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venerdì 1 agosto 2008

Le Olimpiadi di Atene 2004, ed ora a Pechino!

Dopo aver perso l’edizione del Centenario finita ad Atlanta, Atene ci riprova per il 2004 ed ottiene fiducia dal CIO. Finalmente dopo 108 anni i Giochi tornano nella loro culla: è un ritorno che si vive non senza qualche patema, perché i lavori di costruzione ed adeguamento di impianti sportivi e infrastrutture vanno a rilento e fanno sorgere qualche dubbio sull’effettiva capacità dei greci di organizzare un evento come le Olimpiadi. Nelle ultime settimane però ad Atene si recupera il tempo perduto e all’inaugurazione del 13 agosto è quasi tutto in ordine. Manca la copertura della piscina e così le gare di nuoto tornano giocoforza a disputarsi outdoor, ma la fortuna assiste Atene con un clima sempre ottimo e così quasi non se ne accorge nessuno. Ci sono nuovi record, con la bellezza di 201 paesi partecipanti: i nuovi ingressi sono Timor Est, i cui atleti erano presenti a Sidney sotto la bandiera del CIO, e Kiribati, un arcipelago polinesiano. Per la prima volta le donne si cimentano nella lotta, con i titoli complessivi che salgono a ben 301.Uno stadio tramutato in una piscina è il tocco di originalità della cerimonia d'apertura ateniese. La scultura greca fa da filo conduttore alla storia dell'umanità che è il centro della fase artistica della cerimonia. Il braciere cambia completamente forma rispetto al passato: è un sigarone futuristico che si piega ai piedi dell'ultimo tedoforo, che è il velista Kaklamakis. Il ruolo in realtà sarebbe dovuto spettare al vincitore dei 200 metri di Sidney, Kostantinos Kenteris, che è però alle prese con altri grattacapi. Poco prima dei Giochi non si è presentato ad un controllo antidoping, inscenando un misterioso incidente motociclistico che non gli avrebbe permesso di sottoporvisi. La posizione di Kenteris però è da tempo sospetta e questo non è il primo controllo cui sfugge furbescamente. Per il campione di casa scatta così la squalifica proprio a Giochi ormai in avvio: da possibile eroe diventa così la faccia ambigua della Grecia, anche se questa storia non smonta l’entusiasmo della folla nei suoi confronti. La finale dei 200 metri, la gara che sarebbe stata di Kenteris, è infatti disturbata dalle proteste del pubblico. Quando gli atleti vanno ai blocchi per lo start infatti gli spettatori attaccano con cori inneggianti a Kenteris e la partenza deve essere rinviata. Alla fine si corre ugualmente con i duecentisti che debbono adeguarsi alla situazione. Vince Shawn Crawford, un americano con un fisico da armadio che segna un grandissimo 19.79. Per i greci c’è la possibilità di rifarsi grazie a Fany Halkia che improvvisamente si mette a correre fortissimo nei 400 ostacoli ed anche qui giù mugugni e sospetti. La Halkia però viene va anni di infortuni e questo può spiegare la sua ascesa imperiosa ed il secondo e mezzo che toglie al personale durante i Giochi di casa. E’ invece uno scippo in piena regola quello che si perpetra nella ginnastica, dove i giudici vengono beccati in continuazione dal pubblico per decisioni quantomeno discutibili. Il giudizio sulla prova agli anelli di Demosthenis Tampakos viene invece accolto da un’ovazione nonostante sia chiaramente gonfiato. Il greco va così a cogliere un oro assolutamente immeritato: a fare le spese di questo favoritismo per un atleta di casa è anche il grande Yuri Chechi, che dopo Atlanta ed un grave infortunio aveva abbandonato le scene. Il richiamo delle Olimpiadi fa però breccia nel cuore del ginnasta di Prato che si prepara a meraviglia e a 35 anni è ancora quello di un tempo. Un prodigio di dedizione e serietà che meriterebbe di essere premiato con l’oro, ma che deve scontrarsi con le giurie casalinghe che gli consegnano uno strettissimo, ma pur sempre storico, bronzo. Per Chechi c’è la soddisfazione di essere il portabandiera azzurro nella cerimonia d’apertura e di ricevere le congratulazioni del Presidente Ciampi che lo indica come perfetto esempio per il nostro sport. I greci debbono così farsi perdonare qualche dispettuccio e ci riescono portando delle ambientazioni splendide per molte gare: il tiro con l’arco si svolge nell’antico stadio del 1896, la maratona sul percorso mitico di Filippide, il getto del peso nella piana di Olimpia. Purtroppo in quest’ultimo caso la vincitrice della gara femminile, la russa Korzhanenko, viene squalificata per doping: la poesia dell’incontro con il mito ha così un bruschissimo risveglio.


Finalmente El Guerrouj
Ci sono atleti che dominano le proprie discipline in lungo ed in largo ma ai Giochi non riescono a trovare il colpo giusto. E’ il caso del marocchino Hicham El Guerrouj, il re dei 1500 metri, che in carriera può vantare 83 vittorie nelle ultime 86 gare disputate nella sua distanza preferita, dove è pure primatista e quattro volte campione del mondo.
Sfortunatamente due delle tre sconfitte subite in tutta questa sequenza sono arrivate nelle finali olimpiche, ad Atlanta per una caduta, tra l’altro. A 30 anni, Hicham, sa bene che Atene può essere l’ultima occasione della sua vita. Il suo avversario più pericoloso è un keniano, Bernard Lagat, con cui ingaggia un’emozionante battaglia per tutto l’ultimo giro, ma alla fine è proprio El Guerrouj ad avere la meglio. Sfatato il tabù olimpico, il marocchino decide di buttarsi anche sui 5000, dove il favorito è l’etiope Kenenisa Bekele. Questi ha appena ricevuto il testimone sui 10000 metri dal grande connazionale Hailè Gebresilassie, in una finale che ha suggellato il passaggio di consegne tra il vecchio campione, finito 5°, ed il suo delfino designato. Bekele sembra così avviarsi verso la doppietta più classica del fondo, quella riuscita ai grandi come Zatopek e Viren. La finale dei 5000 però è lenta, i grandi si controllano e questo favorisce un mezzofondista veloce come El Guerrouj. Dopo aver controllato l’avversario, il marocchino piazza il suo allungo micidiale sul rettilineo conclusivo e a 60 metri dall’arrivo supera Bekele volando verso il secondo oro. E’ un trionfo per El Guerrouj: la doppietta 1500-5000 mancava ai Giochi addirittura dal 1924, quando a realizzarla fu il mitico Paavo Nurmi.Anche tra le donne il mezzofondo lancia una grande figura, Kelly Holmes. La britannica realizza l’accoppiata 800-1500, come la Masterkova ad Atlanta. Negli 800 la gara è serratissima, la mozambicana Mutola vuole replicare il successo di Sidney, ma negli ultimi metri crolla di schianto e la Holmes conquista il suo primo titolo. Sui 1500 impone ancora il suo spunto, stavolta sulla russa Tomasheva, e completa la doppietta. A 34 anni suonati la Holmes raccoglie così l’apice della carriera.

Baldini come Filippide
La maratona è sempre una gara speciale alle Olimpiadi, correrla sul percorso di Filippide, il leggendario soldato morto dopo aver corso da Maratona ad Atene per portare la notizia della vittoria dei greci sui persiani, significa affondarne ancor più le radici nel mito. Il tracciato della maratona ateniese va infatti da Maratona allo stadio dei Giochi Olimpici del 1896, il Panathinaikon rimesso a nuovo per l’occasione. Viene fuori una gara bellissima: dopo una prima metà corsa un po’ bloccata se ne va da solo il brasiliano Vanderlei De Lima, un outsider, e l’emiliano Stefano Baldini inizia a sfiancare gli avversari, uno su tutti il keniano Tergat, restando da solo all’inseguimento del fuggitivo. Quando Baldini ha ormai nel mirino De Lima, questi viene assalito da uno squilibrato in kilt: pochi secondi di paura, poi di nuovo in strada per correre verso il Panathinaikon. Baldini però morde le caviglie al brasiliano e al 40° km avviene il sorpasso, con anche l’americano Keflezighi che riesce a scavalcare lo sfortunato De Lima. Per Baldini è il trionfo: viene da una famiglia umilissima e numerosa, ha dieci fratelli e per emergere ha dovuto fare tanta fatica. Non ha caso è emerso nella disciplina di fatica per eccellenza. Ad allenarlo è Lucio Gigliotti, che già aveva lanciato Gelindo Bordin verso l’oro olimpico della maratona a Seoul ’88. Tra le donne i 42 km e 195 metri dovrebbero essere terreno della britannica Paula Radcliffe, una 30enne con un passato non troppo vincente in pista sui 10000 metri. La Radcliffe in pratica tirava tutta la gara per poi cedere nel finale alla maggior velocità delle avversarie ed è diventata famosa anche per il continuo ciondolare della testa durante la corsa. Da poco è passata alla maratona ottenendo delle prestazioni strabilianti, sulle 2 ore e 15. Ad Atene è favoritissima, ma è vittima di una pesantissima crisi e al 30° km, dopo aver perso il contatto dalle prime, è costretta al ritiro tra le lacrime. Ne approfitta la giapponese Noguchi che prende la testa da lontano ed arriva fino al Panathinaikon.
Oltre a quello di Baldini, l’Italia conquista un altro oro dalla strada: è quello di Ivano Brugnetti, talentuosissimo marciatore spesso appiedato dagli infortuni. Brugnetti, 28 anni, milanese, è già campione del mondo della 50 km ma in questa fase della carriera opta per la 20 km, anche per i problemi fisici che lo assillano. A poche centinaia di metri dall’ingresso nello stadio (quello olimpico, non il Panathinaikon) stacca lo spagnolo Fernandez e conclude vittoriosamente. In pista tra gli atleti che piacciono di più c’è l’americano Jeremy Wariner. E’ uno specialista dei 400 metri e si impone all’attenzione per diversi motivi. Innanzitutto è un bianco e trovarne di vincenti nel giro di pista è cosa rara. Poi è un ragazzo dal fisico normalissimo, senza quelle masse di muscoli da culturista che adornano la maggior parte dei campioni dalla velocità ai 400 metri, corre con classe ed eleganza. Ad Atene domina un podio tutto americano sul giro di pista e guida la staffetta al trionfo: l’erede del grande Michael Johnson è lui.La velocità deve fare a meno del giamaicano Asafa Powell, il nome nuovo, che si infortuna poco prima dei Giochi e deve rinunciare. La sfida resta apertissima sui 100 metri con il podio racchiuso in due centesimi. A spuntarla è l’americano Justin Gatlin sul nigeriano naturalizzato portoghese Obikwelu e l’eterno Greene. Gatlin però inciamperà presto nell’antidoping e tutta la sua parabola di campione, che comprende anche record e titolo mondiale, sarà rivalutata. Tra le donne sorprende la bielorussa Nesterenko, che beffa le atlete di colore nei 100 dove la favorita francese Arron non si qualifica neanche per la finale, mentre sui 200 la spunta la giamaicana Campbell. Gli svedesi lanciano un gruppuscolo di campioni che si impone per classe e carisma: Karolina Kluft diventa la fidanzata di Svezia vincendo l’eptathlon, Christian Ollson fa valere la propria forza nel triplo e Steffen Holm la sua azione di straordinaria dinamicità nel salto in alto. Si impone anche la zarina del salto con l’asta, la russa Yelena Isimbayeva, bella, brava e disinvolta davanti alle telecamere. Una caduta caratterizza i 100 ostacoli al femminile. La campionessa mondiale Perdita Felicien va a sbattere sul primo ostacolo e lascia il campo all’americana Joanna Hayes. La camerunesne Mango centra un salto triplo di altissimo livello, e bellissima è anche la finale dei 400 femminili con l’appassionante sfida tra la bahamense Tonique Williams e la messicana Ana Guevara vinta dall’atleta del Caribe. Nei 3000 siepi, manco a parlarne, tutti dietro a Kemboi e ad altri due keniani, un dominio incontrastabile, mentre il dominicano Felix Sanchez pone il sigillo su un quadriennio di imbattibilità sui suoi 400 ostacoli. Nella marcia, oltre a Brugnetti, festeggia il polacco Robert Korzeniowski, doppio oro a Sidney che qui vince ancora la 50 km e subito dopo annuncia il ritiro dall’attività. Il re del giavellotto, il ceco Zelezny, è invece costretto ad abdicare: nella finale del norvegese Thurkildsen è solo 9° e così sfuma il sogno della quarta medaglia d’oro di fila. Un bellissimo atleta è il vincitore degli 800, il russo Borzakowsky, così come la connazionale Slesarenko che fa uno strepitoso 2,06 nel salto in alto. C’è anche qualche impresa meno nobile: il vincitore del disco, Fazekas, risulta positivo all’antidoping ed il suo oro passa al lituano Alekna. Nelle staffette veloci si spezza il dominio americano: tra gli uomini la spuntano i britannici, tra le donne le giamaicane. L’Italia conquista una terza medaglia nell’atletica, un bellissimo bronzo con Giuseppe Gibilisco nell’asta. Il siracusano viene da una stagione difficile, ma al momento più importante tira fuori un 5,85 alla prima prova e solo gli americani Mack e Stevenson riescono a fare meglio.

Sfida tra giganti
La kermesse del nuoto vive sulla sfida tra due straordinari campioni, l’australiano Ian Thorpe e lo statunitense Michael Phelps. Il primo è già plurimedagliato olimpico ma vuole cancellare la sconfitta subita nella sua Sidney ad opera di Van den Hoogenband sui 200, mentre Phelps è emerso subito dopo i giochi australiani, ai quali partecipò appena 15enne. Phelps viene da Baltimora e annuncia di voler gareggiare in otto discipline per cercare di attaccare lo storico record dei 7 ori di Spitz. Dietro al tentativo c’è anche lo zampino di un ricco sponsor che preme per farlo entrare nella staffetta 4x100 stile libero, dove non è tra i più forti in assoluto, ma che è una gara fondamentale per riuscire nella grande impresa. Phelps alla fine viene schierato nella 4x100 e questo suscita qualche mugugno in squadra, che però proprio il giovane campione appianerà lasciando campo agli altri più avanti. Ma andiamo con ordine: anche per Thorpe l’avvicinamento ai Giochi ha un momento particolare. Ai Trias australiani, le selezioni interne, scivola inopinatamente dal blocco di partenza nella finale dei 400 stile libero, la specialità dove nessuno al mondo può impensierirlo da anni. E’ una falsa partenza e quindi Thorpe è escluso dalla gara e non potrebbe partecipare ai Giochi in questa specialità. Le discussioni in Australia si accendono: tener fede alle gare di selezione schierando ad Atene chi ha conquistato il posto in questa gara o fare uno strappo alla regola per l’uomo più forte al mondo? La scelta alla fine è quest’ultima, con uno degli australiani qualificati ai Trials che rinuncia più o meno volontariamente e con Thorpe che può così difendere il suo titolo. E’ il 14 agosto quando inizia la sfida a distanza: Phelps vince i 400 misti segnando un nuovo record mondiale, Thorpe i 400 stile. Il giorno successivo la corsa si arresta per entrambi sulla discussa staffetta 4x100 che va al Sudafrica: per gli americani di Phelps arriva un bronzo, l’Australia è solo 6°. La sfida diretta è sui 200 stile libero: Thorpedo la fa sua battendo il campione uscente Van den Hoogenband, mentre Phelps è ancora 3°. Il campione che si misura anche con distanze sulle quali è vulnerabile però piace e l’immagine di umanità di Phelps alla fine ne esce vincente. Dopo aver preso l’oro dei 200 farfalla, dei 200 misti e della 4x200 stile libero, Phelps trova pane per i suoi denti nel connazionale Crocker sui 100 farfalla. Il campione sembra sul punto di uscirne sconfitto, ma riesce a toccare appena quattro centesimi prima di Crocker. Phelps avrebbe un’ultima finale da disputare, quella della 4x100 mista, ma decide di fermarsi e di lasciare la sua frazione proprio a Crocker. Gli americani trionfano ugualmente, segnano il mondiale, e Phelps intasca comunque l’ottava medaglia per aver partecipato alle batterie, ma soprattutto piace il suo tifo in tribuna a sostenere i compagni durante la finale. Il conto finale è di 6 ori e 2 bronzi, ad un passo dai 7 ori di Spitz: Phelps è comunque il secondo atleta ad ottenere otto medaglie in una sola Olimpiade dopo il ginnasta Dityatyn. Nelle altre gare di nuoto spicca il talento dell’emergente francese Laure Manadou, che in breve diventa una delle beniamine d’oltralpe. E’ un personaggio che esce dalla cronaca sportiva, ha fascino, disegna una linea di costumi da bagno. Qui si prende l’oro dei 400 stile libero oltre ad un argento ed un bronzo. Fa un po’ più fatica invece la campionessa di Sidney, l’olandese De Brujn, che in extremis salva il titolo dei 50, così come il connazionale Van den Hoogenband che stavolta non può resistere alla furia di Thorpe, ma si conferma comunque l’uomo più veloce con l’oro sui 100, eguagliando la doppietta di Popov. Si ripete l’ucraina Klochkova, ancora imbattibile nei misti, mentre una novità è l’oro dello Zimbabwe con Kirsty Coventry sui 100 dorso. Una curiosità: le ragazze americane della 4x200 fanno cadere il più longevo record del mondo in carica. Era in mano alla Germania Est fin dal 1987. Anche l’Italia lancia la sua stellina nel panorama del nuoto. Si chiama Federica Pellegrini, è milanese e con i suoi 16 anni diventa la più giovane medagliata individuale azzurra della storia. Fa segnare il tempo migliore nelle semifinali dei 200 stile libero, ma in finale deve arrendersi alla slovena Camelia Potec. E’ un risultato storico, a 32 anni dagli exploit della Calligaris, unica altra azzurra ad essere salita sul podio olimpico del nuoto. Dalla piscina arriva ancora un bronzo per l’Italia dalla staffetta 4x200 stile libero di Brembilla, Rosolino, Cercato e Magnini.

L’invasione cinese
Ad Atene si fa insistente l’avanzata della Cina. Già nelle ultime edizioni il gigante asiatico aveva conquistato un gran numero di medaglie, ma confinate quasi sempre in settori molto specifici, dai tuffi al tiro o alla ginnastica. Qui la forza della Cina esplode un po’ ovunque, atletica compresa. L’uomo simbolo di questa nuova Cina è Xiang Liu, che si impone a sorpresa in una delle discipline più tecniche e complesse dell’atletica, i 110 ostacoli. La vittoria sembra favorita da una caduta dell’americano Allen Johnson, il più grande dell’ultimo decennio nella specialità, che sbaglia nelle batterie e viene eliminato. Ma il cinese in finale tira fuori un clamoroso 12.91 con cui eguaglia il record del mondo ed anche nella stagione successiva si confermerà sugli stessi livelli. La Cina vince con la Xing anche i 10000, dove la bicampionessa etiope Tulu è bronzo, domina i tuffi, dove i suoi atleti lasciano a bocca aperta per la perfezione assoluta dell’entrata in acqua, si prende un oro dal nuoto (100 rana con la Luo) e vince pure la pallavolo femminile. E’ cinese anche l’oro del tennis nel doppio femminile, un’impresa, questa, davvero imprevista. Alla fine, dopo un bel testa a testa, gli americani salvano il primo posto nel medagliere, ma con soli 4 ori in più dei cinesi, 36 a 32. A Pechino 2008 il sorpasso appare già a portata di mano.

Ginobili-Tevez: è festa argentina
Il torneo di calcio raccoglie un ottimo successo e lo sport del pallone si inserisce sempre di più a pieno titolo nei cinque cerchi, dopo un passato un po’ da corpo estraneo. E’ merito anche di una splendida squadra argentina che dà spettacolo grazie a campioncini come Carlitos Tevez, Javier Saviola, Andres d’Alessandro, Javier Mascherano. Fa le spese dello strapotere argentino anche l’Italia guidata da Gentile, che in semifinale è sommersa con un 3 a 0. La celeste va poi a vincere il titolo superando in finale il Paraguay con l’ennesimo gol, l’ottavo nel torneo, di Tevez. Per l’Italia la soddisfazione del bronzo, grazie al gol di Gilardino che ci permette di battere 1 a 0 l’Irak, sorpresa del torneo.Anche nel basket gli azzurri devono piegarsi alla classe degli argentini di Manu Ginobili e Hugo Sconochini. E’ un torneo che vive sulle difficoltà degli americani, alle prese con una squadra che non ha più gli immensi talenti degli anni Novanta ed ha poco spirito di gruppo. Già all’esordio l’ex Dream Team è piegato da Portorico, poi riesce a riprendersi arrivando in semifinale, ma qui Ginobili e soci gli infliggono un pesante 89-81. Gli azzurri guidati da Basile invece riscattano l’opaca prova di Sidney e fanno fuori Portorico nei quarti e Lituania in semifinale. La finalissima per l’oro è difficile, la superiorità degli argentini viene fuori ed il punteggio di 84-69 la testimonia. Per i nostri è però un torneo ed un argento da incorniciare. Per rifarci delle due sconfitte con gli argentini in calcio e basket arriva in soccorso la pallavolo maschile, ancora alla ricerca dell’oro tanto sognato. Ci sono gli ultimi reduci della grande nazionale degli anni Novanta che ha dominato il mondo ma senza vincere le Olimpiadi, Andrea Giani e Paolo Tofoli. Nei quarti di finale, dopo un avvio incerto, gli azzurri mettono sotto gli argentini, quindi in semifinale affondano facilmente la Russia. In finale c’è il Brasile, che stavolta è favorito e dimostra tutta la sua forza. L’Italia gioca a lungo alla pari ma alla fine deve cedere alla classe di Giba e compagni. Il capolavoro per gli sport di squadra azzurri è la pallanuoto femminile, dove le ragazze di Pierluigi Formigoni si impongono sulle padrone di casa greche al termine di una finale protrattasi ai supplementari. Un oro che pone il sigillo su quello che è un ciclo di vittorie eccellente per Giusy Malato e le altre azzurre, con due titoli mondiali e quattro europei. Tra gli uomini la pallanuoto è un disastro, fuori nel girone eliminatorio dopo una sconfitta con la Grecia per 3 a 2. Non vanno bene neanche le ragazze della pallavolo, campionesse del mondo ma eliminate da Cuba nei quarti di finale. Ad Atene si festeggia anche la prima campionessa olimpica nella storia della Turchia, la sollevatrice di pesi Nurcan Taylan. E’ una vecchia conoscenza invece, la tedesca Birgit Fischer: la sua canoa è ancora d’oro come accade quasi ininterrottamente dal 1980, Giochi di Mosca. Solo il boicottaggio dell’allora Germania Est l’ha bloccata a Los Angeles, per il resto sempre medaglie d’oro. E’ un record assoluto, mai nessun atleta era riuscito a vincere in sei Olimpiadi differenti e mai nessuno aveva vinto medaglie a distanza di ben 24 anni. Il ciclismo ritrova Leontien Van Morseel, l’olandese star di Sidney, che aveva annunciato di voler appendere la bici al chiodo ed invece è ancora qui a faticare. Su pista trova atlete più forti, e deve accontentarsi di un bronzo nell’inseguimento vinto da una formidabile neozelandese, Sarah Ulmer. Nella cronometro però arriva la grande conferma ed il quarto oro di una carriera strepitosa. Tra gli uomini la stessa gara, la crono su strada, ha un epilogo amaro: l’americano Tyler Hamilton è il vincitore sul campione uscente, il veterano russo Ekimov, ma poco dopo i Giochi viene trovato positivo e si viene a scoprire che da anni faceva largo uso di sostanze dopanti. Nonostante questo, l’oro resta suo. Nel tennis tutti i più grandi, da Federer a Roddick, deludono profondamente finendo fuori nelle prime battute del torneo. La vittoria va così al cileno Massu che con il connazionale Gonzalez si ripete anche nel doppio. Più gloria tra le donne, per i grandi nomi: la finale è tra la francese Mauresmo e la belga Henin, con il successo di quest’ultima.

Trentadue volte Italia
Per la terza volta di fila l’Italia porta a casa un bottino di medaglie quasi insperato: sono ben 32, nonostante la cautela con cui il CONI si avvicina ai Giochi. Ci sono le tradizionali scherma e tiro, il canottaggio, ma anche belle novità come la ginnastica ritmica e l’arco. Detto di Baldini e Chechi, gli altri personaggi copertina sono due livornesi che vincono nello stesso giorno, il primo, quando il loro illustre concittadino, il Presidente della Repubblica Ciampi, è ad Atene ad assistere alle gare. La prima vittoria la porta Paolo Bettini, ciclista di La California, un paese sulla costa livornese, che è già un campione con tante vittorie nelle corse più importanti, ma che insegue un successo in nazionale. Ad Atene è nettamente il più forte: sulla salitella del Licabetto sbaraglia il gruppo e solo uno sconosciuto portoghese, Paulinho, riesce a tenergli testa. In volata però non c’è storia e Bettini conquista uno spettacolare oro. Subito dopo è la volta del quasi concittadino Aldo Montano. Ultimo di una dinastia di grandi schermidori, Montano fa suo l’oro della sciabola individuale e qualche giorno dopo, quasi da solo, tiene testa alla Francia nella finale a squadre. Non basta e deve accontentarsi dell’argento assieme a Pastore e Tarantino. La scherma è tutta un trionfo, o quasi.
Tra le donne, nel fioretto, Valentina Vezzali e Giovanna Trillini arrivano a contendersi l’oro in una finale tutta azzurra: le due si studiano all’inizio, poi la Vezzali impone le stoccate decisive e si conferma campionessa. Purtroppo la supremazia assoluta non può essere premiata nella gara a squadre, soppressa momentaneamente per dar spazio alla prova di sciabola a squadre, una soluzione che fa discutere. Nel fioretto maschile Salvatore Sanzo e Andrea Cassarà trovano entrambi sulla loro strada il francese Guyart che li sconfigge sempre sul filo di lana. Sono comunque entrambi, nell’ordine, sul podio, e nella gara a squadre, insieme a Vanni, si rifanno vincendo un’altalenante finale con i cinesi. Grande sorpresa è il 21enne padovano Marco Galiazzo, il meno quotato dei tiratori d’arco azzurri, che però sovverte tutti i pronostici e si prende un’incredibile medaglia d’oro battendo in finale il giapponese Yamamoto. Una finale entusiasmante anche perché si disputa nello splendido Panathinaikon. Dalla ginnastica arriva l’oro di Igor Cassina: la sua finale alla sbarra è tormentata dalle interruzioni per le proteste del pubblico nei confronti della giuria. Dopo l’esercizio del russo Nemov, cui viene assegnato un punteggio chiaramente basso, la gara deve essere sospesa, perché gli spettatori protestano troppo vivacemente. Il punteggio del russo deve essere rivalutato, deve intervenire il ginnasta stesso a placare il pubblico e alla fine si può procedere, ma pure l’esercizio dell’americano Paul Hamm suscita malumore perché la giuria gli assegna un punteggio altissimo. Cassina non si fa irretire da questa strana serata, davvero anomala per la ginnastica, e compie un esercizio perfetto che viene premiato con un 9,812. E’ l’oro per il 27enne brianzolo che passa alla storia anche perché presenta un difficilissimo movimento da lui inventato e che la Federazione Internazionale riconosce come movimento Cassina. L’ultimo oro nel nostro racconto è quelli di Andrea Benelli, tiratore toscano che vince nello skeet dopo un inseguimento durato una carriera e si mette a correre come un bambino per tutto il campo di gara. Il tiro si conferma forte: arriva anche l’argento di Pellielo nel trap e quello di Valentina Turisini nel tiro a segno. Il canottaggio partecipa con tre bronzi, dal 4 senza pesi leggeri, dal 2 di coppia e dal 4 senza. C’è ancora Antonio Rossi, ormai 36enne, a sostenere la canoa azzurra. Insieme al solito Beniamino Bonomi si regala l"ennesima medaglia di una carriera infinita, l’argento nel K2 1000. E’ eterna anche Josefa Idem, sempre sul podio, il secondo gradino del K1 500. Grande novità per la ginnastica ritmica: le ragazze azzurre sono dietro solo alle russe e conquistano così un argento che è il primo storico podio in questo sport per i nostri colori. Più tradizionale il judo, dove Lucia Morico conquista il bronzo nella categoria 78 kg, mentre dalla vela la grossetana Alessandra Sensini non riesce a confermare la vittoria di Sidney. La gara del windsurf è ostacolata da continui problemi di vento, la Sensini parte in testa all’ultima regata, ma si vede scivolare in terza posizione. A completare il medagliere è il bronzo di Roberto Cammarelle, pugile supermassimo. Si chiude così un’Olimpiade straordinaria per l’Italia, ma per tutto il mondo dello sport, che ha vissuto altri momenti indimenticabili, campioni e sconosciuti, vittorie e sconfitte. Di tutto però resta soprattutto quella sensazione che si sente quando comincia piano piano a spegnersi il braciere. Tutto finisce, si torna alla realtà. perché in effetti Olimpia è un mondo che non c'è, una specie di sogno in cui si viene catapultati una volta ogni quattro anni per vedere, anche da lontano, anche per poco, un pezzetto di un altro mondo, con atleti di ogni nazione che vivono insieme, si confrontano, vincono, perdono, piangono e condividono le stesse emozioni. Un gioco retorico, magari, utopico, ma che fa sognare.
(da My personaltrainer.it)

Non resta che augurarci una grande kermesse Olimpica per i colori azzurri, che siano pregni di vittorie ma soprattutto che siano pienamente coerenti con lo spirito olimpico, con la correttezza, senza casi di doping, senza problemi. Non resta che seguire le gare olimpiche e tifare con emozione tutti gli azzurri in gioco in tutti gli sport. FORZA AZZURRI

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