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sabato 19 febbraio 2011

Scacco Matto: 15 condanne e 5 assoluzioni

Si chiude il processo “Scacco Matto”: 170 anni di carcere complessivamente per gli imputati. Assolto il consigliere comunale Mimmo Sandullo: “ho sempre avuto fiducia nella giustizia e nella legge” le sue parole dopo la sentenza.

E’ stata emessa dopo 14 giorni di camera di consiglio la sentenza del processo “Scacco Matto” che si è celebrato con il rito ordinario presso il Tribunale di Sciacca.
Cinque le assoluzioni e 15 le condanne e sostanzialmente confermato l’impianto accusatorio nei confronti degli imputati, anche se, rispetto alle richieste dell’accusa, le condanne sono state più lievi. Assolti: il consigliere comunale di Sciacca Domenico Sandullo del gruppo dei Leali per Sciacca, Biagio Smeraglia, Nicolò Di Martino, Antonino Maggio e Rosario Cascio.
Condannati invece: Vito Bucceri a 12 anni, Vitino Cascio a 12 anni e 6 mesi, Giovanni Campo a 13 anni e 4 mesi, Filippo Campo a 12 anni, Pasquale Ciaccio a 14 anni e 8 mesi, Giuseppe Clemente a 4 anni, Mario Davilla a 11 anni, Giovanni Derelitto a 15 anni, il saccense Michele Di Leo a 9 anni e 3 mesi, l'ex superboss Giuseppe Falsone a 10 anni e 6 mesi (che vanno ad assommarsi a tutte le condanne già inflittegli), Francesco Fontana a 12 anni e 6 mesi, Giuseppe La Rocca a 14 anni, Tommaso Militello a 6 anni, Giuseppe Monreale a 11 anni e Antonio Perricone a 12 anni e 6 mesi.
I pubblici ministeri della DDA di Palermo erano Rita Fulantelli e Emanuele Ravaglioli. Sono state emesse dunque un totale di 170 anni e 3 mesi di carcere al cospetto dei 384 anni chiesti dalla pubblica accusa.
L'operazione antimafia "Scacco Matto" era stata condotta dai carabinieri nello scorso luglio 2008.
Il primo troncone dell’inchiesta si era chiuso proprio un anno fa quando alcuni imputati avevano scelto di venire giudicati con il rito abbreviato. Dal febbraio 2010, dunque, al febbraio 2011.
Nel febbraio del 2010 erano state emessi infatti un totale di 120 anni di carcere per gli imputati del processo che avevano optato per il rito abbreviato.
La pena più alta era stata inflitta a Gino Guzzo, di Montevago, ritenuto il reggente della famiglia mafiosa del Belice, condannato a 21 anni di reclusione; 13 anni e 8 mesi a Paolo Capizzi, 70 anni, di Ribera; mentre suo nipote Franco Capizzi era stato condannato a 12 anni. Undici anni e 4 mesi la pena per Accursio Dimino, di Sciacca, e Salvatore Imbornone, di Ribera. Gli altri condannati sono Raffaele Sala, 9 anni e 8 mesi; 8 anni e 8 mesi per Girolamo Sala; 10 anni per Antonio Pumilia e Antonino Gulotta; un anno e 7 mesi per Antonino Montalbano. Calogero Rizzuto, anche lui coinvolto nell’indagine ma poi diventato collaboratore di giustizia, era stato condannato a 4 anni e 8 mesi.
Erano stati assolti invece Giuseppe e Michele Barreca, Giuseppe Orlando, Leonardo Taormina, Gaspare Schirò, Giacomo Corso, Michele Giambrone, i fratelli Paolo e Giuseppe Capizzi, Pietro Derelitto e Gaspare Schirò, morto di recente.
L’operazione antimafia “Scacco matto” portò all’emissione in totale di 33 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di presunti affiliati alle cosche mafiose perché accusati di aver pilotato appalti pubblici. L'operazione permise di individuare decine di episodi estorsivi ai danni di imprenditori della provincia di Agrigento e verificare l'attribuzione di alcuni appalti. Gli inquirenti hanno nel tempo acceso i riflettori soprattutto sui lavori che hanno condotto alla costruzione ed alla realizzazione del Verdura Golf Resort, della diga “Favara” di Burgio e degli svincoli presso la strada statale 115, recentemente inaugurati alla presenza di due ministri della Repubblica.
Il collegio giudicante ha letto la sentenza di buon’ora, erano passate da poco le 10 del mattino. La camera di consiglio era cominciata lo scorso 28 gennaio e quindi è durata quasi due settimane. A seguire, nel dettaglio, quelle che erano le richieste della pubblica accusa per i 20 imputati: Vito Bucceri 20 anni; Rosario Cascio 27 anni; Vitino Cascio 21 anni; Giovanni Campo 18 anni; Filippo Campo 18 anni; Pasquale Ciaccio 24 anni; Giuseppe Clemente 12 anni; Mario Davilla 21 anni; Giovanni Derelitto 27 anni; Michele Di Leo 21 anni; Nicolò Di Martino 10 anni; Giuseppe Falsone 21 anni; Francesco Fontana 21 anni; Giuseppe La Rocca 20 anni; Antonino Maggio 21 anni; Tommaso Militello 18 anni; Giuseppe Monreale 21 anni; Antonio Perricone 24 anni; Domenico Sandullo 4 anni; Biagio Smeraglia 18 anni.
Soddisfazione per il risultato raggiunto è stata espressa non solo dal mondo della magistratura, il processo si è concluso in tempi record (in attesa di eventuali appelli una volta conosciute le motivazioni della sentenza) ma anche dal mondo politico.
Giuseppe Marinello, componente della commissione parlamentare antimafia “rende merito all’ottimo lavoro svolto dalle forze dell'ordine e dai magistrati inquirenti. Siamo convinti che la puntuale risposta dello Stato in tema di lotta alla criminalità organizzata rappresenti sempre più la precondizione per lo sviluppo di un meridione lontano dal contesto europeo e che oggi, sempre più condiziona negativamente la tenuta economica del nostro paese. E’ evidente che ci saranno altri gradi di giudizio, ma già quella di oggi rappresenta una giornata importante per la storia del nostro territorio.”
Il lavoro delle forze dell’ordine continua in quanto non è possibile mai abbassare la guardia. I recenti arresti dei vari superboss non hanno fatto altro che confermare l’elevato grado di connivenza che si presenta tra malavita e mondo delle istituzioni, con una mafia sempre più rivolta verso il business, verso i grandi lavori ed appalti pubblici, verso dei confini per i quali non sempre è facile e non sempre è chiaro distinguere tra bene e male.
Finanziare e non tagliare, né economicamente né legislativamente, il lavoro degli inquirenti, dei tribunali e di tutte le forze dell’ordine rappresenta il vero passo da gigante nella lotta alla criminalità organizzata. Gli arresti e le operazioni antimafia verranno poi di conseguenza. E nel nostro territorio agrigentino, purtroppo, ce n’è bisogno ancora tanto.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

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