneranno a quella notte del 6 marzo 2009, si sentiranno morire ancora una volta. Ancora una volta.

Chi è che dice che in Italia manca la democrazia? "Sarei tentato da un azione dura contro la stampa italiana"... tranquilli: era solo una battuta!

da Repubblica

De Bortoli licenziato perchè irrita Berlusconi: dal The Indipendent

L'Unità: assalto di Berlusconi al Corsera

Econimist - Corsera: "Buffone"

Alcuni articoli da leggere ed un video di una delle ultime pregevoli performance del nostro attuale Premier...tanto per farvi una delle tante idee...

attenzione però a chiamarla deriva fascista o mancanza di democrazia...qualcuno potrebbe sentirlo o addirittura offendersi...

domenica 5 aprile 2009

L'AltraSpesa: Aiutare il Prossimo con semplicità

L'AltraSpesa è una raccolta alimentare organizzata dall'associazione di promozione sociale L'AltraSciacca, quest'anno in collaborazione con gli scout di Sciacca ed il movimento giovanile Freedom della parrocchia del Carmine, rivolta alle famiglie bisognose presenti nel territorio saccense. Tutto il ricavato sarà ad esse devoluto nella speranza di poter augurare a tutti loro una serena e gioiosa Pasqua. Nel video sopra i momenti salienti dell'evento.

Buona visione a tutti.

www.laltrasciacca.it

sabato 4 aprile 2009

Strategie di conquista e grandi affari lungo le vie dell’acqua. Il caso delle Eolie.

Una vicenda rappresentativa nelle mappe dell’appropriazione delle risorse idriche. Come viene trattato il disagio di Lipari e Salina, dove l’acqua, carente da sempre, rimane la più cara d’Italia. Gli accordi che vi fanno da sfondo, da Palermo a Roma. La stretta della Sogesid sulle isole.
Come era prevedibile, nella Sicilia della privatizzazione idrica, le anomalie, anziché esaurirsi con le gare d’appalto, in alcuni ATO con esiti da scandalo, presentano risvolti sempre più preoccupanti, mentre scorrono le vicissitudini di intere popolazioni che mancano dell’erogazione necessaria e pagano l’acqua più cara che in altre aree del paese. Gli ambienti interessati stanno provvedendo in effetti a porsi in regola, pagando l’obolo alla tradizione, facendo cioè i conti fino in fondo con i grovigli di poteri, legali e non solo, che serrano i territori. Gli equivoci del presente si fondono in sostanza con quelli del passato, con corrispondenze più o meno perfette. Le cose non potevano andare del resto diversamente. Lungo i decenni che hanno preceduto la legge Galli, la gestione dell’acqua nell’isola, curata dall’EAS e dalle municipalizzate, non è stata mai propriamente pubblica, chiamando bensì in causa interessi forti e consorterie di ogni tipo. I clamori giudiziari che hanno interessato l’ente regionale medesimo, dallo scandalo Gunnella alle tangenti dell’Ancipa, ne danno conto. La nuova situazione, già riprovevole per il declassamento del bene comune acqua a merce, nell’isola sta finendo comunque con il peggiorare le cose oltre ogni misura. E per saggiarne le atmosfere, lungo gli ambiti territoriali, è il caso di prendere le mosse dalle isole Eolie, dove, sulla scena convulsa dell’emergenza idrica convergono realtà influenti, a partire da una potente società di diritto pubblico: la Sogesid spa.
Per ragioni soprattutto geologiche, l’arcipelago è oppresso da una endemica carenza di acqua, cui si è cercato di ovviare, prima ancora che con rifornimenti da navi cisterne e autobotte, con un dissalatore, costruito a Lipari circa trent’anni fa dalla Regione Siciliana, amministrato lungamente dall’EAS e, come tutti gli altri in Sicilia, finito di recente in gestione a un privato, l’imprenditore nisseno Pietro Di Vincenzo, che ha messo in campo, allo scopo, una società ad hoc, la Gedis, adesso in amministrazione giudiziaria. Si tratta di un impianto obsoleto e poco funzionante. Con i suoi tre moduli, a pieno regime, dovrebbe produrre infatti 6000 metri cubi di acqua potabile al giorno. Invece ne produce poco più 2000 metri cubi, ben al di sotto cioè del fabbisogno. L’emergenza, che si somma nelle Eolie a quella dei trasporti, rimane quindi allo zenit, mentre il costo dell’acqua per gli abitanti di Lipari e delle altre isole, già elevato, è divenuto particolarmente esoso. L’acqua desalinizzata viene erogata a 4,80 euro al metro cubo, a circa 7 euro quella approvvigionata tramite autobotte, addirittura fino a 13 euro, iva inclusa, quella rilevata dalla nave cisterna. Ma a fronte di tutto questo, quali condotte si registrano nelle istituzioni che recano l’onere di risolvere le cose?
L’allarme sul deficit d’acqua è stato lanciato, negli ultimi anni, a vari livelli: dal prefetto di Messina Francesco Alecci; dai sindaci di Lipari, Leni, Malfa, Santa Marina Salina, Milazzo; dai parlamentari messinesi Germanà e D’Alia. Della questione sono stati investiti quindi il governo regionale e i responsabili del ramo. Se ne sono fatti carico in particolare, con Raffaele Lombardo, alcuni noti esponenti dell’entourage presidenziale: Rossana Interlandi, già assessore regionale all’Ambiente e oggi dirigente del medesimo assessorato; l’avvocato Felice Crosta, presidente dell’Agenzia regionale per i rifiuti e le acque, istituita da Cuffaro, poi formalmente abolita, ma ancora in attività; Ignazio Puccio, dirigente dell’ARRA e plenipotenziario di Crosta in numerose vertenze lungo gli ATO siciliani. Si tratta, come è evidente, dello stato maggiore che sta regolando i processi di privatizzazione, cui si associa una presenza che nella vicenda delle Eolie assume un rilievo determinante: quella dell’avvocato Luigi Pelaggi, consigliere di amministrazione della Sogesid spa. È il caso di definire allora cosa rappresenta tale società e con quale ruolo entra in questa storia.
Nata nel 1994 quale concessionario della gestione di alcuni impianti di depurazione nella Regione Campania, la Sogesit spa si è assunta l’onere di supportare la Legge Galli, attraverso la redazione dei piani d’ambito e l’attuazione di interventi industriali, in ambito acquedottistico, depurativo e fognario, lungo tutto il territorio nazionale. Per decisione del Ministero dell’Ambiente e del Ministero delle Infrastrutture è divenuta dal 2007 uno strumento in house, ma, in ossequio appunto alla legge Galli, ha insistito a muoversi in modo privatistico, tanto da ritrovarsi al centro di un vasto circuito d’interessi, pur mutuando nondimeno tratti e movenze dei tanti enti inutili che hanno fatto un po’ la storia della repubblica. Per tali ragioni, più volte è stata fatta oggetto di interrogazioni parlamentari. Il deputato Ugo Lisi ne ha chiesto la messa in liquidazione. Il senatore Roberto Della Seta ne ha denunciato, oltre che la mancanza di una qualche utilità pubblica, tanto più dopo l’istituzione recente dell’Ispra, recante funzioni analoghe, le oscurità operative, la mancanza di trasparenza nelle assunzioni del personale, gli altissimi stipendi degli ambiti dirigenziali. E con tale feedback, che combina le opacità del pubblico e del privato, la società in house ha puntato sull’affare Eolie, con l’irruenza di un potere forte, perché importante era divenuta intanto la posta in gioco.
L’allarme lanciato dal sindaco di Lipari Mariano Bruno, dai colleghi delle isole minori e dal prefetto Alecci, cui è stato conferito intanto l’incarico di commissario delegato per l'emergenza idrica, non poteva rimanere in realtà inascoltato, tanto più dopo l’implosione economica e giudiziaria del Di Vincenzo, che ha influito sensibilmente sulle inefficienze del dissalatore. Non potevano essere altresì sottovalutati i rischi per il decoro dell’arcipelago, dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Ne è sortito quindi, nel 2007, un superfinanziamento a opera del Ministero dell’Ambiente, retto allora da Alfonso Pecoraro Scanio, per circa 38 milioni di euro. Si è trattato tuttavia solo di un buon inizio, perché per il prossimo decennio altri contributi si annunciano da parte dell’Unione Europea e di altre sedi: quanto basta in definitiva perché interessi forti si volgano in direzione delle Eolie. C’è peraltro da attingere a sufficienza dall’amministrazione regionale, che da oltre un decennio riserva alle emergenze della Sicilia un cospicuo capitolo di spese, gestito in prima persona dai commissari straordinari, senza che, significativamente, siano venute meno, per calcolo o no poco importa, le problematiche dell’acqua.
L’ostacolo Di Vincenzo è stato rimosso agevolmente, perché il contratto che vincola il gestore del dissalatore alla Regione è prossimo a scadere, e l’imprenditore nisseno, messo alle corde dai giudici e dalle denunce del sindaco Rosario Crocetta, non è più in grado di sostenere la partita. Con perentorietà, a dispetto delle proteste di diversi consiglieri, che hanno scritto al prefetto Alecci, il comune di Lipari ha provveduto altresì a rimuovere un ulteriore problema, revocando un appalto di cui era stato aggiudicataria nel 2000 la Lotto spa. È stato infine superato l’ostacolo dell'Authority per la vigilanza sui contratti pubblici, che ha decisamente contestato la convenzione siglata fra società e il sindaco liparitano. Il centro-partita, da parte della Sogesid è stato quindi rapidamente conquistato, con la presentazione, approvata, di un progetto per il ciclo integrato dell’acqua, il primo, per 29 milioni di euro, da trarre dai 38 per il momento disponibili. D’altra parte, il direttore generale del Ministero dell’Ambiente Gianfranco Mascazzini, interpellato sull’accordo delle Eolie, non ha esitato a dire che si è trattato di decisioni prese ad altissimi livelli, in sede ministeriale, per interessi forti, quindi irrevocabili.
La connessione della Sogesid con l’arcipelago, e contestualmente con i vertici della Regione e con l’ARRA di Crosta e Puccio, viene comunque perfezionata il 17 febbraio 2009, quando uno dei tre consiglieri d’amministrazione della società, l’avvocato Luigi Pelaggi, componente della segreteria tecnica del Ministero dell’Ambiente, viene nominato, con ordinanza del presidente del Consiglio dei Ministri Berlusconi, commissario delegato per l'emergenza idrica nelle Eolie. Si tratta, come è evidente, di una nomina forzata, sovrapponendosi di fatto, senza alcuna ragione d’interesse pubblico, a quella del prefetto Alecci, che, da rappresentante del governo prima ancora che da commissario, è stato riconosciuto fra i più imparziali nell’affrontare l’emergenza. Un tale passaggio è apparso nondimeno necessario, per ricondurre tutto negli alvei stabiliti, senza intralci.
Esistono in definitiva i presupposti perché la Sogesid, nota appunto per gli stipendi d’oro di cui godono i suoi dirigenti, possa trarre dall’arcipelago profitti smisurati e duraturi, attingendo a risorse pubbliche a tutti i livelli: ma in cambio di quali benefici per gli abitanti di Lipari e delle altre isole? A conti fatti, nessuno. Come emerge dal progetto, il prezzo dell’acqua desalinizzata verrà mantenuto a 4,80 euro al metro cubo, cioè il più caro d’Italia, addirittura con possibilità di aumenti negli anni a venire. È già messo altresì nel conto che l’intervento della società non risolverà in via definitiva il deficit idrico delle Eolie. La prova? Una parte dell’approvvigionamento dell’acqua continuerà ad avvenire per mare, tramite nave cisterna. Come avviene già da quindici anni, dietro richiesta della Regione Siciliana, il 3 dicembre 2008 il Ministero della Difesa ha stipulato infatti con la società Marnavi di Napoli, con procedura negoziata ai sensi dell'art. 57 del decreto legge 163/06, un contratto di fornitura idrica all’isola di Lipari per un importo di 26.000.000 euro, iva inclusa, per soli 2 milioni di metri cubi. In sostanza, gli abitanti dell’arcipelago, sotto l’egida della società in house, dovranno continuare pagare l’acqua al prezzo, del tutto incongruo, di 13 euro al metro cubo.
In realtà, la Sogesid, se reca buone ragioni per mantenere, di fatto, lo stato di cose esistente, tante più ne ha per scendere a patti con la Marnavi, che costituisce in campo armatoriale un potere consolidato, con forti referenti nelle istituzioni. Finisce in effetti con il servirsene, con mutuo guadagno, a titolo giustificativo e non solo, proprio perché restino spendibili e ben remunerativi i deficit di fondo. In tale logica, è significativo comunque il modo in cui la società navale napoletana si pone nel paese e, in particolare, nella vicenda delle Eolie.
Presieduta da Domenico Iervoli, la Marnavi, è specializzata nel trasporto di sostanze chimiche. È proprietaria di ventisette navi operanti sul mercato internazionale, otto delle quali adibite al trasporto di acqua e prodotti alimentari per le comunità delle isole italiane. Come altre società armatoriali, non appare particolarmente devota all’interesse nazionale. Ha fatto costruire infatti diverse navi nella Turchia asiatica, presso di Tuzla, nota perché ospita la maggiore concentrazione navalmeccanica della terra, con quarantacinque cantieri schierati fianco a fianco. Gode nondimeno di alta considerazione presso le sedi governative. E non può trattarsi di normale convenienza. Come riportato, da circa quindici anni la società rifornisce d’acqua le isole Eolie, con convenzioni annuali che, palesemente, prescindono da ogni calcolo di economicità, mentre Regione e Ministero della Difesa avrebbero potuto ricercare soluzioni più idonee, attraverso accordi meglio mirati oppure l’espletamento di regolari gare d’appalto. In merito poi all’opportunità, appaiono tutt’altro che irrisori gli inconvenienti che hanno presentato fino a oggi le operazioni di scarico nelle aree portuali di Lipari, prossime alle abitazioni civili: dalle perdite in mare di acqua potabile agli eccessi di rumore, in tutte le ore del giorno e della notte.
Evidentemente, malgrado i conti non possano tornare, i giochi sono fatti, nel pieno rispetto della tradizione. C’è stato tuttavia un inconveniente, che consente di chiarire meglio le cose e di rendere, soprattutto, misurabile l’affare dell’arcipelago. Si tratta dell’entrata in scena di una impresa tedesca, la Aqua Blue di Bubesheim, operante in vari ambiti: la depurazione, gli impianti idrici, l’energia solare. Klaus Dieter Simon, che conosce bene l’Italia per averla lungamente frequentata, ne è l’amministratore delegato. E in tale veste, nel 2007 ha presentato alle autorità territoriali e regionali una proposta di convenzione, ancora ai sensi dell'art. 57 del decreto legge 163/06, per la definitiva soluzione dell’emergenza idrica delle Eolie. L’impresa, in particolare, si è impegnata a installare, a Lipari e nelle isole minori, alcuni moduli di dissalazione di nuova generazione, quindi non ingombranti come gli attuali né inquinanti, atti a risolvere per intero il fabbisogno idrico, a costo zero per lo stato, la regione e i comuni, richiedendo di contro alla parte pubblica, solo a servizio erogato, il pagamento dell’acqua a un costo oscillate fra 1,05 e 1,21 euro, iva esclusa.
Tra la tariffa che ha proposto l’amministratore dell’impresa tedesca e i quasi 5 euro richiesti dalla Sogesid, che diventano addirittura 13 con l’intervento della Marnavi, corre evidentemente un abisso, che è in fondo quello che separa due precisi modi d’essere e di rapportarsi al bene pubblico. Da un lato c’è Klaus Dieter Simon, che ha deciso di non pagare alcun obolo alla tradizione, di fare impresa quindi nel modo più civile. Dall’altro stanno i potentati regionali, il braccio operativo dell’ARRA, i grandi feudatari delle risorse idriche, che, a ragion veduta, hanno stabilito di mantenere alti i canoni, nel caso appunto delle Eolie fino all’inverosimile, a dispetto dei bisogni delle comunità. Tutto questo, a riprova che nel tempo della privatizzazione, tanto più in Sicilia, la selezione dei convitati al grande affare dell’acqua, che include la partita dell’arcipelago, sta avvenendo al peggio.
Ecco comunque il seguito della storia. Dinanzi alle evidenti opportunità della proposta dell’impresa tedesca, il prefetto Alecci, quale commissario delegato per l'emergenza idrica nelle Eolie, si è dimostrato, una volta ancora, conseguente. Nell’incontro per l’esame tecnico della medesima, che si è tenuta il 28 ottobre 2008, presso il Ministero dell’Ambiente, ha relazionato infatti favorevolmente. Ha dovuto tuttavia fare i conti con l’opposizione, irriducibile e scontata, dell’ingegnere Puccio dell’ARRA, che, con ben poche argomentazioni, in quella sede ha decretato impossibile la desalinizzazione dell’acqua marina ai costi garantiti da Klaus Dieter Simon. I giochi erano fatti, appunto, e la nomina di Pelaggi, già nelle cose, era destinata a chiudere l’argomento.

Fonte: “L'isola possibile”, rivista mensile siciliana allegata a "Il Manifesto"

Carlo Ruta

venerdì 3 aprile 2009

Succede ad Acerra ma non lo dice nessuno

Report sulle proteste contro l’inaugurazione dell’inceneritore di Acerra.

Dopo la manifestazione di ieri pomeriggio , di nuovo in piazza ad Acerra contro l’inceneritore e l’apertura in pompa magna di Berlusconi , a cui mancava la vetrina da “ monnezzaro” con codazzo di lacchè al seguito.
Oltre un migliaio stamattina in corteo da p.za Castello , che nonostante i divieti ha raggiunto località Pantano limitrofa all’inceneritore : li un debordante blocco militare (elicottero e blindati al seguito) ha impedito di gridare in faccia al boss la rabbia degli Acerrani ( il Vescovo si è rifiutato di presenziare e benedire) e delle delegazioni provenienti da tutti i Comuni del “ triangolo della morte”, martoriati da criminali discariche e/o piramidi di ecoballe.
Presenti le delegazioni della Rete Rifiuti Zero Toscana e del Lazio, quella dei lavoratori Cobas/Fiat-Pomigliano,soprattutto partecipe la numerosa scolaresca del liceo e dell’istituto tecnico di Acerra, l’iniziativa si è conclusa con l’assemblea aperta dentro la sala del Consiglio Comunale . Qui ci sono stati gli interventi : di una lucida e appassionata studentessa “ a cui l’inceneritore finisce per toglierle la vita e il futuro”, di un genitore “ a cui sta a cuore la salute dei giovani e della popolazione ( quasi tutta attinta da diossina e da sovraesposizione di morte per cancro “ da diossine e metalli pesanti”),di Tommaso Esposito” la lotta si fa più dura e domenica raccoglieremo le deleghe per il rimborso del CIP6”, di Mario Avoletto “la battaglia non è terminata riusciremo a chiudere l’inceneritore, la Rete Salute-Ambiente Campana contrasterà ogni sito inquinante , non darà tregua ai procacciatori di morte”, di Alex Zanotelli “ non date ascolto ai politici , consolidiamo e moltiplichiamo la solidarietà dal basso”, di Fabrizio Bestini “ unifichiamo le ribellioni e facciamo pagare la crisi ai padroni “, di Vincenzo Miliucci “ la Campania non si fa mancare niente in termini di schifezze , un deposito di scorie nucleari è annunciato a Sessa Aurunca/sul Garigliano(già sede della 1° centrale nucleare ,chiusa nel 1971 per grave incidente) all’insaputa dei cittadini così come l’inceneritore di Acerra si avvia senza collaudo e in mancanza di autorizzazione alla “ conduzione caldaie/cicli termoelettrici”.
Alle ore 14 gli arrivederci ; a giovedì prossimo per i cittadini e i comitati del comprensorio utilizzando come sede proprio la sala del Consiglio Comunale di Acerra.

Ieri (ndr) 25/3 un rumoroso corteo aveva disturbato la tappa forzata del boss all’impianto , era preoccupatissimo tanto da assicurarsi di persona di non fare brutte figure all’inaugurazione .
Poi i soliti sproloqui, di chi ha la faccia come il culo “ l’inceneritore non inquina , al massimo ha emissioni di scarico pari a 3 auto “; mentre ricevendo una delegazioni di sindacati concertativi preoccupati per le sorti della Fiat-Pomigliano ma proni alle sue labbra, ha spudoratamente sferzato gli operai “ a lavorare di più e ad arrangiarsi”.

LA RAZZA PADRONA INFIERISCE !
CON ORGOGLIO DIFENDIAMO SALUTE,DIGNITA’,OCCUPAZIONE : SU LA TESTA !

Vincenzo Miliucci

giovedì 2 aprile 2009

Essere giornalisti è esibire un tesserino? Solidarietà a Pino Maniaci, Giornalista AntiMafia


Ci sono momenti in cui si ha difficoltà a comprendere il genere umano.
Il rinvio a giudizio di Pino Maniaci per “esercizio abusivo della professione di giornalista, in poche parole non aveva il tesserino.
In questa terra martoriata da sempre dalla Mafia, dal malcostume, dall’arroganza del potere e dello sfruttamento dei bisogni della povera gente, non è importante combattere per un modo diverso di essere Siciliani, a patto che tu possegna un “tesserino” che ti abilità a parlare.
Ma mi domando, quanti sono i giornalisti che hanno o avrebbero il coraggio di contrastare a viso aperto tali fenomeni ?
Certamente Noi de L’ALTRASCIACCA non vogliamo fare di tutta l’erba un fascio, in quanto consapevoli di decine di giornalisti che hanno rischiato e rischiano la propria vita per denunciare l’oppressiva cappa di omertà che nel 2009 ancora avvolge la nostra terra di Sicilia.
Sappiamo di giornalisti che sono stati uccisi, di altri che sono stati gambizzati e di altri ancora che sono scomparsi nel nulla, ma sono una sparuta minoranza di fronte all’enorme esercito di altri comodamente seduti dietro una scrivania o particolarmente sensibili a questo o a quel politico in auge.
Pino Maniaci, ha deciso di imprimere una diversa concezione del fare Televisione. Con la sua Telejato ha informato e denunciato e, per questo, si è beccato ben 200 querele e una buona dose di minacce e botte.
Ma questo non basta, bisogna avere “il Tesserino” altrimenti non hai diritto di opporti o di informare, come se il nostro art. 21 della Costituzione non difenda il diritto di potere esprimere o semplicemente dire quel che si vuole, visto che comunque chi si sente leso può denunciare o difendersi in tribunale.
La verità è che Pino Maniaci è un’anomalia in Sicilia e le anomalie vanno rimosse immediatamente affinchè a qualcuno non venga in mente di imitarli moltiplicandosi senza controllo, e questo la Mafia e alcuni corrotti non lo possono consentire.
Noi de L’ALTRASCIACCA siamo tutti Pino Maniaci.

mercoledì 1 aprile 2009

La Mafia è a Roma

La mafia e la nuova Repubblica
Poi ci sono altre discussioni, ci sono ancora i frenatori come Confalonieri, Gianni Letta, Maurizio Costanzo che sono piuttosto ostili al progetto, o meglio temono che per Berlusconi sia un autogol.Sarà un caso, ma proprio il 14 maggio del 1993 la mafia fa un attentato a Roma, il primo attentato a Roma nella storia della mafia, il primo attentato fuori dalla Sicilia nella storia della mafia viene fatto a Roma nel quartiere dei Parioli. Contro chi? Ma guarda un po': Maurizio Costanzo che sfugge poi, fortunatamente, per un centesimo di secondo.Quel Costanzo che stava nella P2: evidentemente qualche ambientino non si aspettava che fosse ostile alla discesa in campo. Perché lo dico? Perché in quello stesso periodo in Sicilia e in tutto il sud ovest, anche Calabria, si muovevano delle strane leghe meridionali che, in sintonia con la Lega Nord – c'era stato addirittura a Lamezia Terme un incontro con un rappresentante della Lega Nord – si proponevano di secedere, di staccare Sicilia, Calabra... infatti si chiamavano “Sicilia libera”, “Calabria libera”. Era tutto un fronte di leghe molto strano: invece di esserci i padani inferociti lì c'erano strani personaggi legati un po' alla mafia, un po' alla 'ndragheta e un po' alla P2 e uno di questi, il principe Orsini che aveva legami con questi personaggi, aveva legami anche con Marcello Dell'Utri.Quindi noi sappiamo che Dell'Utri – lo ha dimostrato Gioacchino Genchi, ma guarda un po', andando a incrociare i telefoni e i tabulati di questi personaggi – aveva contatti diretti con questo Principe Orsini. Dell'Utri inizialmente tiene d'occhio questi ambienti, perché sono le organizzazioni mafiose, legate a personaggi della P2 e dell'eversione nera, che si stanno mettendo insieme perché sentono odore di colpo di Stato, sentono odore di nuova Repubblica e vogliono far pesare, ancora una volta, la loro ipoteca con un partito o una serie di partiti nuovi.Come Sicilia Libera, della quale si interessano direttamente boss come Tullio Cannella, Leoluca Bagarella, i fratelli Graviano e Giovanni Brusca.Dopodiché succede qualcosa, succede che dopo l'attentato a Costanzo e dopo gli attentati che seguono – alla fine di maggio c'è l'attentato a Firenze, ci sono addirittura cinque morti e diversi feriti; poi alla fine di luglio ci sono gli attentati di Milano e Roma con altri cinque morti e diversi feriti – questa strategia terroristica ad ampio raggio, della mafia, sortisce i risultati sperati: Riina non stava sparando all'impazzata, stava facendo la guerra per fare la pace con lo Stato, così disse ai suoi uomini.Una nuova pace con nuovi soggetti e referenti politici che però, a differenza di quelli vecchi che ormai erano agonizzanti, fossero vivi, vegeti, reattivi e in grado, fatto un accordo, di rispettarlo.E' l'estate del 1993 quando Forza Italia è ormai decisa: Berlusconi nell'aprile-maggio ha comunicato a Montanelli che entrerà in politica e che quindi il Giornale dovrà seguirlo nella battaglia politica. Montanelli gli ha detto che se lo può scordare: tra l'estate e l'autunno sono mesi in cui si consuma la rottura tra Montanelli e Berlusconi perché Montanelli continua a scrivere che Berlusconi non deve entrare in politica perché c'è un conflitto di interessi, perché non si può fare due mestieri insieme.Dall'altra parte, ci sono le reti Fininvest che bombardano Montanelli per indurlo alle dimissioni, perché era diventato un inciampo: il giornalista più famoso dell'ambito conservatore che si scatenava contro quello che doveva diventare, secondo i desideri di Berlusconi, un partito moderato, liberale, insomma il partito che avrebbe dovuto incarnare gli ideali di cui Montanelli era sempre stato l'alfiere e che invece Montanelli sapeva benissimo non avrebbe potuto incarnare perché Berlusconi è tutto fuorché un moderato e un liberale: è un estremista autoritario.In quei mesi la mafia decide di abbandonare il progetto di Sicilia Libera che essa stessa aveva patrocinato e fondato e tutto ciò avviene in seguito a una serie di riunioni, nell'ultima delle quali Bernardo Provenzano – ce lo racconta il suo braccio destro, Nino Giuffré che ora collabora con la giustizia e che è stato ritenuto attendibile in decine e decine di processi compreso quello Dell'Utri – convoca le famiglie mafiose, la cupola, per sapere che cosa scelgono: se preferiscono andare avanti col progetto del partitino regionale Sicilia Libera o se invece non preferiscano una soluzione più tradizionale come quella che sta affacciandosi a Milano grazie all'opera di un loro vecchio amico: Marcello Dell'Utri che conoscevano fin dai primi anni Settanta come minimo, cioè da quando Dell'Utri, in rapporto con un mafioso come Cinà e un mafioso come Mangano, aveva portato quest'ultimo dentro la casa di Berlusconi.Si potrà discutere se l'ha fatto consapevolmente o inconsapevolmente, ma il fatto c'è: ha dato a Cosa Nostra la possibilità di entrare dentro la casa privata e di stazionare con un proprio rappresentante dentro la casa privata di uno dei più importanti e promettenti finanzieri e imprenditori dell'epoca. Berlusconi era costruttore, in quel periodo, poi sarebbe diventato editore e poi politico.
Gli incontri tra Mangano e Dell'Utri
E' strano che non si trovi più nessuno, ma nemmeno all'estrema sinistra, che ricordi questi fatti documentati. Ancora nel novembre del 1993 quando ormai per Forza Italia si tratta proprio di stabilire i colori delle coccarde e delle bandierine, c'erano i kit del candidato, stavano facendo i provini nel parco della villa di Arcore per vedere i candidati più telegenici; in quel periodo, a tre mesi dalle elezioni del marzo del 1994, Mangano incontra due volte Dell'Utri a Milano. E questa non è una diceria, c'è nelle agende della segretaria di Dell'Utri: Palazzo Cellini, sede di Publitalia, Milano 2, i magistrati arrivano e prendono le agende e nell'agenda del mese di novembre del 1993 si trovano due appuntamenti fra Dell'Utri e Mangano, il 2 novembre e il 30 novembre.E Mangano chi era, in quel periodo? Non era più il giovane disinvolto del '73-'74 quando fu ingaggiato e portato ad Arcore come stalliere: qui siamo vent'anni dopo.Mangano era stato in galera undici anni a scontare una parte della pena complessiva di 13 anni che aveva subito al processo Spatola per mafia e al maxiprocesso per droga, due processi istruiti da Falcone e Borsellino insieme.E' stato definitivamente condannato per mafia e droga a 13 anni, ne aveva scontati 11, uscito dal carcere nel 1991 era diventato il capo reggente della famiglia mafiosa di Portanuova e grazie al suo silenzio in quella lunga carcerazione aveva fatto carriera e partecipato alle decisioni del vertice della mafia di fare le stragi.E poche settimane dopo le ultime stragi di Milano e Roma, Dell'Utri incontra un soggetto del genere a Milano negli uffici dove sta lavorando alla nascita di Forza Italia.Io non so se tutto questo sia penalmente rilevante, lo decideranno i magistrati: penso che sia politicamente e storicamente fondamentale saperlo, mentre si vede Gianfranco Fini che cita Paolo Borsellino al congresso che sta incoronando il responsabile di tutto questo, cioè Berlusconi.Verrebbe da dire “pulisciti la bocca”.Possibile che invece di abboccare a tutti i suoi doppi giochi, quelli del centrosinistra non – ma dico uno, non dico tutti, li conosciamo, fanno inciuci dalla mattina alla sera e sono pronti a ricominciare con la Costituente come se non gli fosse bastata la bicamerale – uno, di quelli anche più informati, che dica “ma come ti permetti di parlare di Borsellino? Leggiti quello che diceva, Borsellino, di questi signori in quella famosa intervista prima di morire”.Leggiti quello che c'è scritto nella sentenza Dell'Utri e poi vergognati, perché quel partito lì non l'ha fondato lo Spirito Santo, l'hanno fondato Berlusconi, Dell'Utri, Craxi con l'aiuto di Mangano che faceva la spola fra Palermo e Milano, infatti le famiglie mafiose decidono di votare per Forza Italia e di abbandonare Sicilia Libera – che viene sciolta nell'acido probabilmente – quando Mangano arriva giù a portare le garanzie.

Marco Travaglio - Passaparola del 30-03-2009