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martedì 1 febbraio 2011

L'ombra della mafia sulla realizzazione dei lavori sulla SS115

Anche sulla realizzazione dei lavori sulla strada statale 115 si allunga l’ombra della mafia. Lo ha rivelato da tempo il pentito Calogero Rizzuto le cui deposizioni hanno riempito i verbali del processo Scacco Matto ormai giunto alle battute finali

Da lavoratore socialmente utile era diventato il boss di Sambuca di Sicilia e teneva rapporti con il capo assoluto di cosa nostra agrigentina Giuseppe Falsone.
Il suo “carisma” da mafioso dedito a controllare appalti e a pianificare estorsioni lo aveva portato a diventare il numero due del mandamento del Belice capeggiato dall’agronomo Gino Guzzo, che comprende anche grossi centri come Sciacca, oltre a Sambuca di Sicilia, Menfi, Montevago e Santa Margherita di Belice. Poi l’inchiesta “Scacco matto” della DDA di Palermo e dei carabinieri del comando di Agrigento sfociata nel luglio del 2008 in una trentina di arresti, gli ha sbarrato la strada. Adesso, da diversi mesi a dire il vero, il pentimento. Stanno sulla graticola i boss della cosa nostra belicina, e non solo.
Calogero Rizzuto, 49 anni, è il decimo pentito in provincia di Agrigento. Gli altri nove sono Giuseppe Sardino, Maurizio e Beniamino Di Gati, Pasquale Salemi, Alfonso Falzone, Giulio Albanese, Luigi Putrone, Ignazio Gagliardo e Giuseppe Vaccaro. Nell’inchiesta “Scacco matto” Rizzuto è tra i principali protagonisti.
Secondo le accuse, oltre ad essere al vertice della cosca sambucese, svolgeva anche funzioni di vice capo dell’intero mandamento coordinando le attività degli altri associati, organizzando e coordinando l’attività di estorsione e “messa a posto” delle attività produttive, intrattenendo rapporti anche con l’ex capo provinciale Giuseppe Falsone e con soggetti operanti al di fuori della provincia di Agrigento. Le indagini “Scacco matto” hanno permesso poi di svelare l’organigramma mafioso delle famiglie di Sambuca, Santa Margherita di Belice, Menfi, Sambuca di Sicilia (oltre che quelle di Sciacca e Burgio) e la commistione di interessi mafiosi ed imprenditoriali di alcuni soggetti operanti in questo territorio.
A definire agli inquirenti il ruolo di Rizzuto sono le intercettazioni telefoniche e ambientali che trovano riscontro nelle dichiarazioni del pentito di Naro Giuseppe Sardino, ex braccio destro di Falsone. Vari i reati che gli vengono contestati, per lo più come mandante di estorsioni e intimidazioni. Sardino parla anche di una riunione in cui Rizzuto ebbe il ruolo decisivo di dirimere una controversia sorta con il mandamento di Ribera (che comprende Burgio, Villafranca e Lucca Sicula) capeggiato dai Capizzi a proposito delle estorsioni sulla realizzazione della condotta idrica denominata Favara di Burgio. Pare che i Capizzi si fossero impossessati di una somma che non gli spettava e che avrebbero dovuto restituire al mandamento belicino. Di questo e altro ancora sta parlando ai magistrati il nuovo pentito che promette un “terremoto” per le cosche agrigentine e che, evidentemente, viene considerato affidabile dagli inquirenti.
Un troncone del processo “Scacco Matto”, la cui sentenza è prevista entro fine mese e che si sta celebrando al tribunale di Sciacca, riguarda anche le tangenti che sarebbero state pagate dalle ditte appaltatrici per eseguire dei lavori sui nuovi anelli stradali della SS115, inaugurata non più tardi di una settimana fa alla presenza dei ministri Altero Matteoli e Angelino Alfano.
Rizzuto parla anche di questo nelle sue dettagliate deposizioni. Della statale 115 e di come non si muova foglia, o colata di cemento fate voi, che la mafia non voglia.
Tenendo ben presente che le fasi processuali non si sono ancora concluse, che tutti gli imputati devono godere della presunzione di innocenza fin quando non scatta la condanna e che si attendono le decisioni dei giudici ai quali i pm hanno chiesto l’ammontare di 384 anni di carcere per i 20 imputati, le cose non stanno per come le aveva dipinte il ministro Alfano che aveva parlato di “appalto pulito e lavori realizzati a regola d’arte senza l’ombra di una tangente.”
Ed è strano che nessuno tra i tanti avvocati presenti quel giorno all’inaugurazione abbia avuto la voglia, o la possibilità, di avvertire il ministro dell’abbaglio che aveva appena preso.
Giusto un anno fa, l’imprenditore saccense Salvatore Fauci e il responsabile del cantiere della Sigenco Salvatore Paternò venivano iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di favoreggiamento aggravato all’associazione mafiosa. Avrebbero pagato il pizzo senza denunciare i fatti alle autorità giudiziarie. Sono le risultanze delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Calogero Rizzuto rese nel corso dell’udienza nel processo “Camaleonte”.
“La ditta Fauci - ha rivelato - per le sue lavorazioni si avvaleva di un’impresa di movimento terra. Falsone impose a Fauci la ditta di Stefano Morreale. In effetti questi, per qualche mese, lavorò nei tre stabilimenti. Fauci, nonostante qualche rimostranza fu costretto ad accettare l’imposizione di Falsone”. Per la Sigenco, Rizzuto, fa riferimento ai lavori sulla SS 115 per la realizzazioni di svincoli e sottopassaggi.
Lo scorso 15 settembre, la Dda comunica la collaborazione di Calogero Rizzuto, ritenuto vice capo mandamento. Il salto del fosso del sambucese costituisce una novità di grosso rilievo in questa parte della provincia. Infatti è la prima volta che si registra la collaborazione da parte di un personaggio
della mafia. All’impianto accusatorio della Dda, ricco di particolari grazie ad una massiccia azione investigativa dei carabinieri, si aggiungono conferme e particolari nuovi proprio in conseguenza delle confessioni di Rizzuto.
Un racconto lungo e che riempie diverse centinaia di pagine nelle quali vengono descritte le estorsioni, spiegati alcuni omicidi, rivelati le tangenti chieste su lavori pubblici. Dalla condotta idrica Favara di Burgio, ai lavori sulla strada statale 115 inerenti la messa in sicurezza e aggiudicati dalla Si.gen.co. La descrizione della spartizione del territorio, le forniture del calcestruzzo. Ma anche litigi all’interno delle famiglie come il contrasto tra lo stesso Calogero Rizzuto e i Capizzi.
Un contrasto che, secondo quanto racconta Rizzuto, si acuisce al punto tale da indurre quest’ultimo a collaborare con la giustizia, anche perché teme di essere ucciso dai Capizzi. Ma il fiume in piena di Calogero Rizzuto va oltre e sono previsti nuovi sviluppi. Infatti, moltissime pagine delle confessioni contengono omissis che hanno generato nuove investigazioni in corso.
Spartizione del territorio, cemento, movimento terra, distribuzione dei mezzi, pizzo, personale da assumere “obbligatoriamente”: questo è il quadro disegnato dai collaboratori e sui quali stanno lavorando le forze dell’ordine.
Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, in buona fede, probabilmente si è lasciato andare in un eccesso di ottimismo. Forse non sa o nessuno ha ritenuto doveroso informarlo. Il ministro ha detto, tra le altre cose, “non credo, né ho sentito parlare, di tangenti e mazzette e tutto si è svolto a regola d’arte sotto ogni punto di vista”, facendo riferimento ai lavori di messa in sicurezza della SS 115 sul territorio di Sciacca.
Il processo “Scacco Matto”, che si sta concludendo a Sciacca e che si celebra con rito ordinario (quello con il rito abbreviato si è concluso a Palermo lo scorso febbraio 2009 con condanne pesanti e qualche assoluzione), evidenzia aspetti diversi. Ci sono fiumi di verbali dell'ex reggente del mandamento di Sambuca di Sicilia, Calogero Rizzuto, poi diventato collaboratore di giustizia (settembre 2009) che parlano di pizzo e imposizione di forniture di cemento, mezzi e manodopera, alla Sigenco, da parte della presunta cosca mafiosa. Sarebbe bastato dare un’occhiata al verbale di interrogatorio del 25 settembre 2009, redatto alle ore 15,45 circa e reso dal collaboratore di giustizia Calogero Rizzuto al sostituto procuratore della Dda di Palermo Rita Fulantelli per sgombrare ogni dubbio. Ci sono intercettazioni del 5 maggio 2006 e del 3 novembre 2006. Proprio quelle intercettazioni per le quali da tempo si auspicano limitazioni su limitazioni, cosa che rappresenterebbe una mannaia per le indagini e le fonti investigative. Tra la carte troviamo anche un rinvio a giudizio del capocantiere per favoreggiamento perchè avrebbe omesso di denunciare le estorsioni. I processi devono concludersi e ci sembra giusto attenderne l’esito.
Nel mentre ci chiediamo anche: ma se con la conclusione di questi lavori la statale 115 è più sicura, perché i ministri sono arrivati con l’elicottero?
Sicuramente i cittadini saccensi e di tutto il circondario ringraziano i ministri della Repubblica Italiana per essere venuti ad inaugurare questo pezzo di strada (o di sottopassaggio, che fa più chic). Adesso tutti possiamo essere soddisfatti: sul territorio abbiamo l’autostrada e le ferrovie, per andare a Catania impieghiamo solo 4 ore, per andare a Messina altre 4, per andare a Palermo o con la ditta Gallo o a piedi, mancavano solamente questi svincoli ma ora abbiamo tutto.
Quando solo si inizierà a parlare di queste cose, chi verrà? Sicuramente non basterenno tutte le più alte cariche istituzionali del nostro Stato. Ci dovremo fare prestare qualche presidente di un’altra Repubblica.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

1 commento:

Anonimo ha detto...

La foto "No mafia" che stai utilizzando è di mia proprietà intellettuale e coperta da copyright.
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Rino Porrovecchio
(rino.porrovecchio@virgilio.it)