di Pietro Orsatti - 7 giugno 2010
''Migliaia di italiani saranno costretti a violare la legge per difendere la Costituzione''
Caro Presidente,
le scrivo come a un amico, l’amico che custodisce il bene più prezioso della nostra società. La Costituzione. Le scrivo con un misto di speranza e sconcerto. Perché ogni giorno che passa diventa sempre più difficile, e le assicuro non solo per me, capire cosa stia succedendo in questo nostro Paese.
Lei continua a mandare messaggi di ottimismo agli italiani ogni qual volta prende la parola pubblicamente, ma forse non sa che per la grande maggioranza di noi l’ottimismo è un lusso. Siamo tutti troppo impegnati a sopravvivere per essere ottimisti. Troppo confusi e spaventati per avere speranza. Vediamo giorno dopo giorno liquefarsi il patto sociale che ha tenuto in piedi questo Paese per 65 anni, quello sancito nell’articolo 1. Non è colpa sua, Presidente, ma ormai da anni, se non decenni, il lavoro è uscito dal racconto sociale. Il lavoro, paradigma centrale nel Novecento, da valore e fondamento del contratto democratico è diventato elemento accessorio. Un surplus. Sia sul piano culturale che su quello materiale. Quando la disoccupazione a livello generale supera il 10% e per i giovani il 30%, non è in pericolo solo la stabilità economica e sociale di una Paese, è in pericolo la democrazia.
Quando poi oltre a questo dato incontestabile si aggiungono altre pericolosissime e ormai quotidiane aggressioni a diritti fondamentali dei cittadini sanciti dalla Carta costituzionali, lo sconcerto si trasforma in allarme, tensione e purtroppo conflitto. Equità sociale, trasparenza assoluta della pubblica amministrazione, legge uguale per tutti, questione morale e lotta alla corruzione, diritto di espressione e diritto di essere informati, contrappesi fra i poteri dello Stato, indipendenza della magistratura: è evidente a tutti i cittadini che in questo Paese alcuni poteri intendono mettere pesantemente mano su questi nodi irrinunciabili del patto di cittadinanza. Come è sempre più evidente che parallelamente si sta procedendo, attraverso un numero spropositato di decreti e leggi ordinarie, alla riscrittura de facto della Costituzione andando perfino a toccare l’unità dello Stato.
Sono perfettamente consapevole che i suoi poteri sono molto limitati e di come sia difficile per lei, oggi, contrapporsi a questo attacco concentrico contro la Costituzione. Ma so anche che in politica la parola pesa, e che la sua potrebbe essere determinante a modificare un andamento che sembra voler archiviare la democrazia parlamentare nata dalla Resistenza e dalla Costituente del primo dopo guerra. La sua parola, il suo giudizio, suoi eventuali messaggi alle Camere, potrebbero avere un potere politico sostanziale ben più efficace di rimandare ogni tanto quei testi più grossolanamente anticostituzionali come le è capitato di fare in questi anni.
Lo so che per fare questo, per uscire allo scoperto oltre alla ritualità a cui, per legge, è vincolato, è necessario che ci sia un pericolo la democrazia e la tenuta dello Stato. Ma, caro Presidente, è proprio di questo di cui sto parlando. Ormai c’è un divario enorme fra legalità e giustizia, fra norma e democrazia. Ci sono interi settori del Paese che si troveranno costretti, per necessità e per scelta, a violare alcune delle leggi che sono nate ultimamente e stanno vedendo luce in queste settimane. Le faccio due esempi, quello dell’obbligo di denuncia da parte dei medici in caso si ritrovino a curare dei migranti clandestini e poi quello che spingerà molti di noi operatori dell’informazione a violare molti dei vincoli imposti alla stampa nel Ddl intercettazioni in discussione in queste ore. Caro Presidente, ci saranno persone che violeranno e in parte già violano norme approvate dall’attuale coalizione di maggioranza. Se questo non è un allarme per la tenuta della nostra democrazia, cos’altro è? Quando le leggi contrastano così palesemente con il patto costituzionale e i diritti fondamentali sanciti da ogni democrazia matura – come dovrebbe ed è stata finora la nostra – il pericolo è davvero troppo. Centinaia di migliaia di giovani, ricercatori, scienziati e professionisti hanno già preso la via dell’emigrazione verso altri Paesi. Una migrazione di massa della parte più importante della nostra società. Altre migliaia di persone civilmente violeranno sistematicamente le leggi più inique approvate nella nostra storia repubblicana. Violare le leggi per garantire la giustizia, per difendere il Paese e la sua democrazia costituzionale: è questo il paradosso a cui stiamo per assistere.
Per questo la invito a dare un segnale autorevole e inequivocabile in difesa di questo Paese e di questa democrazia. Finché si è ancora in tempo, prima che di questa nostra Italia non rimangano solo macerie. Facendo tutto quello che può grazie alla sua esperienza e all’autorevole ruolo che ricopre grazie alla sua carica. Parli a questo Paese ed eserciti il suo diritto di critica.
Un caro saluto
Pietro Orsatti
www.orsatti.info
venerdì 18 giugno 2010
Lettera a Napolitano. Salvaguardiamo la Costituzione
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