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lunedì 18 ottobre 2010

Tutto in "Family". Operazione antimafia a Castrofilippo. Mafia-politica, una contiguità infinita?


L’operazione Family che ha portato all’arresto del sindaco di Castrofilippo e l’ex vicepresidente della Regione Michele Cimino ad essere indagato continua a riservare colpi di scena. I collaboratori di giustizia stanno tessendo la tela degli affari criminali di buona parte del territorio agrigentino. Occhi puntati su appalti, tangenti e compravendita di voti


“Un mafioso prima ancora che un politico. Un uomo scelto perché interno a Cosa Nostra”. Con queste parole il procuratore aggiunto alla Dda di Palermo Vittorio Teresi ha definito Salvatore Ippolito, il sindaco di Castrofilippo, finito in manette con l’accusa di associazione mafiosa inerente all’operazione denominata “Family”. Secondo gli inquirenti e le ricostruzioni dei pentiti, il primo cittadino, eletto nelle liste del Pdl nel 2006 si è incontrato in un’occasione, forse due, con il boss di Campobello di Licata, Giuseppe Falsone, poi arrestato a Marsiglia, e ha partecipato attivamente a diversi summit di mafia della cosca mafiosa di Castrofilippo.
A capo della famigghia locale c’era il vecchio patriarca Antonino Bartolotta, finito in manette insieme ad Angelo Alaimo, del ‘47, Angelo Alaimo, del ‘57, e Giuseppe Arnone, sempre del ‘57.
Secondo la procura di Palermo il sindaco era una figura chiave nell’assegnazione degli appalti che venivano affidati attraverso il sistema della trattativa privata o del cottimo fiduciario, ad imprese amiche vicine alla stessa organizzazione.
Tra le opere pubbliche finite nel mirino di Cosa Nostra c’erano soprattutto il Centro Commerciale “Le Vigne” di Castrofilippo per il quale Ippolito aveva offerto tutto il suo appoggio ed i capannoni del mercato ortofrutticolo di Castrofilippo. A seguito degli arresti, i consiglieri comunali di minoranza del comune di Castrofilippo, Cettina Asaro, Aldo Ciccarelli, Antonino Lo Brutto, Salvatore Piraneo e Calogero Sferruzza si sono dimessi. Il comune rischia lo scioglimento per infiltrazioni mafiose.
Durante la perquisizione in casa del sindaco gli investigatori avrebbero scoperto ''un vero e proprio ufficio comunale parallelo'' in cui veniva decisa la spartizione degli appalti. Fari puntati dunque come sempre sulla spartizione dei principali affari. Dei soldi. Per quanto riguarda la realizzazione dell’ipermercato “Le Vigne”, il progetto commerciale ha attirato gli appetiti di diversi esponenti di Cosa Nostra come Di Gati, Sardino e Falsone. I pezzi grossi della cupola agrigentina, oggi tutti arrestati.
Nell’affaire, secondo quanto ha dichiarato il pentito Maurizio Di Gati, erano stati coinvolti anche diversi politici per ottenere le concessioni edilizie che avrebbero permesso di dare il via ai lavori. Uno di questi è l’allora deputato dell’Udc Vincenzo Lo Giudice grazie al quale la mafia aveva ottenuto anche finanziamenti regionali. Sempre nel 2008 lo stesso Di Gati aveva tirato in ballo anche Salvatore Ippolito. Anche lui inserito perfettamente nel sistema.
Non solo dichiarazioni di pentiti ma anche intercettazioni ambientali e analisi di pile di documenti rivelatisi sporchi. Tra i politici tirati in ballo anche l'ex vicepresidente della Regione siciliana, Michele Cimino, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Di Gati lo cita per quanto riguarda soprattutto la costruzione del mercato ortofrutticolo parlando di tangenti, mazzette, favori e compravendita di voti. A Cimino nei giorni scorsi infatti e' stato notificato un avviso di garanzia nell'ambito di questa inchiesta. Il leader politico del Pdl ha espresso le proprie sensazioni attraverso alcuni comunicati. "Sono molto dispiaciuto e amareggiato - ha detto Cimino al termine dell'interrogatorio - per questa disavventura giudiziaria. Sono certo che tutto potra' risolversi al piu' presto. Credo nella giustizia e sono pronto e disponibile per qualsiasi altro chiarimento". I magistrati contestano a Cimino di aver comprato, con denaro e assegnazioni di appalti pubblici, i voti di cosa nostra, in particolare delle cosche di Porto Empedocle e siciliana e l’interrogatorio si è protratto per più di tre ore. Naturalmente nelle ultime settimane si sono sprecati gli attestati di solidarietà politica ed umana da parte della classe dirigente regionale, provinciale e locale. “Conosciamo Michele Cimino e siamo certi della sua onesta'. Ha sempre dimostrato con i fatti di saper svolgere nel migliore dei modi, con competenza, rettitudine e responsabilita', i ruoli istituzionali che ha ricoperto. Non possiamo che attendere fiduciosi le decisioni della magistratura''. Hanno affermato i senatori del Pdl Mario Ferrara, Roberto Centaro, Salvo Fleres e Bruno Alicata. Da Sciacca solidarietà e vicinanza è stata espressa dal consigliere comunale Silvio Caracappa. L’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa è scaturita dalle testimonianze dell’ex capomafia agrigentino Maurizio Di Gati oggi pentito, insieme ad altri collaboratori di giustizia.
Cimino, in passato anche vice presidente della regione Sicilia e uomo vicino al sottosegretario al Governo nazionale Gianfranco Miccichè con il quale ha lasciato il Pdl per incongruenze con i vertici regionali di partito, dunque secondo l’accusa avrebbe favorito l’assegnazione di appalti pubblici ad alcune imprese collegate alla mafia di Agrigento. In cambio avrebbe ricevuto mazzette. E voti. Al momento non si sa nulla di più. Le indagini sono in itinere e, come sempre si dice in questi casi, la giustizia farà il proprio corso. Intanto l’8 ottobre sono cominciate le udienze al Tribunale del Riesame di Palermo nel corso delle quali sono stati trattati i ricorsi presentati dai legali di fiducia delle cinque persone arrestate nell’ambito dell’operazione antimafia denominata “Family” tra cui il sindaco del paese Salvatore Ippolito.Le udienze si concluderanno il 12 di questo mese mentre l’istanza di annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata presentata dai legali delle persone arrestate. La mafia dunque è entrata ed entra a piene mani nella spartizione della torta degli appalti. Tutti gli affari danarosi sono buoni: edilizia, supermercati e rifiuti. Il tutto contornato da una fitta rete di “soldati” sparsi nel territorio. “Soldati” che, secondo la DDA, spesso sono nascosti nei posti più impensabili.

Calogero Parlapiano - tratto da "Controvoce"

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